@Carlous_Rex
La seconda guerra punica episodio 4: " La battaglia di Cannae"
Fabius ritornò al campo romano dove si trovava Minucius, in Molise. I due decisero di dividere l'esercito in modo che le loro diverse tattiche non si potessero contrastare a vicenda e Fabius ammonì il suo pari che avrebbe avuto più di qualche difficoltà ad affrontare Annibale in uno scontro aperto. Minucius non lo ascoltò e appena seppe che le forze nemiche erano nei pressi di Geronium, una città nel sud dell'attuale Molise, ordinò al suo esercito di mettersi in marcia. Fabius decise di seguirlo da lontano dato che aveva paura del possibile risultato di quella battaglia. Arrivato a una ventina di chilometri dalla città, il neo dittatore romano vide i frombolieri iberici, parte dell'esercito cartaginese, appostati su una collina pronti per a combattere. Minucius ordinò ai suoi uomini di avanzare pressò la collina ma, appena le due legioni romane erano nel bel mezzo della battaglia, la cavalleria numidica sbucò da entrambi i lati: Annibale era riuscito a mettere in atto l'ennesima delle sue trappole. In quella montagna dove si stava svolgendo lo scontro, vi erano delle depressioni nelle quali il grande condottiero aveva nascosto i suoi soldati in modo che quelli romani non li potessero vedere. Adesso Minucius e le sue legioni erano circondate e tremavano dalla paura. Intanto da lontano Fabius e il suo fidato Aemilius stavano osservando la battaglia. Il dittatore era indeciso se aiutare l'altro, ma a convincerlo fu proprio il suo più grande sostenitore. Dunque, credo sia arrivato il momento di raccontare la storia che lega Aemilius e Minucius. Il primo era un patrizio, il secondo un plebeo, ma i due ebbero modo di incontrarsi durante la prima guerra punica: entrambi facevano parte di una legione romana in Sicilia. I due divennero grandi amici nonostante la loro palese diversa classe sociale, ma un giorno la loro amicizia giunse bruscamente al termine. Il generale romano a cui facevano parte ordinò la ritirata ed Aemilius, scappando a bordo del suo cavallo, incrociò lo sguardo di Minucius che stava combattendo insieme alla fanteria. Minucius, impossibilitato a scappare, dovette rimanere a combattere mentre vedeva il suo amico scappare come un codardo. Il plebeo era un uomo che credeva molto nel valore e nell'orgoglio personale e perciò non ne volle più sapere del suo vecchio amico. Ritornando al presente, Aemilius, sia per motivi personali sia per salvare gli uomini di quelle due legioni, riuscì a convincere Fabius ad attaccare. Appena Annibale vide le legioni del dittatore arrivare, pronunciò queste esatte parole: "La nuvola che soleva stare sui gioghi dei monti si è finalmente sciolta in tempestosa pioggia".
(Resti di Geronium, distrutta durante il medioevo)<br /> <br /> Successivamente il condottiero cartaginese ordinò la ritirata e ciò sorprese Maarbale e Silenos, ma Annibale voleva evitare una vittoria pirrica, ossia una vittoria che avrebbe portato grosse perdite e di conseguenza l'indebolimento dell'esercito punico. Quella ritirata fu festeggiata come una vittoria dai legionari romani i quali, però, capirono che Annibale non doveva essere sottovalutato in alcun modo. Minucius, ferito gravemente, si scusò con Fabius dimettendosi dalla carica di dittatore e assegnandogli tutti i suoi poteri. Il dittatore accetto le sue scuse e da quel momento divenne suo padre onorario; inoltre Minucius ed Aemilius dopo decenni ritornarono ad essere amici come ai vecchi tempi. Poco dopo i fatti di Geronium, scadde il mandato semestrale di Fabius e si ritornò al sistema tradizionale che vigeva nella Repubblica. Successivamente venne l'inverno e Annibale si fermo a riposarsi nel Nord della Puglia mentre a Roma si stavano svolgendo le elezioni per eleggere i due nuovi consoli, dalle quali ne uscirono vincitori Aemilius e Gaius Terentius Varro. Varro era riuscito a farsi eleggere sfruttando il malcontento della plebe, stanca di seguire la strategia di logoramento. Aemilius, sostenuto da Fabius e Minucius, voleva continuare sulle scie del temporeggiatore, ma non riuscì a far desistere Varro da scontrarsi con Annibale. L'altro console aveva capito che, se voleva vincere contro Annibale, bisognava possedere un esercito numericamente superiore a quello dell'avversario. Perciò Varro radunò un esercito costituito da ben 86 mila uomini!
