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I santi di oggi 6 giugno:
nome San Norberto- titolo Vescovo- nascita 1085 circa, Xanten, Germania- Consacrato arcivescovo 1126- morte 6 giugno 1134, Magdebùrgo- ricorrenza 6 giugno- Canonizzazione 1582- Attributi Bastone pastorale, mitra vescovile, paramenti episcopali, ramo di ulivo, ostensorio, saio bianco e mozzetta bianca con pallio- Patrono di partorienti, Diocesi di Magdeburgo, canonici regolari premostratensi- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Magdeburgo (1126 - 1134)- S. Norberto nacque a Xanten nel 1085 circa da una illustre e ricca famiglia. Fin da giovinetto si diede agli studi con splendidi successi, per cui fu bene accolto alle corti dei principi e in quella dello stesso imperatore Enrico. E qui, più che altrove, diede prova della sua nobiltà e della sua erudizione. Norberto però in questa prima sua gioventù sprecò i preziosi talenti ricevuti da Dio conducendo una vita comoda, amante delle vanità e delle lodi. Ma la grazia di Dio non tardò a smuovere il suo cuore e a fargli comprendere che tutto è vanità. Un giorno mentre viaggiava, elegantemente vestito, sul suo cavallo, lo colse un temporale. Rifugiatosi sotto una pianta, poco mancò che un fulmine non lo incenerisse. La terra si aperse sotto i piedi del cavallo ed egli fu buttato a terra svenuto. Rinvenuto, si ricordò della sua triste vita condotta fino allora e, come già S. Paolo, rivolse al Signore le parole: «Che vuoi che io faccia?». «Fuggi il male e fa' il bene, cerca la pace e seguila finché non la trovi». Queste parole le sentì nel profondo del cuore. Era la voce di Dio che ancora una volta lo chiamava, ed egli l'ascoltò e mutò vita per sempre. Abbandonata la corte, si ritirò nel monastero di Sigeberto vicino a Colonia, e dopo conveniente preparazione fu ordinato sacerdote dall'Arcivescovo di quella città. In seguito fu eletto canonico e in questo nuovo ufficio avrebbe voluto correggere molti abusi, ma trovò ostacoli nella rilassatezza dei tempi, per cui, rinunziato al canonicato, camminando a piedi scalzi, e mendicando il cibo, andava annunziando ovunque la buona novella, finché si ritirò nel silenzio di Prémontré. Ma non fu solo. Quaranta ecclesiastici e molti secolari si unirono a lui per vivere nella penitenza e ne la preghiera. S. Norberto pensò allora ad una regola di vita comune e adottò quella di S. Agostino, e nel Natale del 1121 fecero la professione solenne. Così era fondata la Congregazione dei Canonici Regolari Premostratensi. Nel viaggio che fece a Roma per l'approvazione della regola, passò a Spira ove il clero e il popolo erano radunati per l'elezione del nuovo arcivescovo. Saputo l'arrivo del Santo, egli stesso fu eletto all'alta dignità. «Ecco il nostro padre, ecco il nostro pastore!» si gridava dappertutto. Voce di popolo, voce di Dio: e S. Norberto dovette accettare e cercò di soddisfar a questo nuovo onere guadagnando tutti a Gesù Cristo. Non pochi però si opposero al suo ardente zelo attentarono anche alla sua vita. Egli perdonò e sopportò tutto; e alla fine colla sua pazienza vinse anche quegli animi ribelli, conducendoli all'ovile di Gesù Cristo. Assistette al concilio che si tenne a Reim e fu nominato arcivescovo di Magdeburgo da papa Onorio II nel 1126. Molto s'affaticò per estinguere lo scisma dell'antipapa Anacleto; nello stesso tempo visitò molte province della Germania portando ovunque la sua parola di padre e di pastore. Una malattia che l'assalì gravemente, lo tenne per 4 mesi a letto ed il 6 giugno 1134 spirò nel bacio de Signore. Inizialmente, fu sepolto nella chiesa del cenobio tra i suoi "fratelli". Durante la Riforma, quando la città di Magdeburgo passò ai protestanti, i premostratensi si impegnarono a trasferire le reliquie, poiché i protestanti non veneravano le reliquie dei santi. Nel 1626, riuscirono ad aprire il sepolcro e trasportare il corpo a Praga, dove l'abate di Strahow permise la collocazione. Nel 1627, le spoglie furono deposte nella chiesa del cenobio dei Canonici Premostratensi a Strahow, a Praga, dove fu eretto un altare. PRATICA. Perdoniamo le offese ricevute e godiamo se il mondo ci odia quando facciamo bene, perché, allora siamo sicuri di essere veramente seguaci di Gesù Cristo. PREGHIERA. O Signore, che il tuo beato confessore e vescovo Norberto rendesti banditore esimio della tua parola, e per suo mezzo rendesti feconda la tua Chiesa di una nuova famiglia, deh! fa che per i suoi meriti possiamo praticare col tuo aiuto quanto egli ha insegnato con le parole e colle opere. MARTIROLOGIO ROMANO. A Magdebùrgo san Norbérto, Vescovo di quella città e Confessore, Fondatore dell'Ordine Premostraténse.
