@Vitupero

10/05/2024 alle 13:39

I santi di oggi 10 maggio:

I santi di oggi 10 maggio:

nome Santi Alfio, Filadelfo e Cirino- titolo Martiri- ricorrenza 10 maggio- Attributi Palma del martirio, Corona- Patroni di Lentini (SR), San Fratello (ME), Sant'Alfio (CT), Scifì (frazione di Forza d'Agrò, ME), Trecastagni (CT), Vaste (frazione di Poggiardo, LE)- I fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino nacquero nel III secolo a Vaste in provincia di Lecce da Vitale e Benedetta genitori cristiani. Furono condannati alla pena capitale per essersi rifiutati di adorare le divinità romane con un'offerta di incenso, azione imposta a chi era sospettato di fede cristiana. Era l'anno 251 quando i soldati dell'imperatore Treboniano Gallo irrompono nella casa di Vitale e Benedetta da Locuste con l'ordine di trarre in catene i loro 3 giovani figli, rei di avere elusa la legge con la continua testimonianza di quella fede che avevano assimilato in famiglia. Vennero fatti trasferire a Roma da Nigellione con l'intento di allontanarli del loro precettore Onesimo e avvicinarli ai voleri delle autorita' imperiali. Difficile sottomettere i tre cristiani tantoché furono nuovamente trasferiti a Pozzuoli, ove neanche Diomede riesce a piegarli e successivamente in Sicilia, ove dettava legge Tertullo, giovane patrizio romano che si era guadagnato grande autorità. Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, i 3 fratelli subirono un primo processo a Taormina, poi durante il loro pellegrinaggio, da Trecastagni arrivarono a Lentini dove Tertullo tentò di spezzarne la resistenza affidandoli al suo vicario Alessandro con il compito di sostituirlo nell'opera di persuasione durante la sua assenza. Viveva allora a Lentini Tecla cugina di Alessandro colpita da paralisi alle gambe che chiese al cugino di poter incontrare quei giovani per un ultimo tentativo di implorare, loro tramite, la sua guarigione. La richiesta fu esaudita dato il grande affetto che Alessandro nutriva per Tecla. I 3 fratelli commossi alla vista di della giovane immobilizzata sul letto le promisero assidue preghiere. La stessa notte a Tecla apparve in sogno l'apostolo Andrea che la rassicuro' che sarebbe guarita grazie all'intercessione dei 3 fratelli e così fu. Per ringraziare i 3 giovinetti la giovane si recò da loro di nascosto, assistendoli, confortandoli e portando loro da mangiare e da quel giorno ogni dì. Ma le cure della donna non durarono finchè Tertullo arresosi ormai di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede in Cristo emano' la sua inappellabile sentenza: dopo averli fatto girare ammanettati e frustati per le vie di Lentini, esposti allo scherno della plebe inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la lingua, Filadelfo fu bruciato su una graticola come San Lorenzo, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio del 253. Su ordine di Tertullo i loro corpi furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata "strobilio" per la gran quantita' di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, che ,ormai convertita alla religione di Cristo, estrasse i corpi e diede loro degna sepoltura in una piccola grotta dove fu eretta la chiesa di Sant'Alfio e sulla quale successivamente nel 261 venne eretto un grande tempio ed essi dedicato. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lentini in Sicilia, santi Alfio, Filadelfio e Cirinio, martiri.

