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19/04/2024 alle 09:33

I santi di oggi 19 aprile:

I santi di oggi 19 aprile:

nome San Leone IX- titolo 152º papa della Chiesa cattolica- nascita 1002, Alsazia- Nomina a vescovo 27 maggio 1026 da papa Giovanni XIX- Consacrazione a vescovo 1026 dall'arcivescovo Poppo di Treviri- Elezione dicembre 1048- Insediamento 12 febbraio 1049- Fine pontificato 19 aprile 1054, (5 anni e 140 giorni circa)- morte 1054, Roma- ricorrenza 19 aprile, 8 maggio- Canonizzazione 1087 da papa Vittore III- Santuario principale Chiesa di San Lio- Patrono di Benevento, Colliano, Guardia Lombardi e Sessa Aurunca- Bruno nacque in Alsazia nel 1002 dal conte Ugo di Egisheim, nobile strettamente legato alla famiglia imperiale. Fu istruito a Toul, già centro di riforma monastica, e, ancora giovane, divenne canonico della cattedrale locale. Nel 1026 guidò parte dell'esercito dell'imperatore Corrado II, suo parente, in una riuscita spedizione in Italia, distinguendosi come condottiero. Si trovava ancora in Italia quando morì il vescovo di Toul e ne fu nominato successore. Il suo episcopato durò vent'anni ed egli dimostrò di essere un riformatore energico, in particolare attaccando gli abusi clericali che riguardavano la simonia e il non rispetto del celibato e insistendo per una completa riforma dei monasteri della sua diocesi. Quando morì papa Damaso II nel 1048, l'imperatore Enrico 11I nominò quale suo successore Bruno, che fu incoronato papa nel 1049. Entrò a Roma vestito da pellegrino e assunse il nome di Leone «per richiamare la Chiesa antica, ancora pura». Leone tenne il suo primo sinodo riformatore a Roma nell'agosto 1049 e intraprese una serie di visite ad altri importanti centri d'Europa: presiedette nel complesso più di dodici sinodi (di cui tre a Roma), e in particolare quelli di Pavia, Reims e Magonza nel 1049, Siponto, Salerno e Vercelli nel 1050, Mantova e Bari nel 1053. L'effetto di tali sinodi si diffuse oltre i luoghi in cui erano tenuti poiché vi partecipavano delegati provenienti da diverse diocesi e nazioni e mostravano, più di qualunque altro aspetto del suo pontificato, quanto Leone fosse impegnato nella riforma. Tali incontri erano principalmente incentrati sugli abusi clericali: Leone aveva un atteggiamento severo contro coloro che avevano ottenuto le nomine con la simonia e il nepotismo; in taluni casi depose vescovi o fece rassegnare le dimissioni, per poi affidare loro nuovamente l'incarico. Sosteneva con insistenza che i vescovi dovessero essere eletti dal clero e dal popolo in modo da ridurre l'influenza dei poteri laici sulla Chiesa, nonostante lui stesso fosse stato nominato prima vescovo poi papa dall'imperatore. I sinodi erano anche un'occasione per trattare i casi di eresia, cosa che avvenne nei confronti di Berengario di Tours e della dottrina dell'eucarestia. Certamente tutte queste attività migliorarono l'istituto del papato, il cui primato universale fu sostenuto con forza da Leone al sinodo di Reims. Leone scelse all'esterno della Curia romana un gruppo di consiglieri capaci e ben disposti alle riforme: Ildebrando, che diventerà papa S. Gregorio VII (25 mag.), Federico di Liegi, che diventerà papa Stefano IX (1057-1058) e Umberto di Moyenmoutier, poi cardinale di Silva Candida; tra i suoi consiglieri vi furono anche riformatori quali S. Ugo di Cluny (29 apr.) e S. Pier Damiani (21 feb.). L'ultimo anno del suo pontificato fu, però, segnato da alcuni fallimenti, in parte imputabili a sue leggerezze. Nel maggio 1053 condusse infatti personalmente un esercito contro i normanni nell'Italia meridionale per difendere i territori della Chiesa ma fu sconfitto con facilità a Civitella e tenuto prigioniero per alcuni mesi. Pier Damiani, tra gli altri, lo criticò aspramente per questo coinvolgimento militare. Tale spedizione fu l'occasione del suo secondo, e più serio, fallimento: la Chiesa bizantina rivendicava la propria giurisdizione su parti dell'Italia meridionale e sulla Sicilia e il patriarca di Costantinopoli si sentì oltraggiato dal fatto che Leone avesse tenuto un sinodo a Siponto nel 1050 e nominato Umberto arcivescovo di Sicilia, come pure dall'interferenza militare del papa. Questi, volendo ricevere aiuto dall'Oriente contro i normanni, inviò una delegazione a Costantinopoli all'inizio del 1054, infelicemente guidata da Umberto, per tentare di ottenere una riconciliazione. Entrambe le fazioni si mostrarono troppo intransigenti e quando Umberto, superando il mandato, scomunicò pubblicamente il patriarca e i suoi seguaci, questi rispose emettendo la propria scomunica contro Umberto e il papa. Questo fatto avvenne nel luglio 1054 ed è comunemente considerato l'inizio dello scisma tra Oriente e Occidente. Sebbene Leone fosse già morto quando avvenne lo scisma vero e proprio, è da considerarsi responsabile per l'errata scelta della delegazione. Nel marzo del 1054 Leone fu riportato a Roma da Benevento, dove era stato tenuto prigioniero. Era già malato e volle essere trasportato nei pressi di S. Pietro, con la bara vicina, così che potesse prepararsi nel modo adatto alla morte. Morì là il 19 aprile e fu immediatamente salutato come santo. Numerosi miracoli furono attribuiti alla sua intercessione e nel 1087 papa Vittore III (16 set.) approvò il culto diffusosi a livello popolare dando sepoltura solenne alle spoglie di Leone in S. Pietro. Leone è solitamente considerato il primo papa della grande riforma gregoriana, ma sarebbe forse più corretto vederlo come a cavallo tra due mondi, con un piede in ognuno; doveva la sua posizione al potere secolare del tempo ed era anche pronto a usare i mezzi terreni per ottenere i propri scopi: «A molti apparve scellerato l'usare la spada contro i normanni come sembrò scellerato inviare Umberto a Costantinopoli» (Knowlcs); allo stesso tempo era anche persona devota e spirituale, e attraverso i suoi viaggi restaurò il volto riformatore della Chiesa e riguadagnò il prestigio pontificio, dopo anni di trascuratezza e degrado: «Per la prima volta in quasi due secoli era all'opera un papa dotato di capacità, energia e spiritualità, ed era il momento in cui ai tentativi individuali di riforma si sostituì un'azione centralizzata» (ibid.). MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma presso San Pietro, san Leone IX, papa, che dapprima come vescovo di Toul difese strenuamente per venticinque anni la sua Chiesa; eletto poi alla sede di Roma, in cinque anni di pontificato convocò molti sinodi per la riforma della vita del clero e l’estirpazione della simonia.

