@Vitupero
I santi di oggi 28 aprile:
nome Santa Valeria di Milano- titolo Martire- nascita III Secolo, Roma- morte III Secolo, Roma- ricorrenza 28 aprile- Patrona di Seregno- Santa Valeria è più conosciuta per essere stata la moglie di San Vitale, un ufficiale dell'esercito ucciso e martirizzato nella città di Ravenna, e madre dei Santi martiri gemelli Gervasio e Protasio, visse nel III secolo. Avrebbe desiderato portare con se il marito morto alle porte di Ravenna, ma i cristiani del luogo glielo impedirono. Quindi si mise in viaggio per Milano ma incontrò dei contadini pagani e rifiutatasi di rimanere con loro facendo sacrifici agli dei, venne così violentemente percossa che morì dopo qualche giorno. Pur essendo rappresentata già in epoca antica nei mosaici di Sant'Apollinare nuovo a Ravenna, Valeria non ha un'iconografia specifica. Oltre a Valeria furono fatti Santi anche il marito Vitale e i figli Protasio e Gervasio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna, commemorazione di san Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città. Egli insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l'impavida fede tenacemente difesa.
nome San Luigi Maria Grignion da Montfort- titolo Sacerdote- nome di battesimo Louis-Marie Grignion- nascita 1673, Montfort, Francia- morte 28 aprile 1716, St. Laurent-sur-Sèvre, Francia- ricorrenza 28 aprile- Beatificazione 22 gennaio 1888 da papa Leone XIII- Canonizzazione 20 luglio 1947 da papa Pio XII- Santuario principale Basilica di San Luigi Maria de Montfort, Saint-Laurent-sur-Sèvre, Vandea- Luigi Maria Grignion nacque nel 1673 nella cittadina di Montfort in Bretagna; in seguito aggiungerà il nome della città natale al proprio cognome. Era il maggiore degli otto figli di Giovanni Battista, avvocato di mezzi modesti e piuttosto autoritario. Luigi Maria fu inviato al collegio dei gesuiti di Rennes per l'istruzione secondaria dove cominciò a manifestare due tratti che lo caratterizzeranno per il resto della vita: la difficoltà a relazionarsi con i compagni e la preferenza per la preghiera solitaria, soprattutto rivolta alla Madonna. Riconoscendosi chiamato al sacerdozio, si trasferì a Parigi nel 1692. Egli però non aveva denaro a sufficienza per vivere nel seminario di Saint-Sulpice e andò ad alloggiare in vari ostelli per studenti poveri; in essi le condizioni erano talmente spartane da farlo cadere gravemente ammalato ed ebbe bisogno di cure ospedaliere per rimanere in vita. Una volta guarito riuscì a entrare in seminario e a seguire gli studi con maggior successo; in effetti non si dimostrò mai particolarmente interessato alla teologia e avrebbe preferito impiegare il tempo aiutando i poveri e insegnando catechismo ai loro figli, secondo il tipo di apostolato da lui iniziato a Rennes. I superiori ne ammiravano il fervore e la devozione ma erano preoccupati dal carattere difficile. Fu ordinato sacerdote nel 1700. I sei anni successivi furono privi di soddisfazione per Luigi Maria. Operò a Nantes, Poitiers e Parigi sollevando opposizione ovunque andasse, in parte a causa del suo temperamento e di quello che un biografo moderno ha definito «comportamento tanto strano da essere irritante» (Papàsogli), in parte per l'insistenza a portare avanti il suo apostolato verso i più poveri, in ospedale e nelle missioni al po7olo, e l'irritazione dei preti con cui collaborava. Egli stesso era insicuro riguardo al suo apostolato e scrisse: «Mi trovo dilaniato tra due desideri [...]. Da un lato provo un'attrazione segreta per la solitudine e la vita ritirata, per combattere e distruggere completamente la mia natura corrotta che ama essere ammirata. Dall'altra sento un grande desiderio di promuovere l'amore per il Signore e la sua santa Madre: andare a insegnare il catechismo ai poveri nelle aree rurali in maniera semplice e povera o stimolare nei peccatori la devozione alla Beata Vergine Maria». In una lettera scritta nell'anno della sua ordinazione, esprimeva già il desiderio di fondare una congregazione: «Vedendo le necessità della Chiesa, non riesco a evitare di pregare continuamente e in lacrime perché sorga una piccola e povera congregazione di bravi sacerdoti che operino sotto la protezione della Beatissima Vergine». Nell'ospedale per mendicanti di Poitiers condivideva la vita degli ospiti e tentò di organizzare in congregazione di consacrate le donne che collaboravano; al loro rifiuto, scelse una ventina di pazienti, tutte colpite da un qualche handicap fisico, e diede vita a un abbozzo di istituto religioso con tanto di regola, sotto la guida di una superiora