@magister_demens
Ancora devo capire bene la correlazione tra i miei tentativi di stare bene e stabilizzarmi e i litigi e le tensioni con la mia famiglia. Suppongo che
provengano dal fatto che io cerco di fare ordine prima nel mio "sociale" che nel "familiare", perché quest'ultimo lo conosco fin troppo, ne ho i coglioni pieni delle solite persone, le solite cose, i soliti modi di fare, roba che continua da quando sono nato, letteralmente, e dalla quale è giunto il momento di staccarmi.
Ma visto che il travaglio tra infanzia e adolescenza è durato più del dovuto e ha avuto alti e bassi credo che le cose si siano complicate.
Non sono riuscito a staccarmi, non ho spezzato quella cosa che mi legava alla famiglia in modo "vincolante" iniziando così a formarmi una personalità e un'identità al di fuori di casa e scuola, ma ho tirato e sto continuando a tirare una corda che se avessi tirato prima si sarebbe divisa facilmente, ipotizzo, e mi avrebbe risparmiato la fatica che sto facendo adesso nel tirarla per poterla rompere.
Non so se seguire la metafora sia stato semplice o meno.
Mi piacciono le metafore, è bello materializzare i concetti in cose o situazioni, tipo trasformare le discussioni in piccole guerre, gli argomenti in schieramenti bellici e pensare alla stesura di un'idea come una fase di attacco o di difesa.
Roba da drogati, immagino.
Ma vabbè.
Comunque, pensavo: è davvero così strano, sbagliato e "asociale" non voler parlare dei cazzi miei agli altri? E con altri intendo consanguinei. No, perché pare un obbligo, io devo obbligatoriamente farvi partecipi della mia vita esterna perché voi siete i miei tutori e dovete sapere e mi avete generato e finché vivo in questa casa queste sono le regole e insomma come sei stronzo e antipatico a non volerci mai dire niente.