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15/07/2024 alle 15:10

I santi di oggi 15 luglio:

I santi di oggi 15 luglio:

nome San Bonaventura- titolo Cardinale di Santa Romana Chiesa, Vescovo e dottore della Chiesa- nascita 1221, Bagnoregio, Lazio- Nominato vescovo 3 giugno 1273 da papa Gregorio X- Consacrato vescovo 11 novembre 1273 da papa Gregorio X- Creato cardinale 3 giugno 1273 da papa Gregorio X- morte 14 luglio 1274, Lióne, Francia- ricorrenza 15 luglio, 14 luglio messa tridentina- Canonizzazione 14 aprile 1482 da papa Sisto IV- Attributi Bastone pastorale, galero cardinalizio, libro, crocifisso e angelo- Patrono di Facchini, fattorini, teologi e tessitori- Incarichi ricoperti Ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori, Cardinale vescovo di Albano- Nell'anno 1221 nasceva in Bagnoregio (Lazio) San Bonaventura che al fonte battesimale fu chiamato Giovanni. Essendosi ammalato gravemente all'età di quattro anni, la mamma lo raccomandò a S. Francesco d'Assisi, colà di passaggio, promettendo di offrirlo al Signore nell'ordine dei Frati Minori, se avesse riacquistata la salute. S. Francesco pregò per lui e quando lo seppe risanato, esclamò: « O buona ventura » e da allora Giovanni fu chiamato Bonaventura. Cresciuto negli anni, nel 1242 si associò ai seguaci del poverello d'Assisi, ove in breve fece mirabili progressi nella virtù e nella scienza. Fatta la professione, venne mandato all'Università di Parigi, alla scuola del dottissimo Padre Ales. I progressi che fece negli studi furono tali che dopo solo sette anni venne eletto professore di filosofia e teologia nella medesima Università. I suoi esempi rifulgevano davanti ai confratelli ed essi, nonostante la sua giovine età, lo elessero priore generale dell'ordine nel 1256. Nella nuova carica era sempre così puntuale e preciso, che per stimolare i ritrosi ed animare i fervidi alla imitazione di S. Francesco, si serviva più del suo esempio che della sua autorità. La sua fama si estese: tutti ormai stimavano il Padre Bonaventura uomo eccezionale, perciò il papa Clemente IV gli offrì l'arcivescovado di York (Inghilterra). Ma S. Bonaventura riuscì a indurre il Santo Padre a desistere dal suo progetto. Però Gregorio X, successore di Clemente IV, vedendo i doni che Dio aveva elargito a questo religioso, e considerando il gran bene che avrebbe potuto fare alla Chiesa, lo elesse cardinale. S. Bonaventura non voleva e si era persino rifugiato in Francia; ma tutto fu inutile. Costretto dall'ubbidienza si portò a Roma dove il Papa, consacrandolo vescovo di Albano, lo nominò legato pontificio assieme a San 'Tommaso d'Aquino per il concilio che si stava per aprire in Lione. Ma S. Tommaso lungo il viaggio s'ammalò e morì, e S. Bonaventura per il troppo lavoro fu preso da atroce malore e da vomito continuo, onde in pochi giorni passò' all'eternità. Era il 14 luglio del 1274. Come si è già accennato, S. Bonaventura era dottissimo ed in mezzo alle sue molteplici occupazioni trovò modo di scrivere numerosi volumi che rivelano la profondità della sua dottrina e l'acutezza del suo ingegno. Ad una vecchietta che lo lodava per la sua scienza rispose: « Voi potete amar Dio più di qualsiasi sapiente ed è questo l'unico mezzo per essere a Lui accetti ». Un fraticello laico perciò ripeteva: « Vecchierella, vecchierella, se tu amerai il Signore più di Padre Bonaventura, sarai più santa di Padre Bonaventura ». PRATICA. La perfezione cristiana non consiste in altro che nel conoscere, amare e servire fedelmente il Signore.

PREGHIERA. O Dio, che desti al tuo popolo il beato Bonaventura ministro di eterna salute, deh! fa' che, come lo avemmo dottore sulla terra, meritiamo di averlo intercessore in cielo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lióne, in Frància, la deposizione di san Bonaventura, Cardinale e Vescovo di Albàno, Confessore e Dottore della Chiesa, dell'Ordine dei Minori, famosissimo per la dottrina e la santità della vita. La sua festa tuttavia si celebra nel giorno precedente.

