@Vitupero

20/07/2024 alle 15:52

I santi di oggi 20 luglio:

I santi di oggi 20 luglio:

nome Sant'Elia- titolo Profeta- nascita X secolo a. C., Tishbe- morte 850 a. C., Monte Carmelo- ricorrenza 20 luglio- Attributi rotolo della profezia; su un carro di fuoco; sul Monte Carmelo; nella trasfigurazione di Cristo- Patrono di Bosnia ed Erzegovina, Aeronautica Civile, Aeronautica Militare, Ordine dei Carmelitani, cocchieri, pioggia, contro la siccità; Malito, Peschici, Buonabitacolo- Elia, con Eliseo e Samuele, è uno dei più grandi profeti di azione (distinti dai profeti scrittori, come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, che hanno lasciato degli scritti inclusi nel canone dei Libri sacri), e la sua missione fu di incitare il popolo alla fedeltà all'unico vero Dio, senza lasciarsi sedurre dall'influsso del culto idolatrico e licenzioso di Canaan. Elia (il cui nome significa « il mio Dio è Jahvè ») nacque verso la fine del X sec. a.C. e svolse gran parte della sua missione sotto il regno del pavido Acab (873-854), docile strumento nelle mani dell'intrigante moglie Jezabel, di origine fenicia, che aveva dapprima favorito e poi imposto il culto del dio Baal. Quando ormai il monoteismo pareva soffocato e la maggioranza del popolo aveva abbracciato l'idolatria, Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, Elia ritornò dal re e per dimostrare la inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmclo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l'acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo esultante linciò i sacerdoti idolatri. Elia credette giunto il momento del trionfo di Javhè, e perciò tanto più amara e incomprensibile gli apparve la necessità di sottrarsi con la fuga all'ira della furente Jezabel. Braccato nel deserto come un animale da preda, l'energico e intransigente profeta sembrò avere un attimo di cedimento allo sconforto. Il suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e pregò Dio di recidere il filo che lo teneva ancora legato alla terra. Ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d'acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l'indomito coraggio di un tempo. Elia comprese che Dio non propizia il trionfo del bene con gesti spettacolari, ma agisce con longanime pazienza, poiché egli è l'Eterno e domina il tempo. Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì il precursore di Cristo, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò con rinnovato zelo in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. L'opera di riedificazione spirituale, tanto faticosamente iniziata, venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la divina chiamata mentre si trovava nei campi dietro l'aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l'unico testimone della misteriosa fine di Elia, avvenuta verso 1'850 a.C., su un carro di fuoco. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di sant’Elia Tesbita, che fu profeta del Signore nei giorni di Acab e di Acazia, re di Israele, e con tale forza rivendicò i diritti dell’unico Dio contro l’infedeltà del popolo, da prefigurare non solo Giovanni Battista, ma il Cristo stesso; non lasciò profezie scritte, ma la sua memoria viene fedelmente conservata, in particolare sul monte Carmelo.

nome Santa Margherita d'Antiochia di Pisidia- titolo Vergine e martire- nascita 289, Antiochia di Pisidia, Turchia- morte 304, Antiochia di Siria, Turchia- ricorrenza 20 luglio- Attributi palma del martirio, libro, croce e drago sotto i piedi- Patrona di moribondi, partorienti, insegnanti, agricoltori, soldati; diversi comuni d'Italia- Margherita, figlia di un prete pagano d'Antiochia, orfana di madre, venne educata da una nutrice cristiana che la convertì alla fede. Il Prefetto di Antiochia, Olibrio, un giorno vide questa pastorella di quindici anni, bellissima, e se ne innamorò; le offrì di sposarla, ma essa si rifiutò dichiarandosi sposa di Gesù Cristo. Il Prefetto allora la fece imprigionare con l'accusa di essere cristiana e la convocò al suo tribunale. Dopo lunghe discussioni la pastorella viene fustigata a sangue, ciò nonostante, essa perseverò nella professione della sua fede e nel diniego di sposare Olibrio. Venne gettata così in prigione e nel buio carcere le apparve il demonio sotto forma di dragone orribile che la inghiottì, ma essa, col segno della croce, lo fece scoppiare e ne uscì illesa. Un secondo demonio le apparve, sotto forma di etiope, per tentare di nuovo di smuoverla dai suoi propositi, ma ancora senza successo. Dopo questa seconda prova la prigione si illuminò: le apparvero una croce ed una colomba che posandosi su di lei la consolò promettendole la gloria del cielo. Il giorno seguente, Olibrio le fece bruciare i fianchi con faci ardenti gettandola in una fossa d'acqua ma la martire ne uscì illesa ancora una volta. Di fronte allo spettacolo della sua fortezza invitta una moltitudine di pagani si convertì e Olibrio li condannò tutti alla morte. Decise infine di condannare alla decapitazione Margherita; prima però di morire impetra grazia da Dio per i suoi devoti, specialmente per le donne incinte. La sua testa cadde sotto i colpi del carnefice e le sua anima venne portata dagli Angeli in paradiso. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Antiochia di Pisidia, nell’odierna Turchia, santa Marina o Margherita, che si ritiene abbia consacrato il suo corpo a Cristo nella verginità e nel martirio.

