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24/01/2024 alle 08:49

I santi di oggi 24 gennaio:

I santi di oggi 24 gennaio:

nome San Francesco di Sales- titolo Vescovo e dottore della Chiesa- nascita 1567, Thorens, Savoia- Ordinato presbitero 18 dicembre 1593 dal vescovo Claude de Granier, O.S.B.-Nominato vescovo 15 luglio 1602 da papa Clemente VIII- Consacrato vescovo 8 dicembre 1602 dall'arcivescovo Vespasiano Gribaldi- morte 28 dicembre 1622, Lione, Francia-Incarichi ricoperti Vescovo titolare di Nicopoli (1602) Vescovo coadiutore di Ginevra (1602) Vescovo di Ginevra (1602-1622)- ricorrenza 24 gennaio, 29 gennaio (messa tridentina)- Beatificazione 8 gennaio 1662 da papa Alessandro VII- Canonizzazione 19 aprile 1665 da papa Alessandro VII- Santuario principale Basilica della Visitazione, Annecy (Francia)- Ricorrenza 24 gennaio, 29 gennaio (messa tridentina)- Attributi Sacro Cuore di Gesù, corona di spine

Patrono di stampa cattolica, giornalisti, scrittori, autori, Piemonte, comunità sorda, salesiani, Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote- Francesco nacque l'anno 1567 nel castello di Sales, diocesi di Ginevra, da Francesco, conte di Sales, e da Francesca di Sionas. Fin dai primi anni mostrò spiccata inclinazione al bene, e una grande docilità. Fece i suoi primi studi ad Annecy, e di qui fu mandato a Parigi. Qui studiò retorica, filosofia e teologia presso i PP. Gesuiti. La sua vita era ritirata: frequentava la chiesa e i Sacramenti; fin d'allora fece il voto di castità. Compiuti gli studi a Parigi, fu dal padre mandato a Padova per addottorarsi in legge. Quivi Francesco fu esposto a grandi pericoli, cui scampò felicemente con la sua forte volontà e l'aiuto di Dio in cui sempre confidava. Il padre di Francesco aveva pensato di fare del suo figlio uno dei più stimati gentiluomini della società e gli aveva già ottenuto un posto distinto nel senato di Chambery, mentre gli andava preparando un ricco partito. Francesco invece era chiamato a ben altro, e svelò ogni cosa al suo precettore, incaricandolo di farne consapevole il padre. Molti furono gli ostacoli che i genitori gli opposero, ma vedendolo fermo nel suo proposito acconsentirono alla volontà di Dio. Fatto Sacerdote, il Vescovo di Ginevra lo delegò a combattere l'eresia di Calvino, che infestava tutto il Chiablese. Il nostro Santo ebbe da faticare e soffrire molto per quegli eretici, e corse pericolo più volte di essere assassinato, ma la sua grande dolcezza, unita ad uno zelo instancabile e ad una pietà esemplare, vinse i più ostinati calvinisti tanto da convertirne, dicono, 72 mila. Morto il vescovo di Ginevra Mons. Granier, Francesco fu eletto a succedergli. Nel 1610 fondò l'ordine delle Suore della Visitazione, coadiuvato dalla S. Madre di Chantal. Quando sentì di non aver più le forze d'un tempo e che la sua salute deperiva, chiese un aiuto per il governo della diocesi. Nonostante fosse ammalato, salì per l'ultima volta il pulpito di Lione nella vigilia del S. Natale 1622, ma il giorno dopo dovette mettersi a letto, con segni manifesti di apoplessia progressiva. Chiese subito gli ultimi Sacramenti, indi con fervore serafico ripetè alcuni passi della S. Scrittura, finchè il male gli tolse la parola e la vita, la sera del 28 dicembre. Non contava ancora 56 anni d'età, 20 dei quali passati nell'episcopato. Egli è celebre per la sua incomparabile dolcezza, e per i libri che scrisse, ripieni di unzione divina. PRATICA. Possiede la carità in grado più perfetto chi procura di condurre a Dio più anime che può, essendo lo zelo della salvezza delle anime il sacrificio più accetto che possiamo fare a Dio (S. Agostino).

