@Vitupero
I santi di oggi 22 ottobre:
nome San Giovanni Paolo II- titolo 264º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Karol Wojtyla- nascita 18 maggio 1920, Wadowice, Polonia- Ordinazione diaconale 20 ottobre 1946 dal cardinale Adam Stefan Sapieha- Ordinazione sacerdotale 1º novembre 1946 dal cardinale Adam Stefan Sapieha- Nomina a vescovo 4 luglio 1958 da papa Pio XII- Consacrazione a vescovo 28 settembre 1958 dall'arcivescovo Eugeniusz Baziak- Elevazione ad arcivescovo 13 gennaio 1964 da papa Paolo VI- Creazione a cardinale 26 giugno 1967 da papa Paolo VI- Elezione 16 ottobre 1978- Insediamento 22 ottobre 1978- Fine pontificato 2 aprile 2005 (26 anni e 168 giorni)- Motto Totus tuus- morte 2 aprile 2005, Vaticano- ricorrenza 22 ottobre- Beatificazione Piazza San Pietro, 1º maggio 2011 da papa Benedetto XVI- Canonizzazione Piazza San Pietro, 27 aprile 2014 da papa Francesco- Santuario principale Basilica di San Pietro in Vaticano- Attributinparamenti papali, bastone pastorale- Patrono di Giornate mondiali della gioventù, famiglie, Borgo Mantovano, Casali del Manco, Trecastelli, Rivignano Teor- Di solito, perché uno sia ufficialmente dichiarato santo, ne deve passare di acqua sotto i ponti del Tevere, con il rischio che il suo ricordo si disciolga nel vischioso amalgama del tempo. Poche le eccezioni. Una ha riguardato papa Giovanni Paolo II, scomparso nel 2005. Con lui la burocrazia vaticana ha bruciato i tempi, accogliendo l'appello lanciato a gran voce dalle centinaia di migliaia di persone accorse a Roma a rendergli l'estremo riconoscente: «Subito santo!». Il ricordo del papa venuto dall'Est è ancora vivissimo nel cuore e nella memoria di moltissimi. Chi ha qualche anno di più lo ricorda affacciato al balcone di San Pietro, sconosciuto cardinale di Cracovia, rivolgere con voce robusta ben impostata e in un italiano un po' acerbo, il primo saluto ai fedeli romani, dopo la sua elezione a sommo pontefice. Queste le parole con cui ha inaugurato il suo pontificato, il 22 ottobre 1978: « Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! ». Il suo è stato un pontificato lunghissimo, intenso e soprattutto missionario. Tantissimi i viaggi da lui intrapresi per incontrare lì dove vivono i cristiani di tutto il mondo e irrobustirli nella fede e sostenerli con la vicinanza nella carità.
Aperto al dialogo con tutti, in particolare con le altre religioni, i cui rappresentanti egli ha voluto incontrare ad Assisi, nel 1986, per pregare insieme per la pace nel mondo. Attento ai giovani, che ricambiavano le sue attenzioni accompagnandolo e sostenendolo con il loro tonificante entusiasmo, specie nell'ultima fase della sua vita, debilitato dall'età e dalla malattia. A volte deciso, come nella Valle dei Templi ad Agrigento, quando, rivolgendosi ai mafiosi con inattesa durezza, ha invocato su di loro l'ira di Dio, se non si fossero convertiti. O quando ha puntato il dito minaccioso contro Augusto Cardenal, il mite monaco e poeta venezuelano, esponente della teologia della liberazione per lui, uomo vissuto sotto il regime comunista, pericolosamente imbevuta di marxismo rivoluzionario.