nome San Claudio di Condat- titolo Abate-vescovo- nascita 607 circa, Franca Contea, Francia- Ordinato presbitero 627 da Donato di Besançon- Nominato abate ordinario 641 o 642- Nominato vescovo 685- morte 696 circa, Francia- ricorrenza 6 giugno- Incarichi ricoperti Canonico di Besançon (627-?), Abate di Condat (641/42-685; ?-?), Vescovo di Besançon (685-?)- Si dice che Claudio sia nato in Franca Contea, figlio di un nobile del luogo; certamente portò le armi come ogni giovane dell'epoca, ma all'età di vent'anni rinunciò alla carriera mondana. Visse una vita molto semplice, digiunando spesso e negandosi il sonno. Fu ordinato prete e per dodici anni fece parte del clero diocesano di Besangon. Dopo questo periodo ci sono due tradizioni: una sostiene che sia rimasto sacerdote secolare fino all'elevazione all'episcopato avvenuta nel 685; l'altra invece che si sia ritirato nel monastero di Condat, l'odierno S. Claudio, dove, eletto abate all'età di trentasette anni, introdusse la Regula benedettina e restaurò gli edifici monastici. Quando divenne vescovo di Besangon era già avanti negli anni e fu riluttante ad accettare la responsabilità dell'amministrazione di una diocesi, ma una volta accettata operò bene. Era assiduo all'Ufficio divino, ascoltava pazientemente le cause ecclesiastiche, seguiva con cura il suo clero e il suo gregge, e diede vita a molte opere caritative. A ottantasei anni finalmente poté deporre questo fardello e si ritirò (o tornò) a Condat, dove morì in età molto avanzata e dove fu sepolto, senza fasto, nella chiesa abbaziale. Tra la gente della zona correva voce che i demoni soggiornassero nelle valli oscure dei monti del Giura, e spesso s'invocava la protezione di Claudio; il suo culto ebbe grande diffusione nel MARTIROLOGIO ROMANO. Sul massiccio del Giura, san Claudio, che si ritiene sia stato vescovo e abate del monastero di Condat.
