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20/01/2025 alle 11:06

Diocesi di Isernia-Venafro

Diocesi di Isernia-Venafro

Diocesi di Isernia-Venafro- Dioecesis Aeserniensis-Venafrensis- Chiesa latina- Suffraganea dell'arcidiocesi di Campobasso-Boiano- Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise- Vescovo Camillo Cibotti- Vicario generale Rocco Iannacone- Presbiteri 58, di cui 35 secolari e 23 regolari (1.068 battezzati per presbitero)- Religiosi 24 uomini, 35 donne- Diaconi 10 permanenti- Abitanti 63.000- Battezzati 62.000 (98,4% del totale)- Stato Italia- Superficie 740 km²- Parrocchie 48 (6 vicariati)- Erezione V secolo (Isernia), V secolo (Venafro), in plena unione dal 30 settembre 1986- Rito cattolico romano- Cattedrale San Pietro Apostolo- Concattedrale Santa Maria Assunta- Santi patroni San Nicandro, San Marciano e Santa Daria. La diocesi di Isernia-Venafro (in latino Dioecesis Aeserniensis-Venafrensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Campobasso-Boiano appartenente alla regione ecclesiastica Abruzzo-Molise. Nel 2021 contava 62.000 battezzati su 63.000 abitanti. È retta dal vescovo Camillo Cibotti. Incerta è l'origine della diocesi di Isernia. Dati monumentali quali i resti di una basilica paleocristiana e un'iscrizione sepolcrale provano la presenza a Isernia di una comunità cristiana ricca e strutturata già in epoca antica. Notizie più sicure sulla diocesi di Isernia si hanno a partire dall'XI secolo. Nel 1032 il metropolita di Capua Atenolfo II consacrò Gerardo vescovo di Isernia, sede episcopale da tanto tempo priva del suo pastore, come si evince dal privilegio concesso dal metropolita al vescovo isernino; lo stesso documento delimita la diocesi ai tre territori di Isernia, Venafro e Boiano e attesta l'appartenenza della diocesi di Isernia alla provincia ecclesiastica di Capua. Secondo il Chronicon Casinense, durante il suo pontificato papa Niccolò II (1059-1061) consacrò vescovo di Isernia e Venafro il monaco Pietro da Ravenna. Le due diocesi risultano essere ancora unite anche nella bolla concessa da papa Alessandro III al vescovo Rainaldo nel 1172. Pur unite, le due diocesi conservavano ciascuna la propria cattedrale e il proprio capitolo di canonici, che spesso, nel corso del XII secolo, entrarono in conflitto in occasione delle nomine dei vescovi. Per porre fine ai dissidi nel 1207 papa Innocenzo III stabilì la separazione delle due diocesi, decisione confermata dai successivi pontefici Onorio III (1224) e Gregorio IX (1230). Le prime notizie della diocesi di Venafro risalgono alla fine del V secolo con la menzione del vescovo Costanzo (o Costantino) presente al sinodo romano indetto da papa Simmaco nel 499; lo stesso vescovo fu destinatario di una lettera non datata di papa Gelasio I (492-496). Dalle lettere di Gregorio Magno (circa 591-595) sappiamo che alla fine del VI secolo la diocesi di Venafro era vacante; poco dopo la diocesi scomparve per le distruzioni operate dai Longobardi. Non si hanno più notizie sulla diocesi di Venafro fino all'XI secolo. Nel 1032 l'arcivescovo di Capua, Atenolfo II, consacrò Gerardo per le sedi unite di Venafro, Isernia e Bovino; da questo momento Venafro, suffraganea di Capua, restò unita aeque principaliter a Isernia fino al 1207. Non si conosce esattamente il nome del primo vescovo di Venafro dopo la separazione delle sedi. Norbert Kamp documenta l'esistenza di alcuni vescovi anonimi di Venafro nel 1215, nel 1218 e nel 1223/24. Il primo nome di vescovo venafrano è quello di Riccardo, documentato dal 1228 al 1239, seguito da Rinaldo, eletto nel febbraio 1252 ed ancora in carica nel mese di giugno del 1286. Il 18 giugno 1852 papa Pio IX, in forza della bolla Sollecitudinem animarum, restaurò la diocesi di Venafro, con il medesimo territorio che aveva nel 1818, unendola aeque principaliter alla diocesi di Isernia. Entrambe le città mantennero le proprie cattedrali con i relativi vescovati e seminari. Il vescovo risiedeva equamente in entrambe le città. Successivamente la sede vescovile unica fu collocata ad Isernia, mentre il seminario rimase solo a Venafro. Il 21 agosto 1976 con la bolla Ad apicem sacerdotalis di papa Paolo VI, le diocesi di Isernia e di Venafro furono sottratte alla metropolia di Capua ed entrarono a far parte della nuova provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Boiano-Campobasso. Il 30 settembre 1986 con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi Isernia e Venafro sono state unite plena unione e la diocesi ha assunto il nome attuale.