non vedente. Sulla porta della stanza dedicata agli incontri della comunità scrisse la parola "Sapienza". Questa strana formazione di un gruppo di persone povere e disprezzate può essere considerata l'inizio dell'assunzione, come principio guida di vita, della fedeltà evangelica alla sapienza della croce rispetto alla sapienza del mondo. Essa segnò anche la rottura di Luigi Maria con la spiritualità tradizionale e l'adozione di uno stile da profeta: mise in opera atti e gesti pubblici esagerati, capaci di esprimere in modi sintetici e concreti la sua posizione. Poiché il suo interferire nell'organizzazione dell'ospedale aveva causato notevole opposizione e anche il vescovo era giunto a ordinargli di sospendere le missioni parrocchiali al popolo perché i sacerdoti erano contrari ai suoi metodi di evangelizzazione, Luigi Maria decise di tornare a Parigi. Si sentiva un fallito: «Rovino sempre tutto ciò in cui rimango coinvolto» scrisse, non avendo ancora trovato la sua strada. Luigi Maria aveva bisogno di coltivare un campo più grande di un semplice ospedale per i poveri, ma questo fu tutto ciò che Parigi gli offrì. Quando dovette abbandonare anche quello, visse per un po' di tempo in un sottoscala, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione. Fu per lui un periodo di grande incertezza e sofferenza ma la sua vita spirituale crebbe e si fece più chiara la comprensione delle richieste della «sapienza della croce»: «Quale ricchezza, quale gloria, quali piaceri guadagnerei se tutte queste cose [i suoi fallimenti] mi ottenessero quella sapienza divina che desidero giorno e notte». Probabilmente fu in questo periodo che scrisse L'Amore dell'eterna Sapienza, opera chiave per la comprensione della sua spiritualità, in cui poneva in un contesto preciso la devozione alla Vergine Maria e alla croce e definiva la sapienza come sua principale fonte: «Poiché non vi è nulla di più attivo della sapienza [...] essa non permetterà che coloro che ella ama scivolino nella tiepidezza e nella negligenza. Essa li infiamma; li ispira a intraprendere grandi imprese per la gloria di Dio e la salvezza delle anime». Dopo un altro breve e sfortunato periodo a Poitiers partì per Roma nel 1706 sperando di ottenere il permesso dal papa di lavorare nelle missioni estere, soprattutto in Canada; fu senza dubbio un modo per fuggire dalle difficoltà che aveva incontrato in tutti i suoi tentativi di operare come sacerdote in Francia. Papa Clemente XI rimase impressionato dal suo zelo e dalla sincerità ma lo rimandò a lavorare in Francia «sempre in sottomissione perfetta ai vescovi»; gli diede il titolo di "missionario apostolico", un incentivo per la sua sicurezza e un mandato, come parve a Luigi Maria, per l'opera di predicazione di missioni parrocchiali e di servizio ai poveri. Al ritorno si stabilì in Bretagna, una zona in cui le missioni parrocchiali, basate su un catechismo essenziale e il rinnovamento spirituale, erano già ben sviluppate. Lavorò con successo partecipando a un gruppo missionario, già di per sé un ottimo risultato per lui, e facendosi conoscere per la capacità di infiammare le folle e per il suo essere «vigoroso nelle parole e negli atti». Aveva però ancora la tendenza ad alienarsi gli altri e prese lentamente le distanze dai missionari del gruppo per lavorare con un solo compagno, Mathurin. In complesso fu ben ricevuto dai parroci, sebbene in alcuni luoghi non gli fosse stato permesso di predicare ora per le tendenze gallicane e antiromane del sacerdote locale e ora per la stranezza dei suoi metodi, che pure non gli erano esclusivi. Proponeva forti esperienze emotive, come il bruciare libri irreligiosi su grandi falò sovrastati dall'immagine del diavolo vestito da dama di società o la recita di scene della morte di un peccatore la cui anima morente era contesa dal diavolo; sollecitava la recita del rosario; scriveva inni popolari, di cui alcuni sono ancora in uso; e persuadeva la gente a dare denaro e aiuto concreto per restaurare chiese e santuari in rovina. Predicò varie volte a La Rochelle, riuscendo a convertire molti calvinisti. Il suo interesse per i poveri lo portò ad aprire o riparare numerose scuole per ragazzi poveri di città, sostenuto dal vescovo locale, impiegando come insegnanti i "fratelli" che lo avevano aiutato nelle opere catechistiche durante le missioni. Da ciò nacque l'ordine didattico dei Fratelli dell'Istruzione Cristiana di S. Gabriele, per i quali scrisse una bozza di regola e che furono inizialmente noti come Fratelli dell'Istruzione Cristiana dello Spirito Santo. Come detto, aveva cercato