nome San Raffaele Guizar Valencia- titolo Vescovo- nome di battesimo Rafael Guízar Valencia- nascita 26 aprile 1878, Cotija, Messico- Ordinato presbitero 1º giugno 1901- Nominato vescovo 1º agosto 1919 da papa Benedetto XV- Consacrato vescovo 30 novembre 1919 dall'arcivescovo Tito Trocchi- morte 6 giugno 1938, Città del Messico, Messico- ricorrenza 6 giugno- Beatificazione 29 gennaio 1995 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 15 ottobre 2006 da papa Benedetto XVI- Santuario principale Cattedrale di Jalapa- Attributi Bastone pastorale, mitra- Incarichi ricoperti Vescovo di Veracruz-Jalapa (1919-1938)- Raffaele (Rafaele) nacque a Cotija nello stato messicano di Michoacàn, il 26 aprile 1878. Ordinato prete, lavorò infaticabilmente nei vari stati della Repubblica del Messico e anche a Cuba, in Guatemala, in Colombia e in alcuni stati meridionali degli USA, dedicandosi soprattutto ai bambini e ai poveri. Fu consacrato vescovo di Veracruz nel 1919 e divenne noto per l'attenzione alla formazione spirituale e intellettuale dei sacerdoti e dei seminaristi, per la devozione all'eucarestia e alla Vergine, e per la fedeltà alla Santa Sede. Morì con una reputazione di santità, a Messico City il 6 giugno 1938. Le sue reliquie furono portate nella città di Xalapa in Veracruz e fu sepolto nella cattedrale in mezzo a scene di vero entusiasmo popolare. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 29 gennaio 1995. Il 15 ottobre 2006 è stato canonizzato da Benedetto XVI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Città del Messico, transito del beato Raffaele Guízar Valencia, vescovo di Vera Cruz in Messico, che in tempo di persecuzione, benché esule e clandestino, esercitò con coraggio l’ufficio episcopale.
nome San Marcellino Champagnat- titolo Sacerdote- nascita 20 maggio 1789, Marlhes, Francia- morte 6 giugno 1840, St. Chamond, Francia- ricorrenza 6 giugno- Beatificazione 29 maggio 1955 da Pio XII- Canonizzazione 18 aprile 1999 da Giovanni Paolo II- Marcellino Champagnat fondatore dei Piccoli Fratelli Maristi, nacque il 20 maggio 1789, circa due mesi prima della Rivoluzione francese, da una famiglia profondamente cristiana; nonostante ciò fu in qualche maniera influenzato dall'imponente movimento della storia. Suo padre, Giovanni Battista Champagnat, era divenuto un ufficiale superiore nella cittadina di Marlhes sull'altopiano del distretto del Mont-Pilat, non lontano dalla città di Saint-Etienne. I compiti dell'ufficiale Giovanni Battista durante la Rivoluzione includevano l'incarico di amministratore cittadino di Marlhes e di colonnello della guardia nazionale. Suo figlio Marcellino rifuggiva dalla politica a motivo della sua giovane età, ma i princìpi della Rivoluzione possono essere visti nel suo approccio egualitarista verso le persone e nella struttura non classista dell'istituto dei Fratelli Maristi. L'educazione nazionale era assai caotica durante questo periodo della storia francese, e Marcellino non ricevette praticamente nessuna istruzione scolastica sino all'età di quattordici anni, quando il commissario diocesano per le vocazioni scoprì che il ragazzo aveva un certo interesse per il sacerdozio. Un periodo di istruzione sotto la direzione del cognato, che era insegnante, condusse quest'ultimo a dichiarare alla famiglia che il ragazzo non aveva la capacità di seguire gli studi per il sacerdozio. A dispetto di questo inflessibile verdetto, all'età di sedici anni Marcellino entrò risolutamente nel seminario minore di Verrières. Dopo un anno, le autorità si raccomandarono di non ritornare dopo le vacanze, ciò però non dissuase la madre di Marcellino, la quale avendo accertato il suo desiderio di diventare prete, impiegò mezzi spirituali (un pellegrinaggio) e umani (alcuni amici influenti) al fine di ottenerne la riammissione. Dopo otto anni nel seminario minore, dove la condotta e l'impegno del ragazzo migliorarono costantemente (come attestano i propositi riportati nei suoi quaderni), Marcellino entrò nel seminario maggiore di S. Ireneo a Lione verso la fine del regno dell'imperatore Napoleone I. Qui incontrò professori imbevuti dei princìpi della formazione sulpiciana, ma venne anche in contatto tra gli studenti con un personaggio carismatico, Gianclaudio Courveille, la cui eloquenza, guida ed entusiasmo per la fondazione di un istituto di Maria condussero alla creazione