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I santi di oggi 7 agosto:
nome San Gaetano Thiene- titolo Sacerdote- nome di battesimo Gaetano Thiene- nascita 1 ottobre 1480, Vicenza- morte 7 agosto 1547, Napoli- ricorrenza 7 agosto- Beatificazione 8 ottobre 1629 da papa Urbano VIII- Canonizzazione 12 aprile 1671 da papa Clemente X- Santuario principale Basilica di San Paolo Maggiore, Napoli- Gaetano nacque a Vicenza nell'anno 1480 da pii genitori. La madre sua, Maria Porta, fin dai primi istanti di sua vita lo consacrò alla B. Vergine, e fatto più grandicello gli impartì una sana istruzione religiosa. Ad esempio di Gesù adolescente, Gaetano, mentre cresceva nello spirito, faceva pure gran profitto nello studio. Mandato a studiare a Padova, si distinse specie nella teologia ed ottenne la laurea dottorale. Il suo desiderio però era di vivere nell'umiltà e nel nascondimento, e desiderando entrare in religione si recò a Roma ove si diede ad una vita ritirata e devota. Anche nella sua elezione a protonotario apostolico, accettata unicamente per ubbidienza al Papa, risplendette la sua umiltà, dimodochè appena ne fu libero, volle tornare nuovamente nella sua patria e quivi darsi al servizio dei poveri e degli ammalati. In seguito, ispirato dal Signore a riformare i costumi sia del popolo che del clero, si recò nuovamente a Roma e lì iniziò la sua opera. Unitosi ad alcuni suoi ferventi compagni, compose alcune regole per presentarle al Papa. Nel 1524 ne ottenne l'approvazione, e Pietro Caraffa, che salì poscia al trono pontificio col nome di Paolo III, fu il primo superiore della Congregazione teste fondata. Le basi della riforma erano poste: molti sacerdoti entrarono a far parte dei Chierici Regolari Teatini ed operarono un gran bene in tutta la città. Poco tempo dopo, costretto a fuggire da Roma a cagione di una guerra, passò a Venezia dove fondò un suo convento. Napoli fu il campo delle sue ultime fatiche apostoliche: questa città ha pure la gloria di possedere il suo corpo ed il principale convento da lui fondato. Già vicino a ricevere il premio, ai medici che lo consigliavano di lasciar le penitenze, almeno nell'ultima ora, egli rispondeva: « Il mio Signore e Salvatore è morto sulla croce: lasciatemi almeno morire sulla cenere », e dalla cenere passò alla gloria dei Beati il 7 agosto 1547. PRATICA. L'esempio di questo Santo ci ricorda l'insegnamento di Gesù Cristo: «Beati i poveri di spirito, perchè di essi è il regno dei cieli ». PREGHIERA. O glorioso S. Gaetano, che hai amato il Signore con cuore puro ed ammirabile distacco dal mondo, intercedi presso Dio, affinchè noi pure, imitando le tue virtù, possiamo raggiungere la gloria. MARTIROLOGIO ROMANO. San Gaetano da Thiene, sacerdote, che a Napoli si dedicò a pie opere di carità, in particolare adoperandosi per i malati incurabili, promosse associazioni per la formazione religiosa dei laici e istituì i Chierici regolari per il rinnovamento della Chiesa, rimettendo ai suoi discepoli il dovere di osservare l’antico stile di vita degli Apostoli.