PREGHIERA. O Signore, che per la salvezza delle anime, hai voluto che il tuo beato confessore e vescovo Francesco si facesse tutto a tutti, concedi, propizio, che noi ripieni della dolcezza della sua carità, diretti dai suoi insegnamenti e sostenuti dai suoi meriti, conseguiamo i gaudii eterni. MARTIROLOGIO ROMANO. San Francésco di Sales, Vescovo di Ginévra, Confessore e Dottore della Chiesa, speciale Patrono presso Dio di tutti gli Scrittori cattolici, che con la pubblicazione di giornali ed altri scritti illustrano, promuovono e difendono la sapienza cristiana; il quale se ne andò in cielo il ventotto Dicembre, ma si venera principalmente in questo giorno per la traslazione del suo corpo.

nome San Babila- titolo Vescovo- nascita 200 circa, Antiochia di Siria- morte 250 circa, Antiochia di Siria- ricorrenza 24 gennaio- Successore di Zebino nella sede di Antiochia intorno al 240, è il più celebre degli antichi vescovi di Antiochia dopo Ignazio (17 ott.), ma sulla sua vita si conosce poco.<br /> S. Giovanni Crisostomo (13 sett.), citando Eusebio, racconta che Babila rifiutò di fare entrare l'imperatore Filippo l'Arabo (244-249) in chiesa il giorno di Pasqua del 244, finché questi non avesse fatto penitenza per l'omicidio del suo predecessore, Gordiano III. Filippo simpatizzava notevolmente per il cristianesimo ma Decio, deciso a restaurare la fama dello stato romano reintroducendone la religione, cominciò ad arrestare e giustiziare i capi delle comunità cristiane. Babila era tra questi: secondo Eusebio morì in prigione mentre aspettava il martirio; secondo Crisostomo fu invece decapitato insieme a tre ragazzi che aveva educato egli stesso alla fede cristiana, e i cui nomi sono, secondo la tradizione, Urbano, Prilidiano e Epolonio. S. Babila è il primo santo di cui si ricordi una traslazione di reliquie. Il suo corpo fu sepolto ad Antiochia, ma qualche anno dopo l'imperatore Trebonio Gallo, anche se tendenzialmente non era aperto verso il cristianesimo, lo fece rimuovere e porre vicino a Dafni, in parte per contrastare l'influenza del santuario locale dedicato ad Apollo. Un secolo più tardi, nel 362, Giuliano l'Apostata ordinò di far riportare le reliquie nel sepolcro originario, cosa che avvenne in solenne processione. Questa non sarebbe comunque stata la destinazione finale delle reliquie, giacché il vescovo Melezio di Antiochia (12 feb.) le fece spostare in una nuova basilica che aveva fatto costruire dall'altra parte dell'Oronte, dove successivamente egli stesso fu sepolto di fianco alle reliquie di Babila. I racconti del Crisostomo, contenuti in due panegirici, non sono attendibili da un punto di vista storico; di Babila abbiamo due Passio, tra loro discordi, tuttavia il suo nome appare nel Breviario Siriaco e la sua fama si diffuse in Occidente. S. Aldelmo (25 maggio) scrisse su di lui un racconto, sia in prosa (nel trattato De Virginibus) che in versi, e ciò favorì la precoce nascita di una sua venerazione in Inghilterra, fatto testimoniato da diversi calendari. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Antiochia di Siria, ora in Turchia, passione di san Bábila, vescovo, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, dopo aver tante volte dato gloria a Dio tra sofferenze e tormenti, ottenne di morire gloriosamente legato a ceppi di ferro, con i quali dispose che il suo corpo fosse anche sepolto. Insieme a lui si tramanda che subirono la passione anche i tre fanciulli, Urbano, Prilidano ed Epolono, che egli aveva istruito nella fede cristiana.