nome San Vladimiro di Kiev- titolo Principe- nome di battesimo Vladimir- nascita- 960 circa, Kiev, Ucraina- morte 15 luglio 1015, Russia- ricorrenza 15 luglio- Attributi croce, trono, corona- Patrono di Russia, Ucraina- Vladimiro, figlio illegittimo di Svyatoslav e perciò nipote di S. Olga (11 lug.), nacque nel 960 circa e crebbe sotto la tutela della nonna. Alla morte del padre, si vide minacciato dal fratello maggiore e andò in esilio volontario in Scandinavia, da cui ritornò nel 978 con un esercito di avventurieri. Conquistò Kiev di cui divenne duca, nominandosi perciò governante effettivo della Russia. Nel 981 lanciò una campagna contro i polacchi e s'impadronì di molte città importanti. Iniziò una serie di lunghe lotte tra polacchi e russi, ma il risultato immediato fu quello di volgere l'interesse dei russi di nuovo verso l'Occidente e di portarli in contatto con gli stati cristiani, benché le probabilità di un'effettiva evangelizzazione del popolo russo fossero scarse. S. Olga aveva già tentato di convertirli, ma con poco successo, e durante il regno di Svyatoslav furono uccisi a Kiev alcuni missionari tedeschi [solo S. Adalberto di Magdeburgo (20 giu.) sopravvisse] come risultato di una reazione pagana contro questi tentativi di introdurre il cristianesimo. In questa situazione, la conversione di Vladimiro al cristianesimo, dopo un periodo durante cui fu attivo sostenitore della rinascita pagana, fu inaspettata. Gli annali russi del tempo spiegano la conversione come una scelta ponderata di Vladimiro tra i rappresentanti delle varie religioni in competizione che si recarono a Kiev per conquistare la sua fede: ebrei, musulmani, cristiani tedeschi (vale a dire occidentali) e cristiani bizantini. Una volta scelta una certa forma di cristianesimo, gli annali sostengono che prese la decisione di adottare il modello bizantino piuttosto che quello occidentale, preferendo la vivacità della liturgia greca rispetto alla monotonia delle celebrazioni tedesche, secondo quanto gli avevano riferito i messi da lui inviati in Grecia: «Non sapevamo se eravamo in cielo o sulla terra, poiché sulla terra non esiste un tale splendore o una tale bellezza, che siamo incapaci di descriverla» (Dvornik). In realtà, ovviamente, la decisione di Vladimiro fu influenzata maggiormente dalle considerazioni politiche che da quelle liturgiche. Per alcuni anni, i rapporti tra Kiev e Costantinopoli rimasero invariati e, secondo il trattato del 971, l'imperatore poteva chiedere l'intervento armato della Russia. Basilio II lo fece nel 987, e Vladimiro fu felice di fargli un favore, ma solo a condizione di po-ter sposare la sorella dell'imperatore. Una tale proposta suscitò orrore nella corte imperiale, ma l'intervento militare fu decisivo, e sembra che in seguito Vladimiro ab-bia minacciato d'invadere l'impero se non avesse soddisfatto questa condizione. Fu battezzato nel 987 circa a Cherson in Crimea, e sposò la principessa Anna allo stesso tempo; Dvornik commenta che almeno quest'ultima ebbe la consolazione di sapere che per lei Vladimiro aveva messo da parte le sue cinque mogli e le ottocento concubine. Il legame con Costantinopoli accrebbe molto il prestigio di Vladimiro, garantendogli accordi commerciali preferenziali, e consentendogli di interrompere le difficili relazioni con gli scandinavi, che lo avevano aiutato contro suo fratello. La sua conversione contribuì anche a sviluppare le relazioni con l'Occidente, in particolare con la Germania. Una volta convertitosi, Vladimiro fu un cristiano sincero e fedele per il resto della vita e deciso a convertire il suo popolo. Sostenne l'attività dei missionari greci inviati da Costantinopoli e i loro tentativi, dichiarando di considerare il rifiuto del battesimo come un'offesa. Non è chiaro il grado di coercizione impiegata per persuadere il popolo ad accettare la nuova religione; i sudditi però si dimostrarono leali nei confronti Vladimiro. Quest'ultimo costruì e attrezzò chiese e monasteri, mettendo da parte un decimo delle sue entrate per sostentare la chiesa della Vergine a Kiev, inoltre accompagnò personalmente il vescovo di Germania S. Bonifacio (Bruno) di Querfort (19 giu.) nelle terre dei peceneghi, che stava tentando di convertire. Durante il suo regno i rapporti con Roma furono mantenuti con l'impiego di messaggeri diplomatici da entrambe le parti; come risultato, Costantinopoli, spaventata dal fatto che Vladimiro diven-tasse troppo favorevole all'Occidente tanto da sfuggire al suo rigido controllo, concesse più autonomia alla Chiesa di Kiev e le permise di avere il suo vescovo metropolitano. La fine del regno di Vladimiro fu turbata da alcune rivolte capeg-giate da due figli delle sue precedenti mogli; Vladimiro morì nel 1015 mentre conduceva una campagna militare contro di loro. In base alla tradizione, è stato chiamato "l'apostolo di Russia", e la conversione del paese al cristianesimo ebbe inizio dal suo regno. La rapidità di quella conversione è stata esagerata, e con la sua morte la nuova religione probabilmente non varcò in maniera considerevole i confini della stessa Kiev e forse era limitata alla nobiltà e ai ricchi mercanti. Vladimiro fu un governante politica-mente astuto, che rafforzò il nuovo stato russo con le sue alleanze e mantenne un attento equilibrio tra Oriente e Occidente, dal punto di vista ecclesiastico e politico. MARTIROLOGIO ROMANO. A Kiev nell’odierna Ucraina, san Vladimiro principe, che ricevette al battesimo il nome di Basilio e spese le sue forze a diffondere tra i popoli a lui soggetti la retta fede.

