@Ciaoscrivocose

22/10/2024 alle 22:41

ciaoo, date una lettura a ciò che ho scritto se vi va. Ditemi che ne pensate

ciaoo, date una lettura a ciò che ho scritto se vi va. Ditemi che ne pensate

Khaled Hosseini nacque a Kabul nel 1964. Oggi è un medico e scrittore.

Figlio di un diplomatico e di un’insegnante, è ultimo di cinque fratelli.

Nel 1980, dopo l’invasione sovietica, la sua famiglia ha ottenuto l’asilo politico negli Stati Uniti e si è trasferita a San José, in California.

Ho impiegato un bel po' a portare avanti e concludere la lettura di questo romanzo. L'ho iniziato sotto consiglio di una persona a me cara. Più o meno sapevo di cosa parlasse, anche perché da piccola vidi un film ispirato proprio da questo romanzo.

È una storia cruda, tagliente, cupa. Ti annienta dentro. Ti catapulta in un mondo dove la realtà ti viene spiattellata davanti agli occhi senza prima alcun avviso. Non c'è pietà. Non c'è compassione.

Il protagonista di questa mostruosa storia è Amir, un giovane bambino figlio di un padre, Baba, che non è mai riuscito a offrirgli del sincero affetto. La madre è morta durante il parto. L'unica persona che è in grado di volergli bene è Hassan, il suo servo.

I due dolci bambini passano pomeriggi interi a giocare insieme e, sempre insieme, imparano a costruire gli aquiloni.

In un gelido pomeriggio invernale però Hassan viene sconvolto da un evento.

E da lì le vite dei due ragazzini cambieranno, stravolgendo le loro abitudini.

Amir, una volta diventato adulto, e aver lasciato precedentemente Kabul con suo papà trasferendosi in America per sfuggire alla guerra, dovrà fare i conti con un passato che sembra non lasciarlo mai.

Questa non è solo la storia di Amir, non è solo la storia di Hassan, è la storia di migliaia di bambini ai quali è stata e viene levata una delle cose più preziose: l'infanzia.

Il narratore è interno, le vicende vengono narrate in prima persona. Il linguaggio utilizzato dall'autore è medio-alto, arricchito da metafore e similitudini permettendo al lettore di meglio immedesimarsi all'interno del racconto.

La storia mi ha molto emozionato. Molteplici sono stati gli argomenti e i temi trattati da Hosseini. La triste infanzia di Amir mi è rimasta incisa dentro al cuore: un bambino circondato e possedente di qualsiasi oggetto, ma privo dell'unica cosa che desiderava nel profondo dell'anima, l'amore di suo papà, il suo punto di riferimento. Nel protagonista cresce un uomo solo, abbandonato a se stesso. Obbligato a vivere e a vedere nel suo volto, il viso di chi non è abbastanza. Obbligato a vedere in Hassan, il figlio che avrebbe voluto Baba. Obbligato a vedere negli occhi di chi tanto amava, una tale freddezza che lo ha portato a diventare l'uomo che non difficilmente ha iniziato a detestare.

Avrei tanto voluto che il rapporto frastagliato tra Amir e suo padre venisse approfondito maggiormente. Vorrei che il passato di Amir non fosse costituito da migliaia di parole non dette, e da centinaia di sguardi furtivi. Avrei voluto vedere un Amir che avesse trovato il coraggio di urlare non solo a se stesso, ma anche a Baba, tutto il male che gli aveva inflitto. Avrei voluto che Baba avesse capito i suoi errori. Avrei voluto che Baba avesse visto negli occhi di suo figlio la sofferenza di un bimbo dimenticato dal mondo e che cercava costantemente l'approvazione del suo unico genitore. Avrei voluto che Baba capisse che, come detto nel libro, i figli non sono album da disegno da colorare a nostro piacimento.

Un altro aspetto che mi ha profondamente colpita è stata la disperata devozione di Hassan in Amir. Nella loro amicizia non sono riuscita a trovare nulla di felice. Solo tanta tristezza. Si potrebbe trovare dolce e ammirevole il rispetto che porta Hassan nei confronti del protagonista. Io però ci vedo l'ignoranza di un bimbo che non ha avuto la possibilità di capire che la sua vita ha lo stesso valore di una qualsiasi altra persona.

Io ci vedo la disperazione di un bimbo totalmente convinto di doversi sottomettere a chiunque per essere ritenuto qualcuno che ha importanza. Io ci vedo l'ingenuità di un bimbo che non ha avuto modo di capire che nell'essere umano si nasconde qualcosa di macabro.

Io ci vedo la vita di un bimbo spezzata da etichette e pregiudizi, che lo hanno portato alla morte.

Baba è un personaggio abbastanza complesso.

"Quello che contava per un uomo era l'onore, il nome, le chiacchiere."

Vi ho riportato una frase del romanzo. Baba è questo: per quanto volesse essere diverso da chi lui stesso ripudiava, continuava ad essere uno dei tanti figli di una società profondamente legata all'apparenza e all'onore.

Questo libro è una denuncia sociale nei confronti di chi può, ma non fa. Di chi vede, ma non parla.

Credo che questo libro non rientri tra i miei preferiti, l'autore non è riuscito a catturarmi in pieno. Se dovessi dare al romanzo un voto da 1 a 10, gli darei 7. Vi consiglio però assolutamente la lettura di questo libro, ne vale la pena.

+3 punti

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