nome Sant'Emma di Sassonia- titolo Vedova- nascita XI Secolo, Germania- morte 1040, Germania- ricorrenza 19 aprile, 3 dicembre- Le Sante con il nome di Emma sono due: della seconda non avremo occasione di parlare, perché la sua memoria cade il 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Della prima possiamo invece parlare oggi, dato che nessun altro Santo è proposto, a questa data, dal Calendario universale. Ne consegue che il 19 aprile può essere preso come giorno onomastico di tutte le donne che ripetono questo nome bello quanto diffuso; e nome a pieno diritto, non cioè, come qualcuno potrebbe credere, semplice diminutivo. Sembra che il nome Emma sia germanico, la cui forma originaria fu Imma, che ebbe anche un maschile, Immo, in seguito scomparso. Attraverso la forma antica di Imma, sembra che sia imparentata anche con Irma, nome che però non ha una propria Santa tutelare, o meglio che vien fatto cadere sotto la protezione di Sant'Irmina. La Santa che oggi incontriamo sotto il nome germanico di Emma fu anch'ella tedesca, e visse intorno dell'anno Mille. Ella era sorella di San Meginverco, Vescovo di Paderborn, ed aveva sposato in giovanissima età il conte Ludgero, il quale però morì dopo pochi anni di matrimonio. Ed ecco la caratteristica più spiccata della nostra Santa Emma: quella di essere restata vedova per quarant'anni, e vedova esemplare, facendo della sua delicata condizione uno strumento più raffinato di perfezione spirituale. Alla morte del marito, era ricca, giovane e bella. Avrebbe potuto, come si dice comunemente, «rifarsi una vita», e vivere onestamente, e magari virtuosamente, accanto ad un altro uomo e nell'affetto di una famiglia. Scelse invece la via più difficile. quella della rinunzia al mondo e a tutti i suoi allettamenti. Una rinunzia che non fu né egoista né sterile, perché Santa Emma fece della sua condizione vedovile non soltanto un mezzo di propria perfezione spirituale. ma soprattutto uno strumento di bene per il prossimo. con la preghiera e con l'incessante carità. Erede di un ricchissimo patrimonio, la Santa vedova lo amministrò nel modo più redditizio, distribuendolo ai poveri e donandolo a istituzioni benefiche, perché fosse investito in opere di carità corporale e anche spirituale. Quando morì, nel 1040, si era spogliata non soltanto delle sue doti femminili, della bellezza e della gioventù, ma anche di tutte le sue ricchezze materiali. E se la prima circostanza era dovuta semplicemente al passare degli anni, la seconda era stata merito suo, di Santa Emma, modello di vedova cristiana, nel senso più ricco e più umano del termine. La vedovanza non era stata infatti, per lei, fedeltà quasi morbosa a un ricordo sempre più lontano, ma impegno di vita vissuta giorno per giorno, come sposa, pur senza marito, come madre, pur senza figli: come donna, insomma, la cui più alta missione è quella di dare: dare se stessa, cioè dare e moltiplicare la vita, sia in senso genetico che in senso sociale e spirituale.

