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04/06/2024 alle 13:54

I santi di oggi 4 giugno:

I santi di oggi 4 giugno:

nome San Quirino di Siscia- titolo Vescovo e martire- nascita III secolo, Sisak, Croazia- morte 4 giugno 309, Szombathely, Ungheria- ricorrenza 4 giugno- Patrono di Correggio e San Quirino- I Romani chiamavano Quirino una loro antica divinità, in seguito identificata con Romolo, mitico fondatore della città dei sette colli. E da Quirino, proprio uno dei sette colli venne detto, e lo è ancora, Quirinale. Quiriti si chiamarono, con una punta di superbia, i Romani di Roma, discendenti diretti di Romolo. Ma il nome proprio di Quirino ebbe diffusione soltanto nei secoli cristiani e di ciò fanno testimonianza i cinque o sei Santi di questo nome esistenti nei calendari. Oggi ne sono ricordati due insieme: un San Quirino Martire di Tivoli in epoca incerta, sul conto dei quale non abbiamo nessuna notizia, e un San Quirino Vescovo, di cui sappiamo qualcosa di più. gli visse in una lontana regione lungo la Sava, nell'odierna Croazia. Venne arrestato agli inizi del IV secolo, processato nella sua città e poi presso un Tribunale superiore, a Sabaria, in Pannonia. Poiché rifiutò di rinnegare la propria fede, venne condannato ad essere gettato in un fiume con una grossa pietra appesa al collo. Il suo cadavere, sottratto alle acque, venne deposto in una tomba sulla quale fu costruita una basilica, che acquistò presto grande celebrità. Quando i barbari devastarono il paese, i cristiani trassero in salvo le reliquie di San Quirino, trasportandolo fino a Roma e deponendole nelle catacombe di San Sebastiano, lungo la via Appia. Perciò, il Santo straniero, ma dal nome tipicamente romano, ritornato in morte alla sua patria ideale, venne adottato anche dai Romani e raffigurato, nelle catacombe, insieme a Martiri celebri come Sebastiano e Policarpo. Da Roma, la fama di San Quirino si diffuse poi in tutta la Chiesa, anche se la sua memoria non conobbe mai una vera e propria popolarità. Né del resto fu larga la diffusione del suo nome, sempre poco frequente e oggi addirittura raro. MARTIROLOGIO ROMANO. A Szombathly in Pannonia, nell’odierna Ungheria, passione di san Quirino, vescovo di Siszeck e martire, che sotto l’imperatore Galerio, per la fede in Cristo fu precipitato nel fiume con una pietra legata al collo.

nome San Francesco Caracciolo- titolo Sacerdote- nome di battesimo Ascanio Caracciolo- nascita 13 ottobre 1563, Santa Maria di Villa, Chieti- morte 4 giugno 1608, Agnone, Isernia- ricorrenza 4 giugno- Beatificazione 10 settembre 1770 da papa Clemente XIV- Canonizzazione 24 maggio 1807 da papa Pio VII- Patrono di Regno delle Due Sicilie, Cuochi italiani, congressi eucaristici e abruzzesi- Come già nell'Antico Testamento, cosi nel Nuovo, Dio non tralascia mai di suscitare, secondo le necessità della Chiesa, uomini eminenti per santità, zelo e dottrina. Uno di questi fu S. Francesco Caracciolo, fondatore dei Chierici Regolari Minori. Nacque il 13 ottobre 1563 a Santa Maria di Villa negli Abruzzi. Il suo nome di battesimo fu Ascanio. I suoi genitori Ferdinando Caracciolo e Isabella Barattucci, che alla nobiltà univano una pari bontà, furono premurosi di inspirare fin dalla culla al piccolo Francesco i sentimenti della religione e procurargli in seguito un'ottima educazione. E Francesco, da parte sua, trafficò bene i talenti concessigli da Dio. Rinnegando costantemente se stesso, aiutato dalla grazia di Dio, seppe vincere i suoi difetti e combattere le sue passioni. Ancor piccolino ebbe sommamente a cuore due cose: l'amore a Gesù. Eucaristico ed a Maria SS. Una grave malattia che lo travagliò lungamente gli fece conoscere quanto Dio voleva da lui: doveva diventare religioso, e padre di religiosi. Decise allora il definitivo abbandono del mondo per consacrarsi totalmente a Dio. Appena guarito si portò a Napoli a compiervi gli studi di teologia e in breve divenne sacerdote. Il primo apostolato lo esercitò nelfa città stessa, disponendo i carcerati condannati a morte a riconciliarsi con Dio. Ma il campo di bene era troppo piccolo per lui. Dio lo chiamava più in alto. Agostino Adorno fattosi sacerdote aveva deciso la fondazione di un nuovo istituto; e per meglio riuscire s'era associato un compagno, e ne invitava per lettera un terzo. Per uno sbaglio la lettera d'invito anzichè al vero destinatario che si chiamava pure Caracciolo, andò a finire al nostro Santo. Questi ricevendola come la voce stessa di Dio, accettò e con tutto l'ardore del suo cuore si diede alla santa impresa. Ritiratisi tutti e tre nel convento dei Camaldolesi in Napoli fecero 40 giorni di ritiro. Scrissero quindi la regola e si portarono a Roma per l'approvazione. Sisto V incoraggiò l'opera ed essi ritiratisi di nuovo a Napoli il 9 aprile 1589, fecero la solenne professione nella quale Ascanio prese il nome di Francesco. La congregazione si estese rapidamente nel Regno di Napoli e nella Spagna sebbene tra mille difficoltà. Intanto mori il P. Adorno e Francesco divenne generale dell'ordine. Molte furono le calunnie dirette contro di lui da parte di gente invidiosa dell'alta sua carica, ma anche queste egli sopportò umilmente per amore di Dio. Sebbene superiore generale, continuava a compiere tutte quelle azioni che compie l'ultimo religioso e ordinariamente la sua conversazione era virtù. Ancor vivo operò molti miracoli. Morì ad Agnone l'anno 1608 alla carica di superiore generale il 24 marzo 1802. PRATICA. Tutti gli istituti religiosi sono come il mare che riceve acque da tutte le parti e le torna a distribuire a tutti i fiumi. Facciamo qualche offerta a beneficio degli istituti religiosi. PREGHIERA. O Signore, che hai decorato il beato Francesco con lo zelo nella preghiera e coll'amore alla penitenza, dà ai tuoi servi di profittare così della sua imitazione che, pregando e riducendo il corpo in soggezione, meritiamo di giungere alla gloria celeste. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Agnone in Molise, san Francesco Caracciolo, sacerdote, che, mosso da mirabile carità verso Dio e il prossimo, fondò la Congregazione dei Chierici regolari Minori.

