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I santi di oggi 25 ottobre:
nome Santi Crisante e Daria- titolo Martiri- ricorrenza 25 ottobre- Santuario principale Duomo di Reggio Emilia- Patroni di Reggio Emilia- Crisante e Daria erano due nobili sposi romani ricchi di doti naturali e di ricchezze. Conosciuta la religione cristiana, il marito ebbe cura di istruire anche la sua sposa Daria e questa, abbracciata la fede cattolica, fu tutto zelo col marito per conquistare alla verità le matrone romane che aveva modo di avvicinare. Il loro zelo e la loro opera furono efficacissimi tra la moltitudine dei pagani, e le conversioni furono innumerevoli sia tra gli uomini per opera di Crisante, che fra le donne per opera della sua santa sposa Daria. Ma la loro opera non poteva restare nascosta in tempo di persecuzione, per cui essendone venuto a conoscenza il prefetto Cirino, furono fatti arrestare e dati in mano al tribuno Lisia perchè facesse loro rinnegare la fede ed in caso contrario li giustiziasse. Arrestati dai soldati del prefetto, furono entrambi sottoposti ai tormenti. Ma la loro invitta costanza trionfò di ogni ostacolo. Incatenati mani e piedi e gettati in una tetra prigione, ebbero per miracolo spezzate le catene. Allora furono esposti ai cocenti raggi del sole immobilizzati in una pelle di bue: ma anche questo supplizio non li fiaccò, per cui trasportati di nuovo in carcere furono nuovamente stretti da catene. Però anche questa volta il Signore spezzò i loro ceppi, ed una luce vivissima illuminò il loro tetro carcere. Daria poi, tratta dalla prigione, fu condotta in un luogo di malavita : ma un leone mandato da Dio le si pose al fianco e la liberò da ogni offesa dei cattivi. Vedendo che nulla poteva rimuoverli dalla loro fede e dalla loro invitta costanza, il giudice li fece condurre in una arenaria di via Salaria, e quivi scavata una fossa vi furono immersi fino al capo e poi lapidati dalla turba dei fanatici pagani. In tal modo essi dettero a Gesù la loro suprema testimonianza di fedeltà e amore. I loro corpi, raccolti religiosamente dai fedeli, vennero custoditi come preziose reliquie e sepolti nelle catacombe in mezzo ai loro fratelli di fede. PRATICA. Siamo costanti nella nostra fede e pratichiamo fedelmente i nostri doveri religiosi. PREGHIERA. Ci assista, o Signore, la preghiera dei beati martiri Crisante e Daria affinché sperimentiamo continuamente il pio soccorso di coloro che veneriamo con devoto ossequio.
MARTIROLOGIO ROMANO. Roma nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, santi Crisanto e Daria, martiri, lodati dal papa san Damaso.
nome Santi Crispino e Crispiniano di Soissons- titolo Martiri- ricorrenza 25 ottobre- Patrono di Calzolai, Porto Sant'Elpidio, San Mauro Pascoli- Questi due martiri nel Medio Evo godettero grande fama in tutta l'Europa settentrionale e, stando a quello che narra Shakespeare, re Enrico V prima della vittoriosa battaglia di Azincourt (25 ott. 1415) invocò proprio il nome di S. Crispino, di cui ricorreva la memoria. Noi però sappiamo ben poco di loro, dal momento che la loro passio, piuttosto tarda, è completamente inattendibile. Persino il luogo del loro martirio non è conosciuto con certezza, ma è comunque molto probabile che siano morti a Roma durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano (284-305). Non c'è però motivo di dubitare della loro esistenza o del loro martirio, attestati dal Martirologio Geronimiano. Secondo la leggenda, essi erano fratelli romani, nobili di nascita, che si recarono in Gallia come missionari. Stabilitisi a Soissons, lavoravano come calzolai per non dover dipendere dalle elemosine delle persone convertite e, riscuotendo un grande successo, conquistarono molti attraverso l'esempio di vita e l'insegnamento. Dopo aver vissuto e lavorato per un certo numero di anni in questo modo, sotto il regno dell'imperatore Massimiano (285-305) furono consegnati alle autorità per la loro fede cristiana, torturati e, infine, messi a morte. In seguito, sulla loro tomba a Soissons fu edificata una chiesa, che S. Gregorio di Tours (17 nov.) menziona molte volte nei propri scritti, e fu S. Eligio (1 dic.), morto nel 660, a decorare il loro reliquiario. I due santi sono patroni dei calzolai e, per estensione, di tutti i lavoratori del cuoio. Il Martirologio Romano afferma che le loro reliquie furono traslate nella chiesa di S. Lorenzo a Roma, alla pare più verosimile che sia avvenuto esattamente il contrario, che cioè essi siano stati martirizzati a Roma e che le loro reliquie siano state trasferite in seguito a Soissons, dove nacque un culto locale e, per associare i martiri al territorio, si sviluppò la leggenda sopra riportata. MARTIROLOGIO ROMANO. A Soissons nella Gallia belgica, ora in Francia, santi Crispino e Crispiniano, martiri.