nome Sant'Alberto degli Abati- titolo Sacerdote- nome di battesimo Alberto degli Abati- nascita 1240, Trapani- morte 7 agosto 1307, Messina- ricorrenza 7 agosto- Canonizzazione<br /> 15 ottobre 1457 da papa Callisto III<br /> Santuario principale Chiesa dei Carmelitani di Trapani- Attributi giglio, libro delle Sacre Scritture, lucerna accesa, abito dell'ordine del Carmelo- Patrono di Trapani- Alberto degli Abati, detto da Trapani dal luogo dove nasce, secondo la tradizione meglio documentata, intorno al 1240, entra nell'ordine carmelitano di quella città, divenendo prete e svolgendo il suo apostolato in tutta l'isola. La sua predicazione è accompagnata dalla fama di miracoli: fra i più famosi quello avvenuto a Messina assediata, dove alcune navi cariche di viveri avrebbero prodigiosamente raggiunto il porto. Altre tradizioni narrano di tre ebrei sul punto di annegare soccorsi e convertiti da Alberto che cammina sulle acque secondo l'esempio di Cristo; in altri casi l'intervento del santo libera alcuni indemoniati. La sua attività di predicatore e di superiore dei carmelitani della Sicilia dura fino alla morte, avvenuta a Messina il 7 agosto 1307. Non conosciamo suoi scritti di rilievo né abbiamo notizia di una sua specifica spiritualità. Sulla sua figura permangono anzi oscurità e incertezze. Alberto è ricordato fin dalle prime redazioni del Catalogus Sanctorum ordinis Carmelitanum. I riferimenti però presentano scarsi caratteri specifici mentre risentono di topoi agiografici, come quelli della nascita preannunciata agli anziani genitori e del corpo che profuma dopo la morte. Sulla stessa linea si pone anche la biografia segnalata, ed edita, negli Analecta Bollandiana del 1898, alla quale hanno attinto i successivi biografi, da Vincenzo Barbaro a Giovanni M. Polucci. In contrasto con la scarsità di notizie storiche e di testimonianze dirette, il culto è invece ben definito. Lo riscontriamo molto diffuso all'interno dell'ordine, ma pure assai presente e radicato a livello popolare. Nel 1346 ad Alberto viene dedicata una cappella nel convento di Palermo. Nel 1375 il capitolo generale dell'ordine comincia ad interessarsi fattivamente alla canonizzazione; nel 1411 è pronto l'Ufficio proprio. Nel 1457 il culto è permesso, vivae votis oraculo, da Callisto III; la bolla di conferma viene emanata nel 1476 da Sisto IV. I decenni successivi vedono Alberto iscritto in numerose edizioni di Martirologi e Breviari. La festa si celebra il 7 agosto. A partire dal XV secolo iniziano le biografie, trascritte in numerose copie fino alle prime edizioni a stampa. Battista Spagnoli gli dedica un'ode saffica. Intanto la popolarità di Alberto cresce, come è provato dal diffondersi delle reliquie un po' in tutta Europa; con esse in particolare si benedice l'«acqua di sant'Alberto» usata contro le febbri terzane; il santo è invocato anche contro i terremoti e per esorcizzare i posseduti dal demonio. La popolarità della sua figura è confermata anche dall'iconografia, particolarmente ricca: Alberto è rappresentato con in mano un libro, o il crocifisso, e un giglio nei dipinti di Filippo Lippi (carmelitano), Andrea del Sarto, Guido Reni, il Guercino. MARTIROLOGIO ROMANO. A Messina, sant’Alberto degli Abbati, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani, che con la sua predicazione convertì molti Giudei a Cristo e provvide di viveri la città assediata.
nome San Donato di Arezzo- titolo Vescovo e martire- morte 362 circa, Arezzo- ricorrenza 7 agosto- Santuario principale Duomo di Arezzo- Patrono di epilettici e diversi comuni italiani- San Donato visse più di sedici secoli fa, e fu il secondo Vescovo di Arezzo. Per la città fondata dagli etruschi e fiorita nei tempi romani, il Vescovo Donato fu davvero un dono del Cielo, perché la sua opera apostolica riuscì a trarre finalmente la città dalla superstizione pagana e condurla alla fede di Cristo. Le leggende ricordano molti miracoli compiuti da San Donato per il trionfo della fede e a gloria del nome del Signore. Fra questi il più noto è quello del calice, riferito da San ' Gregorio Magno. Mentre il Vescovo distribuiva la Comunione ai fedeli, alcuni pagani, entrati in chiesa per spregio, con uno spintone lo fecero cadere dai gradini dell'altare, così che un prezioso calice sacro che aveva in mano, andò in pezzi. Grande fu la costernazione dei cristiani di Arezzo, ma le preghiere del Vescovo Donato fecero sì che il calice infranto tornò a ricomporsi, e il miracolo confuse ed umiliò nella loro ridicola vendetta gli idolatri della città, molti dei quali si convertirono. Pare, ma non è certo, che al tempo di Giuliano, l'Imperatore Apostata, i pagani si prendessero sul Santo Vescovo una sanguinosa rivincita, mandandolo a morte, nel 362, insieme con l'eremita Ilarione. Essi avrebbero così aggiunto alle sue molte glorie anche quella della corona di Martire. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arezzo, san Donato, secondo vescovo di questa sede, di cui il papa san Gregorio Magno loda la virtù e l’efficacia della preghiera.
