@Vitupero
I santi di oggi 10 gennaio:
nome Sant' Aldo
titolo Eremita
nascita VIII secolo
morte VIII secolo
ricorrenza 10 gennaio
Santuario principale Cappella di Sant'Aldo nella chiesa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista di Carbonara al Ticino e Basilica di San Michele Maggiore di Pavia
La figura di Sant'Aldo è ancora in attesa di una chiara ricostruzione: infatti oltre alla memoria del nome, ci sono giunte solo scarse notizie che lo riguardano. Probabilmente visse intorno al VIII secolo. Di sicuro si conosce il suo luogo di sepoltura, prima nella cappella di San Colombano e ora nella basilica di San Michele a Pavia.
Il suo nome non è riportato nel Calendario della Chiesa Cattolica e nemmeno nel Martirologio Romano. Lo si trova nell'agiografia redatta dai gesuiti belgi detti Bollandisti, redatta nel XVII secolo e nel Martirologio dell'Ordine benedettino.
La tradizione lo vuole carbonaio, una attività che poco si concilia con il concetto di eremita dei nostri giorni. Ma essa ben si sposa con la tradizione dei monaci irlandesi di San Colombano dove visse una vita monastica.
La presenza del suo nome nel Martirologio benedettino ne fa presupporre il suo legame con il monastero benedettino di Bobbio fondato da San Colombano nel 614.
nome San Paolo<br /> titolo Eremita<br /> nascita 230 circa Egitto<br /> morte 335 circa Tebaide, Egitto<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Santuario principale Monastero di San Paolo eremita<br /> Attributi corvo con pane nel becco, due leoni e teschio<br /> Patrono di fabbricanti di stuoie<br /> Paolo di Tebe, ricordato come Paolo il Primo Eremita nacque in Egitto intorno all'anno 230, la sua vita è descritta interamente nel manoscritto Vita Sancti Pauli scritto da san Girolamo durante il suo soggiorno nel deserto di Calcide (Siria).</p> <p> Durante la persecuzione degli imperatori romani Decio e Valeriano (una persecuzione molto capillare e particolarmente cruenta anche se breve), Paolo, giovane cristiano egiziano di ricca famiglia e molto colto, fu costretto a lasciare la città per il deserto, in quanto era stato denunciato come cristiano da familiari desiderosi di entrare in possesso del suo patrimonio.<br /> Paolo si rifugiò nelle montagne del deserto della Tebaide dove trovò rifugio in una grotta nelle cui vicinanze si trovava una sorgente d'acqua e un albero di palma. Dalla palma traeva le foglie che intrecciava per fare il suo abito e i datteri con cui si nutrì fino all'età di circa 43 anni, quando un corvo cominciò a portargli ogni giorno un mezzo pane.<br /> All'avvicinarsi della sua morte, ricevette la visita di Antonio, altro grande eremita, detto l'abate per essere stato il primo responsabile di una comunità di monaci, cioè un cenobio. A costui Paolo espresse il desiderio di essere sepolto avvolto nel mantello che Antonio aveva ricevuto in dono dal vescovo Atanasio. La sua richiesta fu accolta e Antonio lo seppellì avvolto in questo mantello, in una fossa scavata, sempre secondo la Vita geronimiana, da due leoni.<br /> Per questo nell'iconografia è tradizionalmente rappresentato vestito con un abito di foglie di palma intrecciate, attorniato da un corvo e da due leoni.<br /> MASSIMA. Il regno dei cieli patisce la violenza<br /> PREGHIERA. San Paolo, otteneteci, che dovendo noi vivere nel mondo, non partecipiamo alle sue opere perverse.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nella Tebaide, in Egitto, san Paolo, eremita, cultore della vita monastica fin dai suoi inizi.<br />
nome Beato Gregorio X<br /> titolo 184º papa della Chiesa cattolica <br /> nome di battesimo Tebaldo Visconti<br /> nascita 1210 Piacenza<br /> Ordinazione sacerdotale 19 marzo 1272<br /> Consacrazione a vescovo 27 marzo 1272 dal cardinale Giovanni da Toledo<br /> morte 10 gennaio 1276 Arezzo<br /> Elezione 1º settembre 1271<br /> Insediamento 27 marzo 1272<br /> Fine pontificato 10 gennaio 1276<br /> (4 anni e 131 giorni)<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Beatificazione 8 luglio 1713 da papa Clemente XI<br /> Santuario principale Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, Arezzo<br /> Attributi Triregno, abiti pontificali<br /> Beato Gregorio X, al