Autorevole e decisivo sullo scacchiere mondiale, tanto che gli viene riconosciuto un ruolo importante nella caduta del regime comunista in Polonia, sua patria, e poi nel resto della galassia sovietica. Karol Wojtyla nacque a Wadowice, in Polonia, il 18 maggio 1920, ultimo di tre figli. Visse un'infanzia tranquilla in un paese mai tranquillissimo. A tempo debito, ricevette i sacramenti dell'iniziazione cristiana e si iscrisse alle scuole fino all'università Jagellonica di Cracovia, nel 1938. L'anno seguente la Polonia fu occupata dalle truppe del Terzo Reich: mise fine alla libertà e ad ogni attività culturale. Le università chiusero i battenti e Wojtyla si dovette mettere da parte i libri e cercarsi un lavoro, che trova prima in una cava e poi nella fabbrica chimica Solvay. Così si guadagnò da vivere evitando così la deportazione in Germania. Continuò nella clandestinità coltivando interessi culturali, come la passione per il teatro. Gli piaceva calcare le scene e nel 1939 recitava nell'opera fiabesca Il cavaliere al chiaro di luna, messa in scena da una compagnia sperimentale, il Teatro Rapsodico. Intraprese anche lo studio delle lingue. Un'altra vocazione nel frattempo faceva breccia nel suo cuore, la vocazione sacerdotale, cui diede seguito iscrivendosi nel 1942 ai corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia. La vocazione ebbe origine da un incidente occorsogli nel febbraio 1944. Stava rincasando dal lavoro quando un camion tedesco lo investì. Uscì malconcio dall'incidente: trauma cranico acuto ed escoriazioni varie, una ferita alla spalla curata in due settimane d'ospedale. Vide nell'essersela cavata un segno della chiamata del Signore.
Visse la tragedia del suo popolo. Nell'agosto 1944, durante la rivolta di Varsavia, fuggì alla deportazione. Quando la Gestapo perquisì la città di Cracovia, casa per casa, alla caccia di polacchi maschi, Karol riuscì a nascondersi in arcivescovado, dove rimase fino a guerra finita. La notte del 17 gennaio 1945 i soldati tedeschi abbandonarono la città. Nella Polonia e nell'Europa, finalmente liberate dall'incubo nazista, la vita rinacque. Anche il seminario riaprì i battenti e Wojtyla riprendendo gli studi, iscrivendosi alla facoltà di teologia dell'università Jagellonica e l'1 novembre 1946 venne ordinato sacerdote. Giovane prete di eccellenti promesse, fu mandato a Roma a coronare con la laurea un profittevole corso di studi. Due anni dopo, nel 1948, con il relatore padre Garrigou-Lagrange, conseguì il dottorato in teologia discutendo una tesi sulla dottrina della fede in san Giovanni della Croce. Ritornato in patria, alternava l'attività pastorale in alcune parrocchie con l'assistenza spirituale agli universitari. Nel 1951 riprense gli studi all'Università cattolica di Lublino, dove si laureò nuovamente con una tesi sulla possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico del filosofo Max Scheler. Dopodiché, si dedicò all'insegnamento della teologia morale e dell'etica nel seminario di Cracovia e nella facoltà di teologia di Lublino. Aveva tutte le carte in regola per una promettente carriera ecclesiastica. Il primo passo glielo fece compiere Pio XII nel 1958 nominandolo vescovo ausiliare di Cracovia. Prosegue Paolo VI, facendolo arcivescovo, nel 1964, della stessa città e nominandolo, tre anni dopo, cardinale. Nel frattempo partecipava al concilio Vaticano II (1962-1965) dando un contributo importante nell'elaborazione delle costituzioni Gaudium et spes e Dignitatis humanae. A Cracovia l'arcivescovo Wojtyla doveva fare i conti con il duro regime comunista, ma non era tipo da subirne i soprusi senza battere ciglio. Si contrappose a esso con fierezza e coraggio, fino a sfidarne i burocrati pubblicando a puntate nel giornale diocesano libri colpiti dalla censura, come Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori e Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci. IL PONTIFICATO Dopo la morte di Paolo VI, nell'agosto 1978, partecipò al conclave, che elesse a Albino Luciani, patriarca di Venezia, che prende il nome di Giovanni Paolo I. Trentatré giorni dopo, la Cappella Sistina accoglie i cardinali per un nuovo conclave. Luciani è prematuramente scomparso, stroncato da un infarto nel cuor della notte. Il 16 ottobre 1978 fumata bianca. I cardinali hanno eletto il giovane (ha solo cinquantotto anni) arcivescovo di Varsavia, cardinale Karol Wojtyla. Con il nome di Giovanni Paolo II, egli inizia il 22 ottobre successivo il suo pontificato, destinato a essere uno dei più lunghi della storia della chiesa: ventisette anni, ricchi anche di sorprese, come quella di vederlo sciare sui monti innevati del Terminillo, della Marmolada e dell'Adamello. Carissimi fratelli e sorelle, siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano... lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana. Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l'ho fatto nello spirito dell'ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima. Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete. E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l'aiuto di Dio e con l'aiuto degli uomini. Tra i primi passi del suo ministero, il pellegrinaggio alla tomba dei due patroni d'Italia: andò ad Assisi a rendere omaggio a san Francesco e poi si recò nella basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma a venerare Caterina da Siena. I viaggi missionari furono un tratto caratteristico del pontificato di Giovanni Paolo II: ne fece ben 104, nel corso dei quali incontrò milioni di fedeli in tutto il mondo; 146 sono le visite pastorali in Italia; come vescovo di Roma; poi, visitò 317 parrocchie. Innumerevoli anche le udienze generali del mercoledì e le udienze speciali riservate a personalità del mondo della politica, della cultura e della scienza. Per i giovani avviò nel 1985 le Giornate mondiali della gioventù. E fu presente a ben diciannove di esse in varie parti del mondo, con la partecipazione di milioni di giovani entusiasti e affascinati dalla parola di Dio che egli annunciava senza sconti. Un episodio lo segna a fondo nel corpo e nello spirito, l'attentato di cui fu vittima il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro. A colpirlo è un giovane killer turco, Mehmet Ali Agca. Su chi abbia armato la sua mano non è mai stata fatta completa luce: i servizi segreti di paesi del blocco sovietico, irritati per il suo apporto dato alla caduta del comunismo? Forse. Il pontefice ferito fu sottoposto a un difficile intervento chirurgico. Si salvò e lui attribuì la salvezza all'intervento della Madonna, apparsa a Fatima, appunto, un 13 di maggio. L'anno successivo, ristabilitosi, si recò in Portogallo a ringraziarla e fa incastonare il bossolo del proiettile nella corona che cinge la testa della Vergine. Nel Natale del 1983 volle andare in prigione per incontrare il suo attentatore e dargli il suo perdono. I due parlarono da soli per lungo tempo e la loro conversazione non fu mai rilevata. Il Papa disse poi dell'incontro: «Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui». La vicenda ebbe un seguito. Interrogandosi sul senso di quanto accadutogli e su alcune coincidenze e conoscendo il contenuto dell'ultimo dei segreti confidati dalla Madonna ai pastorelli di Fatima e non ancora svelato, intravide se stesso nei tratti del vescovo vestito di bianco colpito a morte, descritto nel segreto, e collegò il tutto a quanto successogli quel 13 maggio. Convertitevi: il grido di Giovanni Paolo II contro la mafia. Le parole di Giovanni Paolo II contro i mafiosi, espressione della “cultura della morte”, vennero spontanee dal cuore. Nella Valle dei Templi, il 9 maggio 1993, il Papa santo si lasciò ispirare da quella folla che in Lui vedeva speranza perché riflesso della luce di Dio. Aggrappato al Crocifisso, unico balsamo per sanare le ferite di vite spezzate dalla mafia, Wojtyla tuonò contro i trafficanti di morte. Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio! GLI ULTIMI ANNI Nonostante l'evidente progredire inesorabile del parkinson, probabilmente diagnosticato intorno all'anno 90 e insieme a vari infortuni e interventi, visse con intensità e slancio la preparazione al terzo millennio e poi la celebrazione del giubileo del 2000, promuovendo grandi celebrazioni e iniziative, dalle quali si attese un profondo rinnovamento spirituale della chiesa. Rilanciò in seguito proclamando l'anno mariano e l'anno dell'Eucaristia.
L'evangelizzazione di chi non ebbe ancora subito il fascino del Vangelo di Cristo, e la rievangelizzazione di chi a quel fascino si era poi sottratto erano la nota dominante del suo pontificato e dei suoi interventi: sinodi (14), lettere encicliche ed esortazioni apostoliche (15), libri (5), Catechismo della chiesa cattolica... Il tutto, naturalmente, accompagnato da una profonda fede personale, da una filiale devozione alla Madre del Signore e da un grande amore per il prossimo, soprattutto per i più deboli, bambini, anziani e malati, nelle cui file passò lui stesso l'ultimo tratto di vita, offrendo un umanissimo e luminoso esempio di sopportazione e di coraggio nel cercare un senso al dolore che accompagnava la vita di ciascuno. Giovanni Paolo II morì in Vaticano il 2 aprile 2005. Davanti alla sua bara, esposta in San Pietro, sfilarono più di tre milioni di pellegrini. Benedetto XVI lo proclamò beato maggio 2011 e venne canonizzato il 27 aprile 2014 da Papa Francesco. PRATICA O nostro amatissimo padre Giovanni Paolo II aiutaci ad amare la Chiesa con la stessa gioia e intensità con cui tu l'amasti in vita. PREGHIERA O Trinità Santa, ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa il Beato Giovanni Paolo II e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza della tua paternità, la gloria della Croce di Cristo e lo splendore dello Spirito d'amore.
