@Carlous_Rex

28/02/2024 alle 22:13

La seconda guerra punica episodio 10: " La più grande rivalità della storia"

La seconda guerra punica episodio 10: " La più grande rivalità della storia"

Annibale lasciò l'Italia nell'autunno del 203 e giunse nel 202 a Leptis Minor, città situata nell'attuale Tripolitania. Il suo ritorno in Patria riaccese una piccola fiamma negli animi cartaginesi, ma il grande condottiero fu subito accolto da una triste notizia: la morte di Magone. Per Annibale era un grande rimpianto aver perso il suo fratello più giovane proprio adesso che era diventato un abile generale. Prima Maarbale, poi Asdrubale, Giscone e Magone: il genio cartaginese aveva perso tutti i suoi uomini più valorosi nel corso di questa lunga guerra. Solo Silenos, ormai vecchio, era rimasto al suo fianco. Annibale sapeva che le sue chance di vittoria era molto basse, perciò prima di marciare verso l'esercito di Scipione arruolò gli ultimi cavalieri numidici rimasti fedeli a Siface e chiese a Massinissa, adesso re della Numidia unificata, di schierarsi al suo fianco per vendicare la morte ingloriosa della sua amata Sofonisba. Il sovrano rifiutò: in quel momento egli non voleva avere niente a che fare con la guerra tra Roma e Cartagine ed era ancora scosso emotivamente dalla perdita di sua moglie. Annibale, incassato il rifiuto del re numidico, avanzò verso Ovest per venire incontro all'esercito di Scipione: i due si incontrarono presso la celebre città di Zama. Il condottiero cartaginese cercò di prendere tempo imbastendo un tavolo per le trattative di pace; nel frattempo preparava una tattica per sconfiggere il genio del suo nemico. Mentre le trattative erano in una fase di stallo, nel campo romano giunse Massinissa insieme ai suoi cavalieri. Il sovrano africano giurò a Scipione la sua fedeltà per non rompere l'alleanza che i due avevano stipulato ai tempi della guerra tra le due Numidie. Allo stesso tempo Massinissa esortava Scipione a concludere in fretta la guerra per evitare ulteriore morti di innocenti. Annibale adesso aveva contro di se l'esercito romano guidato da Scipione insieme alla cavalleria numidica guidata da Massinissa: non c'era più tempo da perdere, perciò il cartaginese inviò al generale romano una lettera affinché i due potessero avere un incontro privato.

( Rovine di Zama)<br /> <br /> Scipione accolse la lettera ma chiese ad Annibale di parlare all'aperto. Egli accettò e i due, soli con i loro interpretatori, si incontrarono per la prima volta faccia a faccia. A rompere il ghiaccio fu Annibale il quale dichiarò che Roma e Cartagine erano due imperi nobili, destinati fin dalla loro nascita a comandare, ma la loro fame le portò a guerre sanguinose che distrussero le loro terre. Annibale era disposto a combattere, ma prima invitò Scipione a fare un ragionamento insieme a lui: per un uomo è saggio scegliere il male minore davanti ad un pericolo e secondo Annibale il generale romano adesso si sarebbe trovato dinanzi ad una sconfitta se avesse scelto di fare la guerra. D'altronde non era rischioso cancellare tutti i suoi onori per una battaglia priva di un reale significato strategico? Dopo questi giri di parole, il condottiero cartaginese propose un patto al suo omologo romano: i romani avrebbero potuto consolidare i loro domini in Sicilia, Sardegna e in Iberia mentre i cartaginesi si sarebbero impegnati a non attaccare Roma e i loro domini. In quel momento Scipione prese il controllo del discorso, spiegando come fu Cartagine ad occupare per prima la Sicilia e la Spagna mentre i romani si erano mossi sempre difensivamente: secondo lui gli dei ne erano a conoscenza e per questo motivo diedero la vittoria ai romani innumerevoli volte. Inoltre Scipione rifiutò la proposta di Annibale non solo perché quei territori erano ormai stati consolidati per Roma, ma perché, come il generale romano fece ricordare a quello cartaginese, la guerra era scoppiata a causa dei cartaginesi che avevano violato il trattato di pace che i due popoli avevano scritto dopo la fine della prima guerra punica. Scipione concluse il suo discorso dicendo: " I cartaginesi si devono sottomettere ai romani in maniera incondizionata oppure ci dovete conquistare sul campo". Con queste ultime parole Annibale capii che non c'erano più luogo per trattare e decise di tornare alla propria tenda per prepararsi l'indomani alla battaglia. I due generali si salutarono con grande rispetto: se fate attenzione alle parole che Scipione disse in quel celebre discorso, egli accusava i cartaginesi di essere dei vili traditori ma dalle sua labbra non uscì nemmeno un insulto verso Annibale. Infatti se il condottiero romano era diventato ciò che era allora era solo grazie alle tattiche del figlio di Amilcare, il quale funse da maestro al giovane romano. Ma Annibale aveva una piccola sorpresa per il suo "allievo".