secolo Tebaldo Visconti è stato il 184° vescovo di Roma e papa italiano dal 1271 alla morte. Tebaldo Visconti era insignito dei soli ordini minori, ed era titolare di un canonicato a Lione, e dell'arcidiaconato di Liegi. Succedette a Clemente IV, dopo che lo scranno pontificio era rimasto vacante per quasi tre anni a causa dei dissidi fra i cardinali che si erano riuniti a Viterbo per eleggere il nuovo Papa. Il popolo di Viterbo, stanco delle lungaggini nelle quali si dibatteva questa elezione, rinchiuse i cardinali nel Palazzo Papale (clausi cum clave) e da quel giorno tutte le riunioni del Sacro Collegio per eleggere il nuovo papa presero il nome di conclave.<br /> La sua elezione avvenne a Viterbo mentre era impegnato nella nona Crociata a San Giovanni d'Acri, assieme a Edoardo I d'Inghilterra. Qui, appena eletto incontrò Niccolò, Matteo e Marco Polo in viaggio per la Cina. Al suo arrivo a Roma il suo primo atto fu di riunire un concilio ecumenico che si tenne a Lione nel 1274 allo scopo di discutere dello scisma d'oriente, delle condizioni della Terra Santa, e degli abusi della Chiesa cattolica.<br /> Mentre era di ritorno da quel concilio, morì ad Arezzo il 10 gennaio 1276. A lui si deve la bolla Ubi Periculum che, successivamente incorporata nel codice del diritto canonico, continua a regolare tutti i conclavi per l'elezione dei Papi. Gli successe papa Innocenzo V.</p> <p> È stato beatificato da Clemente XI nel 1713 e riposa nel Duomo di Arezzo. Al suo nome è intitolato l'Istituto aretino di Scienze Religiose.</p> <p> Nel Martirologio Romano, 10 gennaio, n. 15:<br /> « Ad Arezzo, transito del beato Gregorio X, papa: da arcidiacono di Liegi fu eletto alla sede di Pietro; favorì in ogni modo la comunione con i Greci e, per ricomporre le divisioni tra i cristiani e recuperare la Terra Santa, convocò il secondo Concilio Ecumenico di Lione. »
nome San Gregorio di Nissa<br /> titolo Vescovo<br /> nascita335 circa, Cesarea di Cappadocia<br /> morte 395 circa, Nissa, Turchia<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Gregorio, fratello più giovane di Basilio Magno (2 gen.), è uno dei tre grandi padri cappadoci. Nacque a Cesarea e probabilmente rimase orfano in giovane età, poiché fu allevato da Basilio e dalla sorella Macrina. Seguì l'abituale corso di studi previsto per tutti i giovani di famiglia agiata e divenne insegnante di retorica, finché Gregorio di Nazianzo (2 gen.) lo persuase a dedicare tutto il suo sapere e il suo impegno alla Chiesa. Sposò Teosebia, ma non si sa se abbia continuato a vivere con lei dopo l'ordinazione presbiterale (il celibato non era allora un obbligo canonico per i preti) e può darsi che la moglie abbia raggiunto Macrina nella comunità sulle sponde dell'Iris.</p> <p> Gregorio probabilmente trascorse i primi anni (pochi, a dire il vero) di sacerdozio tranquillamente, forse nella comunità monastica creata da Basilio sulla sponda dell'Iris opposta a quella dove risiedeva sua sorella. Nel 372 fu eletto vescovo di Nissa, nell'Armenia Inferiore, chiaramente su pressione di Basilio, impegnato a collocare vescovi a lui fedeli negli avamposti della sua area metropolitana (una politica che lo portò alla rottura con Gregorio Nazianzeno).<br /> Nissa era un focolaio dell'arianesimo e Gregorio era del tutto privo delle capacità amministrative del fratello maggiore, che lo considerava inesperto negli affari ecclesiastici e sprovvisto di qualità diplomatiche: le sue qualità, come si vide in seguito, si esprimevano in altri campi. Avvenne così che una campagna diffamatoria contro di lui fu lanciata dagli ariani: quindi, con l'accusa di essersi appropriato di fondi destinati alla Chiesa e di essere stato eletto in modo irregolare, fu arrestato dal governatore del Ponto. Si lasciò gettare in carcere ma poi evase c in questo atto i suoi nemici pretesero di vedere una prova della sua colpevolezza.<br /> Nonostante il deciso sostegno di Basilio non poté tornare alla sede fino al 378, e sembra che abbia trascorso questi anni di intervallo peregrinando. La gioia procuratagli dal caloroso benvenuto del popolo al suo ritorno fu di breve durata a causa della morte di Basilio, seguita poco dopo da quella della sorella Macrina.