nome Beata Paola Gambara Costa- titolo Terziaria francescana- nome di battesimo Paola Gambara- nascita 3 marzo 1473, Verolanuova, Brescia- morte 24 gennaio 1515, Binasco, Milano- ricorrenza 24 gennaio- Beatificazione 14 agosto 1845 da papa Gregorio XVI- Paola nacque a Brescia, da nobile famiglia. Sposò il Conte di Benasco, Ludovico Costa, senza molta convinzione e costretta dai suoi genitori, poiché voleva essere religiosa. Si lasciò trasportare dalla vita mondana del suo matrimonio, ma iniziò a soffrire molto per l'alcolismo del marito e le sue infedeltà. Ebbe un figlio che chiamarono Giovanni Francesco. Aveva come direttore spirituale il Beato Angelo Carletti di Chivasso che le disse: "prega per la conversione di tuo marito, figlia mia, sostienilo finché si converta...". In questo modo, trovò un senso nella sua vita. Si dedicò agli sfortunati e rimase strettamente legata alla sua casa. Divenne terziaria francescana. Tra gli anni 1493-1503 ci fu una carestia che diede a Paola l'opportunità di esercitare generosità con i tanti indigenti che si presentavano alle sue porte. Il marito, che non comprendeva né approvava il cambiamento avvenuto nella moglie, divenne più arrogante, avido, duro, dissoluto, Paola era prigioniera, e non di rado il conte la maltrattava con colpi, schiaffi e perfino calci. Si rivolse crudelmente verso di lei e la umiliò all'estremo, facendo sì che i domestici stessi non avessero alcun rispetto per la loro padrona. Ludovico, che aveva un'amante, finì per accoglierla a casa sua per più di dieci anni, sotto gli occhi della moglie, dei collaboratori domestici e delle persone intorno a lui. Paola, consigliata dal Beato Angelo, non esplose e non si rassegnò. Sì, reagì, ma non come una nemica o una vittima, ma come una moglie innamorata e preoccupata di salvare suo marito dalle reti di passione che lo imprigionarono e portarono alla perdizione. Nel 1504 l'amante del conte si ammalò gravemente e tutti la abbandonarono. Infine, il sacrificio e il comportamento di Paola portarono frutto: il conte comprese le alte qualità umane e spirituali della moglie, si convertì dalla sua vita dissipata e permise a Paola di indossare all'esterno l'abito francescano e di praticare liberamente le sue opere di pietà e carità. Accadde che il conte si ammalò gravemente e lei si prese cura di lui come sua amorevole moglie e nutrice. Inoltre, nelle sue preghiere lo affidò al Beato Angelo, morto a Cuneo. Ludovico fu guarito e andò in pellegrinaggio per visitare la tomba del Beato, il racconto di questa guarigione fu incluso negli atti di beatificazione di don Angelo. Quando in seguito Paola rimase vedova, si dedicò con totale dedizione all'educazione del figlio e ad aiutare i poveri e gli ammalati. Molte volte il Signore ricompensò la loro carità con prodigi. Morì a Bene Vagienna (Cuneo), dove visse come una donna sposata. Il popolo l'adorò subito, apprezzando in lei soprattutto il suo modo di vivere il matrimonio con quel marito, nella sua patria sussiste il detto: "È stata processata come la beata Paula". Il suo culto immemorabile fu confermato da Papa Gregorio XVI il 14 agosto 1845. MARTIROLOGIO ROMANO. A Binaco vicino a Milano, beata Paola Gambara Costa, vedova, che, ascritta al Terz’Ordine di San Francesco, sopportò con tale pazienza il marito violento da indurlo a conversione ed esercitò sempre in modo egregio la carità verso i poveri.