già da alcuni anni di fondare una compagnia di sacerdoti votati alle missioni, ma incontrava ancora difficoltà nel trovare persone che collaborassero con lui. Nel 1713 aveva scritto la Regola dei sacerdoti Missionari della Compagnia di Maria, ma quando morì aveva raccolto con sé in forma stabile solo due preti e alcuni fratelli laici. Fu in un certo modo più fortunato con il ramo femminile: nel 1715 due membri della congregazione di Poitiers, tra cui l'influente Maria Luisa Trichet, si erano unite a lui a La Rochelle assieme a un piccolo gruppo di donne del luogo ed egli aveva scritto per loro la prima Regola delle Figlie della Sapienza, inizio di una congregazione dedicata all'aiuto dei poveri, e in particolare alla creazione di scuole, come aveva fatto il fondatore. Per tutta la vita furono evidenti la sua dedizione ai poveri e il suo personale spirito di povertà in tutto ciò che faceva; ciò spiega in cosa si distinguesse dal clero francese dell epoca: nell'interpretazione radicale del messaggio evangelico. Amava molto la Chiesa e ne comprendeva la necessità costante di riforma; il suo rinnovamento fu per lui una missione duratura e un continuo stimolo per formare dei continuatori che proseguissero la sua ispirazione. Alla sua morte, avvenuta il 28 aprile 1716, nessuna delle congregazioni era però consolidata e altri ebbero il compito di aiutarle a divenire istituzioni di fama mondiale. Oltre a numerosi inni, alcune lettere e le Regole, Luigi Maria scrisse alcuni libri e trattati spirituali, in gran parte nati come scritti privati. Il primo di questi fu L'Amore dell'eterna Sapienza, scritto, a quanto risulta, per uso personale, Nel 1714 inviò invece La lettera circolare agli Amici della Croce ai membri della congregazione così chiamata; Il segreto di Maria era destinato a una suora di Nantes. Il mirabile segreto del SS. Rosario offre il ritratto migliore della sua predicazione popolare, nonostante gran parte dell'opera sia stata tratta da altri autori. L'opera più famosa è il Trattato della devozione alla Santa Vergine (o 'Trattato sulla vera devozione alla Beata Vergine, titolo aggiunto nel XIX secolo), nella cui prima parte tratta della necessità dottrinale della devozione alla Madonna e sollecita il lettore a fare un patto con lei, divenendone servo (talora si indica il sottotitolo Lo schiavo di Maria) e mettendosi completamente a sua disposizione. L'opera, per il linguaggio e le idee di base, al lettore moderno risulta eccessivamente sentimentale, ma esercitò una grande influenza lungo tutto il XIX secolo e la prima parte del XX ; fu, ad esempio, imitata dal fondatore della Legio Mariae, il cui Manuale incoraggia tutti i membri a seguirne le pratiche per divenire veri missionari laici. La canonizzazione di Luigi Maria, avvenuta nel 1947, fece crescere l'interesse per il suo libro e diffonderne ulteriormente le dottrine. Come per gli altri scritti, Luigi Maria utilizzò ampiamente lavori di altri per la compilazione della Vera Devozione, la quale riflette la visione dell'umanità e del mondo piuttosto pessimistica che era diffusa nella letteratura francese del XVII secolo. Gli esseri umani corrotti e peccatori devono temere Dio onnipotente e l'accento posto sulla trascendenza di Dio aiuta a spiegare la posizione della Vergine nel pensiero di Luigi Maria: è umana e raggiungibile da noi ma, allo stesso tempo, è anche senza peccato e gradita a Dio. Essendo senza peccato, Dio le ha dato in dono «gli stessi diritti e privilegi posseduti per natura da Cristo». Sebbene questa sia l'opera più conosciuta, non è la più importante per la comprensione della sua spiritualità e va integrata con gli altri scritti. La gamma di interventi degli odierni missionari di Montfort (Compagnia di Maria) è ampia: operano in trenta Paesi come missionari, aiutando la crescita delle giovani chiese oppure continuando l'opera del fondatore con missioni parrocchiali e ritiri, gestendo parrocchie in aree difficili e organizzando centri pastorali. La congregazione ha poi come priorità, in tutte le sue opere, «l'evangelizzazione secondo lo stile di Montfort»; anche le Figlie della Sapienza Divina sono oggi attive in tutto il mondo. MARTIROLOGIO ROMANO. San Luigi Maria Grignion de Montfort, sacerdote, che percorse le terre della Francia occidentale proclamando il mistero della Sapienza Eterna; fondò Congregazioni, predicò e scrisse sulla croce di Cristo e sulla vera devozione a Maria Vergine e ricondusse molti a una vita di penitenza; nel villaggio di Saint-Laurent-sur-Sèvre in Francia pose, infine, termine al suo pellegrinaggio terreno.
