@Vitupero

02/03/2024 alle 10:26

I santi di oggi 2 marzo:

I santi di oggi 2 marzo:

nome Sant'Agnese di Boemia- titolo Principessa, badessa- nascita 1211, Praga- morte 2 marzo 1282, Praga- ricorrenza 2 marzo- Tredicesima figlia di Otakar, re di Boemia, nacque nel castello reale di Praga nel 1211. La sua adolescenza fu segnata da varie proposte di matrimoni regali. Da alcuni frati minori giunti a Praga ebbe notizie su santa Chiara e sulla comunità delle seguaci di San Francesco. Dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri, fece edificare un monastero femminile e accanto un convento per i frati. Quindi, nella solennità della pentecoste del 1234, entrò in clausura accompagnata da alcune giovani della nobiltà boema.

Come Santa Chiara, la prima seguace di Francesco, anche Agnese dovette lottare per vedere riconosciuta dalla Chiesa la sua volontà di vivere nell'altissima e santa povertà. Alla fine ottenne dal Papa un documento molto simile al privilegio della povertà concesso alle damianite di Assisi: "Vinti completamente dalle vostre preghiere e dalle vostre lacrime, con la presente autorità vi concediamo che d'ora innanzi non possiate essere costrette contro la vostra volontà a ricevere alcun possesso" (Gregorio IX). Negli anni della clausura si diede a severe pratiche ascetiche per riprodurre nella sua vita le sofferenze di Cristo. Morì agli inizi di marzo del 1282. Gli altri santi. PRATICA. Abbi pietà, Signore, del popolo chiamato con il tuo nome. PREGHIERA Mostraci, Signore, la tua misericordia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Praga in Boemia, ora Repubblica Ceca, sant’Agnese, badessa, che, figlia del re Ottokar, rifiutate nozze regali per essere sposa solo di Cristo, abbracciò la regola di santa Chiara nel monastero da lei stessa edificato, in cui volle osservare con rigore la povertà.