nome San Petroc- titolo Abate- morte VI secolo, Cornovaglia, Inghilterra- ricorrenza 4 giugno- Santuario principale Chiesa di San Petroc, Bodmin, Cornovaglia- Attributi bastone, lupo, chiesa- Patrono di Cornovaglia- Molte chiese del Devon e in Cornovaglia sono dedicate a S. Petroc, o Pedrog, e il suo culto è antico e ben radicato, benché le fonti scritte della sua vita siano assai tardive e riferiscano accadimenti leggendari più che fornire fatti storici. È da credere che Petroc fosse figlio di un re gallese o di un capo tribù, e William Worcestre, che visitò il suo sepolcro nel XV secolo, ne parla come di un re della Cumbria. Petroc mosse verso sud con alcuni compagni e si stabilì presso il monastero di Lanwethinoc, cosi chiamato dal fondatore Wethinoc, e in seguito conosciuto come Petrocstowe, l'odierno Padstow, quando si diffuse il culto del nostro santo. Altri due luoghi, Little Petheric e Trebetheric, portano questo nome. La Vita medievale, scritta nell'abbazia di Saint-Méen e che sembra aver copiato una più antica proveniente dal priorato di Bodmin, racconta che Petroc e i suoi compagni si formarono in Irlanda studiando per vent'anni: un dato confermato dalla Vita di S. Kevin (3 giu.). Terminato questo periodo s'imbarcarono all'estuario del fiume Camel arrivando a stabilirsi a Lanwethinoc, dove Petroc visse per trent'anni conducendo una vita molto austera, interrotta da un pellegrinaggio a Roma e a Gerusalemme. Nicholas Roscarrock ci dice che quando tornò dal pellegrinaggio disse ai suoi monaci che la tormenta che colpiva la regione sarebbe cessata il giorno dopo ma, poiché il vento e la pioggia non diminuirono, pensò di essere stato presuntuoso nel credere che lo Spirito Santo l'aveva ispirato, e perciò riprese la strada verso Gerusalemme, in segno di penitenza. In questo secondo viaggio raggiunse «l'Oceano orientale», forse il golfo di Aqaba. Una Vita più antica scritta da Giovanni di Tynmouth, che gli Acta Sanctorum classificano come vita suspecta, riferisce che andò in India e là, trovandosi sul lido del mare, vide volteggiare su di lui un globo splendente che lo trasportò su un'isola dove trascorse sette anni. Passato questo periodo di tempo rientrò nel globo che lo riportò in India nel medesimo luogo dove era stato rapito e qui trovò un lupo a custodia del bastone e della pelle di pecora che aveva lasciato sulla spiaggia. Questa storia ha molti paralleli con racconti mitologici classici. Dopo il suo ritorno in Cornovaglia Petroc trascorreva il tempo in preghiera e in opere di carità. Crebbe la fama della sua santità; molte leggende, scaturite dal folclore della Cornovaglia, ci parlano di lui: guarì molti ammalati; salvò la vita di un cervo durante una caccia e convertì il cacciatore e i suoi assistenti; ammansì un mostro locale e ordinò un medicamento per un drago che si era presentato a lui con una scheggia in un occhio. Particolari più convincenti si trovano in una versione della Vita proveniente dall'abbazia di Saint-Méen scritta da un canonico di Bodmin e inclusa in un manoscritto del XIV secolo scoperto a Ghota in Germania nel 1937, conosciuta come la Vita di Ghota. ln essa si descrive come Petroc abbia costruito una cappella e un mulino a Little Petherick, dove aveva stabilito una seconda comunità. Più tardi si ritirò in un luogo remoto sul Bodmin Moor, ma ancora una volta alcuni fratelli si unirono a lui. Quando si rese conto che la sua vita si avvicinava alla fine, si recò a Little Petherick e a Lanwethenoc per un'ultima visita. Si trovava a metà strada quando gli vennero meno le forze e spirò nella casa di un certo Rovel; l'attuale fattoria di Treravel potrebbe essere sorta su quel luogo. La festa di Petroc ricorre in molti calendari antichi delle contee occidentali, come anche nel Salterio di Bosworth e nel Messale di Roberto di Jumièges, essendo anche ricordato nel calendario di Sarum. Sia Exeter che Glastonbury rivendicano le sue reliquie. Alla fine del X secolo i monaci si trasferirono a Bodmin, divenuto il centro del culto del santo, ma le sue reliquie furono trafugate da Martino, un canonico del priorato di Bodmin, che le nascose in un abito e le portò all'abbazia di Saint-Méen in Bretagna. In quei tempi questo era molto spesso il destino delle reliquie, trafugate da un luogo a un altro: chi subiva il furto diceva che era una ruberia, chi le riceveva affermava che era un gesto di pietà. In questo caso il priore di Bodmin fece appello al re Enrico II, che ordinò la restituzione delle ossa a Bodmin. Secondo Roger de Hoveden «il sopracitato priore di Bodmin, ritornando in Inghilterra con gioia, riportò il corpo del beato Petroc in uno scrigno d'avorio». Le reliquie furono prese in custodia a Winchester da Walter di Coutances, custode del sigillo reale, e lo stesso re con tutta la corte si prostrarono davanti a esse. Il reliquiario, di arte arabosiciliana, potrebbe essere stato un dono del conte Walter, e l'annuale "cavalcata" a Bodmin potrebbe essere una commemorazione del ritorno del corpo del santo. Il reliquiario fu visto e molto ammirato da William Worcestre, e tre secoli dopo fu ritrovato vuoto nella stanza che si trova sopra il portico a sud della chiesa di Bodmin, dove fu tenuto nascosto durante il periodo della Riforma. Fu conservato nella chiesa parrocchiale fino al 1970, quando fu trasferito al British Muscum. MARTIROLOGIO ROMANO. In Cornovaglia, san Petroc di Galles, abate.