nome San Cataldo di Rachau- titolo Vescovo- nascita VII secolo, Rachau, Irlanda- morte 8 marzo 685, Taranto- ricorrenza 10 maggio- Santuario principale Cattedrale di San Cataldo di Taranto- Attributi Pastorale- Patrono di Taranto e arcidiocesi di Taranto, Corato, arcidiocesi di Rossano-Cariati e Cirò Marina (diocesi di Crotone-Santa Severina) e numerose località- San Cataldo è un Santo irlandese ma venerato a Taranto, dove si trova la sua tomba, in una ricchissima e bella cappella del Duomo, detta il «Capellone». Sarebbe approdato sulla piana terra pugliese nella rada che si apre, sul lido adriatico, presso la città di Lecce, e che da allora s'intitola perciò a San Cataldo, ed è oggi celebre località balneare. I Tarantini, orgogliosi sia del loro Cappellone, sia del loro San Cataldo, avrebbero desiderato considerarlo secondo Vescovo della loro città, se a questo desiderio non si fosse opposta una croce d'oro ritrovata nella tomba del Santo il 10 maggio dell'anno 1071, durante la ricostruzione della chiesa distrutta dai Saraceni. Si tratta di una di quelle croci, dette benedizionali, che venivano infisse a un bastoncino e impugnate anticamente dai Vescovi con la sinistra, mentre con la mano destra benedicevano i fedeli. Sulla croce ritrovata nella tomba di Taranto era scritto: Cataldus Rachau, cioè Cataldo Vescovo di Rachau. Da un attento esame dell'incisione, gli studiosi hanno potuto stabilire che la scritta risale al VII secolo. È stato così possibile ricostruire la personalità di questo Santo, nato al principio del VII secolo in Irlanda. Allievo e poi maestro nel celebre monastero di Lismore, fondato da San Cartago, egli sarebbe poi giunto all'episcopato in modo insolito, cioè con la morte del Duca dei Desii, il quale lo aveva accusato di stregoneria, a causa dei suoi miracoli. Dopo aver retto santamente il vescovado, Cataldo si sarebbe imbarcato, verso il 666, per un viaggio in Terrasanta. Sul Santo Sepolcro gli appare Gesù che gli chiede di andare a Taranto e di rievangelizzare la città diventata ormai di nuovo pagana: “Cataldo, recati a Taranto, ove la fede predicata dal mio primo apostolo, Pietro, sta ora in pericolo di perdersi del tutto. Ti costituisco perciò Pastore di quei popoli che si trovano senza guida. Alle tue cure raccomando la chiesa tarantina: Vade Tarentum! Approdato sulla costa salentina, si sarebbe recato quindi a Taranto, dove i cittadini lo vollero porre sulla cattedra vescovile vacante. Morto l'8 marzo 685, venne sepolto sotto l'impiantito della cattedrale dove il suo corpo fu rinvenuto e chiaramente identificato nel 1071 quando l’arcivescovo di Taranto, Drogone, ordinò che la chiesa demolita dai Saraceni durante la presa della città doveva essere ricostruita e mentre gli operai scavavano urtarono contro un sarcofago di marmo che subito emanò un dolce profumo. Viene ritrovato al suo interno un corpo, perfettamente conservato ed una croce pettorale su cui è inciso il nome “Cataldus”. Della sua santità fecero fede innumerevoli miracoli, che diffusero prima in Puglia, poi in tutta Italia, la devozione per il Vescovo irlandese, al cui nome s'intitolarono cappelle e chiese, località e paesi, dalla costa del mare al crinale dei monti. Insieme alla sua fama, al suo culto e al suo nome, si diffusero anche i proverbi sul suo conto. Uno di questi, legato alla sua festa celebrata in maggio, dice: «Quando è il giorno di San Cataldo, passa il freddo e viene il caldo». Non comune, ma diffuso un po' dappertutto in Italia, il nome di Cataldo è frequente particolarmente in Puglia, e soprattutto nella città di Taranto, di cui è Patrono, da tempi remoti, l'unico Santo di nome Cataldo. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Taranto san Cataldo Vescovo, illustre per miracoli.