di un gruppo permeato dell'idea di divenire membri di una congregazione intitolata alla Vergine. Agli incontri di questo gruppo la forma della nuova comunità fu forgiata; erano previste tre diramazioni: una società di sacerdoti, un istituto di suore e un terz'ordine per i membri laici. Una voce insistente si batté strenuamente per un quarto ramo: un istituto di fratelli insegnanti. La voce era quella di Champagnat, la cui completa mancanza di una precoce istruzione e la consapevolezza del pressante bisogno di educatori cristiani nel paese lo spinsero a tormentare i suoi ingenui compagni con questa reiterata richiesta. Esasperati, infine, accettarono e assegnarono a Champagnat la fondazione del ramo dei fratelli per l'insegnamento. Questi assunse l'impegno come una particolare commissione da parte dei suoi coetanei. Il 23 luglio 1816, immediatamente dopo le cerimonie per l'ordinazione, dodici compagni scalarono la collina di Fourvière e, al santuario della Vergine nera, posero i propri voti scritti e firmati sull'altare, al di sotto del corporale, mentre il leader Courveille celebrava la Messa. Poi i sacerdoti novelli si recarono alle rispettive località come preti dell'arcidiocesi di Lione. Sarebbero trascorsi venti lunghi anni prima che potessero riunirsi come Società di Maria dei Padri Maristi. Champagnat fu collocato a La Valla, sul lato dell'erta collina che conduce all'altopiano della catena del Mont-Pilat. Qui, come curato, adempì i suoi doveri parrocchiali con ardore, pur rimanendo conscio del suo compito per la non ancora nata Società di Maria. Presto venne in contatto con un possibile candidato: Giovanni Maria Ganjon, ex granatiere nella guardia imperiale di Napoleone, al quale Champagnat iniziò a trasmettere i primi rudimenti di un'istruzione regolare. Ma fu l'invito di un malato che lo eccitò all'azione per la fondazione dell'insegnamento dei fratelli. Dopo aver assistito ai bisogni spirituali un giovane morente, la cui ignoranza religiosa era abissale, Champagnat decise di agire, corroborato nella determinazione da una seconda recluta che capitò sulla sua strada, come se fosse preparata dalla provvidenza. Il 2 gennaio 1817 Marcellino portò i suoi due seguaci in una casa che aveva acquistato e personalmente pulito e approvvigionato. Era il primo ramo della nascente Società di Maria, ma non giunse un'approvazione generale: il parroco, p. Rebod, preoccupato degli impegni economici che potevano ricadere sotto la sua responsabilità, si oppose al progetto e spinse altri preti contro il proprio curato. Successivamente, le autorità del collegio locale, spaventate di fronte al crescente numero di iscrizioni alla schiera di scuole primarie di Champagnat, sollevarono un'opposizione più vigorosa; ma la maggiore prova in questo ambito fu procurata dal vicario generale, mons. Bochard, che richiese che il gruppo di fratelli di Champagnat fosse assorbito nella sua congregazione, la Società della Croce di Gesù. Le pressioni su Marcellino crebbero, ma un improvviso flusso di vocazioni (in risposta alla preghiera e al pelle grinaggio al santuario di Nostra Signora della Pietà a La Valla) e una semi-miracolosa liberazione dalla morte (quando egli e un suo compagno furono colti all'improvviso da una tempesta di neve), convinsero nel 1823 Champagnat, che avrebbe dovuto «tendere i nervi e raccogliere il sangue» per resistere alle minacce contro il suo istituto. Per una felice coincidenza un particolare evento ecclesiale salvò Marcellino. Il nuovo papa, Leone X, rimosse il cardinal Fesch, zio di Napoleone, dal controllo dell'arcidiocesi di Lione. Quando l'arcivescovo de Pins fu assegnato come amministratore apostolico di Lione, Bochard, assai risentito, resistette all'assegnazione e poco dopo abbandonò la diocesi. Il tormentato Marcellino tirò un respiro di sollievo, perché non solo era stato rimosso il pericolo per i fratelli, ma egli stesso aveva ottenuto l'approvazione e il sostegno del nuovo vescovo per il lavoro che aveva intrapreso. Come scrisse Shakespeare: «Quando vengono le tribolazioni, non vengono come singoli esploratori, ma in interi battaglioni». Problemi interni avrebbero ora sfidato Champagnat. Courveille, l'ispiratore carismatico dei futuri maristi, aveva dimostrato di non essere una guida stabile. Venne ad aggregarsi a Marcellino nella casa madre da lui costruita, un edificio a cinque