nome San Donato di Fiesole- titolo Vescovo- nascita VIII secolo, Irlanda- Consacrato vescovo 829- morte 876 circa, Fiesole- ricorrenza 22 ottobre- Incarichi ricoperti Vescovo di Fiesole- Santuario principale Duomo di Fiesole- Donato, chiamato anche Donat o Dino, era un monaco irlandese, che si recò in pellegrinaggio a Roma all'inizio del IX secolo. Sulla strada del ritorno sostò a Fiesole (nei pressi di Firenze) proprio mentre i chierici e la popolazione della città si erano riuniti nella cattedrale per eleggere il nuovo vescovo. Secondo la leggenda, quando Donato entrò nella basilica le campane cominciarono a suonare e le candele si accesero all'improvviso; tutti allora riconobbero in questo l'indicazione divina che designava Donato come futuro vescovo ed egli fu immediatamente eletto all'unanimità: era circa l'anno 829. Indipendentemente dalla storicità di questi fatti, certamente Donato fu vescovo di Fiesole per molti anni, forse quasi cinquanta. Lo troviamo a Roma nell'850 per la cerimonia di incoronazione, per mano del papa, di Ludovico II e poi seduto in giudizio insieme al papa e al re per una questione pendente tra i vescovi di Arezzo e di Siena. Tornò a Roma nell'861 per partecipare a un concilio, mentre qualche anno dopo si recò a Capua per ricevere la conferma dei beni e dei diritti della propria diocesi da Lotario II. Risulta evidente che fu un vassallo fidato: gli fu concesso il diritto di tenere una propria corte e di imporre tasse; inoltre una volta guidò un esercito di suoi sottoposti in battaglia contro i saraceni nell'Italia meridionale, in aiuto del re. Ebbe fama di uomo istruito; scrisse poesie e fu, stando all'epitaffio da lui stesso scritto, un insegnante appassionato di grammatica e prosa. Le sue opere comprendono una Vita di S. Brigida d'Irlanda (1 feb.), per la quale pare nutrisse una particolare devozione: quando per esempio fondò a Piacenza un alloggio per pellegrini irlandesi, glielo dedicò. Morì intorno all'876 a Fiesole e fu sepolto nella cattedrale di allora, che sorgeva fuori città. Le sue reliquie sono state traslate nell'attuale cattedrale nel 1817. Esiste un culto locale a Fiesole e nelle vicinanze, ma anche in Irlanda si celebra la sua festa. MARTIROLOGIO ROMANO. In Toscàna san Donàto Scoto, Vescovo di Fiésole.
nome San Valerio di Langres- titolo Diacono e martire- nascita Langres, Francia- morte Langres, Francia- ricorrenza 22 ottobre- Arcidiacono che fu compagno del martirio di San Desiderio de Langres. Martire a Langres ucciso dai pagani. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Besançon, ora in Francia, san Valerio, diacono della Chiesa di Langres, ucciso dai pagani.
nome Sante Nunilone e Alodia- titolo Martiri- ricorrenza 22 ottobre- Nunilone e Alodia erano due sorelle che vissero a Huesca in Spagna nella prima metà del IX secolo, nate da madre cristiana e padre musulmano. Quando quest'ultimo morì, la madre passò a seconde nozze con una persona di una certa importanza nella città, anch'egli musulmano, che cominciò a maltrattare le figliastre, impedendo loro di seguire la religione cristiana. Nonostante le forti pressioni esercitate su di loro perché si sposassero, le ragazze decisero di consacrarsi a una vita verginale al servizio di Dio e, abbandonata la casa, andarono a vivere con una zia cristiana. La persecuzione dei cristiani in Spagna ebbe inizio nell'850 con l'approvazione delle leggi restrittive di Abd-er-Rahman; in particolare si legiferò che i figli di un musulmano dovevano seguire la religione islamica. Le due sorelle, troppo conosciute in città per sfuggire a lungo all'attenzione delle autorità, furono arrestate. Il giudice cercò di convincerle con minacce e lusinghe, ma, davanti al loro fermo rifiuto di rinunciare alla propria fede, le consegnò ad alcune donne di malaffare, per vedere se riuscivano a far vacillare la risoluzione delle sorelle. Quando anche questo tentativo fallì, il giudice ordinò che Nunilone e Alodia fossero decapitate. Il loro martirio ebbe luogo nell'851; per un certo periodo le autorità sorvegliarono i corpi per impedire lo sviluppo del culto, ma alla fine si riuscì a portarne le spoglie in un sepolcro cristiano. Secondo un'antica tradizione liturgica della regione della Rioja in Spagna, le due martiri morirono a Najera, ma la testirnonianza di Eulogio è ampiamente degna di fede e Fluesca è il più probabile luogo di martirio.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Huesca nell’Aragona in Spagna, sante Nunilone e Alódia, vergini e martiri, che, nate da padre musulmano, ma istruite dalla madre nella dottrina cristiana, si rifiutarono di abbandonare la fede in Cristo e per questo, dopo lunga carcerazione, morirono trafitte con la spada per ordine del re di Córdova ‘Abd ar-Rahman II.