nome San Sisto II e diaconi martiri- titolo 24º papa della Chiesa cattolica, diaconi e martiri- Elezione 30 agosto 257- Fine pontificato 6 agosto 258, (0 anni e 341 giorni)- morte 6 agosto 258, Roma- ricorrenza 7 agosto- Beatificazione 15 ottobre 1675 da papa Clemente X- Canonizzazione 4 aprile 1741 da papa Benedetto XIV- Santuario principale Basilica di San Sisto Vecchio- Attributi tiara papale, bastone pastorale, palma del martirio, vesti clericali- Patrono di Bellegra, Caldonazzo, Castelpoggio, Colle d'Anchise, Girgenti di Pescorocchiano, Gombito, Joppolo, Manerbio, Morbello, Nocelleto di Carinola, Onelli di Cascia, Pomezzana, Verolanuova- Papa Sisto (Xystus) succedette nel 257 a S. Stefano I (2 ago.). Di lui si hanno informazioni abbastanza precise perché morì in un'epoca durante la quale nell'impero romano si stavano verificando importanti cambiamenti, preludio di ulteriori sconvolgimenti delle sue tradizioni e sicurezze. È anche divenuto famoso quale figura principale di una delle opere d'arte più celebrate della storia occidentale. Si conoscono tre lettere scritte da S. Dionigi di Alessandria a Sisto: in esse Dionigi chiede informazioni riguardo la disputa iniziata sotto Stefano ed esorta Sisto a usare clemenza verso le Chiese africane e alcune Chiese asiatiche, le quali sostenevano che il battesimo conferito da eretici non fosse valido. Sisto seguì il suo consiglio: riallacciò i rapporti con S. Cipriano e con quelle Chiese e ignorò con tatto la pratica asiatica di battezzare i convertiti. Non a caso il biografo di S. Cipriano, Ponzio, definisce Sisto «un sacerdote buono e pacifico». Nel 257, durante il quarto anno del suo regno, l'imperatore Valeriano, fino ad allora favorevole ai cristiani, emise il primo decreto contro di essi. Probabilmente Valeriano fu consigliato dal suo ministro Macriano, che mirava a confiscare le ricche proprietà cristiane per sanare la situazione economica dell'impero, ma è anche possibile che Valeriano credesse veramente che gli dèi fossero adirati a causa dei cristiani e della sua tolleranza nei loro confronti. Forse riteneva anche che questo fosse il motivo delle minacce esterne da parte dei persiani e di altri pericolosi nemici e dei contrasti finanziari, sociali e ideologici interni all'impero. O forse era ritornato alla vecchia idea che i cristiani fossero politicamente pericolosi. «I cristiani erano ritenuti indovini e maghi, cospiratori contro il governo, politicanti disperati, nemici della religione ufficiale, diffusori di dicerie false e responsabili di avvelenamenti e altri crimini»: queste sono le memorabili parole di Newman. Oppure, dal momento che ai tempi di Valeriano la religione tra i capi dell'impero era più che altro una questione formale, è anche possibile che, come in altre epoche, egli stesse tentando di evitare la minaccia di un colpo di stato deviando il malcontento su un capro espiatorio facilmente identificabile. Infatti, l'imperatore e i suoi consiglieri sapevano perfettamente che molti e influenti uomini al governo erano cristiani, tanto che l'editto di Valeriano era indirizzato espressamente agli egregii viri ed equites romani: senatori, cavalieri e alti ufficiali. Non veniva chiesto loro di rinnegare la fede, ma semplicemente di dimostrare la loro fedeltà con un pubblico sacrificio agli dèi dell'impero. Pochissimi laici accettarono il compromesso: la maggior parte di essi, guidata dal clero, fu irremovibile. A motivo della loro resistenza la persecuzione ben presto si tramutò in un tentativo di sopprimere il cristianesimo eliminandone i capi e i centri di potere e di influenza. I bersagli principali furono gli alti ecclesiastici che risiedevano in centri importanti quali il Nord Africa e, naturalmente, Roma: nel 257 le celebrazioni liturgiche e l'uso dei cimiteri vennero proibiti; vescovi, presbiteri e diaconi dovevano accettare di offrire sacrifici agli dèi per non essere