piani intitolato "Madonna del romitaggio". Nella frustrazione seguita alla decrescente influenza tra i sacerdoti del suo gruppo, tentò di essere eletto superiore dei fratelli. Nonostante il compassionevole sostegno alla sua candidatura da parte di Marcellino, Courveille non riuscì a convincere i fratelli ad accettarlo come guida. Il loro voto fu nettamente favorevole alla persona che conoscevano e ammiravano, Champagnat. Questi, però, si ammalò gravemente all'inizio del 1826 e, inoltre, i creditori si affrettarono a presentarsi per riscuotere il loro denaro. Nello stesso periodo il frustrato Courveille cadde in una grave colpa morale e, nonostante l'energica azione di un altro prete aspirante marista, Terraillon, non fu in grado di ritornare alla casa madre. interessante notare come Champagnat, mediante il reclutamento di giovani cappellani che venivano ad aiutarlo nella formazione dei fratelli, fu capace di immettere nei giovani preti il desiderio di unirsi al ramo sacerdotale dei maristi. In effetti, quando la diramazione clericale dei maristi fu approvata nel 1837 (principalmente per merito dell'accettazione delle missioni nel sud ovest del Pacifico), non meno di dieci dei ventun professandi che si presentarono alla cerimonia nella città di Belley provenivano da Lione ed erano stati influenzati da Champagnat. Gli altri undici erano del luogo ed erano stati raccolti da Gianclaudio Colin, il nuovo dirigente dell'intero movimento marista. Champagnat inoltre si adoperò per inviare un notevole numero di giovani alla nascente Congregazione di Suore Mariste. La caduta di Courveille non fu l'unico problema per Marcellino: dopo dieci anni di apostolato, vari altri fratelli avevano perduto il loro fervore iniziale. Alcuni erano disaffezionati, soprattutto rispetto al metodo educativo e alla maniera di vestirsi. La malattia del fondatore e il periodo di convalescenza favorirono l'esacerbarsi dei problemi, in particolare quando forzatamente i fratelli dovevano essere assoggettati all'autorità dell'instabile Courveille. Dopo che quest'ultimo fu uscito di scena, Champagnat dovette affrontare due problemi: indurre qualche fratello a passare a una tecnica di insegnamento più moderna ed efficace (compito non facile, a motivo dei fratelli anziani, fermi nei propri metodi), e superare le difficoltà dell'abito dei fratelli che per alcuni era troppo vistoso. Entrambi i problemi avrebbero potuto creare gravi crisi, ma l'abilità di Marcellino presto pacificò la situazione. Dopo un periodo di prova di un anno la nuova tecnica di insegnamento della lettura fu accettata dai fratelli, e solo due ribelli si opposero alla riforma dell'abito e abbandonarono l'istituto. Champagnat era un educatore attento e progressista, profondamente interessato al benessere degli studenti. Questo fu il motivo per il. quale insistette per l'adozione del "metodo simultaneo" utilizzato dai Fratelli di De la Salle. La sua insistenza su questo metodo gli procurò la perdita della scuola a Feurs, dove il concilio locale anticlericale tentò di costringerlo ad adottare il "metodo reciproco" di recente creazione. La ragione di questa scelta era dovuta al fatto che l'insegnante mediante questo metodo sarebbe stato maggiormente in contatto con gli allievi e avrebbe esercitato più influenza su di loro. Sintetizzando, secondo la concezione di Champagnat i fratelli nel loro insegnamento dovevano integrare la fede con l'istruzione e creare uno spirito famigliare nell'ambiente scolastico. Riteneva che dovessero stare con i giovani, amarli, condurli a Gesù e formarne dei buoni cristiani e degli onesti cittadini. In una lettera circolare ai fratelli (19 gennaio 1839) diceva: «Desidero e voglio che seguendo l'esempio di Gesù voi abbiate un tenero amore per i bambini, spezzando con santo zelo il pane spirituale della religione». Una grave difficoltà per Champagnat fu quella di ottenere il riconoscimento governativo dell'istituto. Aveva ricevuto in precedenza alcune promesse a riguardo, ma quando i governi francesi divennero progressivamente anticlericali, la richiesta del fondatore, dopo un periodo di incertezza, non venne accolta. In effetti, il progresso dell'istituto fu frequentemente influenzato dal clima politico del paese. Champagnat incontrò particolari difficoltà da parte degli ufficiali governativi locali, che minacciarono di arruolare forzatamente