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I santi di oggi 3 novembre:
nome Santa Silvia- titolo Madre di S. Gregorio Magno- nascita VI Secolo, Roma- morte 3 novembre 592, Italia- ricorrenza 3 novembre- Silvia nacque a Roma intorno al 520 in una famiglia di modeste condizioni, terza di tre figlie tra cui Emiliana e Tarsilla, anch'esse sante. Nel 538 sposò il senatore Gordiano appartenente ad una nobile famiglia romana. La coppia andò ad abitare nella villa degli Anici sul colle Celio al Clivo di Scauro, dove oggi si trova la chiesa di San Gregorio al Celio. Ebbe due figli, il primogenito fu Gregorio, poi eletto al soglio pontificio nel 590. Rimasta vedova intorno al 573, si ritirò in una casa sull'Aventino chiamata Cella Nova, seguendo la regola benedettina e dedicando il resto della sua vita alla preghiera, alla meditazione e all'aiuto dei malati e dei più bisognosi. Il figlio Gregorio continuò invece ad abitare nella villa paterna, che trasformò in monastero e dove eresse una chiesa dedicata a sant'Andrea (l'attuale oratorio di Sant'Andrea al Celio). In questo periodo sua madre si preoccupava di fargli recapitare ogni giorno un pasto caldo, temendo che l'austerità della vita eremitica compromettesse ulteriormente la salute già cagionevole di Gregorio. Silvia morì nel 592; papa Gregorio la fece seppellire nel monastero di Sant'Andrea, nel sepolcro dove già si trovavano le sorelle Tarsilla ed Emiliana, e vi fece dipingere la sua immagine con la croce nella destra e un libro nella sinistra recante la scritta: «Vivit anima mea et laudabit te, et iudicia tua adiuvabunt me» ("Vive la mia anima e ti loderà, e i tuoi giudizi mi aiuteranno"). Qui, nel 1603, il cardinale Cesare Baronio fece erigere l'oratorio di Santa Silvia al Celio e in quello stesso anno ottenne da papa Clemente VIII che il nome di santa Silvia venisse inserito nel Martirologio Romano al 3 novembre. Su sollecitazione invece di papa Giovanni XXIII, il 23 febbraio del 1959, nel quartiere Portuense, venne istituita una parrocchia dedicata alla madre di San Gregorio Magno, la cui chiesa fu aperta al culto nel 1968. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di santa Silvia, madre del papa san Gregorio Magno, che, secondo quanto lo stesso Pontefice riferì nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di penitenza e fu per il prossimo un eccelso esempio.
nome San Martino de Porres- titolo Religioso Domenicano- nome di battesimo Martín de Porres Velázquez- nascita 9 dicembre 1575, Lima, Perù- morte 3 novembre 1639, Lima in Perù- ricorrenza 3 novembre- Beatificazione 29 ottobre 1837 da papa Gregorio XVI- Canonizzazione Basilica Vaticana, 6 maggio 1962 da papa Giovanni XXIII- Patrono di Perù, giustizia sociale (in Perù); barbieri; parrucchieri- Martino fu il primo mulatto a essere riconosciuto dalla Chiesa per la sua eroica virtù cristiana. Nato a Lima in Perù il 9 dicembre 1575, era figlio naturale di don Juan de Porres, un hidalgo spagnolo, e di Anna Velàzquez, una liberta di colore di Panama. Juan fu molto deluso per il fatto che suo figlio avesse ereditato i lineamenti e la carnagione della madre, e quando Martino alla fine fu battezzato (il 9 novembre 1579), fu iscritto nel registro come «figlio di padre sconosciuto».<br /> Rifiutando di riconoscere pubblicamente Martino e sua sorella minore come suoi figli, Juan li costrinse ad appartenere alla categoria di "figli illegittimi", un enorme svantaggio nella società gerarchica di Lima di quei tempi. Comunque, pur affidandoli quasi completamente alle cure della madre, non abbandonò del tutto le sue responsabilità, dato che portò i figli con sé in Ecuador, dove ricevettero una certa istruzione. Inoltre, quando fu nominato governatore di Panama, fece assumere Martino, che aveva a quel tempo dodici anni, come apprendista presso il dottor Marcelo de Ribera a Lima. Dal dottor Ribera, Martino ricevette buone basi di medicina e molte altre nozioni mediche: come fermare le emorragie, curare le ferite e le fratture, prescrivere medicinali; la combinazione di queste conoscenze teoriche e pratiche con quelle ricevute dalla madre, famosa per la sua conoscenza delle erbe mediche, tornò utile. Per molte volte nel corso degli anni si occupò delle malattie che la medicina convenzionale non riusciva a curare.