nome Sant'Angela della Croce- titolo Fondatrice- nascita 30 gennaio 1846, Siviglia,Spagna- morte 2 marzo 1932, Siviglia, Spagna- ricorrenza 2 marzo- Angela Guerrero Gonzales nacque a Siviglia il 30 gennaio 1846, da una famiglia di quattordici bambini dei quali otto morirono nella prima infanzia. Madre devota alla Vergine Addolorata e per la Virgen de los Reyes e padre che morì quando Angelita era ancora una bambina. Nel 1862 sua madre le trovò un posto presso un calzolaio nella cui bottega un gruppo di giovani ragazze cuciva scarpe costose per le donne dell'alta società e per il clero di Siviglia. Si notò subito la sua immensa generosità come narra la titolare dell'esercizio: «Ogni venerdì Angelita dava il proprio pasto ai poveri; a mezzogiorno implorava i suoi compagni, perché per amore della carità le dessero un boccone del loro pane per aggiungerlo all'elemosina». Dopo un episodio che che coinvolse Angelita col volto beato, in estasi e col corpo sospeso in levitazione la titolare decise di parlare con padre Torres Padilla per chiedergli di interrogare la ragazza ed esporre lui le proprie esperienze religiose. Torres, nativo delle isole Canarie, si era stabilito da alcuni anni nella zona del Guadalquivir ed era conosciuto a Siviglia come uomo santo e direttore spirituale. L'incontro tra le due persone fu determinante, tant'è vero che egli accompagnò Angelita in tutto il suo percorso spirituale e che fu anche suo consigliere per la fondazione del suo istituto, del quale venne poi nominato direttore a vita. Su indicazione del frate, Angela provò a entrare prima presso le carmelitane scalze, poi nelle Suore della Carità; la continua malattia però pose termine ben presto al suo tentativo. Tornata a casa si accinse a mettere per iscritto le sue esperienze spirituali. Ma le buone opere di Angelita non trovavano la riconoscenza della gente dei barrios come narra suo un conoscente: «Se questa donna non fosse utile a nessuno, se non avesse importanza, se fosse priva di ogni bene necessario e ciononostante fosse contenta per la propria sorte e non si lamentasse, allora la considererei una santa». Quella frase fu l'ispirazione di Angelita: sarebbe stata povera tra i poveri, e così nacque la Congregazione delle Suore della Croce. La fondazione nacque il 2 agosto 1875 da quattro donne vestite di stracci. Senza grandi proclami e clamori, si consacrarono a Dio e al servizio amorevole dei poveri in un convento del luogo. Torres designò Angela "la sorella più anziana" e da quel momento in poi esse si sarebbero occupate dei malati. Una piccola stanza con accesso a una cucina sarebbe stato il loro convento, ma ben presto molte giovani donne si unirono alla congregazione e dovettero cercare un alloggio più spazioso. Ma per Angela la modestia era sempre il concetto principale: «Una casa dove regnerà il silenzio assoluto, in cui i muri saranno bianchi e tutto molto pulito; dove non ci saranno mobili nei corridoi, ma solo alcuni quadri piccoli e poco costosi che raffigurino le stazioni della passione che sulla cornice abbiano una piccola croce». Sorsero così nel tempo i monasteri a Huelva, Jaén, Malaga e Cadice. Le Suore aiutavano la povera gente in ogni tipo di necessità: la classi operaie in difficoltà, contadini arrivati in città o finiti nelle baraccopoli delle periferie, senzatetto, ammalati, orfani o analfabeti semplicemente contando sulla forza delle proprie mani e le offerte che riuscivano a ottenere dalla carità della gente. Negli scritti di Angela ci sono molti riferimenti alla povertà che riflettono la sua attività quotidiana: «Le Suore della Croce dovrebbero proporsi di raggiungere gli estremi della povertà e dovrebbero fare atto di umiliazione ogni volta che vedono un povero, che è tale per necessità e non per scelta. Dovrebbero dire sempre: "Io, che sono stata chiamata da Dio, che mi ha fatto vedere che in Lui sta l'origine di ogni benessere, io non lavoro solo per Dio, ma anche per me stessa e non sono mai abbastanza brava nel praticare la povertà totale. Faccio fatica a capire di avere bisogno di qualcosa, ma trovo sempre il modo di soddisfare quel bisogno. In confronto ai poveri non ho altro che la semplice apparenza della povertà"». Ma la croce era per Angela il punto di riferimento della vita spirituale come si legge nei suoi scritti rivolti alle sorelle: «Immaginate sul Calvario un'altra croce, vicina a quella di Nostro Signore, una croce che non sta né alla sua sinistra né alla sua destra, ma proprio di fronte a Lui». Angela e le sue consorelle dovevano impossessarsi di quella croce vuota ed essere crocefisse davanti al Signore dalla povertà, dal distacco e dall'umiltà per poter, insieme a Lui e al Suo amore, essere veramente vicine ai poveri e ai bisognosi. Angela morì il 2 marzo 1932 all'età di ottantasei anni che aveva speso nel portare consolazione ai poveri e agli emarginati. È stata beatificata da papa Giovanni Paolo II a Siviglia il 5 novembre 1982 e santificata il 4 maggio 2003. MARTIROLOGIO ROMANO. A Siviglia in Spagna, sant’Angela della Croce Guerrero González, che, fondatrice dell’Istituto delle Suore della Croce, non tenne per sé alcun privilegio che non riservasse anche ai poveri, che ella era solita chiamare suoi padroni e servire in tutto.