<br /> Dopo la morte del fratello maggiore, con l'aumento delle responsabilità emersero anche le sue peculiari qualità. I numerosi scritti in difesa dell'ortodossia contro l'arianesimo e le altre dottrine devianti di quell'epoca gli valsero il titolo di "colonna della Chiesa". Essere al suo fianco voleva dire essere ortodosso. Teodosio l'apprezzò in modo particolare e lo inviò a combattere l'eresia in Palestina e Arabia, conferendogli anche una posizione di preminenza al concilio di Costantinopoli (381), dove gli fu affidata una sorta di supervisione dottrinale sulla provincia del Ponto oltre a un'ampia responsabilità nella redazione della formula trinitaria promulgata dal concilio. Fu lui a recitare l'orazione funebre per S. Melezio di Antiochia (12 feb.) che per primo presiedette il concilio e morì durante le prime sessioni dei lavori.<br /> Un dettaglio curioso: il viaggio in Palestina gli procurò una pessima opinione del valore religioso dei pellegrinaggi, almeno come erano praticati a quel tempo; ciò che riferì fu che la visita ai luoghi santi non gli aveva fatto alcun bene!<br /> Fu tenuto in grande considerazione per il resto della stia vita. Non si conosce l'esatta data della sua morte. La sua fama gli sopravvisse attraverso le sue opere, ma poi gradualmente declinò, mentre il peso reale della sua autorità scompariva nelle nebbie del tempo.<br /> Fu solo nella seconda metà del xx secolo che la sua statura venne una volta ancora pienamente valorizzata, grazie al lavoro di vari studiosi e alla riscoperta di testi autentici. L'opera di Werner Jaeger, Hans Urs von Balthasar, Jean Daniélou e altri, mostra ora l'importanza del suo contributo non solo per i progressi dottrinali del suo tempo ma anche, e più significativamente, per lo sviluppo della tradizione mistica della spiritualità cristiana.<br /> In unione con gli altri due grandi cappadoci, e nella linea della loro opera, edificò il sistema del pensiero cristiano che fornì le basi per il monachesimo, arricchendolo inoltre di una dimensione mistica concepita espressamente per le sue esigenze. Egli è infatti il principale anello di congiunzione tra la gnosis alessandrina, come risulta proposta da Clemente e Origene, e la fioritura mistica dell'alto Medio Evo.<br /> La sua importanza divenne chiara con la scoperta del testo integrale del trattato De proposito secundum Deum, in precedenza conosciuto solo in una forma incompleta con il titolo di De instituto christiano e pubblicato come tale nel xix secolo. Questo trattato ci mostra che fu Gregorio la fonte delle idee rese celebri dalle opere dello Pseudo-Macario e non, come si pensava in passato, che viceversa ne fosse stato egli influenzato.<br /> Oggi si sottolinea l'influsso da lui esercitato su Evagrio Pontico e tutta la scuola siriaca, e la sua posizione di precursore dello Pseu-do-Dionigi, le cui opere straordinarie ispirarono direttamente molta parte del misticismo medievale e successivo, dalla Nube della non conoscenza a S. Giovanni della Croce.<br /> Gregorio, come altri intellettuali-guida del suo tempo, era imbevuto di filosofia classica e mutuava molta della sua terminologia dallo stoicismo e dal platonismo, ma creò una sua sintesi personale profondamente cristiana e biblica. Le sue meditazioni, poste di solito in un contesto liturgico, muovevano da un'intuizione basata su un testo biblico o patristico e, passando attraverso un linguaggio denso di espressioni filosofiche, ritornavano alla fonte biblica.<br /> Il suo Discorso catechetico è un esempio chiave di questa tecnica, resa ancor più chiara ne La creazione dell'uomo e ulteriormente sviluppata in una serie di commentari biblici e in una seconda serie di opere spirituali mirate più direttamente alla vita monastica. Per lui essere cristiani significa sostanzialmente imitare Dio nello stesso modo proposto dal Cristo, secondo un'imitazione che è assimilazione a ciò che realmente Dio è.