nome San Pietro Chanel- titolo Sacerdote e martire- nome di battesimo Pierre Louis Marie Chanel- nascita 12 luglio 1803, La Potière, Francia- morte 28 aprile 1841, Isola Futuna, Oceania- ricorrenza 28 aprile- Beatificazione 16 novembre 1889- Canonizzazione 12 giugno 1954 da papa Pio XII- Patrono di Oceania- Pietro Luigi Maria Chanel nacque nel 1803 nel casale di La Potière nella Francia orientale, circa ottanta chilometri a nord est di Lione. Era il quinto di otto figli e lavorava nei campi del padre. Vi sono testimonianze del fatto che i campi fossero situati su un terreno della Chiesa confiscato ai tempi della Rivoluzione e Pietro, sentendosi colpevole di ciò, volle fare ammenda del male causato da suo padre nel comprarlo, dedicando la sua vita al servizio della Chiesa stessa. Il parroco del luogo, Trompier, rimase colpito dalla sua intelligenza e devozione e lo prese come scolaro nella piccola scuola che aveva fondato a Cras, per ragazzi che manifestavano una possibile vocazione sacerdotale. Da lì Pietro passò al seminario minore di Belley, dove rimase molto impressionato dal fervore missionario del rettore, e quindi al seminario maggiore, dove nel 1827 fu ordinato sacerdote. Trascorso un anno come curato di Ambèricu fu nominato parroco di Crozet, a circa sedici chilometri da Ginevra, una parrocchia che era abbandonata da alcuni anni. Vi rimase tre anrt portando una certa trasformazione nella popolazione, persuadendoli delle sue buone intenzioni e della sua dedizione soprattutto grazie alla rispettosa cura degli ammalati. Per un certo per odo aveva pensato di diventare missionario all'estero, ma la necessità di sacerdoti in patria era tale che il suo vescovo non poté lasciarlo andare. Nel 1831, a ogni modo, gli fu permesso di entrare nella Società di Maria, o dei macisti, una congregazione di sacerdoti che si dedicavano alla missione fondata a Lione e Belley. Le sue speranze di lavorare all'estero svanirono quando fu nominato insegnante nel seminario minore di Belley. Rimase là cinque anni divenendone vicerettore. Accompagnò il fondatore della congregazione a Roma nel 1833 per provare a ottenere l'approvazione della regola, cosa che avvenne alla fine nel 1836, quando alla congregazione fu affidata la vasta arca dell'Oceania occidentale come terra di missione principale. Infine a Pietro fu affidato un incarico missionario, consistente nella predicazione del Vangelo nelle isole dell'oceano Pacifico meridionale. Il compito definito in modo così vago dimostra che i suoi superiori non conoscevano affatto la zona. Un gruppo di otto padri maristi partì da Le Havre nel dicembre del 1836 alla volta di Valparaiso, in Cile, e da lì proseguì per Tonga. Nel novembre del 1837 arrivarono per caso all'isola di Futuna, una delle Iles de Horn francesi, situata tra le Fiji e Samoa occidentale. Il superiore chiese a Pietro se gli sarebbe piaciuto rimanervi a lavorare, Pietro acconsentì e là rimase con un giovane fratello marista, Maria Nicezio Delorme, e un commerciante europeo che si offrì di rimanere con loro come interprete. I missionari furono ricevuti bene, nonostante la popolazione fosse sospettosa nei confronti degli stranieri. Il superiore aveva però preso la malaugurata precauzione di descriverli al re locale come viaggiatori che volevano solo imparare lingua e usi del popolo, e ciò non li aiutò quando in seguito la gente venne a conoscenza delle loro reali intenzioni. Pietro teneva un diario sul quale appuntava i suoi lenti progressi nell'apprendimento della lingua, gli strani costumi della