nome Beato Carlo il Buono- titolo Martire- nascita 1084 circa, Odense, Danimarca- morte 2 marzo 1127, Bruges, Belgio- ricorrenza 2 marzo- Carlo, conte di Fiandra e di Amicns, era il figlio di S. Canuto IV, re di Danimarca (10 lug.), che venne ucciso nel 1086. Carlo, che allora aveva appena cinque anni, venne preso dalla madre Adele e portato presso la corte del padre di lei, Roberto il Frigio. Imparò a leggere e scrivere e si racconta che spesso utilizzasse il salterio come libro di testo.<br /> Quando Roberto andò in Palestina per la crociata, il nipote Io accompagnò e si coprì di gloria e ferite. Carlo seguì lo zio anche nella guerra contro gli inglesi. A Roberto successe il figlio Baldovino VII che, non avendo figli, designò il cugino Carlo come successore e ne organizzò il matrimonio con Margherita, figlia del conte di Clermont. Infine si fece aiutare dal cugino a governare le Fiandre, cosicché, quando morì, la popolazione che aveva imparato a conoscere e ad apprezzare Carlo fu pronta ad accettarlo come reggente. Vi furono comunque diversi feudatari che pensarono di poter aumentare il proprio potere personale a scapito del nuovo arrivato e così, per diversi anni, Carlo dovette fronteggiare una resistenza turbolenta. Una volta che questi signori furono sconfitti completamente e costretti a implorare la pace, Carlo si dedicò a migliorare le condizioni morali e materiali del suo popolo. Era talmente legato e dedito alla sua gente che rifiutò sia di diventare imperatore dopo la morte di Enrico V, sia di salire sul trono del regno di Gerusalemme. Si dimostrò molto rispettoso nei confronti delle autorità ecclesiastiche e particolarmente attivo nel liberarle da ogni sorta di esazione che altri principi erano soliti imporre. Aveva un tale orrore della bestemmia che ogni volta che sentiva qualche membro della sua casa bestemmiare lo condannava a un digiuno a pane e acqua di quaranta giorni. A dimostrazione della sua umanità si può ricordare una norma da lui voluta che proibiva la sottrazione dei bambini alle loro famiglie senza il consenso dei genitori. Una delle sue più grandi preoccupazioni era la cura dei poveri: una volta, a chi lo rimproverava di abbracciare la loro causa a scapito dei ricchi, rispose: «È perché conosco i bisogni dei poveri e l'orgoglio dei ricchi». Quando la regione fu colpita da una forte carestia provocata dal terribile inverno del 1125 e dai raccolti particolarmente scarsi del 1126, il conte sfamò ogni giorno cento poveri in ogni suo castello di Bruges e, a Ypres, distribuì in un solo giorno ben settemilaottocento pani da due libbre. Donò quotidianamente vestiti e scarpe e rimproverò gli abitanti di Gand perché lasciavano morire la gente alle porte della città. Proibì la produzione della birra per risparmiare i cereali per i poveri e fissò il prezzo del vino. Siccome la carestia continuava a incombere, ordinò di coltivare la terra per due terzi a cereali e per un terzo a piselli e fagioli a crescita veloce in modo da assicurare una riserva di verdure. Il suo impegno affinché i poveri non venissero sfruttati dai ricchi gli costò infine la vita: venne infatti ucciso da una famiglia sassone che aveva accumulato potere e ricchezza disonestamente. Erembaldo era un servo al servizio di Baudrando, magistrato di Bruges. Durante una notte tenebrosa gettò il suo padrone nel fiume Escaut; successivamente sposò la vedova che era stata sua complice nel delitto e con il denaro che aveva ottenuto dalla donna si comprò la carica di governatore di Bruges. Carlo scoprì che i figli di Erembaldo avevano acquistato tantissimo grano e che, dopo averne fatto incetta, lo volevano rivendere a prezzo più alto; il conte allora, con il suo elemosiniere Tancmar, li costrinse a rendere tutte le loro scorte, attirandosi così le ire della famiglia sassone. Nel 1126, nel giorno dell'Epifania, Carlo aveva invitato alcuni amici per festeggiare, ma vedendo l'abate di Saint-Bertin si sorprese e gli chiese come mai avesse abbandonato la propria comunità in una tale solennità. L'abate spiegò che era arrivato per presentare una protesta contro Lamberto, figlio di Erembaldo, che stava confiscando le decime che spettavano al monastero. Carlo minacciò immediatamente Lamberto e i suoi fratelli di confiscare tutti i loro beni se non avessero rimediato quella sera stessa all'offesa arrecata all'abate. Ciò fu come soffiare sul fuoco e i profittatori si vendicarono prendendo di mira l'elemosiniere di Carlo. Il figlio di Lamberto, Burcardo, prese il castello di Tancmar e ne uccise lo zio e la figlia. Carlo, che era stato fuori città, seppe dei disordini solo dopo essere tornato e convocò i baroni di Ypres per giudicare Burcardo. Siccome era stato versato sangue da entrambi i contendenti, venne decretato che venisse solo rasa al suolo la residenza di Burcardo. Alcuni fiamminghi vennero da Carlo a chiedere la clemenza per il resto della famiglia, ma vedendo che non riuscivano a commuoverlo, si ritirarono per organizzare un piano per assassinare il conte il giorno successivo. Carlo era abituato ad andare ogni mattina, prima di prendere la Messa nella chiesa di S. Donaziano, a pregare a piedi nudi nella galleria adiacente al suo palazzo. Quella mattina di Quaresima, 2 marzo 1127, mentre i suoi servi si erano dispersi per la navata, egli pregava davanti all'altare di Maria; venne attaccato dai cospiratori: un primo colpo gli tagliò il braccio e poi Burcardo gli spaccò la testa in due. Il culto del santo venne approvato nel 1883. Le raffigurazioni di Carlo il Buono solitamente rappresentano cesti di pane per ricordare la sua generosità e un'ascia, lo strumento usato per il suo martirio. Il suo corpo è ancora conservato nella chiesa di S. Donaziano a Bruges. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bruges nelle Fiandre, nell’odierno Belgio, beato Carlo Bono, martire, che, principe di Danimarca e poi conte delle Fiandre, fu custode della giustizia e difensore dei poveri, finché fu ucciso dai soldati che cercava invano di indurre alla pace.