nome San Metrofane di Bisanzio- titolo Vescovo- nascita III secolo- Nominato vescovo 306- morte 325 circa, Costantinopoli,Turchia- ricorrenza 4 giugno- Si dice sia stata la vita del vescovo Metrofane uno dei motivi più importanti che portarono Costantino a scegliere Bisanzio come nuova capitale dell'impero. I sinassari greci fanno di lui il figlio di Domezio, fratello dell'imperatore Probo. Convertitosi al cristianesimo Domezio si trasferì con la famiglia a Bisanzio, allora una piccola città. Era amico intimo di Tito, vescovo di Eraclea, dal quale fu ordinato presbitero. Alla morte di questi ne divenne il successore, e a sua volta fu sostituito dai figli, prima il più anziano Probo (così chiamato in onore dello zio imperatore), e poi da Metrofane, il più giovane dei suoi figli. Non è chiaro se la cattedra episcopale sia stata spostata da Eraclea a Bisanzio, o invece divisa in due quando si insediarono nella città Costantino e la sua corte, che ne fecero la capitale dell'impero. In quel periodo Metrofane era certamente vescovo della città e ne era considerato il primate. L'età avanzata e la malattia gl'impedirono di partecipare di persona al concilio di Nicea e vi delegò il prete Alessandro, che nominò suo successore. Una storia tramandataci da Fozio dice che Costantino si sia recato al capezzale di Metrofane morente; l'anziano patriarca disse all'imperatore che Alessandro sarebbe stato il suo primo successore, e un giovane lettore di nome Paolo, che lo assisteva, gli sarebbe poi subentrato. Metrofane morì sette giorni dopo la visita imperiale e Atanasio (2 mag.), presente come giovane diacono, esclamò: «Ecco il nobile campione di Cristo». Allora Alessandro salì alla sede patriarcale, e il giovane lettore, alla sua morte, ne divenne il successore con il nome di Paolo I (7 giu.), e in seguito subì il martirio. Tutta la cristianità orientale venera in Metrofane un grande santo. In suo onore fu costruita una chiesa, subito dopo la morte di Costantino, restaurata nel VI secolo da Giustiniano. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Metrófane, vescovo di Bisanzio, che consacrò al Signore la Nuova Roma.