<br /> Si tratta qui di una formulazione platonica; resta da chiarire fino a che punto lui e la tradizione a lui risalente rimangano neoplatonici, e quanto invece il loro discorso sia pienamente assimilato in una sintesi cristiana vera e propria. Gregorio utilizza il dualismo platonico come categoria principale ma la sua opposizione non è tra materia e spirito ma tra peccato e volontà di Dio. Definisce la conoscenza, gnosis, fondamentalmente come la capacità di distinguere il bene dal male, e la fonte che l'ispira è la Parola di Dio, trasmessa dalla tradizione della Chiesa. <br /> Il luogo dove l'agape può fiorire nella sua verità più completa, per lui come per gli altri cappadoci, è la comunità cenobitica in seno alla Chiesa: un monachesimo essenzialmente comunitario, secondo l'ideale prospettato dal suo più anziano e stimato fratello.<br /> La sua influenza sul monachesimo emerge ancor più chiaramente con il crescere degli studi sulla spiritualità della sua epoca.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Nissa in Cappadocia, nell’odierna Turchia, san Gregorio, vescovo, fratello di san Basilio Magno: illustre per vita e per dottrina, a motivo della retta fede da lui professata fu scacciato dalla sua città dall’imperatore ariano Valente.<br />
nome Santa Francesca di Sales <br /> titolo Religiosa, fondatrice<br /> nome di battesimo Leonia Aviat<br /> nascita 16 settembre 1844 Sézanne, Champagne<br /> morte 10 gennaio 1914 Perugia<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Beatificazione 27 settembre 1992<br /> Canonizzazione 25 novembre 2001<br /> Léonie Aviat nacque a Sézanne, nella Champagne, il 16 settembre 1844. Compì i suoi studi al monastero della Visitazione di Troyes. Nel 1866, il padre Brisson aveva aperto una casa di accoglienza destinata ad assicurare alle operaie una buona educazione umana e cristiana. Non riuscendo a trovare una direttrice per questa casa-famiglia, decise, per ispirazione di Dio, di fondare una congregazione religiosa e trovò in Léonie Aviat una collaboratrice preziosa. Il 18 aprile, Léonie entrò dunque all'Opera San Francesco di Sales e, il 30 ottobre 1868, prese il velo col nome di Suor Francesca di Sales. Nel 1893, dopo un periodo di vita ritirata, che mise in risalto la sua grande umiltà, venne eletta Superiora Generale, carica che ricoprirà fino alla morte. Nel 1903 Madre Aviat fece fronte alla persecuzione religiosa in Francia. Il 10 gennaio 1914, si spense a Perugia. Fu canonizzata il 25 novembre 2001.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Perugia, santa Francesca di Sales (Leonia) Aviat, vergine, che con materno amore e operosità si dedicò all’assistenza delle giovani e istituì le Oblate di San Francesco di Sales.
nome Beata Maria Dolores Rodriguez Sopena<br /> titolo Vergine<br /> nome di battesimo Dolores Rodríguez Sopeña<br /> nascita 30 dicembre 1848 Velez Rubio, Spagna<br /> morte10 gennaio 1918 Madrid, Spagna<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Beatificazione da papa Giovanni Paolo II il 23 marzo 2003<br /> Dolores Rodríguez Sopefia nacque a Velez Rubio (Almería) il 30 dicembre 1848. Nel 1883 muore il padre e sí risveglia in lei il desiderio di entrare in un ordine religioso, ma dopo dieci giorni lascia il convento avendo constatato che non era quella la sua vocazione. Apre una Casa Sociale, dove si risponde alle diverse necessità da lei notate nelle sue visite all'ospedale o al carcere. Nel 1885, recatasi a visitare una ex carcerata che abitava in una borgata detta "delle Ingiurie", Dolores ha modo di constatare la grave situazione morale, materiale e spirituale degli abitanti di quella borgata e stabilisce di compiervi metodicamente delle visite settimanali. Lì comincia quella che subito si chiamerà Opera delle Dottrine, prima che Centri Operai.<br /> Il 24 settembre 1901, a Loyola, redige l'atto di fondazione dell'Istituto delle Dame Catechiste (oggi Istituto Catechista Dolores Sopena).<br /> Il 10 gennaio 1918, Dolores Sopena muore a Madrid in odore di santità. Fu beatificata il 23 marzo 2003.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Madrid in Spagna, beata Maria Addolorata Rodríguez Sopeña, vergine: dando una esemplare testimonianza di carità cristiana, si accostò agli ultimi della società del suo tempo, specialmente nelle periferie delle grandi città; fondò l’Istituto delle Dame Catechiste e l’Opera Catechistica per annunciare il Vangelo e promuovere lo sviluppo dei poveri e degli operai nella società.