nome San Caedda- titolo Abate e vescovo- morte 2 marzo 672, Lichfield, Inghilterra- ricorrenza 2 marzo- Caedda o Chad in inglese veniva da una famiglia della Northumbria molto unita, della gide quattro fratelli divennero preti importanti, due addirittura tesomi. Egli fu discepolo di Aidano (31 ago.), venne istruito a Lindisfarne dove passò presumibilmente un certo periodo; ancora giovane si "ferì in Irlanda, dove assieme a Egberto visse da monaco presiedo, digiunando e meditando la Bibbia. Venne ordinato prete probabilmente solo dopo essere tornato in Inghilterra. Fino alla morte del fratello Cedd (26 ott.) non si sa nulla sulla sua vita. I due fratelli sono storicamente inseparabili da molti punti di vista: predicatore del Vangelo agli angli del centro, vescovo e apostolo dei sassoni orientali, Cedd fondò e amministrò il monastero di Lastingham che lasciò in eredità a Chad. Il nuovo abate si ritrovò ben presto al centro di una questione politica: Lastingham era stato fondato perché re Etelwald di Deira desiderava avere un luogo nella Northumbria del Sud dove poter pregare ed essere sepolto. Un altro re di Deira, succeduto a Etelwald, Alcfrido, fondò un monastero a Ripon, dove vennero introdotti i costumi romani. Egli desiderava avere un vescovo per i suoi cittadini e così si rivolse all'abate di Ripon, Vilfrido (12 ott.) che nel 664, con il consenso di re Oswy di Northumbria, sovrano supremo e padre di Alcfrido, venne mandato in Gallia per essere consacrato vescovo. Vilfrido, però, si trattenne oltremanica e così Oswy, forse costretto dagli eventi e particolarmente dalla morte di Tuda, vescovo dei northumbri, intervenne e mandò Chad nel Kent perché ricevesse l'ordinazione episcopale e occupasse la sede vescovile. Non è chiaro se Oswy intendesse snobbare Alcfrido o se l'abate dell'altro monastero reale di Deira fosse l'unica alternativa possibile all'assenza prolungata di Vilfrido. Indipendentemente da quanto accadde realmente, non si può però dubitare della santità e delle qualità di Chad: se a questo proposito ha già un grande peso la lode di Beda (25 mag.) che lo definiva: «Uomo santo [...] erudito sulle Scritture e zelante nel promuovere il loro insegnamento», è ancor più attendibile la testimonianza di Eddio, biografo di Vilfrido che, parlando del rivale del suo eroe, dice: «Servo di Dio molto devoto ed eccezionale predicatore». Una volta arrivato nel Kent, Chad scoprì che l'arcivescovo Deusdedit era morto e, visto che c'era un vescovo nel regno dei sassoni occidentali, Chad proseguì il viaggio c venne consacrato nei pressi di Wine da due vescovi britannici di dubbia ortodossia. In quel periodo Chad non doveva avere più di trent'anni se è corretta l'affermazione di Beda, secondo il quale Chad ed Egberto, che sarebbe morto nel 729 all'età di novant'anni, erano stati contemporaneamente e in giovane età in Irlanda. Tornando nel suo paese d'origine, la Northumbria, Chad si ispirò ad Aidano e a Cedd. Predicò ovunque il Vangelo preferendo andare a piedi piuttosto che a cavallo e quando Vilfrido, tornato in Northumbria, trovò Chad che svolgeva le funzioni di vescovo, si ritirò nel proprio monastero di Ripon. Nel 669 Teodoro di Tarso (19 set.), ordinato arcivescovo al posto di Deusdedit, arrivò in Inghilterra. Una delle sue prime attività fu quella di visitare ogni parte del paese e di ordinare vescovi dove erano necessari. Arrivato in Northumbria accolse la protesta di