nome San Benedetto- titolo Eremita a Mezieres- nascita Grecia- morte Francia- ricorrenza 22 ottobre- Abate greco che fuggì da Patrasso e si stabilì a Mezieres, nella diocesi di Nantes, dove condusse una vita eremitica. La tradizione dice che fu accolto dal vescovo di Nantes, Alano, e che la sua umiltà e vita di preghiera attirò molti discepoli con i quali fondò un monastero sotto il governo di San Colombano. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Nantes nella Bretagna in Francia, san Benedetto, che condusse a Mézières vita eremitica.
nome Santi Filippo ed Ermete- titolo Martiri- ricorrenza 22 ottobre- Filippo, vescovo di Eraclea, patì il martirio con il sacerdote Severo e il diacono Ermete durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano (284-305). Quando furono emessi i primi editti imperiali contro i cristiani, Filippo, pur avendo ricevuto il consiglio di lasciare la città, preferì rimanere per aiutare il proprio gregge a resistere a qualunque attacco si fosse presentato. Quando le autorità chiusero la chiesa, Filippo continuò a celebrare le funzioni all'aperto, e quando gli fu ordinato di consegnare i vasi e i libri sacri usati per la liturgia, rispose: «Quanto ai vasi sacri che chiedi, prendi pure tutti quelli che abbiamo. Infatti noi che siamo perseguitati senza fatica disprezziamo queste cose, perché non con i metalli preziosi, ma con la carità e la riverenza veneriamo Dio. Le Scritture invece non è possibile che tu le prenda né che io te le dia». Ermete aggiunse che non era in potere dell'imperatore distruggere la parola di Dio, anche se fosse riuscito a eliminare tutti i manoscritti che la riportavano. La chiesa e i libri furono distrutti, e sia Filippo che Ermete furono sottoposti a tortura nel tentativo di indurli a compiere sacrifici all'imperatore e agli idoli; davanti al loro rifiuto, vennero rinchiusi in prigione. La gente comunque poteva andare a visitarli ed essi continuarono a istruire coloro che volevano farsi battezzare. Soprattutto la condotta di Ermete risultava inspiegabile alle autorità romane, avendo questi goduto di una grande stima in città ed essendo stato perfino membro del senato. A questo punto Severo, un prete che si era tenuto nascosto per evitare l'attenzione delle autorità, si consegnò loro e fu imprigionato insieme a Filippo e a Ermete. Dopo circa sette mesi vennero condotti ad Adrianopoli per essere nuovamente sottoposti a giudizio, e questa volta le autorità romane, quando videro che continuavano a professare la fede cristiana, li fecero percuotere duramente e, dopo ulteriori interrogatori, li condannarono a morte. A causa dei colpi ricevuti, Filippo ed Ermete avevano grandi difficoltà a camminare verso il palo del rogo, ma il diacono incoraggiò il vescovo dicendo: «Maestro sublime, incamminiamoci rapidamente al Signore. Non ci preoccupi affatto il male dei piedi, perché tra poco non ci serviranno più». Dopo essere stati bruciati, i loro corpi furono gettati nel fiume, ma alcuni cristiani li recuperarono. Severo patì il martirio il giorno successivo. Il rogo (lei libri sacri e la distruzione della chiesa di Filippo sono coerenti con gli editti emessi da Diocleziano, e ciò permette di collocare questi martirii nel suo regno; l'anno più probabile è il 303, anche se alcuni propendono per il 305. Il precedente Martirologio Romano era in errore quando li collocava sotto Giuliano l'Apostata (332-363) aggiungendo anche un S. Eusebio al gruppo. L'esecuzione di Filippo e dei suoi compagni è tra gli eventi meglio attestati della persecuzione di Diocleziano, e gli Acta in latino, basati su un originale greco più antico, sono nella sostanza degni di fede. MARTIROLOGIO ROMANO. A Edirne in Tracia, sempre in Turchia, santi martiri Filippo, vescovo di Marmara Ere lisi, ed Ermete, diacono: il primo, agli inizi della persecuzione dell’imperatore Diocleziano, aveva ricevuto l’ordine di chiudere la chiesa e mostrare tutti i vasi sacri e i libri in essa contenuti; e avendo egli risposto al governatore Giustino che non era lecito né da parte sua consegnare quanto gli si chiedeva né a lui appropriarsene, dopo aver subito il carcere e la flagellazione, fu bruciato insieme al diacono sul rogo.