nome Sant'Espedito di Melitene- titolo Martire- ricorrenza 19 aprile- Attributi Rappresentato come un soldato romano con un ramo di palma e una croce con la scritta hodie (oggi). Il suo piede schiaccia un corvo che pronuncia la parola cras (domani)- Patrono di Repubblica di Molossia, emergenze, mercanti, navigatori, compatrono di Pietre, frazione del comune di Tramonti (SA) programmatori e hacker, gioventù studiosa, cause urgenti e disperate- Era il capo della Legione Fulminante, la sua vita è una favolosa leggenda. Pio XI rimosse il suo nome dai santi nel 1905 e ordinò, senza successo, che la sua immagine fosse rimossa dalle chiese. È venerato come avvocato per cause urgenti e attualmente è stato scelto come patrono degli utenti di Internet. Perché in questo caso questa grande estensione del culto non consente di basare l'iscrizione nei santi? Per una ragione: questa estensione del culto, sebbene ampia, non è però molto antica. Non va molto oltre i tempi moderni. La nozione cattolica di "traditio" ("tradizione", ma con risonanze teologiche molto proprie), sebbene non si riferisca solo al passato, implica sempre un legame permanente, ininterrotto e rintracciabile con il passato. Il suo nome è stato ritirato dal Martirologio già nella revisione che fu fatta del vecchio al tempo del Concilio Vaticano II, e non è stato reinscritto nel Nuovo Martirologio Romano, promulgato nel 2001 (come è avvenuto in alcuni altri casi). Va tenuto presente che il dubbio sulla realtà storica del personaggio e del suo martirio non è recente. Molto è stato scritto al riguardo nel XIX e nel XX secolo.

nome Beato Corrado Miliani di Ascoli- titolo Religioso- nome di battesimo Corrado Miliani- nascita 18 settembre 1234, Ascoli Piceno- morte 19 aprile 1289, Ascoli Piceno- ricorrenza 19 aprile- Beatificazione 30 agosto 1783 da papa Pio VII- Corrado nacque il 18 settembre 1234 da Francesco Miliani ed Agnese di Marcello Saladini, nobildonna ascolana. Sebbene destinato per i suoi natali a diventare cavaliere, fin dalla prima adolescenza mostrò «indizi di santità», e si avvicinò con sentimenti di fraterna e cristiana amicizia a Girolamo Masci, un suo conterraneo a cui predisse che sarebbe salito al soglio di Pietro. Iniziò il suo commino ispirato da una Francesco d'Assisi in visita nella città marchigiana entrando così nel convento ascolano dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali. Con il futuro papa Niccolò IV, suo confratello, frequentò con profitto il corso studi di Teologia, nella sede dell'Università di Perugia, conseguendo il dottorato. Il Masci, divenuto Generale dei Frati Minori decise di inviare Corrado come missionario in terra d'Africa con la sua opera di predicatore ottenne un vasto numero di conversioni al cristianesimo. La sua esperienza di evangelizzatore si concluse nel 1277, quando fu richiamato a tornare in Italia ed incaricato di recarsi a Parigi per insegnare Teologia presso la sua cattedra della Sorbona. Rimase in Francia fino al 1288, anno in cui il suo amico Girolamo, ormai divenuto papa col nome di Niccolò IV, lo invitò a tornare in patria per raggiungere Roma, dove gli avrebbe conferito la porpora cardinalizia. Fu così che frate Corrado partì da Parigi nel novembre del 1288 e percorse a piedi nudi tutta la strada fino ad Ascoli, arrivandovi nel febbraio dell'anno successivo, nel 1289. Questa lunga fatica provò profondamente la già malferma salute del francescano che si ritirò presso il convento di San Lorenzo di Piagge, nella grotta che ancora oggi porta il suo nome, detta: Grotta del Beato Corrado, dove morì e fu sepolto il 19 aprile dello stesso anno. La sua salma incorrotta fu traslata nella chiesa di San Francesco di Ascoli Piceno il 28 maggio 1371, anno della consacrazione del sacro edificio, e composta all'interno di un pregevole sepolcro.