Vilfrido e disse a Chad che la sua consacrazione era stata irregolare, al ché il santo rispose: «Se tu giudichi che io sia stato consacrato vescovo in modo non regolare, senza difficoltà mi dimetto dal mio ufficio; infatti io non me ne sono mai ritenuto meritevole ma costretto ad accettarlo per ubbidienza, ho acconsentito, benché' indegno». Commosso dalla sua umiltà, Teodoro concesse l'ufficialità che mancava all'ordinazione episcopale di Chad, ed egli poi si ritirò a Lastingham. Anche questa volta non fu per molto tempo. La Merda era rimasta senza vescovi da quando era morto Iaruman nel 667, così re Wulfhere chiese a Teodoro di nominare un successore. Invece che consacrare un nuovo vescovo, l'arcivescovo chiese a re Oswy Chad e gli assegnò una diocesi che si estendeva dalla Mercia fino a Lindsey. Ordinò al nuovo vescovo di muoversi a cavallo quando doveva affrontare un lungo viaggio a servizio del Vangelo. Siccome Chad cercò di protestare, l'arcivescovo, che aveva quasi settant'anni, risolse la questione sollevando e mettendo personalmente Chad sul dorso di un cavallo (è presumibile che Chad fosse piccolo e leggero). Il santo stabili la propria sede a Lichfield e vicino alla chiesa costruì un luogo dove, quando non doveva assolvere ad altri compiti, si ritirava a pregare assieme ad altri sette o otto monaci. Wulfhere donò a Chad anche un terreno presso Ad Barvae, probabilmente l'attuale Barrow della contea di Lindsey, dove fondare un monastero. Secondo Beda, un giorno del 672, Owine, uno dei suoi monaci, mentre si trovava all'aperto a lavorare, sentì un canto dolce e gioioso. 11 suono si fece a lui sempre più vicino, raggiunse l'oratorio nel quale Chad stava pregando e, dopo circa mezz'ora, si allontanò verso il cielo. Chad aprì la finestra dell'oratorio per chiamare Owine e gli disse di andare a prendere i suoi compagni. Quando furono tutti radunati Chad disse ai frati di vivere in pace con tutto e tutti e di rimanere fedeli alle regole monastiche che avevano imparato da lui e dai suoi predecessori. Annunciò quindi che l'ora della sua morte era prossima: «Quell'ospite amabile che è venuto a trovare anche i nostri fratelli, oggi si è degnato di venire da me e di chiamarmi via dal mondo. Perciò, tornando in chie sa, dite ai fratelli di raccomandare a Dio la mia anima con preghiere». Sette giorni dopo, il 2 marzo, dopo aver comunicato al corpo e sangue di Cristo, Chad morì per quella peste che già aveva mietuto tante vite tra la sua gente. Il suo vecchio amico Egberto affermò che era stata vista l'anima di Cedd scendere assieme a uno stormo di angeli per scortare il fratello dalla vita terrena a quella celeste. Chad aveva sempre in mente il giorno del giudizio; ogni volta che si alzava un forte vento, interrompeva qualsiasi cosa stesse facendo e iniziava a invocare il perdono di Dio per la razza umana. Se il vento si faceva ancora più forte, egli si prostrava a terra in preghiera; se il temporale era violento o se c'erano lampi e tuoni, allora correva in chiesa dove rimaneva in preghiera o recitando salmi finché il cielo non si rasserenava. «Il Signore ha tuonato dal cielo» era solito dire «e l'Altissimo ha emesso la sua voce; ha scagliato le sue frecce e li ha dispersi, ha moltiplicato le folgori e li ha atterriti. Infatti il Signore sconvolge l'aria, scatena i venti, scaglia fulmini, tuona dal cielo per spingere gli abitanti della terra a temerlo, per richiamare i loro