nome Sant'Abercio di Geropoli- titolo Vescovo- nascita II secolo, Geropoli,Turchia- morte II secolo, Geropoli,Turchia- ricorrenza 22 ottobre- Abercio Marcello visse in Frigia nel u secolo. Vescovo di Geropoli, all'età di settantadue anni si recò a Roma, attraversando, al ritorno, Siria e Mesopotamia. Qui il vescovo rimase impressionato dalla moltitudine di cristiani incontrati e dalla loro particolare devozione all'eucarestia. Giunto a Geropoli, scrisse un epitaffio per la propria tomba futura, in cui, utilizzando l'antico linguaggio simbolico cristiano, descriveva il viaggio e le impressioni ricavate. Ci si servì in seguito di tale epitaffio per inventare una fittizia Vita di Abercio in greco, scritta probabilmente a Geropoli verso la fine del iv secolo: in essa, oltre all'iscrizione, si attribuiscono al vescovo numerosi scritti, una lettera all'imperatore Marco Aurelio e un Libro di Precetti; vi si afferma inoltre che avesse provocato così tante conversioni da meritarsi il titolo di "Pari agli apostoli", e che avesse compiuto il viaggio a Roma per ordine dell'imperatore: Marco Aurelio aveva udito la sua fama di taumaturgo e Abercio, giunto al palazzo imperiale, riuscì a scacciare lo spirito malvagio che tormentava la figlia. Intorno al 1880 l'archeologo W.M. Ramsay scoprì gran parte dell'iscrizione originale: tale rinvenimento ha suscitato un notevole dibattito, facendo ipotizzare, ad esempio, che Abercio fosse un sacerdote pagano e non un vescovo cristiano: oggi si ritiene generalmente che si tratti effettivamente dell'epitaffio della tomba di Abercio e che egli sia stato vescovo di Geropoli. L'iscrizione, donata a Leone XIII dal sultano Abdul Hamid, si trova ai Musei Laterani. Il culto di Abercio fu popolare nella Chiesa bizantina a partire dal X secolo e il suo nome compare nel Martirologio Romano, dove però la sua sede è erroneamente chiamata Gerapoli (errore presente anche nella Vita contraffatta). MARTIROLOGIO ROMANO. A Gerapoli in Frigia, nell’odierna Turchia, sant’Abercio, vescovo, che, discepolo di Cristo buon pastore, a quanto si narra, fu condotto dalla fede pellegrino per molte regioni, nutrendosi di mistico cibo.
nome San Mallone di Rouen- titolo Vescovo- nascita III secolo, Rouen, Francia- morte 314 circa, Rouen, Francia- ricorrenza 22 ottobre- Dagli atti di S. Mellone rilevasi che dalla Britania si recò a Roma e fu battezzato da papa Eugenio, il quale ammirò in lui un animo grande, elevato ingegno e una fede incrollabile. L'ordinò sacerdote e lo spedì ad evangelizzare la Gallia. Il novello sacerdote racceso di zelo e confortato dalla parola del Vicario di Cristo chiamò alla fede numerosi idolatri, formò adunanze elette di cristiani, che lo vollero vescovo di Rouen. Dio, gli concesse cinquant'anni d'episcopato; nel qual tempo edificò la cattedrale con moltissime chiese e ne sacrò di quelle abbandonate dai pagani. Dopo una vita tutta spesa a servir Dio, dolcemente spirò. MARTIROLOGIO ROMANO. A Rouen nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Mallone, vescovo, che si ritiene abbia annunciato in questa città la fede cristiana e costituito la sede episcopale.