popolazione, i suoi viaggi e le visite agli ammalati. Le pagine sono caratterizzate da una valutazione realistica delle difficoltà che i missionari incontravano e dalla volontà di non forzare i tempi, sebbene ne traspaia anche la frustrazione: «Quanto è doloroso il destino di un povero missionario che non può ancora predicare le verità della salvezza!». Pietro, certamente, considerava coloro che morivano senza avere ricevuto il battesimo come destinati all'inferno e la religione locale come un'opera del demonio, ma dal diario emergono anche la determinazione e la totale fiducia nella Provvidenza divina. Pietro e fratello Maria Nicezio cominciarono gradualmente a predicare il Vangelo e nel 1840 già stavano facendo qualche piccolo progresso, battezzando alcuni bambini morenti e degli anziani. Ma il re, che era stato il loro principale protettore, cominciò a opporsi. Il suo cambiamento fu causato da una serie di fattori, tra i quali la notizia che il cristianesimo stava progredendo nell'isola di Wallis e il timore del re e dei suoi consiglieri di perdere il potere. Indubbiamente essi avevano buone ragioni per temere l'influenza europea: un gruppo di commercianti che vivevano sull'isola maltrattavano le donne di Futuna, interferivano nella politica dell'isola, imbrogliavano e rubavano nel commercio ogniqualvolta possibile. Cannoniere. francesi e inglesi pattugliavano già il Pacifico e proteggevano taci commercianti, assieme ad altri coloni, a spese degli indigeni delle isole. Ebbe così inizio una serie di molestie, dirette principalmente contro l'esiguo numero di catecumeni cui Pietro insegnava, e, quando il figlio del re chiese di essere battezzato, la sua famiglia si sentì oltraggiata e il re ordinò che i missionari fossero uccisi. Pietro era consapevole di queste intenzioni e disse a qualcuno che gliene parlò: «Non importa se sarò ucciso o meno; la religione si è radicata sull'isok e non sarà distrutta dalla mia morte, poiché non viene dagli uomini ma da Dio». Il 28 aprile 1841 una banda attaccò alcuni catecumeni e poi si mosse alla ricerca di Pietro; questi fu bastonato e quindi ucciso con un'accetta. Un racconto del martirio riporta le sue ultime parole: «Sono felice di morire». Nel giro di un anno quasi tutta la popolazione di Futuna accettò il cristianesimo e fu battezzata. Questa conversione si può attribuire all'opera di Pietro e alla morte del re ma, secondo un moderno biografo, va aggiunta anche una causa concomitante: il timore degli isolani di una rappresaglia, soprattutto dopo che una fregata francese comparse al largo dell'isola all'inizio del 1842 per investigare are sulla morte del sacerdote e raccogliere i suoi resti, e l'intenzione di proteggersi. Pietro fu canonizzato nel 1954 e la sua commemorazione, inizialmente celebrata solo locale, fu estesa alla Chiesa universale . È venerato come primo martire dell'Oceania e dei maristi e le sue spoglie sono state riportate a Futuna nel 1977. MARTIROLOGIO ROMANO. San Pietro Chanel, sacerdote della Società di Maria e martire, che nel suo ministero si adoperò nella cura della gente di campagna e nell’istruzione dei bambini; mandato poi insieme ad alcuni compagni ad annunciare il Vangelo nell’Oceania occidentale, approdò all’isola di Futúna, dove la comunità cristiana era ancora del tutto assente. Pur ostacolato da molte difficoltà, mantenendo un contegno di singolare mansuetudine riuscì a convertire alcuni alla fede, tra i quali il figlio del re, che furibondo ne ordinò l’uccisione, facendo di lui il primo martire dell’Oceania.