i fratelli, e da una speciale commissione di controllo, che perlustrò la casa madre nell'infruttuosa ricerca di un "marchese" sospetto di aver fornito l'addestramento militare ai ribelli antigovernativi! Il riconoscimento dell'istituto giunse finalmente dopo la morte del fondatore, quando il governo di. Luigi. Napoleone, più accondiscendente nei confronti della Chiesa, assicurò la tanto desiderata autorizzazione. La causa di Champagnat non fu agevolata dagli amici ecclesiastici che tentarono di risolvere il problema con la fusione dell'istituto con altri gruppi riconosciuti dal governo. Furono realizzati diversi tentativi, il più serio dei quali fu un progetto di aggregazione dei Fratelli Maristi a quelli del p. Querbes Clerks di S. Viateur. L'iniziativa proveniva da p. Pompallier (in seguito vescovo e poi guida delle missioni mariste in Oceania) e dal vicario generale, Cholleton (più tardi sacerdote marista e maestro dei novizi). Né Querbes né Marcellino erano entusiasti della proposta, sapendo bene che le diverse ispirazioni dei rispettivi istituti non erano compatibili. Nonostante ciò, i due "cospiratori" per poco non ottennero l'unione. Fortunatamente, l'arcivescovo che si era mostrato in un primo tempo favorevole, cambiò parere. La bozza di una lettera intrisa di lacrime mostra quanto profondamente Marcellino fu turbato da questa vicenda. Al momento del suo trapasso, la Congregazione dei Fratelli Maristi contava quarantotto fondazioni e duecentottanta fratelli. Champagnat stesso era divenuto sacerdote della Società di Maria nel 1836; la consacrazione lo pose sotto l'obbedienza religiosa a p. Colin, eletto responsabile del ramo clericale. Alla fine della vita, Marcellino credeva ancora in una congregazione complessiva sotto la direzione di un'unica persona; Roma, però, decretò diversamente, separando i quattro rami e ponendoli sotto diversi superiori generali. Nel periodo nel quale Champagnat fu soggetto all'obbedienza a Colin, le due guide collaborarono intensamente, sebbene apparisse evidente che non condividevano il medesimo concetto sul ruolo dei fratelli. Colin riteneva che i fratelli potessero essere impiegati ovunque come aiutanti dei sacerdoti, mentre Marcellino desiderava per i fratelli essenzialmente l'apostolato scolastico e la vita in comunità. A dispetto di questa differenza di opinione, Champagnat, che era anche entusiasta dell'apostolato missionario, inviò i fratelli in Oceania sotto la direzione di un prete marista, procedura che proseguì per un certo tempo anche dopo la morte del fondatore. L'identità di questi generosi volontari, però, si confuse con quella dei Fratelli di. S. Giuseppe, un gruppo religioso che Colin reclutò come fratelli laici della sezione dei Padri Maristi. Ai Fratelli Maristi nelle missioni, però, fu comunicato dal superiore generale di rimanere insieme con il ramo sacerdotale, la Società di Maria. Logorato dalle fatiche dell'apostolato, Marcellino perdette la salute nel 1839 e morì relativamente presto, all'età di cinquantun anni, il 6 giugno 1840. Durante i venti anni di generalato del suo successore, B. Francesco Rivat, l'istituto si allargò ampiamente, nella misura di una nuova fondazione ogni tre settimane. Nel 1856 i Fratelli Maristi entrarono nel settore dell'educazione secondaria, quando i Padri Maristi chiesero loro di assumere la scuola di Valbenoite, vicino a Saint-Etienne. All'inizio del terzo millennio, in varie parti del mondo, i Fratelli Maristi stanno operando non solo nell'istruzione primaria, secondaria e universitaria, ma anche in molte missioni e in altri apostolati insieme con i giovani. Il numero ha raggiunto l'apice di oltre novemila membri alla fine degli anni '60, ma è ora di meno di cinquemila. Le vocazioni nei paesi del "primo mondo" sono calate considerevolmente, ma una buona risposta continua in altre regioni. Marcellino è stato dichiarato venerabile nel 1920 e beatificato nel 1955. La sua canonizzazione, il 18 aprile 1999, è stata un'occasione per ravvivare la fiamma delle particolari virtù di umiltà, semplicità e modestia che ardono nei cuori maristi. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso la città di Saint-Chamond nel territorio di Lione, in Francia, san Marcellino Champagnat, sacerdote della Società di Maria, che fondò l’Istituto dei Piccoli Fratelli di Maria per l’istruzione cristiana dei fanciulli.