nome Beato Carlo Gnocchi- titolo Sacerdote ed educatore- nome di battesimo Carlo Gnocchi- nascita 25 ottobre 1902, San Colombano al Lambro- morte 28 febbraio 1956, Milano- ricorrenza 25 ottobre- Beatificazione 25 ottobre 2009 da papa Benedetto XVI- Carlo Gnocchi nasce a San Colombano al Lambro, vicino Lodi, il 25 ottobre 1902 da Enrico e Clementina Pasta, sarta. Ordinato sacerdote nel 1925 viene inviato prima a Cemusco sul Naviglio, poi nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. Nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale dell'Istituto Gonzaga Nel 1940 don Carlo, si arruola come Cappellano volontario e parte per il fronte. Terminata la campagna dei Balcani nel 1941, nel 1942 Carlo Gnocchi, con il grado di tenente, ripartì per il fronte russo, a seguito della Divisione alpina "Tridentina", dove partecipò in veste di cappellano alla Battaglia di Nikolaevka. Sopravvissuto al conflitto, raccolse dai feriti e dai malati le loro ultime volontà, che lo porteranno, al rientro in patria, ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi. «In quei giorni fatali posso dire di aver visto finalmente l'uomo. L'uomo nudo; completamente spogliato, per la violenza degli eventi troppo più grandi di lui, da ogni ritegno e convenzione, in totale balìa degli istinti più elementari emersi dalle profondità dell'essere.»<br /> (Carlo Gnocchi, "Cristo con gli Alpini")<br /> Ritornato in Italia nel 1943, concepisce l'idea di fondare un'istituzione a favore dei mutilati di guerra; ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale. Nel 1949 il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, lo promuove consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il problema dei mutilati di guerra. Una sera, Don Carlo comprese finalmente dove concentrare tutte le sue energie nella missione che il Signore gli aveva affidato, ispirata dalle ultime parole dei suoi Alpini in Russia. Una madre disperata si presentò all'istituto, stringendo tra le braccia il suo bambino, gravemente mutilato da una bomba che gli aveva strappato un braccio e una gamba. La donna affidò il piccolo alle cure dell'istituto e poi scomparve, lasciando Don Carlo solo con le strazianti urla del bimbo. In quel momento, il sacerdote vide ancora una volta Cristo nel dolore degli uomini, suscitando in lui una determinazione straordinaria. Decise così di dedicare anima e corpo alla creazione di una fondazione per l'accoglienza e il recupero funzionale e sociale dei piccoli mutilati di guerra. Da questa missione nacque la Federazione Pro Infanzia Mutilata, che nel 1952 venne trasformata in Fondazione Pro Juventute e riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica. Nel settembre del 1955, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura nei pressi dello stadio Meazza (San Siro) a Milano. Vittima di una malattia incurabile Don Gnocchi muore il 28 febbraio 1956. Trent'anni dopo la morte di Don Carlo, il cardinale Carlo Maria Martini istituisce il Processo di Beatificazione. Viene proclamato Beato da Papa Benedetto XVI il 25 ottobre 2009.