nome San Feliciano di Foligno- titolo Vescovo e martire- nascita 160 circa, San Giovanni Profiamma, Foligno-Consacrato vescovo- 193 morte 254 circa, Foligno- ricorrenza 24 gennaio- Santuario principale Cattedrale di San Feliciano- Patrono di Foligno- Incarichi ricoperti Vescovo di Foligno dal 193 al 249, fu anche vescovo di Forum Flaminii e di Spoleto- Ci sono due biografie latine che lo descrivono come missionario assiduo, discepolo fidato di papa Eleuterio (175-189), che lo ordinò presbitero, e poi amico di papa Vittorc I (189-198), che lo consacrò vescovo di Foligno in Umbria, dove è venerato come patrono della città e come primo apostolo dell'Umbria. Qui fu vescovo per cinquantasei anni; quando aveva 94 anni fu arrestato da Decio, torturato e flagellato. Venne dato l'ordine di portarlo a Roma perché là fosse martirizzato ma, in conseguenza delle torture, morì a tre miglia soltanto da Foligno. La più lunga delle due Vite latine racconta che la sua consacrazione fu il primo esempio riportato sull'uso del pallio: Concessit ul extrinsecus lineo [laneo] sudario circumdaretur collo ejus ("gli fu concesso di indossare un collare esterno di lana"). Se è veramente stato così, allora il costume anticipa di molto l'usanza degli agnelli associati a S. Agnese (21 gen.). MARTIROLOGIO ROMANO. A Foligno in Umbria, san Feliciano, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa regione.

nome Beato Timoteo Giaccardo- titolo Sacerdote paolino- nome di battesimo Giuseppe Giaccardo- nascita 1896 circa, Narzole, Cuneo-morte 24 gennaio 1948, Roma- ricorrenza 24 gennaio- Beatificazione 22 ottobre 1989 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola- Timoteo Giaccardo nacque a Narzole nel 1896. Al secolo Giuseppe, era figlio di agricoltori, e poté diventare sacerdote grazie all'aiuto di don Giacomo Alberione, che si accingeva a fondare la Famiglia Paolina, il quale lo fece studiare nel seminario di Alba. Nel 1917, con l'autorizzazione del vescovo diocesano, passò dal seminario alla nascente società San Paolo avviata da don Alberione, della quale, dopo l'ordinazione ricevuta nel 1919, fu il primo sacerdote. Nel 1924 gli fu affidato un ramo della Famiglia paolina, quello delle Pie Discepole del Divin Maestro, avviato in quell'anno. Nel 1926 fu inviato a Roma per stabilirvi una sede della società. Dieci anni più tardi tornò ad Alba, sede nativa della società, come superiore e stretto collaboratore dell'Alberione. Di nuovo a Roma dal 1946 come vicario generale della società, due anni dopo vi morì, stroncato da leucemia. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1989. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, beato Timoteo (Giuseppe) Giaccardo, sacerdote, che nella Pia Società di San Paolo formò molti discepoli per annunciare al mondo il Vangelo con un appropriato uso dei mezzi di comunicazione sociale.