esiliati, e Sisto venne eletto papa di nascosto. Vi furono numerosi martiri nell'alto e basso clero, e il loro numero aumentò l'anno successivo, quando fu concessa l'autorizzazione a giustiziare i membri del clero senza processo e i laici più influenti furono soggetti alla pena di morte. In Africa, Cipriano (16 sett.), che sarebbe poi morto durante la medesima persecuzione, annunciò ai suoi compagni vescovi che Sisto, insieme a quattro diaconi, era morto il 6 agosto. Durante la persecuzione i cristiani si riunivano in grotte sotterranee per celebrare di nascosto la Messa: Sisto fu catturato mentre predicava nel cimitero di Pretestato e si dice che abbia rifiutato di fuggire per evitare un massacro di massa. Non è chiaro se venne decapitato sul posto o se prima fu portato in tribunale per il giudizio e poi riportato indietro e giustiziato. Fu sepolto lungo la strada del cimitero di S. Callisto sulla Via Appia. Un secolo più tardi papa S. Damaso (11 dic.) compose un'iscrizione per la sua tomba. Insieme a lui vennero catturati e giustiziati quattro diaconi: i santi Gennaro, Vincenzo, Magno e Stefano. Altri due, i santi Felicissimo ed Agapito, furono probabilmente martirizzati lo stesso giorno e sepolti nel cimitero di Pretestato. Il settimo diacono della città, S. Lorenzo (10 ago.), fu ucciso quattro giorni dopo. La persecuzione cessò nel 259 con la morte di Valeriano nelle prigioni persiane e con l'editto del figlio Gallieno a favore dei cristiani. Sisto fu il papa martire più venerato dopo S. Pietro. Si ritiene che le sue reliquie siano state conservate insieme a quelle di S. Barbara nella chiesa dei domenicani a lui dedicata a Piacenza, per tradizione suo luogo di nascita. Il famoso mosaico del vI secolo nella chiesa di S. Apollinare Nuovo a Ravenna lo ritrae insieme a S. Lorenzo. Appare anche in uno dei quadri più famosi, la Madonna di S. Sisto o Nostra Signora con Bambino e i santi Sisto H e Barbara di Raffaello (1483-1520), oggi nella galleria nazionale di Dresda. Il lavoro fu commissionato da papa Giulio 11 o dal cardinale Grassi per ricordare l'annessione di Piacenza allo Stato pontificio dopo la vittoria di Giulio sui francesi nel 1512 (la chiesa di S. Sisto lo vendette nel 1754 ad Augusto III, principe elettore di Sassonia e re di Polonia). Come segno di rispetto per il suo mecenate, Raffaello ritrasse Sisto nelle fattezze dell'anziano papa, dipingendo una ghianda sulla tiara e la quercia dello stemma di famiglia del papa sul manto. Il santo indica gli astanti, come per raccomandarli alla protezione della Beata Vergine Maria. Il gesto può essere riferito alla strenua difesa da parte di Giulio del potere temporale del papa. Le tende tirate (e agitate da un vento divino) sullo sfondo del dipinto vogliono dare l'idea di una finestra nel corridoio attraverso la quale si possono vedere Maria e Gesù assisi nella gloria su un banco di nuvole che sovrastano la realtà mondana. La figura centrale dell'altrimenti statico dipinto (che potrebbe essere intitolato anche La visione di S. Sisto) è la Beata Vergine Maria regina del paradiso che discende dal Cielo. La fama del quadro, insieme a pochi altri quali la Madonna della Sedia di Raffaello e L'ultima cena e Monna Lisa di Leonardo, risale solo al XVIII secolo, quando ne furono realizzate numerose copie e cominciò a diffondersi l'uso di xilografie. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi Sisto II, papa, e compagni, martiri. Il papa Sisto, mentre celebrava i sacri misteri insegnando ai fratelli i precetti divini, per ordine dell’imperatore Valeriano, fu subito arrestato dai soldati sopraggiunti e decapitato il 6 agosto; con lui subirono il martirio quattro diaconi, deposti insieme al pontefice a Roma nel cimitero di Callisto sulla via Appia. Nello stesso giorno anche i santi Agàpito e Felicissimo, suoi diaconi, morirono nel cimitero di Pretestato, dove furono pure sepolti.