La chiesa Cattedrale, dedicata al principe degli apostoli fin dal V secolo dopo Cristo, sorge su un tempio pagano. Gli scavi hanno messo in luce l’antico perimetro di quel tempio pagano occupante un’area complessiva di mq.548,24. La chiesa attuale misura mq.735,14. Tuttavia, per la documentazione storica, troviamo che solo nell’881 si parla del tempio dell’apostolo Pietro in Isernia. Il tempio, nel corso dei secoli, soggiacque a diverse riedificazioni e rimaneggiamenti, a cominciare dal cambiamento di orientazione, alla disposizione attuale. Al terremoto del 1349 seguì la lenta ricostruzione; nel XV secolo, con il vescovo Costantino Castriota Skanderberg, la cattedrale riprende la sua funzionalità. Nel XVI secolo si completa il poderoso campanile. Nel XVIII, il tempio è abbellito con preziosi marmi – oggi in gran parte irrimediabilmente perduti (pochi i pezzi recuperati e riutilizzati) – dal Vescovo Michelangelo La Peruta unitamente ad un pregevolissimo pavimento maiolicato. Opera felice, quella del La Peruta, ma insieme infelice: il piccone distrusse molte tombe di vescovi e personaggi illustri. Dopo il terremoto del 1805, artefice della ricostruzione fu il vescovo Diodato Gomez Cardosa. Dopo di lui, toccò a mons. Gennaro Saladino (1852-61) di terminare le rifiniture e l’arredamento sacro. Saladino costruì anche, a sue spese, il bellissimo pronao neoclassico, oggi visibile da tutti. Nel 1903 il vescovo Nicola Maria Merola (1893-1916) fu artefice della suggestiva pavimentazione in marmo variegato, oggi distrutta. Notevolmente danneggiato dalla seconda guerra mondiale, il tempio fu restaurato negli anni 1963-1968 dal vescovo Achille Palmerini (1962-1983). Nel 1983 si ebbero gli ultimi ritocchi sotto il Vescovo Ettore Di Filippo (1983-1990) resi maggiormente necessari dopo il sisma del 1984. In questo lasso di tempo, la chiesa cattedrale fu oggetto degli scavi e degli studi della Sovrintendenza archeologica del Molise, assumendo l’aspetto attuale. Il vescovo Andrea Gemma ha provveduto al rifacimento dell’altare e della cattedra episcopale, oltre che al rifacimento del pavimento e alla sistemazione dell’ambone e del fonte battesimale, utilizzando -ad eccezione del fonte- quei residui marmi del vescovo La Peruta. Vigile custode del tempio è la Vergine Santissima Via Lucis, che dal secolo XVI troneggia nel massimo tempio della città e della diocesi, a tutti additando quel “bimbo rivestito d’oro” del quale abbiamo celebrato il bimillesimo compleanno nell’anno santo del Duemila. Religione cattolica di rito romano- Titolare San Pietro apostolo- Diocesi Isernia-Venafro- Consacrazione 30 agosto 1638- Stile architettonico barocco, neoclassico- Inizio costruzione 1349- Completamento XIX secolo.