cuori al ricordo del giudizio futuro, per dissiparne la superbia e abbatterne l'audacia, richiamando alle loro menti quel terribile momento quando egli verrà sulle nubi, tra cielo e terra in fiamme, in grande potenza e maestà, per giudicare i vivi e i morti. Perciò noi dobbiamo corrispondere con il dovuto timore e amore al suo ammonimento celeste; e ogni volta che, squassato il cielo, ci minaccia e alza la mano come per ferirci, e però ancora non ci colpisce, dobbiamo implorare subito la sua misericordia e, aperti i recessi del nostro cuore, tolto ciò che resta dei vizi, dobbiamo operare preoccupandoci di non meritare di essere da lui puniti.» Chad venne sepolto vicino alla chiesa di S. Maria, ma ben presto le sue ossa vennero traslate nella chiesa di S. Pietro che si trovava dove sorge l'attuale cattedrale di Lichfield. Si dice che in entrambi i luoghi si siano verificati miracoli e forse anche per questo il suo culto si è diffuso ampiamente. Ai tempi del Venerabile Beda sulla tomba del santo era presente una cassa di legno che presentava una piccola apertura su un lato, apertura nella quale i pellegrini potevano infilare una mano per prendere un po' di polvere: si credeva che quella polvere mescolata all'acqua avesse il potere di sanare i malati. Il nome di Chad compare nei calendari e nelle litanie anglosassoni e a esso sono dedicate molte chiese medievali delle contee dell'Inghilterra centrale. Secondo un'altra leggenda Wulfhere fece costruire monasteri e sovvenzionò quello di Peterborough per una penitenza comminatagli in confessionale da Chad. Il manoscritto del IV secolo, conosciuto come I Vangeli di S. Chad o I Vangeli di Lichfield (conservato attualmente nella biblioteca della cattedrale di Lichfield), venne probabilmente associato solo in un secondo momento al reliquiario di Chad. Le reliquie furono traslate più volte dopo la conquista normanna, alcune vennero salvate dal periodo della Riforma, ma all'inizio del xix secolo, dopo che erano state divise e trasportate da un luogo all'altro, si temette che fossero andate perdute. Nel 1839, nel luogo dove sorgeva una cappella dedicata al santo, iniziò l'opera di costruzione della cattedrale cattolica di Birmingham; nello stesso periodo ad Aston Hall, vicino a Stone, nello Staffordshire, sono state scoperte sei sue ossa dentro una cassetta. Quando nel 1841 venne consacrata la cattedrale, le ossa sono state collocate in uno scrigno e poste sull'altare maggiore; nel 1931 la tibia è stata presa e portata in un reliquiario della cappella di S. Edoardo. L'arcivescovo Couve de Mourville ha permesso che le reliquie fossero sottoposte ad analisi osteologiche e a datazione al radiocarbonio; i risultati degli esami sono stati pubblicati nel 1996: la tibia è stata fatta risalire secolo, mentre le altre ossa, di almeno due persone diverse, al VII. Vista la coincidenza cronologica, queste ultime reliquie dunque, adesso riposte nel loro scrigno della cattedrale di S. Chad, potrebbero essere collegate con buona probabilità al nostro santo e in parte appartenere direttamente a lui, patrono dell'arcidiocesi di Birmingham. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lichfield in Inghilterra, san Ceadda, vescovo, che nelle allora povere province della Mercia, del Lindsey e dell’Anglia meridionale, resse l’ufficio episcopale, impegnandosi ad amministrarlo secondo l’esempio degli antichi Padri in grande perfezione di vita.