nome Sant'Ottato di Milevi- titolo Vescovo- nascita 354 circa, Mila, Algeria- morte 387 circa, Milevi, Africa- ricorrenza 4 giugno- Benché poco conosciuto in Europa, Ottato fu uno dei più eminenti apologisti cristiani della Chiesa del Nord Africa del IV secolo, e negli ultimi tempi i suoi scritti sono oggetto di grande interesse tra gli studiosi poiché trattano di problemi fondamentali in relazione al dibattito sulla natura della Chiesa. S. Agostino d'Ippona (28 ago.), nato nel 354, scrisse di lui mettendolo sullo stesso piano di S. Cipriano (16 set.) e S. Ilario di Poitiers (13 gen.), mentre meno di un secolo dopo S. Fulgenzio di Ruspe (1 gen.) lo considerò un santo con un'influenza sulla Chiesa paragonabile a quella di S. Ambrogio di Milano (7 dic.) o a quella dello stesso S. Agostino. Ottato, vescovo di Milevi (attuale Mila in Algeria) in Numidia, era, in Nord Africa, una delle guide del movimento che si opponeva ai donatisti, un gruppo scismatico che aveva portato la divisione in quella regione. I donatisti contestavano la validità dei sacramenti conferiti dai lapsi (coloro che durante la persecuzione avevano abiurato la fede, rientrati poi nella Chiesa), rivendicando che essi soli erano la vera Chiesa di Cristo. Il movimento separatista sorse dopo una consacrazione, molto controversa, alla sede episcopale di Cartagine nel 311, quando Donato fu il candidato sconfitto, e altri lo seguirono nel dar vita a un'altra chiesa. Uno dei loro vescovi, Parmeniano, pubblicò un trattato, andato perduto, in cui spiegava le loro tesi. Ci rimane però la replica di Ottato, scritta con stile vigoroso e appassionato, in cui cercava di convincere a non condannare i suoi oppositori. Ottato operava una distinzione tra eresia e scisma: gli eretici sono «disertori o falsificatori del credo», e perciò sono invalidi sia i loro sacramenti che gli ordini; gli scismatici invece sono cristiani separati, facenti ancora parte della Chiesa universale. I donatisti negavano che il fatto caratterizzante la Chiesa fosse la sua universalità, o cattolicità, e Ottato replicava chiedendo loro come potessero rivendicare di essere la vera Chiesa, quando rappresentavano solo un angolo del Nord Africa e una piccolissima colonia romana. La Chiesa universale, insiste Ottato, deve fedeltà al papato: «Pietro si sedette per primo su questa cattedra, dopo di lui Lino», segue poi la lista (con errori che si spiegano con la lontananza geografica) dei successori nella sede episcopale romana fino a Siricio «che oggi è nostro collega». Ottato così continua: «Fu Gesù Cristo che disse a Pietro: "A te darò le chiavi del regno dei cieli e le porte degli inferi non prevarranno contro di esso" [cfr. Mt 16, 18-19], e con quale diritto rivendichi le chiavi tu che presumi di lottare contro la cattedra di Pietro? Non puoi negare che la sede episcopale fu data fin dall'inizio a Pietro nella città di Roma, ed egli la occupò per primo in quanto capo degli apostoli [...] Nessuno degli altri undici apostoli ha mai rivendicato una sede primaziale rivale, solo gli scismatici hanno osato fare ciò». In opposizione all'insegnamento dei donatisti, che basavano le loro rivendicazioni sulla santità di Donato in contrasto con la debolezza mostrata dal suo avversario, Ottato enunciava la dottrina che i sacramenti sono santi di per sé e la loro efficacia non dipende dal comportamento di chi li amministra. Inoltre scrisse trattati sul peccato originale, e descrisse in modo particolareggiato le liturgie che si svolgevano nella Chiesa del Nord Africa: la liturgia eucaristica, quella del battesimo, le penitenze fatte dai cristiani e la loro venerazione per le reliquie. Ancora vivo nel 384, Ottato probabilmente morì tre anni dopo. Non sappiamo nulla della sua biografia personale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mila in Numidia, nell’odierna Algeria, commemorazione di sant’Ottato, vescovo, che con i suoi scritti contro l’eresia donatista sostenne l’universalità della Chiesa e il profondo bisogno di unità dei cristiani.

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