nome San Gaudenzio di Brescia- titolo Vescovo- nascita metà del IV secolo, Brescia- morte 410, Brescia- ricorrenza 25 ottobre- Attributi bastone pastorale- Amico di S. Ambrogio, eccellente oratore, autore di discorsi o trattati che rivelano in lui un grande erudito e un maestro di vita cristiana, Gaudenzio, ottavo vescovo di Brescia, è uno dei grandi protagonisti del IV secolo. « Tu hai un ingegno così vivo gli scriveva Rufino di Aquileia e una tale gentilezza di spirito, che è necessità porre in iscritto e pubblicare tutto ciò che tu vai dicendo nel normale colloquio o nella predicazione in chiesa ». Ma Gaudenzio, nato a Brescia verso la metà del IV secolo, era anche molto modesto e riteneva di poter soltanto istruire il suo popolo a viva voce. Mai avrebbe sognato di affidare allo scritto le sue considerazioni sulla Sacra Scrittura se non ne fosse stato vivamente pregato da un illustre cittadino di Brescia, Benevolo, il quale, essendo stato impedito dalla malattia a intervenire alle solennità pasquali del 404, chiese all'amico vescovo di fargli avere i dieci sermoni pronunciati in chiesa in quella occasione. I temi dei suoi discorsi riguardano alcuni passi chiave del Vecchio e soprattutto del Nuovo Testamento, con attualizzazioni che rivelano in lui le qualità del pastore più che dell'esegeta. In un sermone sul Natale è contenuta una vibrante requisitoria contro i ricchi che sperperano i beni di tutti e non accettano di spartirli con chi vive nell'indigenza. Poiché trascrisse i suoi discorsi per inviarli a un amico che soffriva, nella prefazione parlava del provvidenziale disegno divino nella prova della malattia e del dolore fisico o morale. I suoi discorsi, copiati e diffusi, vennero utilizzati da altri pastori d'anime. Qualcuno scrisse a Gaudenzio per domandargli spiegazioni, e così il vescovo di Brescia fu costretto ad approfondire altri temi, a dare maggior corpo alla sua biblioteca. Scrittore suo malgrado, Gaudenzio fu anche vescovo contro la propria inclinazione, giacché sappiamo dalla stessa testimonianza di S. Ambrogio che si dovette ricorrere addirittura al ricatto per fargli accettare la successione al vescovo Filastrio, morto nel 387. Ambrogio, che tenne il discorso di circostanza durante la sua consacrazione, avvenuta verso il 390, se lo portò con sé a Milano per un ciclo di omelie ai suoi fedeli. Gaudenzio fece anche parte della delegazione inviata nel 406 da papa Innocenzo I a Costantinopoli a perorare la causa del Crisostomo, costretto all'esilio dall'imperatrice Eudossia. Il viaggio si risolse in una paurosa avventura e il Crisostomo scrisse a Gaudenzio per esprimergli la propria riconoscenza. La morte colse il vescovo di Brescia verso il 410, una data fatidica per Roma.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Brescia, san Gaudenzio, vescovo, che, ordinato da sant'Ambrogio, rifulse tra i presuli del suo tempo per dottrina e virtù, istruì il suo popolo con la parola e con gli scritti e fondò una basilica che chiamò Concilio dei Santi.
nome San Bernardo Calvò- titolo Vescovo di Vich- nascita Reus, Spagna- morte 1243, Vich, Spagna- ricorrenza 25 ottobre- Nacque a Reus, Tarragona, da una nobile famiglia. Nel 1214, dopo una grave malattia, entrò nel monastero cistercense di Santes Creus. Nel 1225 fu eletto abate e ordinò subito una disciplina ferrea nel suo monastero di Santes Creus. Partecipò alla fondazione del monastero cistercense di Valldonzella, a Barcellona, e fu consigliere della nobiltà legata a Santes Creus, in particolare la famiglia Moncada, fondatori del monastero. Fu commissario pontificio per risolvere difficili conflitti ecclesiastici. Nel 1223 fu eletto Vescovo di Vich. Pacificò il clero diviso dalle dimissioni forzate del suo predecessore, Guillermo de Tavertet, assicurò disciplina ecclesiastica, buone maniere e difeso i diritti della sua diocesi contro la nobiltà. Accompagnò il re Jaime I, nel 1238, nella conquista di Valencia. Fu nominato inquisitore contro i valdesi. Morì con una reputazione di santità. I suoi resti sono conservati nella cattedrale di Vich.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Vic nella Catalogna in Spagna, san Bernardo Calbó, vescovo, che, lasciato il suo ufficio di giudice, divenne dapprima abate tra i Cistercensi e, eletto poi alla sede di Vic, promosse con impegno la retta dottrina.