nome Santa Gianna Beretta Molla- titolo Medico e Madre di famiglia- nome di battesimo Gianna Beretta- nascita 4 ottobre 1922, Magenta- morte 28 aprile 1962, Monza- ricorrenza 28 aprile- Beatificazione 24 aprile 1994 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 16 maggio 2004 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Santuario diocesano della famiglia e centro della spiritualità "Santa Gianna Beretta Molla", Mesero- Patrona di famiglie- Gianna Beretta nacque a Magenta il 4 ottobre 1922 da Alberto Beretta e Maria De Micheli. Già dalla fanciullezza accolse con piena adesione il dono della fede e l'educazione limpidamente cristiana, che ricevette dagli ottimi genitori e che la portarono a considerare la vita come un dono meraviglioso di Dio. La Prima Comunione, all'età di cinque anni e mezzo, segnò in Gianna un momento importante, dando inizio ad un'assidua frequenza all'Eucaristia, che divenne sostegno e luce della sua fanciullezza, adolescenza e giovinezza. In quegli anni non mancarono difficoltà e sofferenze: cambiamento di scuole, salute cagionevole, trasferimenti della famiglia, malattia e morte dei genitori. Tutto questo però non produsse traumi o squilibri in Gianna, data la ricchezza e profondità della sua vita spirituale, anzi ne affinò la sensibilità e ne potenzia la virtù. Negli anni del liceo e dell'università fu giovane dolce, volitiva, e riservata, e mentre si dedicò con diligenza agli studi, traducendo la sua fede in un impegno generoso di apostolato tra le giovani di Azione Cattolica e di carità verso gli anziani e i bisognosi nelle Conferenze di San Vincenzo. Si laureò in Medicina e Chirurgia nel 1949 all'Università di Pavia e aprì nel 1950 un ambulatorio medico a Mesero un comune del Magentino. Si specializzò in Pediatria nell'Università di Milano nel 1952. Mentre compiva la sua opera di medico accresceva il suo impegno generoso nell'Azione Cattolica, prodigandosi per le «giovanissime» e, al tempo stesso, esprimeva con gli sci e l'alpinismo la sua grande gioia di vivere e di godersi l'incanto del creato. Scelta la vocazione al matrimonio, l'abbracciò con tutto l'entusiasmo e s'impegna a donarsi totalmente «per formare una famiglia veramente cristiana». Si fidanzò con l'ing. Pietro Molla e visse il periodo del fidanzamento, nella gioia e nell'amore. Si sposò il 24 settembre 1955 nella basilica di San Martino in Magenta. Nel novembre 1956 divenne mamma di Pierluigi; nel dicembre 1957, di Mariolina; nel luglio 1959, di Laura. Nel settembre 1961, verso il termine del secondo mese di gravidanza, fu raggiunta dalla sofferenza e dal mistero del dolore; insorge un fibroma all'utero. Prima del necessario intervento operatorio, pur sapendo il rischio che avrebbe comportato il continuare la gravidanza, supplica il chirurgo di salvare la vita che porta in grembo e si affidò alla preghiera e alla Provvidenza. Ringraziò il Signore e trascorse i sette mesi che la separano dal parto con impareggiabile forza d'animo e con immutato impegno di madre e di medico. Trepida, temeva che la creatura in seno possa nascere sofferente e chiese a Dio che ciò non avvenga. Alcuni giorni prima del parto, pur confidando sempre nella Provvidenza, era pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete - e lo esigo - il bimbo. Salvate lui». Il mattino del 21 aprile 1962, dà alla luce Gianna Emanuela e il mattino del 28 aprile, nonostante tutti gli sforzi e le cure per salvare entrambe le vite, tra indicibili dolori, dopo aver ripetuto la preghiera «Gesù ti amo, Gesù ti amo», muore santamente. Si spense a 39 anni. I suoi funerali furono una grande manifestazione unanime di commozione profonda, di fede e di preghiera. Fu sepolta nel cimitero di Mesero, mentre rapidamente si diffondeva la fama di santità per la sua vita e per il gesto di amore e di martirio che l'aveva coronata. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 24 aprile 1994, nell'Anno Internazionale della Famiglia e fu ufficialmente proclamata Santa il 16 maggio 2004 sempre dallo stesso Papa.