nome San Giobbe- titolo Uomo di mirabile pazienza in terra di Hus- ricorrenza 10 maggio- Patrono di tessitori lombardi, degli allevatori di bachi da seta, dei lebbrosi. Viene invocato per guarire dalle ulcere- San Giobbe è una figura biblica e cristiana celebrata per la sua santità e pazienza. Vissuto nella regione tra l'Idumea e l'Arabia settentrionale, era un uomo estremamente ricco e virtuoso, con una vasta famiglia e un grande possesso di beni materiali e schiavi. Tuttavia, la sua vita venne improvvisamente colpita da una serie di tragedie che lo privarono di tutto ciò che possedeva, incluso i suoi figli. Nonostante ciò, Giobbe mantenne la sua fede e rassegnazione, pronunciando le famose parole "Iahweh ha dato e Iahweh ha tolto: il nome di Iahweh sia benedetto". Soffrendo anche di una terribile malattia, Giobbe rimase calmo e paziente, nonostante lo scherno della moglie e l'abbandono degli amici. Questi ultimi cercarono di convincerlo che le sue disgrazie erano il risultato dei suoi peccati, seguendo la tradizionale teologia dell'antico Israele che collegava il dolore al peccato. Tuttavia, Giobbe mantenne la sua innocenza e implorò la pietà di Dio. Un nuovo interlocutore, Eliu, offrì una nuova prospettiva sul problema del dolore, suggerendo che potesse servire anche a prevenire o purificare il peccato. Infine, Dio stesso parlò da una nube, ammonendo Giobbe e gli altri e confermando l'innocenza del protagonista. Alla fine delle sue prove, Giobbe venne ripagato con beni ancora maggiori di quelli che aveva perso e visse una lunga vita, godendo di una famiglia numerosa e di prosperità. La sua vita è stata celebrata nella tradizione cristiana come un esempio di pazienza, fede e rettitudine, e la sua figura è stata venerata in chiese e luoghi di culto in tutto il mondo cristiano. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Giobbe, uomo di mirabile pazienza in terra di Hus.

nome Beata Beatrice I d'Este- titolo Monaca benedettina- nascita 1200 circa, Padova- morte 10 maggio 1226, Gemmola- ricorrenza 10 maggio- Beatificazione 19 novembre 1763 da papa Clemente XIII- Nel casato d'Este ci sono tre donne con il nome di Beatrice che godono fama di santità. La Beatrice ricordata oggi, figlia del marchese Azzo d'Este, rimase orfana a sei anni e fu allevata dalla matrigna e da una zia; dopo la morte del padre rinunciò a indossare abiti eleganti e gioielli che si addicevano al suo rango nobiliare. All'età di quattordici anni abbandonò in segreto la casa ed entrò nel monastero benedettino di Salarola, presso Padova. Qui, nonostante l'opposizione della sua famiglia, rivestì l'abito religioso. Nel 1221 fu mandata a Gemmola, con dieci consorelle, in un antico monastero benedettino, dove morì dopo cinque anni. Nel 1578 il suo corpo incorrotto fu traslato nella chiesa di S. Sofia a Padova e il suo culto venne approvato formalmente nel 1763. MARTIROLOGIO ROMANO. A Padova, beata Beatrice d’Este, vergine, che fondò sui colli Euganei il monastero di Gemmola e, nel breve spazio della sua vita, percorse da monaca un arduo cammino di santità.