nome San Pompilio Maria Pirrotti- titolo Padre Scolopio- nome di battesimo Domenico Michele Giovan Battista Pirrotti- nascita 29 settembre 1710, Montecalvo Irpino, Avellino- morte 15 luglio 1766, Campi Salentino, Puglia- ricorrenza 15 luglio- Beatificazione 26 gennaio 1890 da papa Leone XIII- Canonizzazione 19 marzo 1934 da papa Pio XI- Domenico Pirrotti nacque nel 1710 a Montecalvo Irpino (Avellino), da una famiglia benestante e antica, e ricevette una educazione adeguata. Riguardo l'obiezione del padre alla sua decisione di diventare un religioso, Domenico scrisse: «Sono deciso a mantenere la mia decisione di servire Dio, e di non cambiare la mia idea di compiere il volere di Dio, abbandonando il mondo, se è ciò che Egli vuole, e a rassegnarmi alla perdita di parenti e amici». Aveva già deciso di dedicarsi all'insegnamento, nel tentativo di rimediare alla mancanza di fondi per l'istruzione, specialmente per i poveri. Lasciò casa sua per entrare nei Chierici Regolari delle Scuole Pie (conosciuti anche come piaristi o scolopi), fondati da S. Giuseppe Calasanzio (25 ago.), facendo professione solenne nel 1728 prendendo il nome di Pompilio Maria. Insegnò per alcuni anni in diverse scuole, facendosi conoscere per la santità e l'erudizione. Ordinato sacerdote nel 1732, lavorò poi come missionario itinerante in varie zone dell'Italia, concentrandosi sulla predicazione e ascoltando confessioni; ricevette così il titolo di "apostolo dell'Abruzzo", dato che svolse la sua attività principalmente in questa regione. Mentre si trovava a Napoli, le calunnie inventate da una parte del clero locale, invidioso del suo zelo e dell'ovvio successo, convinsero l'arcivescovo a revocare le sue facoltà di confessione, poiché, in base alle accuse principali, era troppo pronto ad assolvere i penitenti e troppo tenero nelle penitenze. I nemici lo denunciarono anche al re, accusandolo di ricercare la popolarità mondana, e affermando che perciò cra politicamente pericoloso; quindi fu esiliato dalla città. Una protesta pubblica per l'ingiustizia di questa sentenza costrinse il re a richiamarlo. Pompilio fece tutto il possibile per diffondere la devozione del Sacro Cuore per tutta l'Italia: fondò una confraternita di devoti a Montecalvo in suo onore e compose una novena di preghiera per dare impulso a questa devozione. Era anche molto devoto alla Madonna, e si afferma che abbia salvato una città dagli effetti di un terremoto con le sue preghiere alla "Mamma bella", uno dei miracoli attribuiti alla sua intercessione mentre era in vita. Nelle sue attività missionarie poneva in rilievo la necessità della preghiera costante: «Più vi troverete nel buio, tanto più persistete nella santa preghiera, perché in questa Dio dona la sua luce per le nostre necessità; vi assicuro che il demonio non otterrà nulla, se non interrompete la preghiera, ma se rinunciate, tutto crollerà, ogni virtù andrà in rovina, proprio come le piante quando non sono annaffiate in modo giusto». Nel 1765 fu mandato presso la casa a Campi Salentina, vicino a Lecce, dove morì il 15 luglio dell'anno seguente; fu sepolto nella chiesa degli scolopi, dove i suoi resti sono ancora venerati, beatificato nel 1890 e canonizzato nel 1934. MARTIROLOGIO ROMANO. A Campi Salentina in Puglia, san Pompilio Maria Pirrotti, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, insigne per austerità di vita.

nome San Davide di Svezia- titolo Monaco e vescovo- morte 1080 circa, Svezia- ricorrenza 15 luglio- Attributi guanto- Davide (noto anche come Davide di Svezia, e Davide di Vàsteràs) era un monaco inglese che si offrì volontario per la missione inglese in Svezia, e forse risedette in un convento cluniacense sul continente per un certo periodo, in occasione dell'assassinio dei tre nipoti di S. Sigfrido (15 feb.), inoltre Davide sembra essere stato motivato dal desiderio del martirio. Sigfrido fu vescovo di Vàxjò e mandò Davide a svolgere il suo ministero nel Vàstmanland: quest'ultimo evangelizzò il popolo e costruì un monastero in un luogo successivamente conosciuto come Munktorp, dove pare che abbia battezzato il popolo locale presso una sorgente. Sembra abbia compiuto alcuni miracoli, e che la sua missione abbia avuto successo. La tradizione afferma che fu il primo vescovo di Vàsteràs; inoltre Davò, dove visse per un periodo, porta il suo nome. Le fonti svedesi lo definiscono "l'apostolo del Vàstmanland". Visse fino a tarda età e morì in pace nel 1080 circa; circolò la notizia che alcuni miracoli erano avvenuti sulla sua tomba a Munktorp. Le reliquie furono trasferite nella cattedrale locale nel 1463, ma il sepolcro fu distrutto al tempo della riforma e le sue ossa seppellite di nuovo nel cimitero locale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Västerås in Svezia, san Davide, vescovo, che, di nazionalità inglese, dopo essere divenuto monaco cluniacense, partì per convertire gli Svedesi a Cristo e, ormai anziano, morì piamente nel monastero da lui stesso fondato.

nome Sant'Atanasio di Napoli- titolo Vescovo- nascita 830 circa, Napoli- Ordinato diacono 849 da Giovanni IV lo Scriba- Nominato vescovo 849 da papa Leone IV- Consacrato vescovo 22 dicembre 849- morte 15 luglio 872, Napoli- ricorrenza 15 luglio, 8 dicembre- Patrono di Napoli- Atanasio era il figlio di Sergio I, duca di Napoli, e fu eletto vescovo della città nell'849, non ancora ventenne, elezione che fu accolta con entusiasmo dal clero, dal popolo e dai nobili, tanto era stimato per le sue virtù. Consacrato a Roma da papa Leone IV, da vescovo continuò a condurre una vita austera e di preghiera, dedicandosi in particolare a fornire al clero un'istruzione appropriata. Introdusse l'usanza romana di far cantare la Messa nella cattedrale ogni giorno da alcuni suoi sacerdoti, e s'occupò di scegliere il personale per la manutenzione di chiese e cappelle in tutta la diocesi. Altre attività ecclesiastiche inclusero il ripristino della disciplina religiosa del convento di S. Salvatore, e la fondazione di un nuovo monastero adiacente alla basilica di S. Gennaro fuori le mura cittadine, la decorazione della cattedrale, l'istituzione di un ospizio per pellegrini, e un progetto per riscattare i cristiani che erano stati catturati dai saraceni. Partecipò inoltre al concilio del Laterano dell'863. Atanasio fu anche profondamente coinvolto nelle questioni politiche; frequentò la corte dell'imperatore Ludovico II, che stava conducendo una campagna contro i saraceni nell'Italia meridionale, e diventò un esperto consigliere dell'imperatore, ma le buone relazioni che aveva con i duchi di Napoli si deteriorarono, quando suo nipote, Sergio II, divenuto duca, si rivelò «tiranno ambizioso e discutibile, che conduceva una vita privata senza scrupoli come la sua politica pubblica» (B.T.A.). Atanasio lo attaccò apertamente per il suo stile di vita, per la simonia, e per il suo furto sistematico dei tesori della Chiesa. Sergio replicò imprigionando il vescovo a Sorrento, continuando a tormentarlo anche dopo che il popolo lo costrinse a rilasciarlo. Nell'871, per evitare ulteriori problemi, Atanasio lasciò Napoli e andò a vivere in un monastero su un'isola vicina. Sergio tentò di persuaderlo a rinunciare al suo incarico e diventare monaco, e, al suo rifiuto, inviò delle truppe ad arrestarlo. Intervenne l'imperatore, e ad Atanasio fu garantita la protezione del duca di Amalfi. Sergio saccheggiò il palazzo vescovile a Napoli, usando la violenza contro i sostenitori del vescovo, e fu scomunicato da papa Adriano II. Ludovico decise di riportare Atanasio a Napoli con la forza, ma il vescovo, che soffriva da tempo, morì prima che ciò potesse accadere, il 15 luglio 872, a Veroli, vicino a Montecassino. Si sviluppò un culto fiorente, e Atanasio è ancora considerato come uno dei vescovi più importanti di Napoli, che ripristinò la vita religiosa e civile della città dopo la distruzione e la rovina causata dalle incursioni saracene, e che difese i diritti della Chiesa contro il controllo politico. Nell'877 i suoi resti furono solennemente traslati nella basilica di S. Gennaro; nel XIII secolo furono di nuovo trasferite nella cattedrale di Napoli, e collocate sotto l'altare nella cappella del S. Salvatore; il suo capo è conservato in un reliquiario nella tesoreria della cattedrale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, sant’Atanasio, vescovo, che, dopo aver sofferto molto da parte del suo empio nipote Sergio, fu scacciato dalla sua sede e passò al cielo a Veroli tra i monti Ernici nel Lazio afflitto dalle tribolazioni.