nome San Geroldo- titolo Eremita- nascita Vorarlberg, Austria- morte 978 cica, Vorarlberg, Austria- ricorrenza 19 aprile- Geroldo proveniva dalla famiglia dei conti di Sax di Vorarlberg, la provincia più occidentale dell'attuale Austria. Nor si hanno notizie riguardo alla prima parte della sua vita, ma è noto che a mezz'età si ritirò dal mondo per condurre una vita solitaria di preghiera e penitenza. In passato lo si identificò con l'Adamo i cui possedimenti furono restituiti da Ottone I nel 949, ma oggi quest'opinione non è condivisa. Secondo la tradizione Geroldo donò le proprie terre all'abbazia di Einsiedeln dove erano monaci i due figli, Cuno e Ulrico, per ritirarsi nella foresta, dove un amico, il conte Ottone, gli diede un lotto di terra. Non rimane però nessuna testimonianza scritta di un tale lascito fatto all'abbazia. Visse da eremita nella Walsertal, valle del Vorarlberg, in un luogo chiamato Friesen (il cui nome fu cambiato in Sankt G2rold nel 1340), a circa otto chilometri a nord di Bludenz, abitando in una cella dove, quando morì nel 978, ai suoi figli fu permesso di trasferirsi per curarne la tomba. Negli anni seguenti, quando la foresta fu ripulita, sul luogo della cella venne costruita dagli abati di Einsiedein, molti dei quali imparentati con la famiglia di Geroldo, una chiesa. Questa fu distrutta durante la Riforma, ma nel 1663 l'abate Placido ne fece costruire una nuova in cui fu posta una teca contenente le reliquie di Geroldo accanto a quelle dei figli, attorno alla quale è sorto il paese di Sankt Gerold, meta di pellegrinaggio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Frisen sulle Alpi bavaresi, san Geroldo, eremita, che si ritiene abbia condotto vita di penitenza nella regione del Voralberg.

nome San Mappalico- titolo Martire- morte 250, Africa- ricorrenza 19 aprile- La persecuzione dei cristiani sotto l'imperatore Decio (249-251) fu la più sistematica mai avvenuta; egli era infatti deciso a eliminare tutti i cristiani poiché obbedivano a un'autorità che sostenevano essere più alta della sua e poiché egli era un devoto credente nei valori dell'antica religione romana. Un editto imperiale stabilì che tutti coloro la cui obbedienza religiosa era dubbia dovessero comparire davanti a una commissione, offrire sacrifici e dichiarare la falsità del cristianesimo; dopo ciò, avrebbero dovuto partecipare a un pasto mangiando le offerte sacrificali. Coloro che si fossero rifiutati non sarebbero stati condannati a morte ma imprigionati e torturati, nella speranza che si convertissero. Quando nell'aprile 250 un proconsole arrivò a Cartagine per dare esecuzione all'editto, furono molti coloro che abbandonarono il cristianesimo per adottare il paganesimo. La prima vittima della persecuzione fu Mappalico, che morì in seguito alle torture; a lui fecero seguito altri diciassette cristiani, molti dei quali morirono di fame e per le terribili condizioni che dovettero sopportare in prigione. S. Cipriano (16 set.), allora vescovo di Cartagine, cita espressamente Mappalico e i suoi compagni con parole di lode particolari nella sua Lettera ai Martiri e ai Confessori, definendoli «saldi nella loro fede, pazienti nelle sofferenze, vittoriosi sulle torture» ed esempio da seguire. MARTIROLOGIO ROMANO. In Africa, san Mappálico, martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, mosso da pietà familiare, si era raccomandato che sua madre e sua sorella, che avevano rinnegato la fede sotto tortura, fossero lasciate in pace e per questo, trascinato davanti al tribunale, fu lui a conseguire la corona del martirio; a lui si unisce la memoria di molti altri santi martiri, che testimoniarono la loro fede in Cristo: Basso in una cava di pietra, Fortunio in carcere, Paolo in tribunale, Fortunata, Vittorino, Vittore, Eremio, Crédula, Eréda, Donato, Firmo, Venusto, Frutto, Giulia, Marziale e Aristone, morti tutti di fame in carcere.