nome San Gerardo Tintori- titolo Confessore- nascita 1134 circa, Monza- morte 6 giugno 1207, Monza- ricorrenza 6 giugno- Santuario principale Parrocchiale di San Gerardo al Corpo- Attributi bastone con ciliegie; scodella con cucchiaio- L'anno di nascita di Gerardo non si conosce con certezza; secondo lo storico monzese Bartolomeo Zucchi fu il 1134, secondo altri il 1135 o il 1140. Il cognome "Tintore" o "dei Tintori" (de Tinctoribus) probabilmente rimanda alla professione esercitata dalla sua famiglia. Gerardo era di condizione agiata; dopo la morte del padre, con i beni ereditati, fondò un ospedale con lo scopo di assistere i poveri e i malati. La sede dell'ospedale pare fosse la casa stessa di Gerardo: essa si trovava sulla riva sinistra del Lambro, presso il ponte che oggi è detto "di san Gerardino" e dove esiste l'omonima chiesetta. La fondazione dell'ospedale avvenne certamente entro il 1174. In questa data, infatti, Gerardo stipulò con il Comune di Monza e con il Capitolo del Duomo una convenzione nella quale se ne definiva lo status giuridico e amministrativo: l'ospedale dipendeva formalmente dall'autorità ecclesiastica, ma di fatto manteneva una sostanziale autonomia, mentre il Comune ne assumeva l'avvocazia, cioè la tutela giuridica. Il servizio nell'ospedale era svolto da conversi: laici che vivevano in comune come i frati, senza però prendere i voti religiosi. Gerardo era uno di loro e svolgeva anche l'incarico di "ministro", cioè direttore dell'ospedale. Come risulta anche da alcuni documenti degli anni successivi, egli mantenne questo incarico fino alla morte, avvenuta il 6 giugno 1207. L'ospedale fondato da Gerardo continuò la sua attività fino al XVIII secolo, quando il governo austriaco lo accorpò ad altri istituti di cura. Un nuovo più moderno ospedale fu fatto costruire da Umberto I nel corso del XIX secolo. Nel 1946 l'amministrazione comunale di Monza decise di ricordare la sua opera intitolandogli l'ospedale cittadino (che in precedenza portava il nome di Umberto I); anche l'Ospedale nuovo, costruito negli anni '70 del XX secolo, che ospita la facoltà di medicina dell'Università di Milano-Bicocca, ha conservato l'intitolazione a San Gerardo.