nome Beata Anna Maria Javouhey- titolo Fondatrice- nome di battesimo Anne-Marie Javouhey- nascita 1779, Jallongers, Francia- morte 1851, Parigi, Francia- ricorrenza 15 luglio- Beatificazione da papa Pio XII nel 1950- Anna Maria Javouhey nacque nel 1779 a Jallanges, in Borgogna, quinta di dieci figli di un agricoltore benestante, Baldassare, e di Claudine Marizot. Fu una bambina piena di forza e sembra abbia dominato i suoi fratelli e sorelle, obbligandoli a seguire una regola, a osservare il silenzio e recitare le Ore. Nel 1792, quando i rivoluzionari anticlericali erano particolarmente attivi in Borgogna, salvò la gente che si trovava in una cappella che era stata incendiata, avvertì i sacerdoti delle spie che operavano nel vicinato, e fermò la folla che veniva a cercarli. Insegnò catechismo ai bambini del luogo e li preparò alla santa comunione, che erano costretti a ricevere in segreto in uno dei granai del padre. Questa prima esperienza la spinse a dedicare la vita all'istruzione dei poveri. Nel 1798 fece un voto privato di verginità, e non appena fu concesso agli ordini religiosi di riprendere la loro attività ín Francia, entrò nelle Sorelle della Carità, fondate da Giovanna Antida Thouret, di BesanQon. Il convento era stato scelto dai suoi genitori, ma Anna Maria si accorse che non faceva per lei, e l'abbandonò la sera prima del giorno in cui avrebbe dovuto prendere i voti. Istituì una piccola scuola per ragazze in una casa acquistata da suo padre, che però non ebbe successo, poiché alla comunità locale non sembrava importante l'istruzione delle figlie. Ritentò con la sua vocazione, questa volta presso i trappisti a La ValSainte in Svizzera, ma trovò che lo stile di vita non era consono al suo carattere pratico, perciò se ne andò di nuovo prima di prendere i voti. In questo periodo d'incertezza sul suo futuro, fu turbata da una visione (o forse fu solo un sogno, o la sua immaginazione, come si chiese lei stessa) che aveva avuto per la prima volta a BesanQon: c'era una folla di poveri, malati, e bambini che piangevano e in modo particolare un folto gruppo di uomini, donne e bambine di colore, che la chiamavano tutti insieme "Cara Madre". Con tre sue sorelle fondò un'altra scuola, questa volta a Chamblanc, ma furono ridotte quasi alla fame poiché ricevevano pochissimi aiuti; poi, nel 1805, furono ricevute da papa Pio VII, che si era fermato nella vicina Chalon, mentre tornava dall'incoronazione di Napoleone a Parigi, e ottennero la sua benedizione. Il papa disse ad Anna Maria di perseverare nella sua vocazione, e quest'ultima, incoraggiata da quest'incontro, si recò a far visita al sindaco di Chalon, che le permise di utilizzare gli edifici che erano appartenuti al seminario, mentre il consiglio cittadino decise di garantirle una donazione annuale. Per un breve periodo, suo fratello e un collega gestirono una scuola per otto ragazzi, mentre Anna Maria e otto sorelle avevano istituito una scuola per centoventitré ragazze, di cui trentaquattro erano educande. Ottennero il permesso dalle autorità civili di «formare un'associazione religiosa nella diocesi di Autun, chiamata con il nome di S. Giuseppe, per preparare i bambini di entrambi i sessi al lavoro, a una buona moralità e virtù cristiana». Nel maggio 1807 Anna Maria, le sue sorelle, e altre cinque donne ricevettero il loro abito blu e nero dal vescovo di Chalon. Anna Maria era un'organizzatrice molto abile, e tempo prima aveva aperto dei laboratori, un ospizio per i poveri, un'altra scuola per ragazzi, un seminario preparatorio, e nuove case in altre diocesi. Questa espansione esaurì le risorse finanziarie della congregazione e solo l'intervento di papà Baldassare la salvò dalla bancarotta: pagò i debiti e nel 1812 acquistò un ex convento francescano a Cluny per farne la casa madre (da cui deriva il nome di Congregazione delle suore di S. Giuseppe di Cluny). Trascorsi due anni, Anna Maria aprì' una scuola a Parigi e cominciò a usare il sistema inglese "lancasteriano", secondo cui l'insegnante insegnava a un gruppo di ragazzi che a sua volta impartiva le lezioni al resto dei bambini. Per questo fatto fu molto criticata, principalmente, sembra, perché il metodo era inglese e perché il pioniere era stato un quacchero; a lei sembrò un modo pratico per fronteggiare la mancanza di insegnanti. Le autorità parigine la sostennero, e il ministro degli Interni la presentò al vicegovernatore dell'isola di Réunion, colonia francese, che vide nel suo lavoro il potenziale per sviluppare un sistema d'istruzione per le colonie, e in modo particolare per le popolazioni schiave appena emancipate. Quattro suore partirono per Réunion all'inizio del 1817, e fondarono una scuola sull'isola; quando furono raggiunte da altre quattro suore, furono in grado di aprirne un'altra, e la notizia del loro successo persuase le autorità a chiedere loro di lavorare in Senegal. Rosalia, sorella di Anna Maria, guidò il gruppo, e suo fratello Pietro le scortò. Gradualmente Anna Maria giunse alla conclusione che la congregazione avrebbe dovuto concentrarsi su quest'attività missionaria, che sembrava in sintonia con la sua precedente visione o sogno, e perciò formò gruppi di suore che lavorassero a Réunion, Senegal, Guadalupe e Guyana; nel 1822 lei stessa si recò in Senegal, ottenne alcuni terreni e costruì una fattoria, acquistando alcune mucche e insegnando ai senegalesi a coltivare mais, riso e fagioli. Per richiesta del governatore britannico di Sierra Leone e Gambia, si recò a lavorare anche in quei paesi, aiutando in particolare a gestire gli ospedali. Ripetute malattie la costrinsero a tornare in Francia, dove dovette affrontare una protesta della comunità di Réunion, che chiedeva di poter scegliere il proprio superiore e distaccarsi dalla congregazione, azione che diede come risultato una disputa amara e lunghissima, durante cui il superiore dei dissidenti ottenne l'approvazione del papa per un certo periodo, e dichiarò tutte le altre case della congregazione irregolari. Seguirono appelli e contro appelli finché la questione non si risolse, alla fine, a favore di Anna Maria, per merito dell'arcivescovo di Parigi. Nel frattempo, nel 1828 erano state aperte otto nuove case in Francia, e le colonie missionarie in Martinica, Saint-Pierre e Miquelon, e India. Anna Maria concentrò le proprie forze in Guyana, imbarcandosi in una spedizione formata da quaranta suore, dodici assistenti laici, un dottore, un cappellano, e suo fratello Pietro, per colonizzare e cristianizzare il distretto di Mana per richiesta del governo francese, che temeva che l'alto numero di schiavi liberti avrebbe causato dei problemi. Anna Maria organizzò ed eseguì il lavoro a dispetto della crescente ostilità da parte dei colonizzatori francesi. La crescita della congregazione in quegli anni è stupefacente e fu dovuta all'energia e alla determinazione di Anna Maria, che aveva una chiara visione degli elementi essenziali di ogni nuovo progetto, una mente libera dai pregiudizi del tempo, e una fede semplice e umile nella provvidenza di Dio. Allo stesso tempo, qualcuno scoprì che la sua determinazione avrebbe potuto diventare ostinazione inflessibile, perciò si creò dei nemici, specialmente tra alcuni dei colonizzatori francesi, che pensavano fosse eccessivo istruire gli ex schiavi. Non sempre ascoltò consigli più saggi, ma insistette, per esempio, nel mandare alcuni giovani della Guyana nei seminari francesi, a studiare per il sacerdozio ma come le era stato obbiettato, la distanza culturale era troppo grande per la maggior parte di loro, e tra coloro che furono ordinati sacerdoti, soltanto uno tornò in Guyana. Anna Maria, in quest'ambito, precorse i tempi, e si potrebbe sostenere che la maturità delle imprese missionarie del .xix secolo, cattoliche e protestanti, si valuti meglio osservando la loro propensione verso l'istituzione di un clero autoctono, anche se la maggior parte non riuscì a soddisfare questo principio. Le prove cui fu sottoposta Anna Maria aumentarono nel 1830, quando un nuovo vescovo di Autun, che aveva saldi principi sulle congregazioni religiose, credendo che avessero bisogno «della mano di un uomo, e che quella mano fosse la sua» (Martindale), si dichiarò superiore generale della congregazione di Anna Maria, nominò un sacerdote come superiore della colonia, rifiutò di impartirle i sacramenti per due anni, e le scrisse minacciando di scomunicarla, se non avesse obbedito. In quest'occasione Anna Maria scrisse: «La croce si trova ovunque ci siano servi di Dio, e sono felice di farne parte». Nel 1845 il vescovo minacciò anche di chiudere Cluny, e sembra che ciò non sia avvenuto solo grazie ai tentativi del nunzio apostolico. Alla fine, Anna Maria fu confermata come superiora generale da una commissione formata dall'arcivescovo di Parigi, e ordinò, prima di morire, che tutti i documenti relativi alla disputa con il vescovo fossero distrutti, perciò non esiste nessun racconto di questa lunga lotta nei resoconti della sua vita. Anna Maria aveva lasciato la Guyana nel 1843 per supervisionare l'attività della congregazione e per progettare nuove fondazioni a Tahiti, in Madagascar, e altrove. Verso la fine della sua vita, decise di recarsi a Roma per ottenere la totale approvazione della congregazione da parte del papa. Ora la congregazione possiede centodiciotto case. Anna Maria morì prima di poter partire, il 15 luglio 1851, fu sepolta nella cappella della congregazione a Senlis, a nord di Parigi, e beatificata nel 1950, mentre la congregazione stava svolgendo la sua attività in trentadue paesi differenti. Nel 1986, aveva tremilaquattrocentosei membri che vivevano in trecentosettantotto case in tutto il mondo. Anna Maria fu una donna di grande fede e di grandi visioni; il modo in cui trattò la popolazione nera della colonie era sorprendentemente avanzato, e la sua capacità amministrativa e il suo coraggio erano elevati, perciò è un'altra testimonianza dello straordinario flusso di spiritualità del tardo XVIII e del XIX secolo, che fece fiorire un numero così elevato di nuove congregazioni dedite a mettere in pratica il comando che ci ha dato Nostro Signore di amarci l'un l'altro come lui ha amato noi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi in Francia, beata Anna Maria Javouhey, vergine, che fondò la Congregazione Cluniacense delle Suore di San Giuseppe per la cura dei malati e la formazione cristiana della gioventù femminile, diffondendola nelle terre di missione.