nome San Donato di Besançon- titolo Vescovo- nascita 590 circa- morte 660 circa, Besançon, Francia- ricorrenza 7 agosto- Canonizzazione 24 novembre 1900 da papa Leone XIII- Donato fu vescovo di Bcsancon in Francia. Compose una regola per monache ispirata a quella dei santi Benedetto (11 lug.), Colombano (23 nov.) e in particolare Cesario di Arles (27 ago.), che ne aveva redatta una per un monastero femminile. Non bisogna confonderlo con il Donato, probabilmente secondo vescovo di Arezzo, in passato ritenuto a torto martire e ricordato lo stesso giorno (dal 1969 solo in calendari locali, anche se è ancora citato nella nuova edizione del Martirologio Romano), né con il Donato, vescovo di Evorea nell'Epiro. MARTIROLOGIO ROMANO. A Besançon in Burgundia, nell’odierna Francia, san Donato, vescovo, che compose una regola per le vergini secondo gli insegnamenti dei santi Benedetto, Colombano e Cesario.
nome Santa Afra- titolo Martire- ricorrenza 7 agosto- Santuario principale Basilica dei Santi Ulrico e Afra- Attributi raffigurata sul rogo- Patrona di Augusta- Le persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani continuarono con grande violenza sotto Massimiano nelle province che egli controllava all'epoca della divisione dell'impero. Secondo i suoi Atti, i soldati arrestarono Afra, un'ex prostituta, ad Augusta (Germania). Un'aggiunta posteriore alla leggenda narra che ella era stata convertita da S. Narciso, vescovo di Gerona in Spagna, di cui non si hanno notizie certe. Il giudice le ordinò di offrire sacrifici agli idoli, altrimenti sarebbe stata condannata a morte, ma ella non volle aggiungere un altro peccato alle sue già numerose colpe. Egli le rammentò che ella era stata una prostituta e che perciò era indegna davanti al Dio dei cristiani. Afra gli rispose che Gesù aveva perdonato una peccatrice e che ella preferiva lasciare che il suo corpo peccatore soffrisse, piuttosto che condannare la sua anima. Afra venne così confinata su un'isola del fiume Lech e morì soffocata dal fumo delle foglie di vite bruciate (dettaglio probabilmente simbolico). La madre e tre servitori, anch'essi convertiti, portarono via il corpo per seppellirlo. Il giudice mandò dei soldati per intimare loro di offrire sacrifici agli idoli e, quando essi si rifiutarono, furono bruciati vivi nella tomba. L'esistenza di una martire di nome Afra morta ad Augusta di Baviera è certa e viene citata anche da Venanzio Fortunato, ma i suoi Atti non sono attendibili. Alcuni commentatori sostengono che il processo e il martirio siano varianti arricchite di una narrazione storica precedente, mentre la sua vita dissoluta, la conversione e l'esecuzione della madre e dei servitori sono ritenute invenzioni d'epoca carolingia. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Augsburg nella Rezia, oggi in Germania, santa Afra, martire: convertitasi a Cristo da una vita di peccato, si narra che, non ancora battezzata, sia stata data al rogo per aver confessato la sua fede in Cristo.
