@Carlous_Rex
La seconda guerra punica episodio 9: " L'Intrigo della Numidia
Scipione propose a Massinissa di allearsi con i romani. Il giovane condottiero sperava di ottenere dall'alleanza con la Numidia orientale la cavalleria più forte del Mediterraneo, che fino a quel momento era stata una spina nel fianco per l'esercito romano, e aprire un fronte in Africa. Massinissa rifiutò l'offerta spiegandogli che lui non era interessato né a Roma né a Cartagine, bensì solo a Sofonisba, la figlia di Giscone che quest'ultimo gliel'aveva promessa in sposa. Scipione decise di tenere in ostaggio il re e di trattare con la Numidia Occidentale. All'epoca la Numidia, oggi corrispondente ad un ampia fascia di terra tra l'Algeria, la Tunisia e la Libia, era divisa in due regni: quello orientale, alleato a Cartagine ma momentaneamente senza un re, e quello occidentale di cui il sovrano era Siface. Scipione pensava che se gli avesse offerto Massinissa, e di conseguenza il trono orientale, avrebbe potuto ottenere un alleato importante nella sua scacchiera. Ma Siface stupì tutti quando proclamò di aver deciso di allearsi con Cartagine. Infatti Giscone aveva offerto al re sua figlia Sofonisba, mandando all'aria l'alleanza con la Numidia orientale e la relazione tra la giovane fanciulla e Massinissa. Quando quest'ultimo venne informato da Scipione del tradimento di Cartagine, decise di allearsi con i romani per battere Siface e riconquistare la mano della sua amata. Scipione acconsentì di liberare il sovrano affinché quest'ultimo tenesse sotto scacco i numidi occidentali. Intanto venne il 205 e come ormai ben sappiamo, nuovo anno sta per nuove elezioni all'interno dell'Urbe. Scipione decise di correre per il titolo di console e riuscì a farsi eleggere come tale.
(Siface, a sinistra, mentre riceve Scipione)<br /> <br /> Da Console, Scipione propose di progettare uno sbarco in Africa per ricongiungere le forze romane con quelle di Massinissa e sconfiggere una volta per tutte Cartagine. Il Senato si spaccò in due su questa proposta: una parte era favorevole al piano del figlio di Publius, l'altra sosteneva che prima dello sbarco si doveva concludere la partita con Annibale in Italia. Quest'ala era capitanata da niente di meno che Fabius. Egli ribadiva che la sua strategia della guerra d'attrito era riuscita salvare Roma dalle grinfie di Annibale e a intrappolare il condottiero cartaginese nel sud della penisola. Scipione, nonostante elogiasse l'ingegno del temporeggiatore, replicò che la strategia dello scudo di Roma aveva reso Annibale inefficace offensivamente, ma ciò non toglieva che dopo 13 anni dallo scoppio della guerra il figlio di Amilcare era ancora in territorio italico e nessuno sembrava capace di sconfiggerlo. Il giovane romano, dunque, sosteneva che se si fosse aperto un fronte in Africa, adesso che l'unico ancora in piedi era quello italico, Annibale sarebbe stato costretto a ritornare nella sua madrepatria. Alla fine fu raggiunto un accordo tra Scipione e Fabius: il primo, durante il suo anno al consolato, sarebbe rimasto in Sicilia a comando delle legioni cannesi, ma appena il suo mandato avrebbe raggiunto il suo termine egli avrebbe potuto fare ciò che vuole, incluso lo sbarco in Africa. Giunta la primavera del 204, Scipione iniziò a progettare il suo piano per porre fine alla guerra una volta per tutte. Con un esercito di poco inferiore a 30 mila truppe, sbarcò nei pressi di Utica, la più grande città punica dopo Cartagine. Scipione provò ad attaccare la città per dimostrare la forza dei romani, ma dovette cambiare tattica quando scoprì che nei paraggi vi era l'esercito di Giscone e Siface che contava oltre 90 mila uomini. Visto che l'inverno si stava approcciando, il generale romano decise di trattate per una tregua tra le due fazioni: in realtà stava solo cercando di prendere tempo per attuare il suo piano.<br /> <br />