nome San Giuseppe Studita di Tessalonica- titolo Martire- nascita 760 circa, Costantinopoli- morte 15 luglio 833, Tessalonica, Grecia- ricorrenza 15 luglio- Giuseppe nacque a Costantinopoli nel 760 circa; la madre era sorella di S. Platone (4 apr.), abate di Symbolès sul Monte Olimpo, esempio che persuase tutta la famiglia a intraprendere la vita religiosa: la madre e la sorella di Giuseppe entrarono in un convento a Costantinopoli, mentre i tre fratelli e il padre si ritirarono nelle loro proprietà in Bitinia, dove fondarono un monastero a Saccoudion. La famiglia rimase coinvolta nella disputa tra Platone e l'imperatore Costantino VI sul matrimonio adultero di quest'ultimo; Saccoudion fu chiuso e i monaci allontanati. Vi fecero ritorno solo nel 797, per fronteggiare l'attacco degli invasori arabi, poi ritornarono a Costantinopoli, nel monastero di S. Giovanni Battista, fondato nel v secolo dal console Studius, da cui ha origine il nome Studion, che sarebbe divenuto un modello per il monachesimo orientale sotto la guida del fratello di Giuseppe, S. Teodoro (11 nov.). Per il fatto di essere appartenuto a questa comunità per qualche anno, Giuseppe è chiamato "Giuseppe Studita". Giuseppe diventò vescovo di Tessalonica nell'806 o nell'807. Nell'809 fu nominato un nuovo patriarca, S. Niceforo (13 mar.), ma Giuseppe e i suoi parenti monaci rifiutarono di riconoscerlo perché non era stato ancora ordinato. Niceforo li fece arrestare, poi convocò un concilio per discutere i nuovi ordini dell'imperatore di ricollocare al suo posto il sacerdote che aveva consacrato il matrimonio di Costantino VI. Al loro rifiuto di celebrare il culto con questo sacerdote, Teodoro e Giuseppe furono esiliati nelle isole dei Principi nel Mar di Marmara, dove rimasero per due anni. Nel frattempo fu nominato un altro vescovo al posto di Giuseppe; non si sa se Giuseppe sia ritornato nella sua diocesi oppure no, al momento del rilascio nell'811, ma dovette comunque trascorrere un altro periodo in esilio dall'815 all'821 durante la persecuzione iconoclastica (insieme al fratello era un acceso sostenitore del va-lore delle immagini nel culto e nella devozione cristiana). Morì il 15 luglio 832 e, dodici anni dopo, i suoi resti furono sepolti di nuovo vicino a quelli di suo zio, Platone. Le opere di Giuseppe che restano consistono di due omelie sulla croce di Nostro Signore, una su S. Demetrio (8 ott.), un panegirico su S. Nestore (26 feb.), e molti componimenti religiosi. Collaborò con Teodoro nel comporre il Triodion e il Pentecostarion, due serie d'inni per le domeniche dell'anno liturgico, e scrisse anche un certo numero di canoni, oltre a lunghi componimenti contro l'iconoclastia, che però sono andati perduti. Il fatto che scrivesse inni ha generato confusione tra lui e S. Giuseppe l'Innografo (3 apr. in Oriente), morto nell'886. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella Tessaglia in Grecia, transito di san Giuseppe, vescovo di Salonicco, fratello di san Teodoro Studita: dapprima monaco, compose moltissimi inni; quindi, non appena elevato all’episcopato, patì molte e aspre difficoltà per difendere la disciplina ecclesiastica e il culto delle sacre immagini e, relegato in esilio in Tessaglia, vi morì oppresso dalla fame.