<br /> All'età di sedici anni, Martino de Porres, già membro del Terz'ordine di S. Domenico, fu accolto dai domenicani al convento del S. Rosario di Lima come donado (membro del Terz'ordine, un laico che riceveva cibo e alloggio in convento come compenso per il lavoro svolto, particolarmente servile). Si narra che il padre di Martino, ancora governatore di Panama, l'abbia considerato un affronto alla propria dignità; cercò allora di far accettare il figlio come membro dall'Ordine dei predicatori. La vicenda, infatti, era più complicata di quanto sembri, dato che a quei tempi esisteva una legge che impediva agli «indiani, ai neri e ai loro discendenti» di entrare a far parte di un ordine religioso. Il priore del convento del S. Rosario, Juan de Lorenzana, era pronto a ignorarla nel caso di Martino, accettandolo come fratello laico, ma Martino rifiutò; solo nel 1599, all'età di ventiquattro anni, pronunciò la professione come fratello laico. Le notizie sulla vita di Martino nell'Ordine domenicano sono tratte dalle testimonianze raccolte durante il processo di beatificazione; un membro della congregazione, Fernando de Aragonés, ne diede un'immagine complessiva: «Erano molti i lavori di cui si occupava il servo di Dio, frate Martino de Porres: era cerusico, chirurgo, guardarobiere e infermiere. Ognuno di questi lavori era abbastanza gravoso per un uomo solo, ma Martino vi si dedicava con grande generosità, prontezza e attenzione ai dettagli, senza sentirne il peso. Era sorprendente e mi fece capire che quello che nella sua anima lo legava a Dio era effetto della grazia divina». Altri descrissero esempi più specifici della sua carità e del suo potere straordinario di guarigione; Fernando dell'Aquila, per esempio, racconta che Gerónirno Batista, uno dei sacerdoti della congregazione, era affetto da gravi ulcere a una gamba, incurabili dalla medicina ufficiale, perciò l'unica soluzione era l'amputazione. Il chirurgo aveva appena iniziato l'intervento quando Martino entrò chiedendo che cosa stesse succedendo; quando apprese che il frate stava per perdere la gamba, disse al chirurgo di fermarsi e che l'avrebbe curato lui stesso: in pochi giorni il paziente guarì completamente. Martino non svolse la sua attività solo all'interno della congregazione, ma estese le sue attenzioni agli ammalati della città e si occupò della costruzione di un orfanotrofio e di un ricovero per trovatelli, con annesse molte altre fondazioni. Gli fu dato il compito di distribuire ai pove.ri, ogni giorno, il cibo del convento (che si dice moltiplicasse miracolosamente in caso di bisogno) e si prese personalmente cura degli schiavi deportati in Perù dall'Africa. La sua ambizione più grande era di essere mandato in qualche missione all'estero, per la gloria del martirio, ma dal momento che non era possibile, decise di infliggersi rigorose penitenze (si parlò molto durante il processo di beatificazione non solo delle penitenze, ma anche delle straordinarie doti soprannaturali, inclusa la capacità di passare attraverso le porte chiuse). Il suo amore per le creature di Dio si estendeva agli animali (divenne noto come il S. Francesco delle Americhe): giustificava addirittura le devastazioni compiute dai topi affermando che i piccoli esseri non erano adeguatamente nutriti; giunse inoltre a creare a casa della sorella un ricovero per cani e gatti.<br /> Secondo il suo pupillo, Juan Vasquez Parra, Martino fu molto pratico nelle opere di carità: con i soldi e i beni che raccoglieva scrupolosamente e metodicamente, provvide alla dote di sua nipote in tre giorni e allo stesso tempo raccolse altrettanto denaro, e anche di più, per i poveri. Insegnò a seminare la camomilla nelle orme lasciate dagli animali sul terreno ben concimato, mise un servo di colore in lavanderia, si occupò di chiunque avesse bisogno, fossero coperte o candele, camicie o dolci, miracoli o preghiere. La sensibilità di Martino è rivelata in due episodi; nel primo si narra che un avvocato, don Balthasar Carrasco, desiderava essere suo figlio adottivo e chiamarlo padre, al che Martino obiettò: «Perché vuoi un mulatto per padre? Non starebbe bene». «Perché no?», replicò don Balthasar, «direbbero piuttosto che hai un figlio spagnolo». In un'altra occasione, quando il suo priorato aveva difficoltà a saldare un debito, Martino offrì se stesso in cambio: «Sono solo un povero mulatto, sono proprietà dell'ordine. Vendetemi». Martino fu amico di S. Rosa di Lima (23 ago.) e anche del B. Giovanni Macías (18 set.), fratello laico dei domenicani di Santa María Maddalena in quella città. Alla sua morte avvenuta il 3 novembre 1639, prelati e nobili, oltre a gente d'ogni estrazione sociale, parteciparono alla processione funebre, acclamandolo come loro santo. Fu beatificato nel 1837, dopo molti ritardi, e canonizzato il 6 maggio 1962. È il patrono della giustizia sociale e dei rapporti interrazziali, data la sua carità di portata universale.