(Rovine di Utica)<br /> <br /> Durante le trattative alcuni cavalieri romani, guidati da Laelius, ispezionarono il campo nemico per ottenere più informazioni possibili riguardo la sua composizione; nel frattempo arrivarono i rinforzi, seppur esigui, di Massinissa. Mentre la primavera del 203 era alle porte, Scipione si ritirò dalle trattative e ordinò, durante la notte, di incendiare i tetti dell'accampamento nemico, fatti di paglia. I soldati cartaginesi vennero svegliati dal calore delle fiamme e presi dal panico provarono a scappare, ma Scipione aveva messo un reggimento di soldati romani davanti all'uscita bloccando la via di fuga principale. Solo in 20 mila riuscirono a fuggire. L'esercito romano si diede all'inseguimento dei suoi nemici abbandonando un eventuale assedio di Utica, come voleva il loro generale: infatti il vero obiettivo di questa imboscata era il massacro dei cavalieri numidici, ma questo lo vedremo più avanti. I legionari romani riuscirono a raggiungere i rimasugli dell'esercito di Siface e Giscone presso i Campi Magni, lungo il fiume Bagradas. I cartaginesi nel frattempo avevano reclutato nuovi cavalieri, ma questi erano inesperti. Di lunga esperienza, invece, erano i mercenari iberici arrivati come rinforzo. Scipione era in leggera inferiorità numerica, ma anche questa volta sapeva cosa fare. Ordinò a Massinissa, che guidava la cavalleria numidica alleata dei romani, ad attaccare per primo: per il sovrano nordafricano non erano che delle semplici prede quei cavalieri inesperti. Dall'altra parte Giscone ordinò ai mercenari iberici di avanzare verso il centro. Vedendo che sulle ali stava facendo fatica ma che la fanteria al centro stava andando alla grande, tanto che i romani stavano indietreggiando, Giscone fece pressione affinché si continuasse ad avanzare verso il centro. Ma proprio in quel momento i cavalieri romani e quelli guidati da Massinissa accerchiarono l'esercito cartaginese: Scipione aveva fatto tesoro della battaglia di Cannae ed era riuscito a ricopiare, seppur in una maniera abbastanza grezza, la tattica di Annibale. I Legionari romani distrussero i loro nemici e riuscirono a catturare Siface.
( L'inseguimento di Siface da parte dei legionari romani)<br /> <br /> Con Siface catturato, Massinissa si proclamò primo sovrano della Numidia unificata, ma i problemi per lui non erano finiti. Una volta arrivati a Cirte, la capitale del nuovo regno, Scipione disse al sovrano che oltre a Siface avrebbe dovuto portare Sofonisba a Roma poiché doveva essere giudicata dal Senato romano a seguito del suo rapporto contro i romani avuto durante il corso della guerra. Massinissa insistette che la sua legittima futura moglie era innocente dato che era stato il suo padre ad usarla come strumento politico. Il generale romano chiese a Sofonisba se avesse una prova concreta che dimostrasse ciò per non portarla in Italia e lasciarla in finalmente in pace. La giovane donna non aveva nessuna prova a suo favore e Scipione non potette che dire a Massinissa che i romani non avrebbero risparmiato sua moglie e che l'avrebbero resa una schiava. Il re della Numidia ebbe un esaurimento nervoso: lui non aveva nulla a che fare con questa guerra, a lui non interessava neanche un briciolo della situazione politica tra Roma e Cartagine, lui voleva solo la sua amata donna tra le sua braccia, ma il pensiero che, proprio adesso che aveva vinto, avrebbe dovuto dirle addio per sempre non gli andava giù. Sofonisba non voleva diventare schiava dei romani, preferiva la morte a quest'umiliazione e, in accordo con suo marito, decise di bere un calice avvelenato, suicidandosi. Massinissa rassicurò Scipione che non avrebbe rotto l'alleanza con Roma, ma in quel momento il sovrano della Numidia voleva fermarsi a riflettere per un momento per realizzare meglio tutto ciò che era successo di recente. Il 203 fu un anno in cui morirono alcuni dei protagonisti di questa guerra. Uno di questi fu Fabius, il quale si ammalò gravemente ed essendo molto vecchio, aveva 77 anni, non riuscì a sopravvivere. Intanto vicino alla Liguria l'esercito guidato da Magone fu distrutto dai legionari romani. Il fratello minore di Annibale, che voleva seguire le sue orme passando le Alpi, fu gravemente ferito. Qualche giorno dopo la battaglia un'inviato arrivò al campo di Magone riferendogli che Cartagine aveva chiesto il suo supporto e quello di Annibale: in poche parole gli si chiedeva di ritornare in Patria. Magone accettò, eccitato di potersi finalmente ricongiungere con suo fratello dopo tanti anni, ma a causa della sua ferita morì durante il viaggio in mare.
( Ritratto di Sofonisba)<br /> <br /> Annibale, venendo a conoscenza che Scipione era ad un passo dal conquistare Cartagine, decise a malincuore di lasciare l'Italia. Il grande condottiero, seppur non aveva incontrato nessuno che l'ha battuto nella Penisola, adesso era costretto ad abbandonare tutti i suoi progressi per aiutare la propria madrepatria che, all'epoca, non si degno di aiutarlo quando egli era vicino a conquistare Roma. Ma adesso non era il momento di pensare ai propri rimorsi: la battaglia finale tra le due potenze del Mediterraneo si stava avvicinando...