nome Beato Bernardo II di Baden- titolo Margravio- nascita 1428, Baden, Germania- morte 1458, Moncalieri, Torino- ricorrenza 15 luglio- Beatificazione Papa Clemente XIV nel 1769- Attributi Vestito d'armatura ed appoggiato ad una asta o ad un vessillo- Patrono di Moncalieri, Friburgo in Brisgovia e Baden-Baden- Bernardo, nato nel 1428 dal margravio Giacomo V di Baden e da Caterina di Lotaringia, sembrava destinato a una brillante carriera, sia perché era ben istruito sia perché abile comandante militare, e alla morte di suo padre nel 1453 gli succedette come Bernardo II. A un certo punto, sembra si sia sposato con Maddalena, figlia di Carlo VII di Francia, ma non vi è prova del matrimonio. Bernardo era già stato al servizio dell'imperatore Federico III, e al momento della resa di Costantinopoli ai turchi nel 1453, quest'ultimo lo mandò come suo ambasciatore nelle varie corti europee per proporre e raccogliere denaro in favore di una nuova crociata contro i turchi. Si fece così coinvolgere in questa missione di difesa del cristianesimo, da rinunciare alla sua posizione di margravio e passare il governo di Baden a suo fratello Carlo, per essere libero di occuparsene più efficacemente. Nel 1458, si recò a Roma per incontrare papa Callisto III (1455-1458), che stava cercando anche lui di ottenere appoggio per una crociata, con grande entusiasmo e pochi risultati. Subito dopo aver lasciato Torino, Bernardo contrasse la peste e morì nel monastero francescano a Moncalieri, quando non aveva ancora trent'anni. Si era già guadagnato la reputazione di santo e in particolare di devoto della Madonna, e si sostiene che sulla sua tomba siano avvenuti dei miracoli. Il culto si estese rapidamente in Piemonte e nelle zone circostanti della Francia e della Germania, ed egli divenne il patrono di Friburgo e di Vic, vicino a Nancy. B.T.A. afferma che fu beatificato nel 1479 da papa Sisto IV (1471-1484), ma si tratta di un errore: Sisto aprì un'inchiesta sulla vita di Bernardo come normale preliminare della beatificazione, ma fu solo nel 1769 che papa Clemente XIV approvò il culto non ufficiale e allo stesso tempo dichiarò Bernardo patrono di Baden. Nel 1958 la Sacra Congregazione dei riti ha accettato l'introduzione della causa della sua canonizzazione. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Moncalieri in Piemonte, beato Bernardo, che, margravio del Baden, fu colto da morte mentre si recava in Oriente in difesa dei popoli cristiani dopo la presa di Costantinopoli da parte dei nemici.