nome Beati Vincenzo Lewoniuk e 12 compagni- titolo Martiri di Pratulin- ricorrenza 24 gennaio- I negoziati del 1595, che si conclusero con l'unione di Brest, unirono alla Chiesa romana gli ucraini ortodossi soggetti alla Polonia, che mantennero la liturgia e gli usi propri. Ne nacquero tensioni fra ucraini ortodossi e cattolici (cfr. S. Giosafat, 12 nov.) e le diverse identità si accentuarono con il passare del tempo.<br /> Contrariamente alle promesse fatte dal governo polacco, ai cattolici di rito orientale non vennero riconosciuti i diritti civili e continuò la "polonizzazione" della élite ucraina. La nobiltà e le classi colte adottarono il rito latino insieme con la lingua e l'identità etnica polacche. Paradossalmente, in quanto solo i popolani si riconoscevano cattolici di rito orientale, anche le classi alte finirono per amare sempre più la loro Chiesa: anche se disprezzata e impotente era pur sempre "la loro".<br /> Frattanto gli ortodossi ucraini erano entrati nell'orbita della Chiesa russa, che a sua volta aveva subito trasformazioni drastiche e traumatiche, sotto il rigido controllo degli zar. In seguito alla divisione della Polonia sul finire del XVIII secolo, Caterina la Grande e i suoi successori furono costretti a reprimere il cattolicesimo di rito orientale nei territori di dominio russo. Elemento chiave della politica di "russificazione" fu quello di imporre un'identità russa alle nazioni sottomesse, negando loro il diritto di autodeterminazione. In successivi interventi culminati nel 1839, si ricorse all'esercito per costringere gli ucraini a una conversione di massa all'ortodossia. Mentre molti si assoggettarono pacificamente, numerosi altri opposero resistenza: vennero incarcerati, torturati, uccisi, privati dei figli e pesantemente tassati. E tutto con il pretesto che avrebbero dovuto essere grati per aver recuperato una fedeltà etnica, linguistica e religiosa "autentica". Lo zar Nicola I fece coniare una medaglia celebrativa con l'iscrizione: «Separati dall'odio nel 1595, riuniti dall'amore nel 1839». L'eparchia di Chclm aveva rinunciato alla repressione, perché si trovava entro il "Regno del progresso", la Polonia, appartenente sì alla corona russa, ma con una certa autonomia garantita dal Congresso di Vienna. Questa venne, però, revocata nel 1863, a seguito di una rivolta nazionalista polacca, e nel 1873 lo zar Alessandro II soppresse l'eparchia di Chelm. Come prima mossa Markel Poppel, prete cattolico ucraino russofilo passato all'ortodossia, promosse una campagna per conformare la liturgia nelle parrocchie alla pratica ortodossa. Frattanto cominciò a preparare per le future evenienze un nutrito gruppo di neoconvertiti all'ortodossia. I parrocchiani ucraini cattolici di Pratulin rimasero sconvolti quando il governo spogliò la loro chiesa dalle strutture "latinizzate": vennero rimossi gli organi, confiscati gli oggetti devozionali come i rosari e gli ostensori. Uno degli abitanti meglio informati, Maksym Hawryluk, trentaquattrenne, padre di tre figli, avvertì che questa poteva essere la scintilla che avrebbe fatto divampare l'incendio. Il parroco Giuseppe Kurmanowicz, celebrò la Messa per l'ultima volta a Natale. Poi fuggì in Galizia, la parte dell'Ucraina sotto dominio austriaco. All'arrivo del prete designato dal governo, i parrocchiani gli preclusero l'ingresso in chiesa. Fu chiamato il governatore distrettuale Kutanin perché trattasse con gli oppositori, concedendo loro alcuni giorni per un ripensamento. Il 24 gennaio egli tornò a Pratulin accompagnato da un nuovo prete e da un contingente cosacco agli ordini del colonnello Stein. Luca leojko, agricoltore di ventidue anni, scapolo, allettò tutti i villaggi della parrocchia e centinaia di contadini si raccolsero attorno alla Chiesa cattolica orientale. Gli uomini, vestiti, delle loro tuniche, sbarrarono l'accesso alle porte principali e rifiutarono a Kutanin la chiave della chiesa. Fra i difensori dell'edificio c'era Daniele Karmasz, stimato agricoltore di quarantotto anni, che inalberava un grande crocifisso. Egli spiegò a Kutanin, che, dopo la rimozione dell'organo, essi avevano stabilito di vietare ulteriori interferenze nella loro religione. Kutanin discusse con i contadini, ma a nulla valsero le minacce né le promesse. Onofrio Wasyluk, sebbene solo ventunenne, era un leader nato, ed era stato eletto presidente del comitato del villaggio. Egli confidava che una pacifica dimostrazione da parte di tutto il popolo avrebbe trasmesso il messaggio fino alle autorità. Altri, però, erano giunti a Pratulin con un ben diverso stato d'animo. Ignazio Franczuk, cinquant'anni aveva salutato la moglie Elena e i sette figli come se non avesse dovuto più rivederli. Prima di uscire di casa aveva indossato abiti puliti, intuendo che non sarebbe ritornato. Jan Andrzejuk, ventisei anni, aveva solennemente detto addio alla sposa e ai due figli. Essendo fra i pochi dirigenti del villaggio a saper leggere e scrivere, possedeva qualche indizio di ciò che avrebbe potuto accadere. Quel mattino parecchie persone affermavano: «È dolce morire per la fede!». Il colonnello Stein ordinò ai soldati di innestare le baionette ai fucili. I cosacchi avanzarono nel terreno della chiesa, aprendosi un varco con il calcio delle carabine. I cattolici resistettero all'urto, alcuni gettando sassi. Il colonnello Stein ordinò ai suoi di ritirarsi e riorganizzare i contingenti, spiegare gli stendardi militari, e, al rullo dei tamburi, annunciare l'attacco. Karmasz intimò ai cattolici di deporre sassi e bastoni: «Questo non è un combattimento; è una lotta per la fede e per Cristo». I contadini si inginocchiarono sulla neve; qualcuno intonò un inno a cui tutti si unirono. Il colonnello ordinò ai cosacchi di aprire il fuoco. Vincenzo Lewoniuk, ventisei anni, fu colpito per primo, seguito da Daniele Karmasz. Appena Daniele cadde, la croce fu raccolta dalle sue mani da Francesco, che a sua volta un momento dopo cadde a terra. Luca Bojko cadde al proprio posto sulla porta della chiesa. Un proiettile colpi Aniceto Hyciuk, diciannove anni, venuto per rifornire di viveri i difensori della chiesa. Il suo vicino, Filippo Geryluk, quarantaquattrenne, cullando fra le braccia il proprio piccino morto, tentò di protestare con i cosacchi, ma questi uccisero anche lui. La moglie di Wasyluk, che l'aveva visto cadere con una pallottola nella testa, tentò coraggiosamente di consolare il pianto della madre: Onofrio era innocente c ci si doveva rallegrare perché aveva dato la vita per la fede. Costantino Bojko, un povero contadino di quarantanove anni, e Michele Wawryszuk, di ventuno, caddero sotto le raffiche. Costantino Lukaszuk, quarantacinque anni, giaceva morto nel camposanto, trapassato da una baionetta. I cosacchi caricavano all'impazzata, e il massacro sarebbe continuato se uno di essi non avesse ferito accidentalmente un compagno. Cessato íl fuoco, abbatterono la porta della chiesa con una scure, lasciando all'interno il prete designato dal governo. Frattanto la gente raccolse i feriti, circa centottanta, per portarli al sicuro. Andrzejuk morì appena tornato a casa. llawryluk, agonizzante per una ferita allo stomaco, fu riportato alla propria abitazione durante la notte. Bartolomeo Osypiuk, agricoltore di trent'anni, morì davanti alla moglie e ai due figlioletti, pregando per i suoi persecutori e dicendosi felice di dare la vita per il Signore. Molti dei sopravvissuti vennero incatenati e rinchiusi in carcere. I corpi degli uccisi rimasero tutto il giorno sul terreno del cimitero, prima di essere sepolti in una fossa comune. Sebbene il luogo fosse stato accuratamente livellato, la gente lo individuò. Il massacro di Pratulin è il più documentato fra gli episodi di violenza perpetrati durante la repressione dell'eparchia di Chelm.<br /> Oggi Pratulin si trova in diocesi di Siedlce, regione del Podlachia, Polonia orientale. Vincenzo Lewoniuk e i suoi tredici compagni sono stati beatificati da Giovanni Paolo II a Roma il 6 ottobre 1996. Nel giugno del 1999, celebrando a Siedlce con vescovi latini e orientali di Podlachia, Ucraina e Russia, il papa pronunciò una lunga omelia dicendo fra l'altro: «Oggi veneriamo le reliquie dei martiri del Podlachia e adoriamo la croce di Pratulin, tacita testimone della loro eroica fedeltà. Essi innalzarono questa croce e la scolpirono nel loro cuore in segno di amore al padre e di unità nella Chiesa di Cristo».<br /> I loro nomi sono: beati Daniele Karmasz, Luca Bojko, Bartolomeo Osypiuk, Onofrio Wasiluk, Filippo Kiryluk, Costantino Bojko, Michele Niceforo Hryciuk, Ignazio Franczuk, Giovanni Andrzejuk, Costantino Lubaszuk, Massimo Hawryluk, Michele Wawrzyszuk. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Pratulin nei pressi di Siedlce in Polonia, beati Vincenzo Lewoniuk e dodici compagni, martiri: irremovibili di fronte a minacce e lusinghe, non vollero separarsi dalla Chiesa cattolica e inermi furono uccisi o feriti a morte per essersi rifiutati di consegnare le chiavi della loro parrocchia.