nome Sant'Agatone<br /> titolo 79º papa della Chiesa cattolica <br /> nascita 575 circa, Sicilia<br /> morte 10 gennaio 681, Roma<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Elezione 27 giugno 678<br /> Fine pontificato10 gennaio 681<br /> (2 anni e 197 giorni)<br /> Sepoltura Antica basilica di San Pietro in Vaticano<br /> Nato in Sicilia da famiglia di origine greca, prima di farsi monaco a Palermo era stato sposato e aveva percorso per quasi vent'anni la carriera civile. In seguito fu nominato tesoriere della Chiesa a Roma e succedette a Dono nel papato nel 678.<br /> In una Roma molto travagliata e indebolita da successive invasioni barbariche egli scrisse: «preserviamo la fede che i nostri padri ci hanno trasmesso».<br /> Ereditò una situazione difficile anche sul piano della fede cristologica, relativamente al problema delle volontà in Cristo: ci si chiedeva se si potesse affermare in Cristo una volontà umana separata da quella divina. La questione monotelita (dal greco thelema, che significa volontà) divampò per molti decenni, specialmente nell'Africa bizantina, e causò spaccature tra papi e imperatori, nonché la morte di Massimo il Confessore, torturato e processato per alto tradimento. Agatone convocò a Roma, nel 679, un sinodo che affermò in un documento l'esistenza di due volontà in Cristo.<br /> L'imperatore Costante II allora convocò per l'anno seguente un concilio ecumenico a Costantinopoli, che egli stesso presiedette. Agatone inviò legati per comunicare il pensiero di Roma, voce dell'ortodossia tradizionale, scusandosi amabilmente per la qualità scadente del loro greco: «non si possono coltivare le finezze della lingua mentre i nostri paesi sono vessati dalla furia delle nazioni barbare [...] la nostra vita trascorre tra allarmi continui, e la nostra sussistenza è affidata al lavoro delle nostre mani». Benché sostenuto con un linguaggio goffo, il punto di vista papale, era comunque espresso in modo fermo nella missiva di Agatone: la tradizione di Roma, egli scrive, è «riconosciuta da tutta la Chiesa cattolica come madre e maestra di tutte le Chiese, e deriva la sua superiore autorità da S. Pietro, il principe degli apostoli, al quale Cristo affidò l'intero gregge, con la promessa che la sua fede non sarebbe mai venuta meno».<br /> La posizione del pontefice fu accettata dal concilio, che condannò le formulazioni monotelite e i loro seguaci. Sei vescovi rifiutarono di accettare la decisione conciliare, ma non ne derivarono scismi; la controversia, in origine principalmente di natura politica, si ridusse per molto tempo a un sofisma terminologico, e con l'andar del tempo si esaurì.<br /> Agatone morì nel 681 prima che il concilio di Costantinopoli avesse definito le sue deliberazioni.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma presso san Pietro, deposizione di sant’Agatone, papa, che contro gli errori dei monoteliti custodì integra la fede e promosse con dei sinodi l’unità della Chiesa.<br />
nome Beata Anna degli Angeli Monteagudo<br /> titolo vergine Domenicana<br /> nome di battesimo Ana Monteagudo Ponce de León<br /> nascita 26 luglio 1602, Arequipa, Perù<br /> morte 10 gennaio 1686 Arequipa, Perù<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Beatificazione 2 febbraio 1985 da papa Giovanni Paolo II<br /> Ana (Anna) nacque ad Arequipa nel sud del Perù. Il fatto che sia stata accettata come postulante nel convento domenicano di S. Catalina ad Arequipa suggerisce l'ipotesi che fosse di pura ascendenza spagnola, piuttosto che criollo (creola), cioè indio-spagnola. I conventi, domenicani e non, erano popolati principalmente da figlie nubili e vedove dell'aristocrazia e della borghesia. Ana, in verità, non fu mandata in convento dai genitori in quanto figlia non maritata in sovrannumero; fu lei piuttosto a reagire contro genitori e amici, forse a motivo di un matrimonio combinato contro la sua volontà. Scelse così la vita conventuale. Il Secondo Ordine di S. Domenico era giunto nella "Nuova Spagna" nella seconda metà del XVI secolo, e aveva cominciato a costruire conventi nelle principali città. Arequipa aveva sufficiente importanza per essere