( Disegno raffigurante Varro)<br /> <br /> Verso la fine di luglio del 216, Annibale decise di puntare verso Cannae, città situata nella Puglia e piena di viveri fondamentali per mantenere un esercito. Quando il condottiero arrivò presso la città, però, trovo l'accampamento romano già posizionato davanti al fiume Ofanto. L'esercito cartaginese contava poco meno di 50 mila soldati ed era nettamente in inferiorità numerica rispetto a quello romano, perciò Annibale si fermò nei paraggi per pensare ad un piano per sconfiggere i romani. Dopo qualche giorno informò al suo esercito che sapeva come sconfiggere il loro nemico. Dall'altra parte, le legioni romane erano guidate a giorni alterni dai due consoli. Mentre Aemilius cercava di convincerlo ad agire cautamente, Varro non aspettava altro che affrontare il proprio avversario. Quando, una volta che le scaramucce dei cartaginesi diventarono sempre più frequenti, Varro comunicò al suo pari che il giorno dopo, quando toccava a lui guidare le legioni, avrebbe dichiarato battaglia. Era la mattina del 2 agosto del 216 a.C. quando i due eserciti si trovarono uno di fronte all'altro, con il fiume Ofanto alle spalle di quello romano. Una delle più grandi battaglie della storia stava per avere inizio. La tattica decisa dai due consoli era quella di spingere, grazie al decisivo vantaggio numerico, verso il centro e di spezzare in due l'esercito nemico in modo che non potesse accerchiarli grazie al fiume. Annibale, dal canto suo, sapeva già quale sarebbe stato il risultato di quello scontro. Al suo segnale, i frombolieri iniziarono a lanciare i loro colpi, aprendo le danze.
( La battaglia di Cannae)<br /> <br /> La fanteria romana guidata da numerosi generali, tra cui il famigerato Minucius, iniziò ad avanzare contro quella cartaginese. Mentre al centro della battaglia i romani stavano vincendo, non si poteva dire lo stesso per i fianchi. In quello sinistro la cavalleria numidica batteva quella romana guidata dal console Varro, ma sul fianco destro la cavalleria guidata guidata da Aemilius veniva obliterata. Lo stesso console venne ferito ad una gamba ma non si diede per vinto e continuò a combattere. Nel frattempo, la fanteria romana continuava ad avanzare verso il centro mentre quella punica indietreggiava ma, ad un certo punto, si sentì suono della ritirata e i galli, che costituivano la parte centrale della fanteria cartaginese, iniziarono a darsela a gambe levate. I romani, credendo di avere la vittoria in pugno, inseguirono i loro nemici ma proprio in quel momento videro dei fanti spuntare da entrambi i lati: la battaglia era andata proprio come Annibale l'aveva progettata. Il genio aveva posto due piccoli eserciti, uno guidato da suo fratello Magone e l'altro da lui stesso, dietro i galli, sapendo già che i romani avrebbero provato a distruggere il centro della fanteria. Nel momento in cui i figli di Roma abbassarono la guardia, i due piccoli eserciti sbucarono da entrambi i fianchi e corsero verso il fiume per accerchiare i loro nemici, mentre i galli fermarono la loro ritirata. In un battito di ciglia i romani si trovarono circondati da tutti i lati e con le spalle rivolte verso il fiume. Nel frattempo la cavalleria era stata completamente distrutta e i pochi superstiti si divisero in due gruppi. Uno di questi era guidato dal giovane Scipione e dal patrizio Marcus Iunius Silanus i quali si diressero verso l'accampamento romano per convincere i 10 mila soldati a venire come rinforzi per aiutare l'esercito, ma essi, vedendo da lontano quel terribile spettacolo, rifiutarono l'invito. Nel giro di qualche ora la battaglia giunse al termine.
(Dipinto raffigurante la morte del console Aemilius)<br /> <br /> Fu una carneficina: 60 mila romani perirono e 10 mila vennero fatti prigionieri. Anche Aemilius e Minucius trovarono la morte quel giorno. Nel corso di tutta la storia millenaria di Roma, questa fu la più grande sconfitta mai subita da Roma. Dall'altra parte, questa battaglia coronò Annibale come uno dei più grandi generali della storia antica. Maarbale dopo la vittoria propose ad Annibale di marciare direttamente verso Roma, ma il condottiero rispose che questa vittoria serviva per altri scopi e che non era ancora arrivato il momento giusto per attaccare la capitale. Maarbale allora pronunciò queste celebri parole: «Gli dei evidentemente non hanno concesso alla stessa persona tutte le doti: tu sai vincere, Annibale, ma non sai approfittare della vittoria.» Maarbale aveva ragione: infatti la guerra era ancora nella sua fase iniziale, altro sangue doveva essere versato da ambo i lati.