nome Beata Maria Poussepin- titolo Domenicana- nome di battesimo Marie Poussepin-nascita 1653 circa, Dourdan, Francia- morte 1744 circa, Sainville, Francia-ricorrenza 24 gennaio- Beatificazione 20 novembre 1994 da papa Giovanni Paolo II- Maria nacque a Dourdan in Francia in una famiglia che produceva calze di seta, e dopo la morte del padre Maria seppe tenere a galla e introdurre l'uso dei telai al posto dei ferri da maglia. Fu membro attivo della Confraternita della Carità costituita nella sua parrocchia, liberandosi dagli obblighi commerciali, poté dedicarsi più intensamente alle opere caritative. Gli ultimi anni del diciassettesimo secolo non furono facili per queste regioni della Francia, la fame e le epidemie furono abbondanti e il numero dei poveri e dei malati aumentò. Intorno al 1692, P. François Mespolié, un domenicano, visitò Dourdan. Maria Poussepin conobbe così l'ordine domenicano e vi trovò una risposta ai suoi desideri di una vita spirituale più intensa. Capì che era la strada che Dio gli indicava e decise di entrare a far parte del Terz'Ordine di San Domenico. Questo fatto segnerà più tardi la Congregazione. Nel 1696 si stabilì nella cittadina di Sanville, per dedicarsi alla cura dei più svantaggiati, soprattutto bambini e malati. Ben presto venne raggiunto da un piccolo numero di giovani, privi di mezzi di sussistenza, che aiutò insegnando loro a vivere cristianamente e a rendere la loro vita un servizio per gli altri. Nacque così la prima comunità di suore domenicane, dedita al servizio della carità. Presero come esempio la Vergine Maria nella sua Presentazione. Fondatrice della Congregazione delle Suore Domenicane della Presentazione della Beata Vergine, dedita al servizio della carità. Nel 1696, Maria Poussepin iniziò i passi legali necessari per ottenere l'approvazione ufficiale della Congregazione. Le procedure erano lunghe e laboriose e non si ottenne fino al 1724. La congregazione si diffuse così in altre comunità di diverse diocesi della Francia e furono autorizzate nel 1738 dal Vescovo di Chartres. Fatto che significava il riconoscimento da parte della Chiesa. Nel suo ultimo testamento, Maria Poussepin, raccomandò alle suore un vivo zelo per l'educazione dei giovani, la cura dei poveri ammalati, lo spirito di povertà e l'amore per il lavoro. Nel profondo della sua fede, Maria Poussepin comprese che si avvicinava alla pienezza, 90 anni dopo aver iniziato la sua vita, spogliata, libera e serena, si arrese alla preghiera e al silenzio. Morì a Sainville (Francia). È stata beatificata dal SS Giovanni Paolo II nella basilica vaticana il 20 novembre 1994. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Sainville vicino a Chartres in Francia, beata Maria Poussepin, vergine, che fondò l’Istituto delle Suore Domenicane di Carità della Presentazione della Santa Vergine per offrire sostegno ai pastori d’anime, istruzione alle ragazze e assistenza ai bisognosi e ai malati.