( Tela raffigurante il discorso tra Scipione e Annibale)<br /> <br /> 19 Ottobre del 202 a.C. , Zama. I due eserciti erano disposti uno di fronte all'altro. Quello romano poteva contare 29 mila fanti e 6 cavalieri, guidati da Massinissa e Laelius. Quello cartaginese contava 36 mila fanti, quasi tutti mercenari, 4 mila cavalieri e 80 elefanti da guerra. Il morale dei soldati era alzato dalle lodi di Scipione e Annibale, ma fu quest'ultimo a dare inizio alla battaglia. Ordinò ai soldati in cima agli elefanti di avanzare verso le fila del nemico. Tutti i presenti si chiedevano qual era il vero scopo di Annibale, dato che basare la sua tattica sugli elefanti non era una buona mossa dato che in passato questi erano risultati come uno svantaggio per i cartaginesi: infatti i romani avevano imparato a come far imbestialire gli elefanti in modo da creare scompiglio nelle fila nemiche. La mente di Annibale non poteva essere letta dai comuni generali, ma solo da uno: Scipione. Appena gli elefanti si avvicinarono alle fila nemiche, quest'ultime si divisero in colonne lasciando uno spazio vuoto tra di esse: qui gli elefanti passarono e i romani li uccisero da dietro le loro spalle. Ma come aveva fatto Scipione a prevedere il piano di Annibale? Il giorno prima, subito dopo il discorso con l'omologo cartaginese, il generale romano appena tornato al suo campo ricevette delle notizie da delle sue spie: i cartaginesi avevano con loro 80 elefanti. Scipione si domandava il vero motivo per il quale il suo nemico ne aveva radunati così tanti, dato che in passato avevano creato grossi problemi poiché si imbizzarrivano, come spiegato prima. Fu in quel momento che il condottiero romano capii che Annibale li aveva presi proprio per questo! Infatti se il cartaginese avesse deciso di far avanzare solo gli elefanti, le fila che sarebbero cadute nel disordine non sarebbero state quelle puniche, bensì quelle romane! Per questo Scipione radunò l'intero esercito, Massinissa e Laelius inclusi, e gli spiegò la tattica che avrebbero dovuto usare una volta che gli elefanti li sarebbero venuti incontro. Annibale non ci poteva credere: la sua tattica era andata in fumo, anche se non del tutto. Infatti la seconda parte del suo piano prevedeva che la sua cavalleria, mentre gli elefanti facevano il loro lavoro, avrebbe dovuto fare da esca a quella romana, costringendo Massinissa ad inseguire i cavalieri cartaginesi e di fatto allontanandosi dal campo di battaglia. Annibale era riuscito ad attuare solo una parte del suo piano e Scipione era riuscito a prevederne solo l'altra. Adesso era arrivato il momento per la loro fanterie di entrare in azione.