eretta in diocesi nel 1577, e S. Catalina fu (ed è tuttora) una vera e propria città nella città, con un suo sistema stradale, giardini, piazze e altre aree comuni, e perfino una fortezza. Le celle, benché ragionevolmente spartane, erano in verità appartamenti collocati lungo la strada, cui spesso erano ammessi servitori; la vita, specialmente per le ricche vedove, poteva essere agiata e confortevole. Ana optò per una clausura stretta all'interno di questo complesso. Trascorse il resto della sua esistenza afflitta da varie malattie fisiche e prove spirituali, mettendo a frutto doni di consiglio e di profezia a favore dell'intera città. La sua causa di beatificazione fu introdotta nel 1907; fu beatificata il 2 febbraio 1985, durante la seconda visita di papa Giovanni Paolo II in America Latina.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arequipa in Perù, beata Anna degli Angeli Monteagudo, vergine dell’Ordine dei Predicatori, che con il dono del consiglio e con la profezia si adoperò generosamente per il bene di tutta la città.<br />
nome San Milziade<br /> titolo 32º papa della Chiesa cattolica <br /> nascita Nord Africa<br /> morte 10 gennaio 314, Roma<br /> ricorrenza 10 gennaio (10 dicembre messa tridentina) <br /> Elezionevnovembre 310/giugno 311<br /> Insediamento 2 luglio 311<br /> Fine pontificato 10 gennaio 314<br /> Santuario principale Chiesa di San Silvestro in Capite<br /> Milziade (o Melchiade) è stato incluso nel Martirologio Romano in rappresentanza delle migliaia di martiri delle persecuzioni di Diocleziano, sebbene non sia morto martire. Poco di certo si sa della sua vita, e la sua inclusione tra questi martiri è dovuta al fatto che era papa nel momento in cui la persecuzione cessò e la Chiesa fu dapprima tollerata e poi incoraggiata sotto Costantino.</p> <p> Sembra fosse nativo del Nord Africa; fu eletto papa il 2 luglio, forse del 311, l'anno dell'editto di tolleranza promulgato da Galerio a favore dei cristiani, che poneva fine a decenni di crescente ostilità e poi di aperta persecuzione. Con una serie di editti dell'imperatore Diocleziano (285-305) era stato proibito ai cristiani l'accesso all'esercito; i loro luoghi di culto dovevano essere distrutti; i libri sacri dovevano essere consegnati sotto la minaccia della pena di morte; il sacrificio agli dei pagani era considerato obbligatorio per tutti, sotto minaccia di morte. Queste misure furono attuate con differenti gradi di severità, soprattutto da Massimiano; pur provocando parecchie migliaia di morti esse tuttavia non conseguirono l'obiettivo di far deflettere dalla fede la maggioranza dei cristiani. L'editto di Galerio, emanato poco prima della sua morte, costituiva di fatto un'ammissione del fallimento della politica delle persecuzioni, tesa a restaurare l'antico modo di vivere romano.<br /> Con la vittoria su Massenzio al ponte Milvio, il 28 ottobre 313, Costantino divenne signore dell'Italia e dell'Africa, passando in modo definitivo dalla tolleranza verso il cristianesimo a una piena adesione a esso. Lattanzio vede la "conversione" dell'imperatore nel fatto che, dopo aver avuto una visione, avesse ordinato di imprimere sugli scudi dei soldati un simbolo corrispondente al nome Cbristus, al quale Lattanzio attribuisce la vittoria. In verità la "conversione" costantiniana avvenne attraverso un processo più lento e calcolato, ma della nuova situazione si giovò comunque Milziade che, in quanto vescovo di Roma, governò la Chiesa in un periodo di grande gioia per la cristianità nella capitale.<br /> Tale gioia fu però oscurata dallo scisma donatista in Nord Africa. Questo scisma aveva contenuti teologici (i donatisti erano "rigoristi" che affermavano l'invalidità dei sacramenti amministrati da un ministro non degno, sostenendo che solo i puri potevano essere membri della Chiesa) anche se prese l'avvio come disputa sulla legittima successione alla cattedra episcopale di Cartagine. Una parte di cristiani africani si rifiutava di accettare Ceciliano (consacrato nel 311) affermando che era stato consacrato da Felice di Aftungi, a loro avviso responsabile di aver consegnato i libri sacri durante la persecuzione.