nome Beati Agatangelo e Cassiano- titolo Sacerdoti cappuccini, martiri- ricorrenza 7 agosto- Giuseppe Leclerc di Tremblay di Parigi fu a capo della prima missione cappuccina in Oriente nel xvii secolo. All'inizio del 1629 sbarcarono ad Alessandretta cinque padri cappuccini, tra cui Agatangelo (Francesco Noury) di Vendóme in Francia. Egli era nato a Vendòme nel 1598, divenendo cappuccino all'età di ventuno anni e sacerdote nel 1625. Fu mandato ad Aleppo in Siria e là officiò per i mercanti francesi e italiani. Studiò anche l'arabo e intrecciò buoni rapporti con musulmani e cristiani di altre Chiese, tanto da guadagnarsi la simpatia e il rispetto dell'imam e di molte altre persone. Anche se la predicazione pubblica ai musulmani non era ammessa dalla congregazione De Propaganda Fide, egli espose la dottrina cristiana ai turchi, destando il loro interesse e aumentando la loro tolleranza. Nel 1633 Agatangelo fu mandato al Cairo per assumere la guida di una missione che fino ad allora non aveva dato buoni esiti. Fu raggiunto da tre missionari di Marsiglia, tra cui anche Cassiano da Nantes (Gundisalvo da LòpezNato), francese di origini portoghesi, che ne divenne il braccio destro. Con un'opera di conciliazione e di dialogo essi tentarono di riunire la Chiesa copta locale alla Santa Sede. Un segno del loro rispetto e della loro discrezione è il fatto che il patriarca Matteo permise loro di celebrare la Messa, predicare e insegnare nelle chiese del luogo ed essi ottennero alcuni riavvicinamenti individuali. Nel 1636 Agatangelo e Benedetto di Digione intrapresero un lungo viaggio verso il celebre monastero Der Antonio, nella Bassa Tebaide, nel tentativo di acquistare influenza presso quei monaci copti tra i quali erano scelti i vescovi. Vennero ben accolti e riuscirono a riavvicinare alla Chiesa cattolica due membri della comunità, che lasciarono con la speranza che sarebbero riusciti a persuadere gli altri a imitarli. A quei tempi i laici cattolici potevano frequentare le chiese copte e ai sacerdoti era permesso celebrarvi la Messa, ma quando improvvisamente la congregazione De Propaganda Fide lo vietò, i missionari in Palestina e in Egitto si trovarono in disaccordo con quella decisione. Agatangelo scrisse alla Santa Sede e probabilmente ottenne una risposta positiva dal momento che quell'abitudine riprese per qualche tempo. Quando il sinodo del patriarcato copto si riunì nel 1637 per discutere l'eventualità di un'unione con la Chiesa di Roma, un consigliere contestò la proposta a causa della condotta scandalosa di alcuni cattolici influenti al Cairo: «La Chiesa romana in questo paese è un postribolo». Agatangelo, che era presente, non poté negarlo e scrisse al cardinale prefetto di Propaganda una protesta per i rifiuti alle sue numerose richieste di scomunica di questi uomini inqualificabili. Pochi giorni più tardi partì per l'Etiopia (Abissinia) con Cassiano, che aveva appreso l'amarico, e fu nominato responsabile della spedizione. Il Portogallo aveva aiutato l'Etiopia ad allontanare la minaccia musulmana all'inizio del XVI secolo e il primo missionario gesuita era giunto nel paese nel 1555. Per i primi tempi i missionari cattolici furono bene accetti, ma l'Etiopia, con la sua antica Chiesa cristiana (la Chiesa etiopica ortodossa precalcedonese risale al 332), era comprensibilmente ostile al tentativo dei cattolici di impiantare una Chiesa latina. Iniziative di questo tipo, d'altra parte, erano solitamente condotte sotto la protezione di una potenza colonialista che garantiva una sfera di influenza al papa e il Portogallo ricoprì questo ruolo fino al XIX secolo. Si narra che un medico luterano di nome Peter Heyling abbia fatto precipitare la situazione all'arrivo dei cappuccini. I frati furono arrestati a Deboroa all'inizio dell'estate dcl 1638, condotti in catene a Gondar e portati al cospetto del re, il negus Basilides (o Fasilidas), e della sua corte. Cassiano spiegò che erano in Etiopia per riunire i cristiani locali alla Chiesa romana, menzionando la lettera di presentazione del patriarca copto di Alessandria al neo eletto ahuna (o primate) Marco della Chiesa copta (nominato dal patriarca stesso). Ma