nome San Giovanni d'Avila- titolo Sacerdote e Dottore della Chiesa- nascita 6 gennaio 1499, Almodovar del Campo, Spagna- morte 10 maggio 1569, Montilla, Spagna- ricorrenza 10 maggio- Beatificazione 4 aprile 1894 da papa Leone XIII- Canonizzazione 31 maggio 1970 da papa Paolo VI- Giovanni, prete santo, mistico e scrittore, godette grandissima stima nella Spagna del xvi secolo; fu amico di S. Ignazio di Loyola (31 lug.) e consigliere di S. Teresa d'Avila (15 ott.) e di altri santi. Il suo biografo principale fu Luigi di Granada. Dopo molti secoli di relativo oblio, la sua canonizzazione, avvenuta nel 1970, ha portato a un risveglio d'interesse nei suoi confronti. Nacque ad Almodóvar del Campo, nella provincia di Ciudad Real (un centinaio di chilometri a sud di Toledo), da famiglia agiata, di origine giudaica, e fu mandato all'università di Salamanca a studiare diritto. Questo tipo di studi non lo attrasse molto e, tornato a casa, si sottopose a un severo regime di preghiera e penitenza per tre anni. Su suggerimento di un francescano studiò all'Alcali filosofia e teologia sotto la guida di Domenico de Soto, dal 1520 al 1526. Nel frattempo entrambi i suoi genitori morirono. Fu ordinato prete nel 1525 e diede ai poveri la maggior parte della sua eredità. Dotato di un rimarchevole dono per la predicazione, desiderava partire per le missioni in Messico ma l'arcivescovo di Siviglia volle che rimanesse in patria e predicasse in Andalusia. S'impegnò in quest'opera per nove anni con grande successo: gente di ogni età e classe sociale fu condotta subito a conversione e poi accompagnata nel progresso del cammino di fede. Un tal tipo di predicazione era indispensabile in un'area rimasta a lungo sotto il dominio arabo e dove false o incomplete conversioni dal giudaismo o dall'islam non erano per nulla infrequenti nel quadro della vigorosa riconquista operata durante il regno di Ferdinando e Isabella. Giovanni predicò con grande successo dal 1529 al 1538; non mancò una denuncia all'Inquisizione, che lo imprigionò con l'accusa di un insegnamento troppo rigoristico tendente a escludee i ricchi dal Regno dei Cieli: scagionato da ogni accusa (d'altra parte prive di fondamento) fu accolto trionfalmente al suo rilascio. Tornò così a predicare in molte città, tra cui Cordova, Granada e Siviglia. Il suo magistero è completato dal suo epistolario spirituale, che ci è giunto in edizione integrale, e dalla predicazione, a noi arrivata attraverso estratti delle prediche redatti dai suoi ascoltatori. Gli anni dal 1554 al 1569 furono segnati dalla malattia, ma continuò a predicare e a scrivere fino alla fine. Il suo è un esempio raro di un santo della Controriforma spagnola non appartenente ad alcun ordine religioso, benché egli abbia collaborato alla conversione di S. Francesco Borgia (10 ott.) e di S. Giovanni di Dio (8 mar.) e abbia anche desiderato entrare nella Compagnia di Gesù: sebbene dissuaso in questo proposito dal provinciale dei gesuiti di Andalusia, alla sua morte fu sepolto proprio nella chiesa dei gesuiti a Montilla (Cordova). Si possono studiare i vari aspetti del suo insegnamento nel trattato sistematico Audi filia, o nell'epistolario spirituale, o rintracciandolo in estratti delle prediche come il seguente, dedicato a tratteggiare la diversità di un'anima da un'altra: «I corpi degli uomini sono di diversa indole, e c'è grande dissomiglianza nella conformazione delle loro menti, perché Dio ha concesso doni diversi a individui differenti. Non guida tutti sul medesimo sentiero, perciò è impossibile indicare una devozione particolare come la più opportuna. Alcuni non sentono alcuna attrattiva speciale per qualsivoglia forma di devozione ed essi dovrebbero consultare qualcuno [...] così per conoscere se si siano lasciati guidare da una causa d'amore o di timore, di tristezza o di gioia, e come applicare i rimedi più adatti alle loro necessità». Questo estratto sembra uno di quegli insegnamenti senza tempo della Regola Pastorale di Gregorio Magno; Giovanni insiste che l'unica via, vera per tutti, è la via del Cristo stesso: «Cristo ci dice che se noi desideriamo unirci a lui, dobbiamo camminare sulla strada che egli ha percorso. Non è sicuramente cosa retta dire che il Figlio di Dio avrebbe camminato nei sentieri dell'ignominia mentre i figli dell'uomo vanno per le vie dell'onore mondano». Altrove innalza preghiere affinché il suo corrispondente possa vedere «quali tesori nascosti Dio ci elargisce nelle prove dalle quali il mondo pensa solo a fuggire». Allo stesso modo sottolinea come coloro che «immaginano di ottenere la santità per mezzo della loro sapienza e forza si ritroveranno, dopo molte tribolazioni, fatiche e sforzi gravosi, lontani dal possederla, e questo in proporzione alla loro certezza di averla ottenuta con le proprie forze». MARTIROLOGIO ROMANO. A Montilla nell’Andalusia in Spagna, san Giovanni d’Ávila, sacerdote, che percorse tutta la regione predicando Cristo e, sospettato ingiustamente di eresia, fu gettato in carcere, dove scrisse la parte più importante della sua dottrina spirituale.