nome San Vitale di Ravenna- titolo Martire- ricorrenza 28 aprile- Secondo il racconto più diffuso, Vitale era un ufficiale che aveva accompagnato il giudice Paulino da Milano a Ravenna. Scatenata la persecuzione contro i cristiani, accompagnò Ursicino, condannato a morte, dandogli coraggio, che sulla strada per il luogo dell'esecuzione era inorridito alla prospettiva di una morte violenta. Ursicino viene decapitato e fu decorosamente sepolto a Ravenna dallo stesso Vitale. Così lo stesso Vitale venne imprigionato, e dopo avergli fatto subire varie torture per farlo apostatare, il giudice Paulino ordinò che sia gettato in una fossa profonda e che sia ricoperto di pietre e terra; così che anche lui venne martirizzato a Ravenna, e la sua tomba ai margini della città divenne fonte di grazia. Sua moglie, Valeria, volle portare la salma del marito a Milano, ma i cristiani di Ravenna glielo impedirono. Ritornando a Milano lungo la strada una banda di malvagi idolatri la invitò a sacrificarsi con loro al dio Silvano; ma Valeria rifiutò, e per questo venne picchiata brutalmente talmente tanto che arrivata a Milano, morì tre giorni dopo. I giovani figli Gervasio e Protasio venderono tutti i loro beni, dettero i prodotti ai poveri e si dedicarono alle sacre letture e alla preghiera, e dieci anni dopo saranno martirizzati anche essi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna, commemorazione di san Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città. Egli insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
nome San Panfilo di Sulmona- titolo Vescovo- nascita 650 circa, Sulmona- morte 700 circa, Sulmona- ricorrenza 28 aprile- Incarichi ricoperti Vescovo di Sulmona- Patrono di Sulmona- Sulmo mihi patria est: Sulmona è la mia patria. Con queste parole, il grande poeta latino Ovidio tracciò, venti secoli fa, il proprio certificato di nascita. E a Sulmona, le iniziali di quella frase latina formano ancora il motto dello stemma cittadino, scritte sopra una banda trasversale in campo rosso. Il poeta delle Metamorfosi resta senza dubbio il cittadino numero uno di Sulmona, ma nella città dei dolci confetti, un altro può essere avvicinato buon secondo a colui il quale, secondo un detto popolare, « cocchia e scocchia » la gente: cioè unisce le coppie degli innamorati oppure le disfà. Il secondo cittadino di Sulmona è San Panfilo, al quale è dedicata la cattedrale della città e che tutti i giorni saluta i Sulmonesi dalla nicchia sopra il portale della chiesa, dove si erge, dal '300, la sua statua. San Panfilo fu Vescovo di Sulmona nel VII secolo, e pare che anch'egli, come Ovidio, fosse nativo dell'antica città dei Peligni. Il Martirologio Romano lo dice Vescovo di Valva, l'antica Corfinium, dove perse la vita il Martire San Pelino. Sembra però che debba trattarsi di una confusione, perché soltanto nel XIII secolo la diocesi di Valva venne unita a quella, più antica, di Sulmona. Per la stessa ragione, parlando di San Panfilo, il Martirologio ricorda anche il borgo di Pcntina, sorto sulle rovine della distrutta Corfinium, e che pare debba il suo nome alle «case pente», cioè dipinte, forse avanzi di più antiche, sontuose dimore. In realtà fu soprattutto a Sulmona, ai piedi dell'eccelsa Maiella, che si esplicò l'attività del sulmonese Panfilo, vescovo saggio, benefico, sommamente generoso, e che pure, da qualcuno, venne accusato di tendenze ariane. Era un'accusa grave, a quel tempo, e soprattutto per un Vescovo, custode dell'integrità della dottrina. San Panfilo, infatti, si presentò subito a Roma, presso il Papa Sergio, giustificandosi e dimostrando di non aver mai sostenuto e insegnato altre dottrine se non quelle proclamate c difese dalla Chiesa. Tornò a Sulmona, accolto con rinnovato affetto dai suoi fedeli. Riprese le sue pratiche di pietà, le sue opere di misericordia, la sua saggia e ferma guida della diocesi. Quando mori, verso il 700, i Sulmonesi vollero costruire sulle sue spoglie una nuova grande cattedrale. Scelsero un luogo occupato un tempo da un santuario pagano dedicato ad Apollo e a Vesta. Si può dire così che San Panfilo fosse il nuovo Apollo cristiano della città, radioso e benefico, amato e invocato, soprattutto per i miracoli che resero celebre il suo nome e mantennero vivo il suo culto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sulmona in Abruzzo, deposizione di san Panfilo, vescovo di Corfinio.