nome San Luca Casale da Nicosia- titolo Abate- ricorrenza 2 marzo- La sua ‘Vita’ fu scritta probabilmente da un monaco di nome Bonus che purtroppo è andata perduta; secondo questa ‘Vita’ Luca casali nacque a Nicosia (Enna) in Sicilia nel IX secolo, verso i dodici anni fu condotto da un monaco nel monastero di Santa Maria Latina di Agira (Enna), dove prese l’abito e in seguito venne ordinato sacerdote.<br /> Crebbe e visse dotato di spirituali virtù e la popolazione dei fedeli si recava volentieri al monastero per consultarlo. In età adulta fu eletto abate del monastero di Agira, ma egli rifiutò la carica per umiltà, i monaci non si arresero e fecero intervenire il papa, allora Luca Casali accettò per ubbidienza. Trascorsero gli anni, in cui esplicò grande attitudine e prudenza nella carica di abate, finché fu colpito dalla cecità; ma questa grave limitazione, specie per quei tempi, non lo bloccò e continuò a svolgere il suo apostolato facendosi accompagnare nei suoi spostamenti dai confratelli. La sua santità si rivelò agli increduli monaci, quando un giorno ritornando da Nicosia dove aveva fatto visita ai parenti, gli fu fatto credere di avere davanti una gran folla di fedeli e lui prese a predicare in quel luogo che era invece deserto; al termine della predica impartì la benedizione, cui le pietre risposero con un sonoro “Amen!”. Di fronte a questo prodigio i monaci che l’accompagnavano gli chiesero perdono. Tornato nel monastero di Agira, morì in concetto di santità e fu sepolto nella chiesa di S. Filippo. La sua fama di santo crebbe tanto che il suo corpo fu deposto nella stessa urna di s. Filippo di Agira, grande sacerdote esorcista, morto ad Agira nel 453. In seguito si perse il ricordo del suo sepolcro, ma il culto continuò; nel 1575 al cessare dell’epidemia di peste, il popolo e il senato della città di Nicosia per riconoscenza verso s. Luca Casali, decisero di celebrare la sua festa a spese del Comune, chiedendo al papa di riconoscerlo patrono della città. Venti anni dopo nel 1596, durante alcuni lavori di ristrutturazione, furono ritrovati i resti di s. Luca Casali, di s. Eusebio monaco e di s. Filippo di Agira, evidentemente nascosti al tempo delle invasioni saracene, in tale occasione la sua città natale Nicosia, chiese ed ottenne una reliquia del santo abate, accolta con grande solennità. Per il resto le fonti storiche che lo riguardano sono discordi; l’anno della sua morte secondo alcuni studiosi è nell’anno 890 ca. altri dicono verso il 1164, ad ogni modo sembra sia vissuto prima delle invasioni arabe in Sicilia che cominciarono nell’827. Anche l’Ordine religioso cui appartenne è messo in discussione, c’è chi lo considera Benedettino, altri monaco Basiliano. La sua celebrazione è al 2 marzo. Nato a Nicosia nel IX secolo, fu monaco nel monastero di Agira, dove fu eletto abate per umiltà. Riuscì a mantenere la carica nonostante la cecità, dimostrando grande attitudine e prudenza. La sua santità fu rivelata a dei monaci increduli, che gli fecero credere di avere davanti una folla di fedeli. Luca Casali iniziò a predicare, e al termine della predica le pietre risposero con un sonoro “Amen!”. Morì in concetto di santità nel monastero di Agira, e fu sepolto nella chiesa di San Filippo. Il suo corpo fu poi deposto nella stessa urna di San Filippo di Agira, e la sua fama di santo crebbe. Nel 1575, al cessare dell’epidemia di peste, Nicosia lo proclamò patrono della città. Venti anni dopo, durante dei lavori di ristrutturazione, furono ritrovati i suoi resti, insieme a quelli di San Eusebio monaco e San Filippo di Agira. Nicosia ottenne una reliquia del santo abate, che fu accolta con grande solennità. L’anno della sua morte è incerto: alcuni studiosi lo collocano nell’890, altri verso il 1164. MARTIROLOGIO ROMANO Ad Agíra in Sicilia, San Luca Casale di Nicosía, monaco, pieno di umiltà e virtù.