nome Santa Solangia- titolo Vergine e martire- nascita 863 circa, Villemont, Francia- morte 879 circa, Villemont, Francia- ricorrenza 10 maggio- Solangia è considerata speciale patrona a Villemont, vicino a Bourges, dove nacque e nella regione confinante di Berry. Ci sono molti opuscoli devozionali su di lei che seguono i canovacci comuni dell'agiografia. Stando a questi resoconti era figlia di un povero venditore di vino e fu una pastorella che fece il voto di castità in giovane età. Governava molto bene il gregge paterno; una stella-guida spesso la illuminava quando si avvicinava il tempo della preghiera. Un certo Bernardo, uno dei figli del conte di Poitiers, che aveva sentito parlare della sua bellezza, la raggiunse in groppa a un cavallo mentre si trovava sola con il suo gregge, intenzionato a chiederla in sposa: alla sua resistenza l'uomo reagì tentando di issarla sul cavallo. Nel tentativo di divincolarsi cadde, ferendosi in modo grave e Bernardo la finì con il suo coltello da caccia. La leggenda completa il racconto dicendo che la morta camminò fino al cimitero di Saint-Martin-du-Crot, tenendo la testa mozzata nelle sue mani. In quel luogo fu costruito, nel 1281 circa, un altare in suo onore, mentre un terreno vicino alla sua casa fu denominato «il campo di S. Solangia». I dettagli di questo racconto mancano di credibilità e perciò ispirano una certa diffidenza; è però possibile che esso nasconda la storia vera di una giovane che, come S. Maria Goretti (6 lug.), preferì la morte al disonore. Nel )(ma secolo, a Bourges, le reliquie della santa venivano portate in solenni processioni durante gravi siccità. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Bourges nella regione dell’Aquitania, in Francia, santa Solangia, vergine, che si tramanda abbia affrontato il martirio per conservare la sua castità.

nome Santi Gordiano ed Epimaco- titolo Martiri- ricorrenza 10 maggio- Per i martiri Gordiano ed Epimaco le fonti liturgiche e archeologiche sono abbondanti, mentre quelle biografiche sono scarse. Almeno fin dal v secolo erano venerati alla data del 10 maggio. I loro corpi erano stati sepolti in una cripta sulla via Latina a Roma, e qui fu poi costruita una chiesa. Benché le loro tombe fossero nella stessa chiesa, le loro vicende non sembrano coincidere. La chiesa è dedicata a Epimaco, che fu sepolto per primo, e solo più tardi, accanto a lui, fu posto il più conosciuto Gordiano. La loro morte probabilmente avvenne durante la persecuzione di Decio. Si pensa che Epimaco, di cui parla Eusebio, sia stato martire ad Alessandria e che le sue reliquie siano state traslate a Roma. Di Gordiano è detto in un'iscrizione di papa S. Damaso (iv sec., 11 dic.) che subì il martirio in giovane età. I suoi Acta tardivi aggiungono alcuni dettagli: era ministro (cosa improbabile) dell'imperatore Giuliano l'Apostata; si convertì mentre visitava un prigioniero e ricevette il battesimo con la madre e quelli della sua casa. Gordiano fu ucciso con la spada e il suo corpo (la tradizione così ci tramanda) fu abbandonato ai cani per cinque giorni, venendo poi sepolto nella cripta sulla via Latina. Qualsiasi cosa si possa pensare di questi dettagli rimane fermo che i martirologi, dal vi secolo in poi, sono quasi tutti concordi nel ricordare questi martiri. Alcune delle loro reliquie furono donate da Ildegarda, moglie di Carlo Magno, all'abbazia di Kempten in Baviera. Effetto di questo gesto vanno considerati alcuni dipinti raffiguranti questi due santi collocati nell'altare centrale della chiesa di Dietersheim (vicino a Bingen am Rein). Gordiano è raffigurato in uniforme militare mentre tiene, tra le mani, la palma del martirio e una spada, strumento del suo supplizio. Epimaco regge un libro e (anacronisticamente) un crocifisso, che non paiono avere alcun specifico rapporto con il suo martirio. Queste incertezze riflettono la scarsità di notizie certe su questi due martiri. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma sulla via Latina, san Gordiano, martire, che fu sepolto nella cripta, dove già da tempo si veneravano le reliquie di sant’Epimachio martire.