Marco, che era stato benevolo con Agatangclo al Cairo, rifiutò di ricevere i missionari, affermando che essi volevano fare solo opera di conversione, definì Agatangelo un uomo malvagio e suggerì di impiccarlo insieme ai suoi fratelli. Basilides avrebbe voluto bandirli dal paese, ma altri si opposero e ai cappuccini fu offerta salva la vita solo se avessero rinnegato la propria fede. Al loro rifiuto furono impiccati con i cordoni dei loro abiti francescani e quindi lapidati. Cattolici locali forse li seppellirono di nascosto. Altri cappuccini e francescani che tentarono di entrare nel paese e di fare opera di conversione nel VII e XVIII secolo furono espulsi o uccisi. Un vescovo etiope venne ordinato a Roma nel 1788, ma dovette fuggire al Cairo nel 1797. Nel XIX secolo si sviluppò una piccola Chiesa uniate sotto l'influenza italiana. I cambiamenti all'interno della politica ecclesiastica e di quella secolare, da quattro secoli a questa parte, hanno oscurato la grande inclinazione pacificatrice di Agatangelo. Al giorno d'oggi non è possibile ricostruire l'autentica storia della sua opera e di quella dei suoi compagni e i motivi della loro esecuzione. L'insieme delle problematiche relative alle relazioni ufficiali tra Roma e la Chiesa copta con il suo presunto monofisismo e allo sviluppo delle Chiese uniate di rito locale e latino, a cui erano concessi alcuni privilegi disciplinari in cambio del riconoscimento di Roma quale autorità finale e principio unificatore, ha favorito un'interpretazione di parte dei martiri cattolici in Etiopia. Questa situazione venne rafforzata dal progetto dell'Italia di costituire un impero africano e dal conseguente attacco a Libia, Eritrea ed Etiopia nella prima metà del XX secolo, che ottennero l'approvazione ecclesiastica a vari livelli; la speranza della Chiesa di Roma di ottenere vantaggi dalle conquiste territoriali di un paese cattolico e la concomitante disputa tra il papato e il regno d'Italia, risolta solo con i Patti Lateranensi del 1929, spinsero a una progressiva rottura tra Roma e la Chiesa copta abissina. Nel 1882 l'Italia fondò la colonia eritrea, e nel 1894 Leone XIII vi creò una prefettura apostolica. Nel 1889 il trattato di Ucciali stabilì un protettorato italiano sull'Etiopia, cessato nel 1896, dopo la sconfitta subita nella I guerra italoetiopica, con il trattato di Addis Abeba. Papa Pio X proseguì una difficoltosa corrispondenza a favore della Chiesa uniate etiopica (e dei prigionieri italiani) nata tra Leone XIII e l'ostile imperatore Menelik II. Nel 1905 Pio X beatificò Agatangelo e Cassiano; nel 1906 inviò un appello formale all'imperatore per la tolleranza verso gli uniati; nel 1911 la Libia divenne una colonia italiana e quando nel 1939 l'Italia conquistò l'Etiopia i missionari cattolici vi si recarono in massa. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Gondar in Etiopia, beati Agatangelo (Francesco) Nourry da Vendôme e Cassiano (Gonsalvo) Vaz López-Netto da Nantes, sacerdoti dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martiri, che in Siria, Egitto ed Etiopia cercarono di riconciliare con la Chiesa cattolica i cristiani separati, ma furono per ordine del re d’Etiopia appesi a degli alberi con il loro stesso cordone e lapidati.
nome Beato Nicola Postgate- titolo Martire- nascita 1597 circa, Egton, North Yorkshire- morte 1679, York, Inghilterra- ricorrenza 7 agosto- Nicola Postgate (o Posket) era un prete secolare nato nel 1597 circa a Kirkdale House, Egton (Eyton) Bridge, nello Yorkshire, da genitori cattolici. Si trasferì a Douai l'11 giugno del 1621 per studiare nel Collegio inglese sotto la guida di Whitmore; là venne ordinato prete nel 1628 c mandato il 29 giugno 1630 in missione nello Yorkshire, dove operò con zelo per circa cinquant'anni. In seguito visse con la famiglia degli Hungates a Saxton, divenne il cappellano di lady Dunbar e delle famiglie Saltmarsh, Meynell e di altre. Visse anche a Blackamoor, distante cinque miglia da Whitby. Si dice che abbia convertito almeno un migliaio di persone. Fu tradito da un esattore delle tasse per il prezzo di venti sterline mentre si trovava presso un tale Matthew Lythis, con il quale era