@JemFinch
Non Filosofia di un blasfemo praticante
A volte perso nei miei pensieri più reconditi, nelle situazioni più improbabili, mi capita di riflettere su un qualcosa di non ben definito, e pensando sono arrivato ad una domanda, affatto retorica, perché la semplicità della vita mi appare nei momenti di maggiore difficoltà?
Si potrebbe pensare, è chiaro, è un bene, quasi un sistema difensivo della propria mente, rendere tutto chiaro per liberarsi dall’opprimente pressione del destino quotidiano, eppure si ottiene il risultato opposto, e quindi si arriva ad un’altra domanda, quella più importante, è davvero tutto così semplice ? La vita è volubile come ogni azione svolta in passato?
Se ripenso ad un momento della mia vita, una scelta compiuta in giovane età, a cui si ricollegano una serie di conseguenze, a cui si ricollega il mio presente, mi viene da credere, se non avessi fatto quella determinata scelta, tutto ciò che ho conosciuto finora sarebbe stato in sostanza identico ma diverso solo all’apparenza?
Se alla giovane età di 15 anni mi iscrivo ad un liceo linguistico, e passo la mia adolescenza tra certezze, conoscenze e novità che inevitabilmente mi hanno plasmato e mi hanno reso nel mio attuale presente, la persona di oggi, compio un percorso, ho fatto una scelta, che mi ha cambiato l’esistenza perennemente;
ma se avessi scelto un altro indirizzo, le persone che avrei conosciuto, i momenti vissuti e le esperienze accumulate sarebbero state diverse, chiaramente, ma la mia persona sarebbe sostanzialmente diversa ?
Attualmente posseggo più domande che risposte, come si può evincere da questo testo, ma la concezione fondante è: la nostra vita è tanto volubile, che un battito di ciglia può influire sul proprio futuro, e se una minima scelta può influire sull’esistenza di un essere umano, quanto il tempo è sottoposto alla mera sfera personale ? E soprattutto, si può credere in una molteplice esistenza dell’Io? Potrei mai riuscire ad essere in parte ciò che sono e in parte ciò che sarei potuto essere ? Se la risposta è sì, allora il tempo e la realtà non sono soltanto labili, ma anche intesi erroneamente, la nostra stessa esistenza non avrebbe alcuna connotazione temporale, sarebbe tutto relativo all’infinito, e in fondo non è forse vero che un esempio di questa labilità temporale l’abbiamo nel cosmo? Manca un tassello fondamentale affinché si possa essere certi della divisione spazio temporale dell’universo, ciò che è stato potrebbe essere, ma la nostra razza non è ancora in grado di conoscere il passato attraverso il cosmo, così facciamo delle supposizioni; da cui io suppongo, se la realtà è immutabile, e il tempo inconsistente, ogni azione compiuta in vita, non è mai esistita, non ha alcun ruolo nella propria esistenza, è l’infinità temporale stessa, a plasmare l’uomo.
Se la risposta è no, invece, sì deduce che il tempo è inamovibile, tutto ciò che sappiamo ci è dato in un momento ben preciso, che sarebbe potuto non accadere, le azioni che compiamo avvengono in un momento e rimangono lì fisse nella realtà, ma contemporaneamente dicendo questo, si afferma che le scelte non compiute non siano affatto esistite, questo presuppone che l’uomo non abbia alcuna scelta decisionale sull’esistenza, perché nulla è più di quanto già sia e sia stato, e se delle cose che sarebbero potute accadere in realtà non sono mai esistite, come si fa a dire che le cose che sono esistite, lo sono veramente.
Allora per semplificare la questione, chiudo dicendo, se vivere la vita per attimo è comunque una presa di posizione, e il tempo non ne accerta l’utilità, non c’è differenza tra vivere 100 anni conoscendo tutto, e morire a 20 anni senza sapere nulla.