nome Sant'Apollinare di Ravenna- titolo Vescovo e martire- nascita I Secolo, Antiochia di Siria- morte I Secolo, Ravenna- ricorrenza 20 luglio- Canonizzazione Antica- Santuario principale Sant'Apollinare in Classe- Attributi Bastone pastorale, Palma, Pallio- Patrono di Epilessia; Gotta; Ravenna; Emilia-Romagna; Romagna; Lucrezia;Mercatino Conca;Remagen, Düsseldorf; Aquisgrana; Burtscheid; Asolo- Incarichi ricoperti Vescovo di Ravenna- S. Pietro dopo la Pentecoste, ricolmo di Spirito Santo, andava ovunque predicando che il tempo della salvezza era giunto ed era necessaria la fede in Gesù Cristo, per avere la vita eterna. Un giorno che l'Apostolo andava insegnando tali verità in Antiochia ad un numero ristretto di persone, scorse fra esse un giovanetto di bella presenza, di intelligenza svegliata e di cuore puro: si chiamava Apollinare. Allorché Pietro si trovò solo, se lo chiamò vicino, e con modi paterni, aiutato dalla grazia di Dio, finì per conquistarlo totalmente alla fede. I genitori del giovanetto, ancora pagani, dopo varie resistenze, apersero le porte alla grazia divina: non solo si fecero cristiani, ma permisero al figlio di seguire l'Apostolo. E quando S. Pietro partì per Roma, Apollinare, che aveva udito e gustato tutta la bellezza dell'apostolato cristiano, volle seguirlo per diffondere la vera, unica, divina religione, la sola che poteva rendere felici dando ai fedeli un premio eterno. A Roma attese maggiormente a istruirsi e ad accrescere l'amore verso le cose celesti. I suoi progressi furono così mirabili che S. Pietro lo credette degno di essere sacerdote e vescovo della Chiesa. Da Roma il Santo fu inviato nella diocesi di Ravenna, perchè col suo zelo reggesse quella Chiesa che già vi era formata e conquistasse alla fede gli altri infedeli. Ed egli lavorò instancabilmente, con uno zelo degno di un apostolo di Cristo. Ma le conversioni che egli operava ed i miracoli che faceva gli attirarono le ire e la persecuzione dei pagani. Tutto egli sopportò per amore del suo Dio. Gli fu intimato anche di non predicare; ma come poteva egli contenere il fuoco ardente della verità che gli bruciava in petto? Un giorno Apollinare guarì la moglie di un tribuno e poi la battezzò col marito e tutti quei di casa. Saputa tal cosa, il governatore fece arrestare il Santo e condottolo nel tempio di Giove: «Sacrifica, gl'impose, se hai cara la vita». «No, rispose l'amante di Cristo, non voglio sacrificare: meglio sarebbe l'usare del vostro oro e argento a sollievo dei poveri, invece d'adoperarlo per onorare demoni». Spiacque tal risposta ai pagani, per cui fu battuto e lasciato quasi morto. Avvenne pure che un altro giorno risuscitasse una figlia di un certo Rufo, patrizio di Ravenna, e che stupiti a tal fatto molti si convertissero. Allora lo stesso imperatore diede ordine al prefetto di costringere Apollinare a sacrificare agli dèi, ed in caso di rifiuto, di esiliarlo. Rifiutò infatti il Santo, e per questo, dopo essere stato crudelmente battuto, fu fatto imbarcare per l'esilio. Ma a causa di una tempesta il naviglio naufragò. Apollinare e due soldati che poi ricevettero il Battesimo poterono salvarsi. Ritornò il nostro Santo alcun tempo dopo a Ravenna, ove compì altri prodigi e nuove conversioni: ma non potendolo più sopportare, i pagani presero il santo Vescovo e lo batterono in modo così barbaro che per le piaghe riportate spirò dopo sette giorni di spasimo. Era l'anno 70 dopo Cristo. PRATICA. La nostra fede sia la nostra gloria: teniamoci pronti a difenderla dai nemici. PREGHIERA. Dio, rimuneratore delle anime fedeli, che consacrasti questo giorno col martirio del tuo beato sacerdote Apollinare, deh! fa' che noi tuoi servi conseguiamo il perdono per le sue preghiere. MARTIROLOGIO ROMANO. Sant'Apollinare, vescovo, che, facendo conoscere tra le genti le insondabili ricchezze di Cristo, precedette come un buon pastore il suo gregge, onorando la Chiesa di Classe presso Ravenna in Romagna con il suo glorioso martirio. Il 23 luglio migrò al banchetto eterno.