nome San Troade- titolo martire- ricorrenza 2 marzo- San Troade o Troadio è un martire di Neocesaréa nel Ponto, nell’odierna Tirchia. Il suo nome è riportato nella “Vita di San Gregorio il Taumaturgo” scritta da san Gregorio di Nissa. In quel testo di riporta che durante la persecuzione di Decio, negli anni 249-51, il grande santo taumaturgo raccontò ai suoi compagni, che un giovane di nome Troade era stato condotto dai littori al governatore. Il giovane, condannato a morte è stato martirizzato. Anche se tutti rimasero stupiti per questa notizia, un diacono di loro recandosi in città ebbe la conferma di questo martire. Il Baronio, nel suo martirologio introdusse la memoria di san Troade nel giorno 28 dicembre, senza fornire alcuna spiegazione, en alcuni casi il è ricordato sia il 6 che il 12 maggio. I Sinassari bizantini, ricordando il martirio di San Troade, senza indicarne la città e la provenienza del giovane, ne fissarono la sua memoria nel giorno 2 marzo. Il martirologio romano, riprese il martirio di San Troade in questa data collocandola a Neocesaréa nel Ponto, in Turchia, attestandola da San Gregorio il Taumaturgo. Martire di Neocesaréa nel Ponto, nell’odierna Tirchia, fu un giovane cristiano che durante la persecuzione di Decio, negli anni 249-51, fu condotto dai littori al governatore e condannato a morte. La notizia del suo martirio, riportata da San Gregorio il Taumaturgo nella sua “Vita”, fu confermata da un diacono che si recò in città. La sua memoria è celebrata il 2 marzo, giorno in cui il martirologio romano attesta il suo martirio a Neocesaréa nel Ponto, in Turchia.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO: A Neocesaréa nel Ponto, nell’odierna Turchia, san Troadio, martire durante la persecuzione dell’imperatore Decio, il cui combattimento fu attestato da san Gregorio Taumaturgo.

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54 commenti

@Samuel_Ruy

10 mesi fa

Che bella rubrica, colta e informativa, stima

+5 punti

@Io1001

10 mesi fa

Mi piace moltissimo questa rubrica.

+2 punti

@Io1001

10 mesi fa

@cherigma

+2 punti

@Toma_

10 mesi fa

wee amor quanto tempoo

+1 punto