( La tattica di Scipione)<br /> <br /> Annibale ordinò alle sue truppe di avanzare ma la loro carica fu bloccata dalle truppe romane. Scipione nel corso della guerra aveva cecato di sviluppare una nuova arma più adatta per l'esercito romano e ciò portò alla creazione della Gladius. La gladius era una spada corta che era molto vantaggiosa per i romani e il loro schieramento compatto, dato che se attaccati dalle lunghe spade del nemico i soldati dell'Urbe avrebbero potuto usare lo scudo per difendersi e poi attaccare velocemente grazie alla gladius. Mentre la battaglia infuriava, la cavalleria romano-numidica inseguiva quella cartaginese. Ad un certo punto Massinissa e Laelius si resero conto che il vero obiettivo dei loro nemici era allontanarli dal cuore della battaglia, perciò decisero di lasciarli stare e di ritornare alla battaglia. In un veloce capovolgimento di ruoli, adesso era la cavalleria punica ad inseguire quella romano e numidica. Ma l'inseguimento non durò molto: i cartaginesi furono massacrati. Intanto Annibale riuscì a far avanzare le proprie truppe verso il centro dello schieramento romano, ma non si accorse che ciò era stato pianificato da Scipione: proprio in quel momento Massinissa e Laelius tornarono e circondarono le forze cartaginesi. Un annientamento tramite accerchiamento: ciò che Annibale aveva inflitto ai romani a Cannae adesso gli veniva ritorto contro. Nella battaglia di Zama morirono circa 24 mila cartaginesi e ne furono presi prigionieri 10 mila, mentre dal lato romano le perdite furono solo 4 mila. Annibale riuscì a fuggire, ma l'esito della guerra era ormai scritto: Roma aveva vinto. 16 anni dopo che Annibale aveva attraversati le Alpi il sanguinoso conflitto che aveva segnato un'era e portato nell'aldilà molte vite romane, cartaginesi e di tutti i popoli del mar mediterraneo giunse al suo termine. Il trattato di pace fu ancora più umiliante rispetto a quello firmato 40 ani prima: non solo Cartagine doveva pagare un indennità di 10 mila talenti e riconoscere il dominio romano della Sicilia, Sardegna e Iberia, ma alla città Nord africana veniva tolto il diritto di condurre guerra senza il consenso esplicito di Roma. L'Urbe compiva un altro passo, forse il più importante, per diventare " La regina del Mar Mediterraneo".

( Scultura rappresentante Laelius)<br /> <br /> Ma quale fu il destino dei due protagonisti protagonisti della seconda guerra punica? Scipione tornato in patria fu accolto calorosamente dalla folla dei suoi compatrioti e negli successivi rivestì diverse cariche pubbliche. Inoltre gli fu conferito il soprannome "L'Africano" per le sue vittorie. Annibale si diede alla politica e divenne prima senatore e poi capo del governo. Ma come avvenne per suo padre, il cartaginese fu oggetto d'invidia da parte del Senato che temeva una presa di potere dal parte del figlio di Amilcare. Perciò un gruppo di senatori disse ai romani che Annibale stava pianificando un riarmo per ricostruire l'esercito e la flotta cartaginese: l'ormai ex condottiero fu costretto all'auto esilio. Nel 192, durante la guerra romano-siriaca, i romani vennero a conoscenza che Annibale si nascondeva nelle fila dei loro nemici e dunque decisero di chiamare Scipione per stanare la minaccia posta dal cartaginese. Ma il fato volle che i due non si sarebbero incontrati una seconda volta. Dopo la fine della guerra romano siriaca, Scipione tornò a Roma ma ad accoglierlo non vi era una folla che aspettava l'arrivo del loro eroe, ma un gruppo di politici che accusavano il generale romano di corruzione. Scipione decise di auto esiliarsi e se ne andò a Liternum, un paesino in Campania. Qui trascorse i suoi ultimi giorni, prima che la morte lo colse nel 183. Celebri sono le sue parole: "Ingrata patria, non avrai neppure le mie ossa". Annibale, che nel frattempo aveva vagato nei vari regni dell'Asia minore, giunse nel Regno di Bitinia, in Anatolia, nello stesso anno della morte del suo acerrimo rivale. Tutta via i romani vennero a conoscenza della posizione del cartaginese e lo catturarono. Annibale, ormai vecchio, decise di togliersi la vita bevendo del veleno: morire per mano dei romani sarebbe stato un disonore. Annibale e Scipione: due geni militari nati nella stessa era e morti nello stesso anno. Entrambi portarono la loro patria alla gloria, ma alla fine furono pugnalati alle spalle propria da essa. Entrambi ebbero una fine ingloriosa, lontani dalla loro terra natia. Ma il loro ricordo vive ancora oggi, come due stelle che giacciono luminose in un infinito cosmo.<br />

+7 punti
3 commenti

@Namskot

10 mesi fa

Devi leggerti il libro di Scipione di basil hart😁

+1 punto