nome Beato Nicola Albergati- titolo Vescovo e Cardinale di Santa Romana Chiesa- nome di battesimo Niccolò Albergati- nascita 1375 circa, Bologna- Ordinato presbitero giugno 1404- Nominato vescovo 5 gennaio 1417 (confermato il 13 aprile 1418 da papa Martino V)- Consacrato vescovo 4 luglio 1417 dall'arcivescovo Tommaso Perenduli- Creato cardinale 24 maggio 1426 da papa Martino V- morte 10 maggio 1443, Siena- ricorrenza 10 maggio- Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Bologna (1417-1426; 1440-1443), Cardinale presbitero di Santa Croce in Gerusalemme (1426-1443), Amministratore apostolico di Bologna (1426-1440), Camerlengo di Santa Romana Chiesa (1431-1432), Penitenziere Maggiore (1438-1443), Arciprete della Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore (1440-1443)- Beatificazione 25 settembre 1744 da papa Benedetto XIV- Santuario principale San Lorenzo, Firenze- Attributi Bastone pastorale- L'impresa impossibile di un monaco certosino scelto a presiedere un concilio della Chiesa come legato papale ci fornisce un dato fondamentale della vita di Nicolò. Nato a Bologna in una famiglia agiata studiò legge nella famosa università della stessa città e all'età di vent'anni si fece monaco certosino. Entrò nell'ordine più austero e solitario della Chiesa, una famiglia religiosa che, con l'enfasi data alla contemplazione e all'austerità, interrogava nel profondo gli uomini del tardo Medio Evo. Dopo alcuni anni fu eletto priore, compito che svolse in varie certose. Nel 1417, grazie ai suoi sforzi, si raggiunse la riunificazione dell'ordine precedente, diviso in due "obbedienze" da un grande scisma. Nello stesso anno il popolo e il clero bolognese lo acclamarono vescovo della città. Come in altri casi simili (v. S. Ugo di Lincoln, 17 nov.) solo il comando esplicito del suo superiore religioso rese possibile il consenso. Diversamente da alcuni dei suoi pari visse in grande semplicità in una casa piccola e con austerità monastica, facendo visite ai poveri nelle loro abitazioni. Visse in tempi difficili per la Chiesa, non solo a causa della corruzione diffusa ma anche perché essa era stata profondamente divisa dal movimento conciliare, per non parlare del lungo scisma d'Oriente. Nicolò diede però prova di essere un autentico riformatore. Cominciò dal capitolo della cattedrale, poi continuò con varie congregazioni religiose, operando in modo effettivo nel campo dell'educazione e delle opere sociali. Benché Bologna si fosse ribellata allo Stato Pontificio, papa Martino V scelse Nicolò per importanti missioni diplomatiche in Francia, a Milano, a Firenze e a Venezia, e nel 1426 gli diede la berretta cardinalizia. L'aver mediato nelle dispute aperte in diverse corti straniere e città-stato italiane gli valse l'appellativo di "Angelo di pace". Anche papa Eugenio IV lo stimò molto, prima nominandolo suo penitenziere maggiore e poi, incarico ancor più importante, legato pontificio per l'apertura del concilio di Ferrara-Firenze. Questo concilio segnò la riconciliazione con le Chiese orientali, i cui rappresentanti accettarono la dottrina del primato papale, del purgatorio, dell'eucarestia e anche del filioque (l'elemento aggiunto alla formulazione del credo niceno). Inoltre la maggior parte dei partecipanti al concilio scismatico di Basilea l'abbandonarono per unirsi a quello di Firenze. Il pontificato di Eugenio si risolse così in un trionfo del papato sui conciliaristi; l'accordo con i greci fu però respinto in patria dal clero orientale, che non aveva partecipato al concilio: ciò non era però colpa di Nicolò, ma esempio di come i delegati non sempre soddisfino coloro che devono rappresentare. Eugenio consultò ancora Nicolò, visitandolo quando era ammalato e anche in punto di morte: il decesso avvenne a Siena mentre si trovava in visita a un convento di agostiniani, dei quali fu protettore per molti anni. Infrangendo ogni uso precedente, Eugenio partecipò sia al rito delle esequie che alla sepoltura, avvenuta a Bologna. Un'altra qualità — meno famosa — di Nicolò fu quella di scrittore e protettore di scrittori; se fosse vissuto in tempi meno perigliosi tale aspetto sarebbe stato certamente più conosciuto. Nel 1744 venne confermato il suo culto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Siena, transito del beato Nicola Albergati, vescovo di Bologna, che entrò giovane nell’Ordine dei Certosini e, ordinato vescovo, giovò molto alla Chiesa con il suo impegno pastorale e con le sue missioni apostoliche.