nome Sant'Eustorgio II di Milano- titolo Vescovo- morte 518, Milano- ricorrenza 6 giugno, 18 settembre- Canonizzazione pre-canonizzazione- Attributi bastone pastorale e mitra- Patrono di Milano e Arcore- Incarichi ricoperti Vescovo di Milano- Sono due i vescovi di Milano con il nome Eustorgio. Il secondo era di origine greca ed era vissuto a Roma negli anni dal 492 al 523 durante i pontificati di Gelasio (21 nov.), Simmaco (19 lug.) e Ormisda (6 ago.). Consacrato vescovo nel 512 rimase a Milano fino alla morte avvenuta sei anni dopo, e il suo episcopato sembra essere trascorso pacificamente. Si racconta che abbia ospitato in casa sua, istruito, battezzato e ordinato prete un giovane originario della Pannonia di nome Floriano, che subì poi il martirio ed è venerato in Francia con il nome di S. Laurien (nei martirologi spa-gnoli è ricordato come vescovo di Siviglia). Eustorgio è descritto come uomo di grande virtù, un pastore ec-cellente del suo gregge e un difensore del patrimonio della Chiesa. Riscattò molti uomini della sua diocesi che erano stati fatti prigio-nieri nelle guerre tra i duchi dell'Italia Settentrionale durante il suo episcopato. Da due documenti di Cassiodoro abbiamo notizia che il re Teodorico lo aveva in grande rispetto. Abbiamo una lette-ra a lui di S. Avito di Vienne (5 feb.) e nel Breviario alcuni suoi brevi scritti. Fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo a Milano, dove sono conservate le sue reliquie. MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano, sant’Eustorgio II, vescovo, che, insigne per pietà, giustizia e virtù di pastore, costruì un celebre battistero.
nome San Iarlath- titolo Vescovo- nascita Galway, Irlanda- morte VI secolo, Irlanda- ricorrenza 6 giugno- Nell'arcidiocesi di Tuam in Galway Iarlath è venerato come patrono principale e fondatore della sua antica sede episcopale. Non lo si deve confondere con un omonimo, a lui antecedente, vescovo di Armagh e celebrato l'11 febbraio. larlath di Tauni è uno dei santi irlandesi del vi secolo e se sono scarse le informazioni esatte sulla sua vita c'è una forte tradizione a sostegno della sua esistenza. Si narra che sia nato a Galway, dove la famiglia era proprietaria di una grande estensione di terra. Non conosciamo la data della sua nascita. Educato da un sant'uomo fu ordinato prete e fondò un monastero a Cluain Fois, presso l'odierna Tuam. Diresse la comunità come abatevescovo, onorato per la sua pietà e cultura; eresse una scuola che godette di grande reputazione. Si dice che tra i suoi discepoli ci fossero Brendan di Clonfert (16 mag.) e Colman di Munster. Iarlath morì a metà del vi secolo; la sua festa è celebrata in tutta l'Irlanda e fino al 1830 in una cappella (Teampol na Scrine di Tuam) era conservato un sarcofago, ora andato perduto, d'argento o argento dorato. MARTIROLOGIO ROMANO. In Irlanda, san Iarlath, vescovo.
nome San Cerato di Grenoble- titolo Vescovo- morte 452, Grenoble, Francia- ricorrenza 6 giugno- I racconti della vita del vescovo Cerato (Cérase in francese) contengono delle contraddizioni, anche se ci sono prove certe che fu vescovo di Grenoble a metà del V secolo, e più o meno un secolo dopo era venerato in quella città il 6 giugno. È certo che sia stato presente al concilio di Orange nel 441 e che, insieme ad altri due vescovi della Gallia, abbia scritto a papa Leone Magno (440-61, 10 nov.). Eusebio di Milano lo nomina in una lettera scritta a papa Leone Magno. Sono sorte difficoltà a causa di un Cerasio o Cerato che in Guascogna è considerato il fondatore e primo vescovo della sede di Eauze, divenuta in seguito diocesi di Auch, le cui reliquie sono conservate nell'abbazia di Simorre, presso Lombez. Non è chiaro se i due sino la medesima persona; c'è chi sostiene che Cerato di Grenoble dovette fuggire per la persecuzione ariana in Burgundia e si insediò in Aquitania dove fondò una nuova sede episcopale, ma non abbiamo nessuna prova storica a sostegno di questa teoria. Il culto di Cerato di Grenoble fu confermato nel 1903, senza che venisse dipanata la questione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Grenoble in Burgundia, in Francia, san Cerazio, vescovo, che espresse parole di gratitudine al papa san Leone Magno per avere scritto la lettera a Flaviano e preservò il suo gregge incolume dall’eresia.