nome Beati Guglielmo Ireland e Giovanni Grove- titolo Martiri- ricorrenza 24 gennaio- Furono entrambi vittime dell'odio scatenato contro i cattolici per l'accusa di partecipazione alla "congiura papista" organizzata da Titus Oates e dai suoi complici. Per diciassette anni, dopo la ripresa del potere da parte degli Stuart sotto Carlo II, considerato ben disposto verso i cattolici, gli inglesi di fede cattolica avevano vissuto in relativa tranquillità. La "congiura" di Titus Oates causò un peggioramento significativo della loro condizione. Guglielmo Ireland (conosciuto anche come Ironmonger), era nato nel Lincolnshire nel 1636, primogenito di Guglielmo Ireland da Crofton Hall nello Yorkshire. Studiò presso il Collegio inglese di Saint-Omer in Francia ed entrò nella Compagnia di Gesù. Fece la professione nel 1673 e passò qualche tempo come confessore delle clarisse di Gravelines e fu poi inviato nella missione inglese nel 1677. A Londra alloggiò in quella che era una casa gesuita clandestina; apparteneva solo nominalmente a Giovanni Grove, che era in realtà il domestico del clero che viveva nell'abitazione. Anche l'ambasciatore spagnolo era alloggiato nella stessa casa, fatto che deve aver fornito una certa verosimiglianza alla teoria di una congiura ispirata dall'esterno per uccidere il re.<br /> Guglielmo e Giovanni furono imprigionati a Newgate, dove furono trattati brutalmente e processati insieme al superiore provinciale gesuita, Tommaso Whitbread, a un altro sacerdote gesuita, Giovanni Fenwick (entrambi ricordati il 20 giu.), e a un fratello laico benedettino, Tommaso Pickering (9 mag.). Tutti furono accusati di aver tramato per assassinare il re Carlo II. La "prova" era costituita da un incontro avvenuto negli appartamenti di Guglielmo lIarcourt — altro gesuita giustiziato (20 giu.) — durante il quale sarebbe stato deciso l'agguato al re in St. James' Park. Dato che non c'erano testimoni contro Whitbread e Fenwick, il loro processo fu posticipato, anche se secondo la legge essi avrebbero dovuto essere assolti. Guglielmo Ireland, in realtà, non era stato a Londra nel periodo compreso tra le due settimane precedenti e le tre successive alla data presunta del complotto, ma non riuscì a produrre testimoni in grado di confermare il suo alibi, mentre una falsa testimone giurò di averlo visto quel giorno in Fetter Lane nel centro di Londra. Ciò fu sufficiente per emettere un giudizio di colpevolezza, tanto per lui quanto per gli altri due imputati. Per quanto re Carlo avesse fatto timidi tentativi per salvare loro la vita, non considerandoli coinvolti nella congiura, non poté tuttavia prevalere sulla volontà del Parlamento. Ireland e Grove furono impiccati, sventrati e squartati il 24 gennaio 1679. A Tommaso Pickering fu concesso un rinvio dell'esecuzione, ma il 9 maggio seguì gli altri sul patibolo. Furono tutti beatificati, insieme ad altre persone giustiziate per la presunta partecipazione alla congiura di Oates, da papa Pio XI nel 1929. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beati martiri Guglielmo Ireland, sacerdote della Compagnia di Gesù, e Giovanni Grove, suo domestico, che, sotto il re Carlo II, falsamente accusati di tradimento, a Tyburn subirono il martirio per Cristo.