nome San Felice di Tubzak- titolo Vescovo e martire- nascita 247 circa, Tubzak, Tunisia- morte 303 circa, Cartagine, Tunisia- ricorrenza 15 luglio- Santuario principale Concattedrale di Sant'Andrea- Patrono di Venosa e San Felice sul Panaro- Come parte della persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano, furono emessi alcuni decreti che ordinavano la distruzione delle Scritture e dei libri liturgici. Felice era al tempo vescovo di Tubzak (l'attuale Zoustina), vicino a Cartagine, e rifiutò risolutamente di consegnare i libri sacri alle autorità, anche se altri cristiani avevano trovato dei motivi per farlo. Fu processato a Cartagine, dove fu giustiziato il 15 luglio 303; in base alla sua passio, aveva cinquantasei anni. Il corpo fu sepolto nella basilica di Fausto a Cartagine. Alcuni martirologi fissano il 24 ottobre come giorno della sua festa. Si tratta di una storia semplice, che si può accettare in quanto fondamentalmente vera, ma quello che è strano del culto di Felice è la sua estensione nell'Italia meridionale, e specialmente a Venosa. Le aggiunte successive alla sua Vita cercano di spiegare questo trasferimento dall'Africa settentrionale, affermando che Felice non fu giustiziato a Cartagine, ma portato in Italia per il processo, e dopo aver attraversato varie città come Agrigento, Catania e Messina, raggiunse Venosa in Puglia, dove fu giustiziato il 30 agosto. Un'altra versione della leggenda italiana sostiene che Felice fu processato a Roma e poi giustiziato a Nola il 29 luglio, e che le reliquie furono riportate a Cartagine. Il culto nell'Italia meridionale è antico e ben documentato, e iniziò probabilmente per la presenza a Venosa e a Nola di reliquie che appartenevano a un martire africano, probabilmente Felice. Il racconto di Venosa cita alcuni compagni di Felice, che si dice siano stati giustiziati con lui, incluso Gennaro, Fortunaziano e Settimi°, che possono probabilmente essere stati altri martiri africani i cui resti erano conservati in chiese dell'Italia meridionale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sulla via detta degli Scillitani nella basilica di Fausto, deposizione di san Felice, vescovo di Tubzak e martire, che, ricevuto dal procuratore Magniliano l’ordine di dare alle fiamme i libri della Bibbia, rispose che avrebbe bruciato se stesso piuttosto che la Sacra Scrittura e fu per questo trafitto con la spada dal proconsole Anulino.

nome San Giacomo di Nisibi- titolo Vescovo- nascita III secolo, Siria- morte 338 circa, Nisibi, Turchia- ricorrenza 15 luglio- Santuario principale Chiesa di San Giacomo a Nisibi (Anatolia sud-orientale)- Incarichi ricoperti Vescovo di Nisibi (309-338)- Giacomo, monaco siriano, diventò primo vescovo di Nisibi in Mesopotamia nel 308 circa, e S. Efrem (9 giu.), suo discepolo, ci racconta quanto fosse importante la sua attività per la Chiesa locale. Inoltre, fece costruire una bella basilica e forse fu responsabile dell'istituzione della prima scuola teologica della città, anche se quella che divenne in seguito famosa fu fondata solo nel 457. Partecipò al concilio di Nicea nel 325, e sia S. Atanasio (2 mag.), sia lo storico Teodoreto affermano che si oppose senza compromessi all'arianesimo. In occasione del primo attacco del re persiano Sapore II contro Nisibi nel 338, Giacomo era ancora vivo, ma con buona probabilità morì più tardi in quello stesso anno durante l'assedio (perciò fu sepolto nelle mura della città di cui era difensore). Le spoglie furono successivamente trasferite a Costantinopoli dall'imperatore Giovanni Tzimisces, benché un'altra versione racconti che furono portate ad Amida quando Nisibi fu ceduta ai persiani nel 363. Non si hanno altre informazioni certe su Giacomo, eccetto la sua presunta paternità di opere sostanzialmente teologiche; Alban Butler afferma che queste gli valsero il diritto di occupare un posto tra i dottori della Chiesa, come lo stesso S. Efrem. Queste opere gli furono erroneamente attribuite e non resta nulla che sia stato scritto da lui con certezza. Il culto era diffuso in Oriente da antica data, e Giacomo è riconosciuto dal punto di vista liturgico praticamente in ogni Chiesa orientale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nisibi in Mesopotamia, nel territorio dell’odierna Turchia, san Giacomo, primo vescovo di questa città, che partecipò al Concilio di Nicea e governò in pace il suo gregge, nutrendolo e difendendolo dall’assalto dei nemici della fede.