nome San Comgall- titolo Abate di Bangor- nascita 516 circa, Contea di Antrim, Irlanda del Nord- morte 601 circa, Bangor, Irlanda del Nord- ricorrenza 10 maggio- Santuario principale Abbazia di Bangor- Patrono di Bangor- Abbiamo molte informazioni su S. Comgall, importante e influente abate irlandese. Fu il fondatore dell'abbazia di Bangor (attualmente nella contea di Down) nel golfo di Belfast, donde partì nel 590 per la Gallia il suo discepolo S. Colombano (23 nov.). Se S. Colombano fu suo discepolo, S. Columba di Tona (9 giu.) fu l'amico, e i biografi di questi due santi ci forniscono la maggior parte delle notizie su S. Comgall. Viene anche ricordato negli Annali dell'Ulster e di Innisfallen. Nacque a Dal Araide (Antrim), fondò Bangor nel 558 circa e morì all'età di oltre ottant'anni. Suo padre, di nome Sethna, era un soldato e aveva sperato che il figlio intraprendesse la carriera militare; invece Comgall studiò prima con un chierico poi nella scuola di un monastero, probabilmente quella di Finian di Moville (10 set.). Provato da tentazioni ripetute di noia, instabilità e nostalgia di casa, rivelò tutto al suo abate, che pregò in modo speciale per lui. Lo stesso Comgall pregò ai piedi di una bella scultura della croce. Da tutto ciò ricavò nuova stabilità nella vita monastica, che portò all'ordinazione presbiterale e alla fondazione di un piccolo monastero sulle sponde del Lough Erne (Inis Cometa). Dovette modificare il suo ascetismo estremo (per esempio pregare stando in piedi nelle fredde acque dei fiumi) perché metteva in pericolo la salute dei suoi discepoli. La fondazione di Bangor, luogo collocato in posizione strategica per la penetrazione missionaria in Scozia e nella Gallia, fu l'iniziativa principale della vita di Comgall. Qui furono elaborati alcuni dei modelli principali dell'apostolato monastico d'oltremare, spesso definito «pellegrinaggio (o esilio volontario) per Cristo». Il numero dei monaci in quella fondazione raggiunse la cifra di trequattromila, ma forse si deve pensare che (come altrove in Irlanda) il numero includa anche i laici che vivevano in prossimità del monastero, oppure che fornisca il computo totale di tutti coloro che vi passarono nel corso di quarant'anni di vita. Qualunque ipotesi si voglia fare, l'importanza di Comgall fu comunque assai rilevante nel movimento. Benché non si sia mai recato sul continente, esercitò la sua influenza sul monastero di San Gallo in Svizzera. Con Columba si recò in Scozia per ottenere l'autorizzazione per una fondazione nell'isola di Tiree (Ebridi Interne) e il permesso perché i suoi monaci potessero predicare nelle parti della Scozia poste sotto il dominio di re Brude di Inverness. Esistono diverse narrazioni riguardo a questi due amici, raccontate per mostrare la capacità profetica di Columba: si cita a tal proposito la previsione di una battaglia tra i parenti dei due uomini santi, profezia