nome Sant'Aurelio di Cartagine- titolo Vescovo- nascita IV secolo, Nord Africa- Ordinato diacono 388- Consacrato vescovo 391- morte 430, Cartagine, Tunisia- ricorrenza 20 luglio- Incarichi ricoperti Vescovo di Cartagine (391-430), Primate d'Africa- Aurelio fu diacono a Cartagine, in Africa settentrionale, alla fine del i v secolo. Non si sa quasi niente della sua vita, tranne che divenne vescovo. S. Agostino (28 ago.), che lo incontrò nel 388 circa, a Cartagine, divenne suo amico, e scrisse della grande carità di Aurelio verso i poveri in questi primi anni, e del suo zelo nelle celebrazioni liturgiche. Quasi nello stesso momento in cui Agostino fu consacrato vescovo d'Ippona (ca. 396), Aurelio lo divenne a Cartagine, incarico che lo rese primate, anche se non ufficialmente, della Chiesa dell'Africa settentrionale e uno dei vescovi più importanti in Occidente. Per molti dei trentasette anni del suo episcopato, dovette affrontare la minaccia dei due potenti movimenti eretici, il donatismo e il pelagianesimo, e presiedette numerosi sinodi e concili, sulle relative questioni. Nella propria diocesi fu capace di porre termine agli abusi nella celebrazione delle feste dei martiri, e chiese ai suoi sacerdoti di predicare nella cattedrale in sua presenza. Introdusse il canto dei salmi durante la Messa per incoraggiare una maggiore partecipazione dei laici alla celebrazione. Gli ultimi anni di vita di Aurelio furono disturbati dalle invasioni dei vandali nell'Africa settentrionale; morì nel 430, e, anche se la sua fama è stata oscurata da quella del suo grande contemporaneo, è degno di essere venerato. Agostino lo teneva in alta considerazione e lo consultava frequentemente; gli dedicò alcune sue opere e scrisse anche un trattato sulla vita monastica per replicare alle lamentele di Aurelio che alcuni monaci stavano usando il pretesto della contemplazione per giustificare la loro pigrizia. Papa Innocenzo I (401-417) e S. Giovanni Crisostomo (13 set.) lo stimavano moltissimo. I decreti dei suoi concili e sinodi sono un monumento alla sua abilità, e per quanto riguardava le questioni gravi che aveva affrontato, è stato definito uomo d'azione, mentre Agostino era il pensatore (Bibl.SS.). I vescovi africani lo chiamavano Sanctus senex, sanctus papa Aurelius (Vecchio santo, santo papa Aurelio). MARTIROLOGIO ROMANO. A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sant’Aurelio, vescovo, che, salda colonna della Chiesa, protesse i suoi fedeli dalle usanze pagane e collocò il seggio episcopale sul luogo in cui prima si trovava la statua della dea del cielo.