Camillo Cibotti- vescovo della Chiesa cattolica- Titolo Isernia-Venafro- Incarichi attuali Vescovo di Isernia-Venafro (dal 2014), Presidente della Conferenza episcopale dell'Abruzzo-Molise (dal 2024)- Incarichi ricoperti<br /> Segretario generale della Conferenza episcopale dell'Abruzzo-Molise (2016-2021)- Nato 28 ottobre 1954 (70 anni) a Casalbordino- Ordinato presbitero 1º luglio 1978 dall'arcivescovo Vincenzo Fagiolo (poi cardinale)- Nominato vescovo 8 maggio 2014 da papa Francesco- Consacrato vescovo 11 giugno 2014 dall'arcivescovo Bruno Forte. Descrizione dello stemma: Per il proprio motto, Monsignor Cibotti ha scelto le parole: ”NON TIBI SIT GRAVE DICERE MATER AVE” (“Non ti sia di peso dire Ave Maria”, ovvero “Non ti stancare di invocare Maria”). Si tratta di un’espressione coniata per la prima volta da papa Alessandro III (1177) che la fece incidere sull'architrave del portico della “Calle del Perdon” a Venezia, dopo essere scampato alla persecuzione dell’imperatore Federico Barbarossa e aver trovato rifugio in tale luogo e protezione in tale preghiera.<br /> Al Vescovo è particolarmente cara, perché è riportata nella tela che raffigura Santa Maria dei Miracoli, venerata nell'omonima Basilica Santuario a Casalbordino, alla quale Egli ha voluto affidarsi in ogni circostanza della propria vita ed in particolare in questa. Lo scudo di Monsignor Camillo Cibotti è diviso in due sezioni. La parte superiore presenta simboli che esprimono la dimensione mariana del ministero episcopale del Vescovo. Nel Posto d’Onore (ovvero in alto) splende il monogramma del nome di Maria, a sottolineare la presenza discreta ma significativa della Madonna nella vita di ogni fedele e la necessità di invocarLa incessantemente, in particolare attraverso la preghiera del Rosario, ”catena dolce che ci rannoda a Dio”. Alla Madre di Gesù il Vescovo vuole affidare il suo servizio pastorale.<br /> Maria, invocata con le stesse parole dell’angelo Gabriele, è Madre della Chiesa e viene in aiuto in ogni evento, perché “onnipotente per grazia” (cfr. Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei). Tutt’intorno al monogramma compare la corona di dodici stelle: è il simbolo della vittoria della donna vestita di sole sul drago (cfr. Ap 12,1-3); è il simbolo della pienezza che viene data da Dio ed è consegnata a tutto il popolo (dodici sono le tribù di Giacobbe) e a chiunque è discepolo (dodici sono gli apostoli); è il simbolo dell’unione tra ciò che è divino e ciò che è umano (il numero dodici è anche il risultato della moltiplicazione del tre, numero della divinità, con il quattro, numero dell’umanità). Maria, coronata di stelle, Regina delle vittorie, pienezza di Israele e discepola di Cristo, è modello della Chiesa e di ogni chiamato (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXV Giornata Mondiale delle Vocazioni, 1987). Monsignor Cibotti ha sperimentato tutto questo. Egli, infatti, ha visto nascere e crescere la propria vocazione al sacerdozio “tra le braccia della più tenera delle madri”, Santa Maria dei Miracoli, venerata con particolare devozione a Casalbordino, dove Ella è apparsa l’11 Giugno del 1576. La parte inferiore dello scudo racchiude le radici umane del Vescovo e esprime il forte legame con la sua città natale, poiché riporta lo stemma del comune di origine. Nel Cuore (ovvero al centro) viene rappresentato un albero, probabilmente un melograno, vista la molteplicità dei frutti vermigli. Sebbene esso nella Bibbia venga ad assumere molteplici significati (fecondità, abbondanza, immortalità), in questo caso esso vuole essere simbolo dell’unità della Chiesa nella molteplicità dei carismi. Maria, invocata come Albero della vera vita e Vergine Madre dell’unità fa’ di tutti gli uomini “l’unico popolo della nuova alleanza” (cfr. Messa di Maria Vergine Madre dell’unità, Colletta) ed è perciò “icona purissima” della Chiesa (Evangelii Gaudium, 288). Ai fianchi (ovvero ai lati) vi sono due leoni affrontati. Si tratta di animali largamente utilizzati nella tradizione araldica e qui impiegati con un particolare significato. Da un lato essi vogliono essere immagine della forza esercitata da Dio a difesa del suo popolo: “Come per la sua preda ruggisce il leone…, così scenderà il Signore degli eserciti per combattere sul monte Sion… Così il Signore di Israele proteggerà Gerusalemme; egli la proteggerà ed essa sarà salvata, la risparmierà ed essa sarà liberata” (Is 31, 4-5). Dall’altro essi vogliono essere simbolo della forza di chiunque si abbandona alla volontà di Dio: “Il giusto è sicuro come un giovane leone” (Pr 28,1). Maria, fortezza inespugnabile, è immagine della Chiesa perché è volto materno di Dio e al tempo stesso sua fedele serva.

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