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. San Martino de Porres, religioso dell'Ordine dei Predicatori: figlio di uno spagnolo e di una donna nera, fin dalla fanciullezza, sia pure tra le difficoltà derivanti dalla sua condizione di figlio illegittimo e di meticcio, apprese la professione di medico, che in seguito, diventato religioso, esercitò con abnegazione a Lima in Perù tra i poveri e, dedito a digiuni, alla penitenza e alla preghiera, condusse un'esistenza di semplicità e umiltà, irradiata dall'amore.
nome Sant'Uberto di Tongeren-Maastricht- titolo Vescovo- nascita 655 circa, Belgio- morte 30 maggio 727, Tervueren, Belgio- ricorrenza 30 maggio e 3 novembre- Attributi Cervo che reca tra le corna una croce, corno da caccia, falcone, cani da caccia- Patrono di fonditori, cani, cacciatori, guardie forestali, guardie venatorie, fabbricanti di pelli, macellai- Non si sa nulla sulla prima parte della vita di S. Uberto, niente di certo su ciò che Alban Butler definì "il modo straordinario" in cui fu chiamato a servire Dio. Le leggende che lo riguardano raccontano che, da giovane, Liberto era molto appassionato di caccia e che un Venerdì Santo, invece di andare a Messa come tutti gli altri, partì a cavallo per cacciare un cervo. Giunto su una radura nei boschi, il cervo si girò e Uberto rimase attonito nel vedere una croce posta tra le corna e nel sentir parlare l'animale: «Se non torni da Dio, Uberto» disse «andrai all'inferno». Il giovane cadde in ginocchio, chiedendo quale fosse il suo dovere, e gli fu intimato di cercare Lamberto, vescovo di Maastricht, che l'avrebbe guidato. La stessa leggenda ci è stata narrata, naturalmente, a proposito di S. Eustachio (che non sopravvisse alla revisione del Calendario Romano del 1969). Pur non conoscendo le circostanze in cui accadde, si sa che Uberto entrò a servizio di S. Lamberto (17 set.), fu ordinato sacerdote e, quando il vescovo fu assassinato a Liegi nel 705 circa, fu scelto come successore. Alcuni anni dopo, riportò a Liegi le reliquie di Lamberto sepolte a Maastricht, custodendole nella chiesa che fece innalzare sul luogo della sua morte, e che trasformò in cattedrale trasferendo la sede vescovile da Maastricht a Liegi, che diventò una città fiorente. S. Lamberto viene onorato come patrono principale della diocesi e S. Uberto come fondatore della città e primo vescovo. Durante i vent'anni circa in veste di vescovo, Uberto predicò la parola di Cristo instancabilmente per tutta la sua diocesi, in modo particolare nella foresta delle Ardenne, che in quel periodo si estendeva dalla Musa al Reno, dove il Vangelo non aveva mai messo radici. L'autore di un breve memoriale contemporaneo dei santi gli attribuisce il dono del miracolo e si narra che abbia avuto la premonizione della morte un anno prima. Nel maggio 727, si recò nel Brabante per la consacrazione di una chiesa e si ammalò subito dopo la cerimonia a Terveuren, vicino a Bruxelles. Morì in pace sei giorni dopo, il 30 maggio, e le spoglie furono seppellite nella chiesa di Saint-Pierre a Liegi; il 3 novembre 743 vi furono portate le reliquie (fatto che spiega la scelta della data della sua festa). Nel 825, poi, furono trasferite nell'abbazia di Andain (chiamata oggi Saint-Hubert) ai confini con il Lussemburgo. I miracoli attribuitigli, e in particolare la storia del cervo, hanno reso il culto popolare oltre i confini dei Paesi Bassi, e due ordini cavallereschi sono stati fondati sotto il suo patrocinio, uno in Lorena e l'altro in Baviera. Tra le raffigurazioni della sua conversione c'è anche un dipinto tratto dallo studio del Maestro della Vita della Vergine del XV secolo, conservato alla National Gallery di Londra. S. Uberto è il santo patrono dei cacciatori ed è invocato anche contro la rabbia.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Tervueren sempre nel Brabante in Austrasia, transito di sant’Uberto, vescovo di Tongeren e Maastricht, che, discepolo e successore di san Lamberto, si adoperò con tutte le forze per diffondere il Vangelo nel Brabante e nelle Ardenne, dove estirpò i costumi pagani.