nome Beato Lucchese di Poggibonsi- titolo Terziario francescano- nascita 1180 circa, Gaggiano- morte 28 aprile 1251, Poggibonsi- ricorrenza 28 aprile- Beatificazione 27 marzo 1697 da papa Innocenzo XII- Santuario principale Convento di San Lucchese- Patrono di Poggibonsi- Lucchese nacque a Gaggiano in Val d'Elsa, vicino a Firenze, all'inizio del XIII secolo, Da giovane era totalmente assorto nella politica e nella sete di denaro, ma a causa dcl sostegno al partito guelfo si rese così impopolare da essere costretto a lasciare la città natale e a stabilirsi nella vicina Poggibonsi, dove cominciò a lavorare come commerciante all'ingrosso e a prestare denaro. Si convertì attorno ai trent'anni, forse a causa della morte dei suoi figli. Cominciò a curare i malati, a visitare i prigionieri e a donare quasi tutto ciò che possedeva, tenendo solo un pezzetto di terra che coltivava con le proprie mani. Poco tempo dopo, S. Francesco (4 ott.) visitò la città e Lucchese e sua moglie Bona ricevettero da lui l'abito e il cordone del Terz'ordine. Secondo una tradizione molto radicata, furono i primi a diventare terziari francescani, ma la data di fondazione del Terz'ordine, il 1221, sembra essere precedente a questi fatti. Lucchese e sua moglie dedicarono il resto della loro vita a opere di penitenza e alla carità, rimanendo talora senza cibo per sé e affidandosi totalmente alla provvidenza divina. Lucchese sviluppò una profonda vita spirituale di preghiera e si diceva che avesse esperienze di estasi e il dono della guarigione. Una delle prime Vitae riporta che Bona, consapevole che a suo marito rimanevano pochi anni di vita, gli chiese di non morire troppo tempo prima di lei, così che, avendo condiviso tutte le sofferenze su questa terra, ella potesse condividere con lui tutte le gioie in cielo; a quanto sembra il desiderio fu esaudito, ed ella morì poco dopo di lui, nel 1260. Lucchese fu seppellito nella chiesa dei Frati Minori a Poggibonsi e vi sono chiare tracce di un culto sviluppatosi immediatamente, venendo poi approvato nel 1694. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Poggibonsi in Toscana, beato Lucchese, che, dapprima avido di lucro e poi convertito vestì l’abito del Terz’Ordine dei Penitenti di San Francesco, vendette i suoi beni e li distribuì ai poveri, servendo in povertà e umiltà Dio e il prossimo secondo lo spirito del Vangelo.
nome Beato Carino Pietro da Balsamo- titolo Domenicano- ricorrenza 28 aprile- Beatificazione 1822- Santuario principale Duomo di Forlì, Santuario di San Martino- Carino nacque a Balsamo nell'hinterland milanese nella prima metà del secolo XIII e la sua celebrità è dovuta al fatto che nel 1252 uccise a Severo, località poco distante da Balsamo, l'inquisitore domenicano S. Pietro Martire da Verona che aveva predicato contro la setta dei Manichei alla quale Carino apparteneva. Carino fu arrestato a Milano ma riuscì a fuggire e andò ramingo in vari luoghi fino a che, pentitosi del suo gesto criminale, si rifugiò nel convento domenicano di Forli dove confessò il suo crimine, implorò il perdono dei confratelli del martire e chiese di poter entrare nell'ordine domenicano. Fu ammesso al noviziato e affidato alla guida spirituale del B. Giacomo Salomoni e in 40 anni di vita religiosa Carino si trasformò da eretico violento in un santo uomo tanto che dopo la sua morte avvenuta il 1 aprile 1293 è stato venerato come beato. Il suo corpo è conservato a Forlì ma il capo è stato donato alla chiesa di Balsamo; la sua memoria si celebra sia il 1 aprile sia il 28 dello stesso mese in occasione della traslazione delle reliquie dalla soppressa chiesa di S. Domenico alla Cattedrale di Foffi. PREGHIERA O Signore fa che per l'intercessione dei tuoi santi, l'umanità ritorni alla pratica della fede cristiana per una nuova evangelizzazione di questo terzo millennio a lode e gloria del tuo nome ed il trionfo della Chiesa. Amen.