nome Sant'Elfego di Canterbury- titolo Vescovo e Martire- nascita 954, Inghilterra- Nominato vescovo 984- Elevato arcivescovo 1006- morte 1011, Greenwich, Inghilterra- ricorrenza 19 aprile- Canonizzazione nel 1078 da papa Gregorio VII- Attributi paramenti arcivescovili ed un'ascia in mano- Incarichi ricoperti Vescovo di Winchester, Arcivescovo di Canterbury- Elfego (Aelfheah — più correttamente — o anche Alfego) divenne monaco a Deerhurst nel Gloucestershire, abbandonando dopo qualche tempo il monastero per vivere più in solitudine nel Somerset. S. Dunstan (19 mag.) lo nominò abate del monastero di Bath, la cui comunità risulta fosse composta soprattutto da precedenti discepoli di Elfego. Il nuovo abate non tollerava la più piccola trasgressione della regola ed era solito dire a coloro che criticavano la sua severità che sarebbe stato molto meglio rimanere nel mondo che divenire monaci imperfetti. Nel 984 divenne vescovo di Winchester e fu conosciuto per lo stile di vita austero e la generosità verso i poveri; infine, nel 1005 Elfego fu nominato arcivescovo di Canterbury e andò a Roma per ricevere il pallium dal papa. A quell'epoca l'Inghilterra era sottoposta a continue incursioni e invasioni dei danesi che, nel 1009, arrivarono nuovamente con il più forte esercito mai avuto fino ad allora e, nel giro di un anno, saccheggiarono qui ldici contee. Nel 1011 erano già nel Kent e assediarono Canterbury, prendendola grazie al tradimento di un arcidiacono anglosassone. Elfego fu fatto prigioniero e per lui venne chiesto un riscatto di tremila sterline. Secondo la narrazione di Thietmar, solitamente affidabile, Elfego rispose alla richiesta di denaro dicendo: «Sono pronto per ogni cosa vogliate farmi e senza preoccupazioni, per amore di Cristo; possa io divenire un esempio ai suoi servi. Non è la mia volontà, ma una vera povertà che mi fa apparire bugiardo ai vostri occhi. Questo mio corpo, che ho amato smodatamente durante questo esilio, ve lo offro, perché è colpevole E...]; ma supplice consegno la mia anima peccatrice al Creatore dell'universo, perché essa non è di vostra competenza». Dopo che si fu rifiutato di far raccogliere la somma necessaria tra i suoi affittuari, un gruppo di danesi ubriachi lo attaccò e uccise mentre era prigioniero a Greenwich. Nella Cronaca anglosassone si legge: «Lo condussero al loro tribunale il sabato sera, durante l'ottava di Pasqua [...] e uno di essi lo colpì sulla testa con la parte in ferro di un'ascia: egli cadde e il suo santo sangue si versò sulla terra e la santa anima salì al regno di Dio». I capi danesi non avevano ordinato l'aggressione e, consci dell'enormità del crimine, si accertarono che il corpo del vescovo fosse consegnato per la sepoltura cristiana che ebbe luogo in S. Paolo a Londra. Nel 1023 il re danese Canuto fece trasferire il corpo a Canterbury «con grande pompa e festeggiamenti e inni di lode [...] per la salvezza di tutti coloro che ogni giorno fanno visita al suo santo corpo con cuore devoto e in tutta umiltà». Anche se la sua morte, avvenuta per mano dei danesi, rese Elfego un eroe nazionale e il suo culto popolare, un arcivescovo successivo, Lanfranco, si chiese se dovesse essere incluso nel calendario dei santi come martire e riguardo a ciò consultò S. Anselmo (21 apr.) che gli rispose che Elfego meritava il titolo perché era stato ucciso a causa della giustizia. Il corpo fu trovato incorrotto quando il sepolcro fu aperto nel 1105 e ciò fece aumentare il numero dei fedeli e i pellegrinaggi a Canterbury in suo onore; il culto fu poi messo in ombra da quello per S. Tommaso Becket (29 dic.) che, appena prima di essere ucciso, si raccomandò a Dio e a S. Elfego. MARTIROLOGIO ROMANO. Sulla riva del Tamigi presso Greenwich in Inghilterra, passione di sant’Elfégo, vescovo di Canterbury e martire, che, durante le cruente devastazioni provocate in città dai Danesi, offrì se stesso per il suo gregge e, avendo rifiutato di farsi riscattare con il denaro, il sabato dopo Pasqua fu percosso con delle ossa di pecora e infine decapitato.

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