nome San Berardo dei Marsi- titolo Cardinale di Santa Romana Chiesa, Vescovo- nome di battesimo Berardo Berardi- nascita 1080, Colli di Monte Bove, L'Aquila- Creato cardinale 1099 da papa Pasquale II- morte 3 novembre 1130, Marsica, L'Aquila- ricorrenza 3 novembre- Beatificazione 20 maggio 1802 da papa Pio VII (beatificazione equipollente)- Attributi Bastone pastorale- Berardo dei conti dei Marsi fu un membro di una nobile famiglia abruzzese che collaborò con Papa Pasquale II. Fin da bambino fu educato cristianamente dai suoi genitori e poi affidato al capitolo di S. Sabina. Proseguì la sua formazione presso il monastero di Montecassino dove raggiunse un’ottima preparazione nelle scienze ecclesiastiche. Oltre ad essere un giovane molto virtuoso, S. Berardo era anche molto caritatevole verso il prossimo e queste sue doti lo resero molto apprezzato agli occhi di Papa Pasquale II che decise di consacrarlo vescovo e di affidargli la diocesi marsicana, presso la quale ripristinò la disciplina del clero che era stato fuorviato dalla presenza di potenti vassalli ed estirpò la simonia. Molto desideroso di fare dei cambiamenti radicali attraverso delle riforme, attirò più volte lo sprezzo di tiranni e baroni che misero in atto contro di lui molte ingiurie ed insidie. S. Berardo si trovò più volte dinanzi a situazioni molto spiacevoli che lo costringevano ora ad evitare di ingerire cibi avvelenati ed ora a sottrarsi alla morte. Nonostante tali ingiurie il suo buon cuore e l’espressione del suo continuo amore non solo verso gli amici ma anche verso i nemici fecero sì da portare al pentimento dei suoi persecutori che, dispiaciuti per l’accaduto, piansero implorando il perdono. Il 29 agosto del 1930 S. Berardo celebrò la sua ultima messa pontificale e durante l’omelia predisse la sua morte e disse che da quel giorno si sarebbe dedicato a portare a termine tutto quanto era rimasto inconcluso. L’8 settembre dello stesso anno giunse a Celano dove fu colpito dai forti dolori dell’epatite e dove rimase per molti giorni, prima di far rientro in patria pochi giorni prima della sua morte.<br /> PRATICA Siamo capaci ogni giorno di seguire l’esempio di pazienza, bontà ed amore di S. Berardo. PREGHIERA O Dio fa che ogni giorno possiamo amare i nostri amici ed i nostri nemici, superando quanto di negativo riceviamo. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella Marsica in Abruzzo, san Berardo, vescovo, che si distinse nella lotta contro la simonia, nell'opera di rinnovamento della disciplina del clero e nelle attività di sostegno e protezione dei poveri.