nome Beato Ignazio de Azevedo e 39 compagni- titolo Gesuiti, martiri- nascita 1527 circa, Porto, Portogallo- morte 1570, La Palma, Canarie, Spagna- ricorrenza 15 luglio- Beatificazione 11 maggio 1854- Ignazio de Azevedo nacque in una famiglia ricca portoghese, nel 1527 o 1528, e s'unì ai gesuiti all'età di vent'anni. Da novizio, le penitenze fisiche che s'infliggeva erano così pesanti che i suoi superiori furono costretti a rimproverarlo. Alla giovane età di venticinque anni fu nominato rettore del collegio di S. Antonio a Lisbona, incarico che svolse per dieci anni, con una sola breve interruzione quando fu vice provinciale del Portogallo, e rettore del collegio a Braga. A Lisbona fu anche cappellano non ufficiale di due ospedali e di un certo numero di prigioni, e scoprì di preferire questo ministero presso gli infelici ai suoi doveri di rettore. Per alcuni anni aveva avuto il desiderio di diventare missionario, ispirato, sembra, da uno studente giapponese, un convertito di S. Francesco Saverio (3 clic.), che studiava a Lisbona, e alla fine nel 1566 fu inviato come visitatore a ispezionare le missioni gesuite in Brasile. Ritornò dopo due anni, e nel 1569 si recò a Roma suggerendo di mandare più missionari in America meridionale per contribuire all'evangelizzazione e proteggere il popolo locale dalla crudeltà dei colonizzatori. Ricevette l'incarico di scegliere sacerdoti adatti per le province portoghesi e spagnole e di accompagnarli in veste di superiore in Brasile, perciò il gruppo partì íl 5 giugno 1570. I missionari erano divisi in tre gruppi: trentanove sacerdoti viaggiarono con Ignazio su una nave mercantile, mentre gli altri due gruppi navigavano su altre navi. L'intenzione era di sfruttare il viaggio per educare gli orfani che venivano condotti nelle colonie come forze nuove. Navigarono con una scorta militare fino a Madera, poi la nave mercantile procedette da sola, e Ignazio avvertì suoi compagni dei pericoli che li avrebbero aspettati in Sud America, illustrando la gloria del martirio. Al largo delle isole Canarie, cinque navi corsare francesi, con equipaggi di ugonotti provenienti da La Rochelle, riuscirono a raggiungere la nave mercantile, dopo averla evidentemente seguita per il fatto che i passeggeri erano gesuiti. La nave fu conquistata, e il comandante ugonotto Giacomo Soria ordinò che i missionari fossero uccisi, e che l'equipaggio e gli altri passeggeri fossero risparmiati. Ignazio e i suoi trentanove compagni furono massacrati a sangue freddo. Il primo fu scagliato giù dalla nave mentre teneva in mano un'immagine della Madonna, che gli era stata donata da papa S. Pio V (30 apr.), una rara copia dell'immagine che si suppone sia stata dipinta da S. Luca. Nove martiri erano spagnoli, gli altri portoghesi, tutti beatificati nel 1854, talvolta chiamati i Martiri del Brasile, o i Protettori del Brasile, dal culto particolarmente rilevante in quel paese. MARTIROLOGIO ROMANO. Passione dei beati martiri Ignazio de Azevedo, sacerdote, e trentotto compagni della Compagnia di Gesù, che, mentre si dirigevano verso le missioni in Brasile su una nave chiamata San Giacomo, furono assaliti dai pirati e in odio alla religione cattolica trafitti con spada e lancia.

nome Beato Ceslao di Cracovia- titolo Domenicano- nascita 1180 circa, Cracovia, Polonia- morte 1242, Wroclaw, Polonia- ricorrenza 15 luglio- Beatificazione 27 agosto 1712 da papa Clemente XI- La tradizione afferma che Ceslao (o Czeslao) proveniva dalla famiglia dei conti di Odrowatz di Slesia, e suggerisce che era fratello di S. Giacinto (17 ago.), ma non esiste fondamento storico per quest'ultima affermazione. Nato nel 1180 circa ed educato a Cracovia, Parigi e Bologna, fu ordinato sacerdote e diventò famoso per la sua pietà ed erudizione prima di diventare canonico a Cracovia e prevosto di S. Maria a Sandomierz; si sostiene che abbia usato le entrate finanziarie di questi incarichi per aiutare i poveri. Accompagnò il vescovo di Cracovia e S. Giacinto a Roma nel 1220 e fu così colpito da S. Domenico (8 ago.) da diventare frate domenicano, ricevendo l'abito contemporaneamente a Giacinto. Fu mandato a predicare e fondare case domenicane in Polonia; durante il viaggio fondò un convento a Praga, e da là si spostò a Cracovia, dove si stabilì per alcuni anni. In seguito si trasferì a Wroclaw e nel 1232 divenne provinciale polacco. Trascorse un breve periodo a Bologna prima di ritornare in Polonia e fondare altre case. Fu un'abile guida spirituale: tra coloro che si posero sotto la sua guida spirituale vi furono S. Edvige di Polonia (17 lug.) e B. Zdislava Berka (1 gen.). Nel 1240, mentre Ceslao era priore di Wroclaw, i tartari invasero la regione e sembrarono inarrestabili mentre avanzavano contro la città. Le forze cristiane li affrontarono e riportarono una facile vittoria che fu attribuita alle preghiere incessanti di Ceslao. Morì nel 1242 e fu sepolto nella chiesa di S. Adalberto; le reliquie furono traslate nel 1330, e il culto popolare approvato nel 1713. MARTIROLOGIO ROMANO. A Breslavia in Slesia, nell’odierna Polonia, beato Cesláo, sacerdote tra i primi frati dell’Ordine dei Predicatori, che operò per il regno di Dio in Slesia e altre regioni della Polonia.

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