stato in prigione a York. E conservato un resoconto dettagliato dell'interrogatorio condotto da William Calley: Nicola Postgate, di circa ottant'anni, affermò di avere abitato una quarantina d'anni a Saxton, presso lady Hungate, fino alla morte di costei; affermò inoltre di avere vissuto con l'anziana lady Dunbar, ma non ricordava per quanto tempo. Nell'ultimo periodo non ebbe una residenza fissa, ma fu ospite di vari amici. Alla domanda se fosse un prete cattolico, egli rispose: "Che lo dimostrino", senza dare una risposta diretta. Alla domanda di come fosse entrato in possesso e che uso facesse dei libri, delle ostie e degli altri oggetti che aveva con sé, rispose che alcuni glieli aveva dati Goodrick, un cattolico, e altri jowsey, un presunto prete cattolico, entrambi già morti. Alla domanda del perché inizialmente si fosse identificato con il nome Watson [un altro pseudonimo da lui usato], rispose che a volte veniva chiamato così, dal momento che anche suo padre e suo nonno usavano quel nome. Morì a York all'età di ottantadue anni; il suo corpo martoriato venne consegnato ai suoi amici che lo seppellirono. Pare che una mano sia conservata al collegio di Douai. Nicola Postgate è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 22 novembre del 1987. MARTIROLOGIO ROMANO. A York sempre in Inghilterra, beato Nicola Postgate, sacerdote e martire, che fu appeso al patibolo sotto il re Carlo II a motivo del suo sacerdozio, che per circa cinquant’anni aveva esercitato clandestinamente tra i poveri.
nome San Vittricio di Rouen- titolo Vescovo- nascita 330 circa, Francia- morte 417 circa, Francia- ricorrenza 7 agosto- Santuario principale Cattedrale di Notre Dame a Rouen- Vittricio fu un vescovo molto saggio e santo, ma le notizie a suo riguardo sono poche rispetto ad altri famosi vescovi del iv secolo e anche la data della sua morte non è certa. Nacque probabilmente in Francia vicino al fiume Schelda intorno al 330. Suo padre (o un parente prossimo) era soldato in una legione romana chiamata Victrix, e anch'egli, all'età di diciassette anni, divenne soldato e poco dopo si convertì al cristianesimo. Molti cristiani ritenevano illecito portare armi, e Vittricio chiese di essere congedato prima della fine del servizio. Fu fustigato e condannato a morte per diserzione ma alla fine, insieme ad altri compagni cristiani, rilasciato e congedato. Paolino da Nola (22 giu.) definisce l'avvenimento come miracoloso. Ritroviamo Vittricio vescovo di Rouen, eletto nel 386 ca. Nella sua diocesi convertì molti pagani, ma non ebbe altrettanto successo tra i contadini (tra i quali, per altri due secoli, il cristianesimo faticherà a imporsi). Vittricio introdusse a Rouen una forma di monachesimo, fondò alcune parrocchie in campagna e predicò ad Artois, nelle Fiandre occidentali e nella regione Brabante, ma nel v secolo le invasioni barbariche vanificarono la sua opera e le fondazioni religiose. In seguito al dono, ricevuto da S. Ambrogio (7 dic.), di alcune reliquie di santi, predicò (o scrisse) il De laude sanctorum, una dissertazione apologetica sul culto dei santi; attorno al 369 i vescovi inglesi gli chiesero di apportarvi alcune modifiche: la loro natura oggi non è nota, ma la descrizione che fa il santo della propria reazione ha acquisito un valore quasi leggendario: «Ho ispirato nel sapiente l'amore per la pace, l'ho insegnato a chi era disposto a imparare, l'ho spiegato all'ignorante e l'ho imposto all'ostinato». Alla fine dei suoi giorni Vittricio si recò a Roma per scagionarsi da un'accusa di eresia apollinarista. Nel 404 ricevette da papa Innocenzo I, che cercava di imporre la tradizione romana e la giurisdizione papale alla Chiesa di Gallia, un famoso decretale in materia disciplinare, compreso il passaggio della responsabilità sulle cause importanti dai vescovi locali alla Santa Sede. MARTIROLOGIO ROMANO. A Rouen sempre in Francia, san Vittricio, vescovo, che, ancora soldato, abbandonato sotto l’imperatore Giuliano l’esercito per seguire Cristo, fu sottoposto dal tribuno a molte torture e condannato a morte; liberato in seguito, divenne vescovo e portò alla fede cristiana anche le popolazioni dei Morini e dei Nervi.