che alcuni vedono realizzata nella battaglia di Dun Cethrin nel 629. Una tradizione aneddotica attribuisce l'introduzione del latte nella dieta dei monaci di Bangor a una visita di Finian di Moville, quando costui era assai vecchio. Ci muoviamo in un terreno più sicuro nel citare brani della regola attribuita a Comgall (composta con le regole metriche e pervenutaci in gaelico) e dell'Antifonale di Bangor (scritto in latino), portato prima a Bobbio e poi a Milano, dove si trova attualmente. Dalla regola: «Parte essenziale della regola: ama Cristo, odia la ricchezza, pietà [...] verso il Re del sole e dolcezza verso gli uomini». «Questi sono i tre comandi, non avere niente di più caro: pazienza, umiltà e amore del Signore nel tuo cuore»; in particolare «Benché tu subisca gravi ingiurie, non lamentarti per questo, perché non sono più abbondanti di quelle patite dal Re che le ha inviate». Dall'Antifonale viene una lode per la regola: «Buona è la Regola di Bangor, corretta e divina: severa, santa e risoluta, eccellente, giusta e ammirevole. Felice la famiglia di Bangor, fondata su una fede sicura; onorata con la speranza della salvezza e resa perfetta nell'amore». Lo stesso Antifonale rivela interessanti dettagli della liturgia di Bangor: aveva tre Uffici notturni (Vespro, Mattutino e Lodi) e tre di giorno (Terza, Sesta e Nona); un secolo più tardi vennero aggiunte Prima e Compieta. In esso si trovano inoltre numerosi inni e cantici che si proclamavano nell'Ufficio dei monaci d'Occidente, e anche il più antico inno eucaristico della Chiesa d'Occidente, Sancti venite, che così recita: «Venite voi che siete santi, ricevete il corpo di Cristo, bevete (anche) il santo sangue dal quale siete redenti». Possiamo menzionare altri due elementi che ricordano Comgall: il primo è una piccola campana di bronzo ritrovata nel cimitero di Bangor; insieme al reliquiario a forma di casa, di cui si fa menzione nella sua Vita, ci ricorda l'abilità irlandese nella lavorazione dei metalli. Il secondo ci viene da un detto che spesso gli veniva attribuito: «È morto l'amico del cuore e io sono senza testa, anche tu sei senza testa, perché un uomo senza l'amico del cuore è come un corpo senza testa». Comgall morì dopo una lunga malattia, che qualcuno attribuisce alla sua vita austera. Lasciamo l'ultima parola a Jonas, il biografo di Colombano: «Comgall fu senza dubbio il padre dei monaci irlandesi, ed è famoso per la sua insistenza sullo studio e su una disciplina severa». Nell'822 le sue reliquie conservate a Bangor furono trafugate dai vichinghi. MARTIROLOGIO ROMANO. In Irlanda, san Comgall, abate, che fondò il celebre monastero di Bangor e fu padre sapiente e guida prudente di una grande schiera di monaci.

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5 commenti

@Io1001

8 mesi fa

Dalla foto sembravano tre sante😂

+1 punto

@leggotuttoenonpubblico

8 mesi fa

Filadelfo 🤤

+1 punto