<br /> I donatisti consacrarono un altro vescovo, Maiorino, al quale subito succedette Donato, dal quale lo scisma prese nome. La rivalità tra la Numidia e Cartagine ebbe certo un ruolo non secondario nella disputa.</p> <p> Costantino vide il dissenso come una minaccia per l'unità di quella società cristiana che egli desiderava edificare. Essendosi i donatisti appellati a lui perché nominasse una giuria che risolvesse la disputa, egli si rivolse a Milziade, informandolo che aveva invitato Ceciliano a Roma per essere esaminato da un tribunale ecclesiastico. L'imperatore si trovò così a fronteggiare una disputa religiosa ma, anche se essa comportava una minaccia per la pace civile, si astenne dall'imporre direttamente l'autorità imperiale e mise la questione nelle mani dell'autorità ecclesiastica (un caso in cui Cesare riconosceva ciò che era di Cesare e ciò che era di Dio). Il tribunale riconobbe Donato colpevole e appoggiò all'unanimità Ceciliano come vescovo legittimo di Cartagine: questa decisione tuttavia non pose fine allo scisma.<br /> Morendo nel 314 Milziade lasciava una Chiesa in costante crescita come numero di fedeli ma in conseguente calo quanto all'impegno cristiano personale; a ciò si aggiungeva la necessità ineludibile di riflettere sul modo migliore per mantenere la propria libertà d'azione davanti al fatto nuovo del favore imperiale: problema a cui forse non è mai stata trovata una risposta soddisfacente. Anticamente era venerato il 10 dicembre, ma ora la festa è stata spostata alla data della sua morte.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Callisto sulla via Appia, san Milziade, papa: originario dell’Africa, sperimentò la pace resa alla Chiesa dall’imperatore Costantino e, sebbene fortemente osteggiato dai Donatisti, si adoperò saggiamente per la riconciliazione.
nome San Pietro Orseolo<br /> titolo Monaco<br /> nome di battesimo Pietro Orseolo<br /> nascita 928 circa, Venezia<br /> morte 10 gennaio 987, Cuxa<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Beatificazione 1027<br /> Canonizzazione 18 aprile 1731<br /> Nato in una nobile famiglia veneziana, Pietro fece parte della marina veneziana per gran parte della sua vita. Fu il comandante effettivo della flotta dall'età di vent'anni, conducendo campagne vittoriose contro i pirati che infestavano l'Adriatico.</p> <p> Nel 976 una sollevazione popolare causò la morte del doge Pietro Candiano IV e una gran parte della città fu distrutta dal fuoco. S. Pier Damiani (21 feb.) lo accusò di essere stato responsabile della rivolta, ma la cosa è discussa. Nominato successore di Candiano, si adoperò con grande energia per ricostruire la città, e risolse problemi politici insoluti e dispute dinastiche.<br /> Improvvisamente però abbandonò moglie, figli e carica, fuggendo da Venezia nottetempo, 1'1 settembre 978. Aveva trovato rifugio nell'abbazia benedettina di Cuxac in Linguadoca, e sembra che la moglie, con la quale era stato sposato per 32 anni, e il figlio, destinato a succedergli nell'incarico c a divenire un grande doge, non abbiano saputo per anni dove fosse andato. A Cuxac egli condusse una vita di stretta osservanza monastica sotto la guida dell'abate Guarino.<br /> Si costruì poi un eremo, alla ricerca di una solitudine più profonda. Forse desiderava questo tipo di vita già da molti anni: il richiamo alla vita eremitica era più forte in Italia, più vicina alla spiritualità bizantina, che in altri paesi dell'Europa occidentale. Probabilmente era stato spinto a questa scelta direttamente da S. Romualdo (19 giu.), che aveva condotto una vita di solitudine vicino a Venezia per alcuni anni dopo il 972, e che Pietro incontrò a Cuxac, dove trascorse altri dieci anni (Romualdo aveva fondato, principalmente nell'Italia settentrionale, alcuni eremi, pensati in funzione dello sviluppo della vocazione benedettina, il cui esempio più noto e durevole è quello dei monaci camaldolesi). Pietro morì nel 987.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Cuxa tra i Pirenei, san Pietro Orseolo, che, da doge di Venezia fattosi monaco, rifulse per pietà e austerità e passò la vita in un eremo vicino al monastero.