nome Sant'Esuperanzio- titolo Vescovo di Cingoli- nascita V secolo, Africa- morte V secolo, Cingoli, Marche-ricorrenza 24 gennaio-Santuario principale Collegiata di Sant'Esuperanzio di Cingoli- Patrono di Cingoli e Montefelcino- Nacque in Africa, e fin dall'infanzia espresse il desiderio di convertirsi al cattolicesimo, finché a dodici anni riuscì a convincere il padre, ariano o manicheo, a dargli il permesso di ricevere il battesimo secondo i riti cattolici. Una volta cresciuto, non si sposò e lasciò la sua famiglia per andare a predicare il Vangelo. Viaggiò gran parte del Nord Africa, conducendo una vita monastica.<br /> Salpò per l'Italia, e durante il viaggio convertì l'equipaggio e con la sua preghiera placò una violenta tempesta. Sbarcò a Numana, vicino ad Ancona, e andò a Roma, dove riprese a predicare ma fu imprigionato. Il Papa lo rese libero, lo consacrò vescovo e lo mandò a governare la diocesi di Cingoli, nel Piceno, divenuta vacante. Fu accolto con acclamazioni e ringraziò l'accoglienza con le sue virtù e il suo zelo pastorale. Dopo quindici anni di fecondo episcopato, accompagnato da numerosi miracoli, sentendosi vicino alla morte, indicò il luogo dove voleva essere sepolto, fuori città, e vi si svolsero solenni funerali. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cingoli nelle Marche, sant’Esuperanzio, vescovo.

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1 commento

@Gnocchetti

un anno fa

Il santo di oggi sono io

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