nome Beato Taddeo Machar- titolo Vescovo- nome di battesimo Tadhg MacCarthy- nascita 1455 circa, Cork, Irlanda- morte 1497, Ivrea, Torino- ricorrenza 24-25 ottobre- Beatificazione da papa Leone XIII nel 1896- Santuario principale Duomo di Ivrea, cappella di San Sebastiano- Si conosce molto poco dei primi anni di vita di Taddeo MacCar-thy (Tadhg Machar): membro della famiglia reale omonima di Munster in Irlanda, nacque dal principe di Muskerry e dalla figlia di FitzMaurice, principe del Kerry. Si dice che abbia intrapreso gli studi ecclesiastici presso i frati minori a Kilcrea e che si sia quindi recato all'estero; pare si trovasse a Roma nel 1482, quando papa Sisto IV lo nominò, a soli ventisette anni, vescovo della diocesi irlandese di Ross. Non godette però di una lunga pace. Quando Enrico Tudor nel 1485 divenne re, i suoi avversari della casa di York cercarono di consolidare il dominio sull'Irlanda prendendo il possesso del maggior numero possibile di cattedre episcopali. Dal momento che esisteva già un aspirante alla diocesi di Ross, nella persona di Ugo O'Driscoll, che aveva operato lì come vescovo ausiliare prima della nomina di Taddeo, i sostenitori degli York lo indicarono come l'unico e legittimo vescovo; furono mosse accuse a Roma contro Taddeo, sostenendo che avesse ottenuto la sede con frode, e nel 1488 il papa lo sospese. Nel frattempo, comunque, Taddeo era stato costretto a lasciare la diocesi, quando le terre erano state occupate dagli avversari, e si era stabilito in un'abbazia cistercense donatagli in commendam dal vescovo di Clogher. Avendo deciso di difendere di persona la propria causa, si recò a Roma, dove, due anni dopo, papa Innocenzo VIII, pur confermando Ugo come vescovo di Ross, nominò Taddeo vescovo della diocesi unificata di Cork e Cloyne. Giunto nella nuova sede, Taddeo trovò la cattedrale chiusa e tutte le donazioni nelle mani dei suoi avversari di prima, e non essendo riuscito a far valere i propri diritti di vescovo, partì di nuovo per Roma. Questa volta, ottenuto pieno appoggio, ripartì con lettere papali indirizzate al potente conte di Kildare d'Irlanda e ad altre figure eminenti, in cui si ordinava di aiutare il vescovo a prendere possesso della propria diocesi. Ripartì quindi per il suo paese procedendo a piedi, come un semplice viandante, ma raggiunta Ivrea, ai piedi delle Alpi, si fermò in un ricovero retto dai canonici regolari di S. Bernardo, dove morì in pace il 24 ottobre 1497. La storia del vescovo che tornava a casa in incognito come un pellegrino colpì molto la popolazione locale e Taddeo fu sepolto con grande solennità nella cattedrale. Sulla sua tomba, divenuta luogo di pellegrinaggio, si verificarono molti miracoli. Non fu mai ufficialmente beatificato, ma nel XIX secolo i vescovi di Cork e Ivrea si unirono per inoltrare a Roma la causa di Taddeo, il cui culto fu ratificato da papa Leone XIII nel 1895.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Borgo Sant’Antonio, presso Ivrea, in Piemonte, transito del beato Taddeo Machar, vescovo di Cork e Cloyne in Irlanda, che lasciò la sua sede per i problemi causati dall’ostilità dei potenti e, mentre era in viaggio per Roma, passò al cielo.
nome San Miniato di Firenze- titolo Martire- ricorrenza 25 ottobre- Attributi palma del martirio, testa tra le mani- San Miniato, venerato come un principe armeno convertito al Cattolicesimo, è una figura centrale nella storia religiosa di Firenze. La sua vita e il suo martirio, ricchi di elementi miracolosi, hanno ispirato generazioni di fedeli e lasciato un'impronta indelebile sulla città. Secondo la tradizione, San Miniato visse intorno al 250 d.C. e, dopo essersi convertito al Cristianesimo, si mise in viaggio verso Roma. Durante il suo percorso, si fermò a Firenze, dove si dedicò a predicare la Parola di Cristo. La sua fervente attività di evangelizzazione attirò presto l'attenzione delle autorità romane. San Miniato fu arrestato per ordine dell'imperatore Decio, noto per la sua persecuzione dei cristiani. Gli fu ripetutamente chiesto di abiurare la sua fede e di compiere sacrifici agli dei pagani. Nonostante le richieste insistenti, San Miniato rimase irremovibile nella sua fede. Decio, frustrato dall'intransigenza del santo, lo sottopose a varie torture. La leggenda narra che San Miniato sopravvisse miracolosamente a tutte queste prove, uscendone sempre illeso. Alla fine, San Miniato fu condannato alla decapitazione. Accettò la morte con serenità e, secondo la tradizione agiografica, quando la sua testa cadde a terra, il santo la raccolse e, con essa tra le mani, si allontanò dal luogo dell'esecuzione. Si dice che si diresse verso la collina sovrastante Firenze, dove poco dopo spirò. Sul luogo della sua morte fu successivamente edificata la basilica a lui dedicata, la Basilica di San Miniato al Monte.