nome San Guglielmo di Bourges<br /> titolo Vescovo<br /> nascita Nevers, Francia<br /> morte 10 gennaio 1209, Bourges, Francia<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Canonizzazione 17 maggio 1218 da papa Onorio III<br /> Guglielmo di Donjon veniva da una nobile famiglia di Nevers (sulla Loira, nella Francia Centrale). Fu educato dallo zio Pietro, arcidiacono di Soissons (a nord est di Parigi). In giovane età fu nominato canonico di Soissons, e poi di Parigi. Sentendo la chiamata alla vita solitaria si ritirò nell'abbazia di Granmont. Una disputa interna all'abbazia guastò la sua pace e così decise di unirsi al più rigoroso Ordine cistercense, vestendo l'abito nell'abbazia di Pontigny. Fu eletto abate di due monasteri più piccoli dipendenti da Pontigny, prima a Fontaine-Jean, poi a Chalis vicino a Senlis.<br /> Quando morì Henri de Sully, arcivescovo di Bourges, fu cercato un successore tra gli abati cistercensi. Guglielmo fu scelto mediante un'elezione a sorteggio che era consistita nell'estrarre una delle tre strisce (ciascuna contenente il nome di un candidato) poste sull'altare da Eudes, vescovo di Parigi e fratello di Henri; la scelta confermò i voti del clero.<br /> Guglielmo avrebbe rifiutato la nomina se l'ordine di accettarla non fosse venuto sia dal papa, Innocenzo III (1198-1216), che dal suo superiore religioso, l'abate di Citeaux. Fu un vescovo modello, austero nella vita privata (portava il cilicio, si asteneva dalle carni rosse) e dedito totalmente alla cura pastorale e alle necessità spirituali e materiali dei poveri, da lui considerato primo dovere. Difese i diritti della sua Chiesa, ivi inclusi quelli sui terreni, contro la minaccia di intromissione del potere civile, sostenendo con successo la sua causa anche contro il re.<br /> In quel tempo imperversava in Francia l'eresia degli albigesi ed egli svolse un ruolo attivo nelle crociate contro di essi, operando molte conversioni. Stava anzi preparando una missione tra loro quando fu colpito da una malattia mortale.<br /> Volle predicare un ultimo sermone al suo popolo, sforzo che gli procurò una febbre altissima, accelerandone la fine. Chiese allora di essere posto in un letto di cenere e morì con le prime due parole del Mattutino sulle labbra, poco dopo la mezzanotte del 10 gennaio 1209. A Guglielmo, tumulato nella cattedrale di Bourges, furono attribuiti molti miracoli; nel 1217 gli fu pertanto dedicato un santuario. Papa Onorio III (1216-1227) lo canonizzò l'anno seguente.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Bourges in Aquitania, in Francia, san Guglielmo, vescovo, che, ardendo dal desiderio di solitudine e di meditazione, divenne monaco cistercense a Pontigny e quindi abate a Chaâlis; posto, infine, a capo della Chiesa di Bourges, mai tralasciò l’austerità della vita monastica, distinguendosi per la carità verso il clero, i carcerati e i bisognosi.
nome San Marciano di Costantinopoli<br /> titolo Sacerdote<br /> morte Costantinopoli, Turchia<br /> ricorrenza 10 gennaio<br /> Marciano nacque in una famiglia imparentata con la casa imperiale di Teodosio. Ordinato prete dal patriarca Anatolio nel 455 nonostante le sue proteste di indegnità, dedicò le sue energie all'istruzione e al servizio dei poveri di Costantinopoli. La sua austerità di vita gli costò il sospetto di simpatie novaziane, un movimento scismatico rigorista sorto 200 anni prima in tempi di persecuzione. L'accusa cadde quando il patriarca Ghennadio lo elevò al secondo posto nella gerarchia di Costantinopoli, con il titolo di Oikonomos. Ricostruì e restaurò molte chiese in città, tra cui l' Anastasis, dove Gregorio Nazianzeno (2 gen.) aveva iniziato il suo ministero. Gli furono attribuiti molti miracoli, prima e dopo la sua morte.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Marciano, sacerdote, solerte nell’abbellire le chiese e nel prestare soccorso agli indigenti.