nome Beato Giuseppe Barsabba il Giusto- titolo Discepolo del signore- ricorrenza 20 luglio- Giuseppe Barsabba compare brevemente negli Atti degli Apostoli: dopo l'ascensione di nostro Signore, i cristiani di Gerusalemme decisero, su suggerimento di S. Pietro, di scegliere un sostituto dello sciagurato Giuda lscariota. Citando dai Salmi «e il suo incarico lo prenda un altro» (Sal 109, 8), Pietro prosegue: «Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato tra di noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione» (At 1, 21-22). Furono scelti due candidati: «Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto e Mattia» (At 1, 23). I cristiani che si erano radunati (circa centoventi) pregarono per essere guidati e poi estrassero a sorte; fu scelto Mattia, che diventò uno dei dodici apostoli (At 1, 23-25). È possibile che Giuseppe fosse in relazione con Giuda Barsabba di At 15, 22. Così, si afferma che Giuseppe sia stato un seguace molto devoto di Gesù, ed è probabile che sia stato uno dei settantadue discepoli (Le 10, 1-20). Eusebio, morto nel 340 circa, afferma che Giuseppe certamente era uno di loro e che successivamente predicò in vari paesi; tra gli altri miracoli, Eusebio riferisce che Giuseppe bevve il veleno senza morire, come nostro Signore aveva predetto (Mc 16, 18). Eusebio si basò sugli scritti di Papia (ca. 60-130) scrivendo questi racconti tradizionali su Giuseppe. Gli Atti di Paolo, apocrifi sec.), affermano che Giuseppe fu imprigionato durante il regno di Nerone (37-68), ma rilasciato quando S. Paolo apparve all'imperatore. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione del beato Giuseppe, chiamato Barsabba e soprannominato il Giusto, discepolo del Signore, che gli Apostoli proposero insieme a san Mattia, perché uno dei due prendesse il posto che era stato di Giuda il traditore; e pur caduta la sorte su Mattia, egli si adoperò ugualmente nel ministero della predicazione e della santificazione.

nome Beato Luigi Novarese- titolo Presbitero- ricorrenza 20 luglio- Beatificazione Roma, 11 maggio 2013 da papa Francesco- Luigi Novarese nacque a Casale Monferrato in provincia di Alessandria nel 1914, ultimo dei nove figli avuti da Giusto Carlo, che morì quando lui aveva solo 9 mesi, e Teresa Sassone, che cresce così da sola i suoi figli. A 9 anni si ammala di tubercolosi ossea, per quei tempi mortale; la mamma non si arrende di fronte all'inevitabile e spende tutti i suoi pochi averi per curare suo figlio, arrivando a vendere tutti i suoi possedimenti, anche la cascina in cui vive, contro il parere dei suoi stessi figli. Questo per lungo tempo finché nel 1930 fu ricoverato nel sanatorio Santa Corona di Pietra Ligure e da qui scrisse una lettera a Don Filippo Rinaldi, rettore dei Salesiani, chiedendo l'intercessione di Don Bosco e quella di Maria Ausiliatrice. La guarigione del ragazzo avviene nel mese di maggio, dopo la promessa di dedicare la sua vita agli ammalati, e lo lascia con una gamba più corta dell'altra. Quando porta le stampelle nella basilica di Torino come ex voto, Luigi è pronto a diventare medico ma la mamma muore e decide così di entrare in seminario. Iniziò i suoi studi e fu ordinato sacerdote a San Giovanni in Laterano il 17 dicembre 1938; dopo 4 anni iniziò a lavorare presso la Segreteria della Santa Sede, dove rimase fino al 1970 e nel frattempo, il 17 maggio 1943, fondò la Lega Sacerdotale Mariana per aiutare i preti infermi. Il 17 marzo 1947 infine creò il Centro Volontari della Sofferenza, cui seguirono i Silenziosi Operai della Croce e i Fratelli e Sorelle degli Ammalati, il tutto con l'intento di porre l'ammalato, sia fisico che psichico, al centro della propria vita, e fare in modo che offra la sua sofferenza a Dio e aiuti gli altri ammalati nel loro percorso di evangelizzazione. Monsignor Luigi Novarese morì a Rocca Priora, in provincia di Roma, il 20 luglio del 1984 e il suo processo di Beatificazione si è concluso l'11 maggio 2013.

nome San Giuseppe Maria Diaz Sanjurjo- titolo Vescovo e martire- nome di battesimo José María Díaz Sanjurjo- nascita 1818, S. Eulalia de Suegos, Spagna- Ordinato presbitero 23 marzo 1844- Nominato vescovo 5 settembre 1848 da papa Pio IX- Consacrato vescovo 8 aprile 1849 dal vescovo Jerónimo Hermosilla Aransáez, O.P.- morte 1857, Nam-Dinh, Vietnam- ricorrenza 20 luglio- Beatificazione 29 aprile 1951 da papa Pio XII- Canonizzazione 19 giugno 1988 da papa Giovanni Paolo II- Attributi Palma, bastone pastorale, mitra- Incarichi ricoperti Vescovo titolare di Platea (1848-1857), Vicario apostolico coadiutore del Tonchino centrale (1848-1852), Vicario apostolico del Tonchino centrale (1852-1857)- Giuseppe Díaz Sanjurjo, nato nel 1818 a S, Eulalia de Suegos, nei pressi di Lugo (Spagna nord-occidentale), frequentò l'università di Compostella, divenne un domenicano nel 1824, e fu ordinato sacerdote due anni dopo. Trascorse il resto della vita come missionario nel Vietnam, inizialmente come rettore del seminario a Luc-Thuy. Una sommossa popolare, ispirata dalla persecuzione dei missionari da parte dell'imperatore Tu Duc, portò alla chiusura e alla distruzione del seminario nel 1847. Due anni dopo, Giuseppe diventò vescovo coadiutore di un nuovo vicariato nel Tonchino orientale e vescovo (dell'attuale diocesi di Bui Chu) di diritto nel 1852. Fondò un centro d'assistenza per i bambini abbandonati, che ne accolse circa duemila, nei primi anni. La persecuzione continuò, ma fu possibile portare avanti l'attività missionaria con cautela fino al 1857, quando l'oppressione si aggravò nuovamente. I capi dei villaggi furono minacciati di morte, nel caso essi o il loro popolo avessero offerto rifugio agli stranieri; Giuseppe fu denunciato e arrestato, due mesi dopo condannato a morte dal mandarino di Bui-Chu e giustiziato il 20 luglio 1857. Il corpo fu gettato nel fiume a Nam-Dinh. Giuseppe, con altri tre vescovi spagnoli, fa parte del gruppo dei venticinque martiri giustiziati tra il 1857 e il 1862, beatificati nel 1951 e canonizzati nel 1988; ventitré martiri appartenenti al gruppo erano del Tonchino e diciannove erano laici. Il centro da lui fondato esiste ancora, ed è stato rinnovato nel 1975 dopo la guerra del Vietnam e possiede una squadra di quaranta persone, che si occupano dei bambini disabili, dal punto di vista fisico e mentale, oltre che di anziani che non hanno il supporto della famiglia. I bollettini pubblicati in Vietnam suggeriscono che è ora accettabile riconoscere il martirio di missionari europei come parte della storia di quella comunità. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Nam D nh nel Tonchino, ora Viet Nam, san Giuseppe Maria Díaz Sanjurjo, vescovo dell’Ordine dei Predicatori e martire, condannato a morte in odio alla fede durante la persecuzione dell’imperatore T Duc.

nome San Vulmaro- titolo Presbitero- nascita VII secolo, Boulogne, Francia- morte VII secolo, Boulogne, Francia- ricorrenza 20 luglio- Vulmaro (Wulmer), nato nei dintorni di Boulogne nella Francia settentrionale, si sposò, ma successivamente entrò nell'abbazia di Hautmont a Hainault come servitore, guardiano del bestiame e boscaiolo del monastero. Non è chiaro per quale motivo lasciò la moglie, Osterhildam; forse era già sposata e il suo primo marito persuase un tribunale a ottenere il permesso di ricondurla a casa. Dopo un certo periodo, fu ordinato sacerdote e lasciò Hautmont per vivere per alcuni anni in un eremo vicino al monte Cassel. Fondò poi un monastero vicino a Calais, successivamente conosciuto come abbazia di Samer (una forma alterata del nome completo, Saint-Vulmar), che sopravvisse fino alla Rivoluzione francese, e un altro a Wierre-aux-Bois, a circa un miglio da Samer. Il re dei sassoni, Caedwalla, attraversò quella zona recandosi a Roma per essere battezzato nel 688 e contribuì a finanziare il monastero. A Vulmaro furono attribuiti molti miracoli, mentre era in vita, che continuarono poi ad accadere sulla sua tomba. Le spoglie furono traslate prima a Boulogne e poi all'abbazia di Mont-Blandin a Gand, dove rimasero finché furono distrutte nel XVI secolo. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Boulogne in Francia, san Vulmaro, sacerdote, che, umile pastore, avuta la possibilità di studiare e raggiunto il ministero sacerdotale, si ritirò in un eremo secondo le consuetudini degli antichi padri e fondò poi a Hautmont in Francia, tra i boschi della sua patria, due monasteri, l’uno maschile e l’altro per le sacre vergini.

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2 commenti

@Armando_Diaz_

6 mesi fa

È mia parente la santa?

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