nome Sant'Idda di Fischingen- titolo Monaca di clausura- nascita 1140 circa, Illerkirchberg, Germania- morte 1226 circa, Fischingen, Svizzera- ricorrenza 3 novembre- Conosciamo solo tre notizie certe relative a questa santa: l'esistenza di una donna pia chiamata Ida, la morte e la sepoltura a Fischingen in Svizzera, e la nascita immediata di un culto popolare dopo la sua morte; il resto è leggenda, pittoresca nei dettagli, in cui è presentata come un incrocio tra Desdemona e Geneviève de Barbant. In un'epoca prosaica e ossessionata dai fatti, può sembrare assurdo e perfino impressionante, ma è importante ricordare che la leggenda non è stata scritta per dare informazioni, ma per dare espressione e giustificare un culto.<br /> La leggenda ci presenta Ida come la moglie sterile del conte Enrico di Toggenburg (sconosciuto alla storia), un uomo così temuto e odiato, quanto lei era amata e rispettata. Come reazione alla presunta, anche se non provata, infedeltà della moglie, il conte la gettò da una finestra, ma alcuni cespugli attutirono la caduta, e una volta guarita, Ida scappò sulle montagne. Il conte Enrico, provando rimorso, andò a cercare il corpo, ma naturalmente non lo trovò; il suo consigliere, simile a lago, che l'aveva accusata d'infedeltà, anziché consolarlo, insistette sul fatto che la moglie era colpevole ed era stata giustamente condannata a morte. Ida visse per diciassette anni in una grotta, fino a quando un servo del marito, imbattendosi in lei, la riconobbe; appreso il grande rimorso del conte, la donna gli chiese di andarlo a chiamare e al suo arrivo lo perdonò, rifiutando però di riassumere il ruolo di moglie e chiedendogli invece di costruirle una cella vicino alla cappella del castello, dove abitò fino a quando fu costretta a rifugiarsi nel monastero benedettino di Fischingen, a causa del gran numero di persone che giungeva a farle visita. Tutto ciò si basa sulla leggenda: la pia donna di nome Ida morì a Fischingen nel 1226 e fu sepolta nella chiesa della cittadina; il culto fu poi confermato da papa Benedetto XIII (1724-1730) nel 1724. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso il monastero di Fischingen nel territorio dell’odierna Svizzera, santa Idda, monaca di clausura.
nome Beata Alpaide di Cudot- titolo Vergine- nascita 1157 circa, Cudot, Francia- morte 3 novembre 1211, Cudot, Francia- ricorrenza 3 novembre- Beatificazione 26 febbraio 1874 da papa Pio IX- Santuario principale Chiesa dell'assunzione, Cudot- Attributi canocchia, agnello- Patrona di astronauti- Il racconto della vita di Alpaide è particolarmente interessante per tre ragioni: è stato scritto mentre era ancora in vita, l'autore era un monaco cistercense di Les Echarlis che la conosceva bene, è comprovato dalle cronache contemporanee e da alcuni documenti ancora esistenti. Primogenita di una famiglia contadina di Cudot, oggi nella diocesi di Orléans, lavorò nei campi sin da tenera età, fino al giorno in cui fu colpita da una grave malattia, probabilmente lebbra. Secondo il suo biografo, ebbe una visione della Madonna, probabilmente nel 1170, durante la quale guarì, perdendo però completamente l'uso degli arti, e da allora fu confinata nel suo letto, invalida ma sana. Per lungo tempo non toccò cibo e non bevve acqua (infatti non si cibò di nient'altro che del SS. Sacramento, che riceveva una volta alla settimana, la domenica). Questo fatto attirò l'attenzione di Guillaume, arcivescovo di Sens, che nominò una commissione per esaminare il suo caso e che poi garantì l'autenticità del suo digiuno (è la prima persona che si ritiene abbia vissuto per anni solo di Eucarestia). L'arcivescovo fece quindi costruire una chiesa vicino alla sua casa, in modo tale che anche lei potesse partecipare alle funzioni religiose, guardando attraverso una finestra. Tutto ciò permise anche che la santità di Alpaide, oltre alla fama di fautrice di miracoli e la sua esperienza di stati d'estasi, trasformasse Cudot in un luogo di pellegrinaggio di cui la Chiesa locale beneficiò finanziariamente, dato che molta gente, inclusi prelati e membri della nobiltà venivano da ogni luogo per farle visita; nel 1180, la regina Adele, moglie di re Luigi VII di Francia, fece una donazione "per amore di Alpaide". Alpaide morì il 3 novembre del 1211 e fu sepolta nel coro della chiesa a Cudot; subito dopo la morte, nacque il culto che fu confermato nel 1874. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cudot nel territorio di Sens in Francia, beata Alpáide, vergine, che, crudelmente percossa e abbandonata dai suoi genitori da bambina, visse poi reclusa in una piccola cella fino ad avanzata vecchiaia.
nome San Pietro Francesco Neron- titolo Sacerdote e martire- nascita Bornay, Francia- morte 3 novembre 1860, Son Tay, Vietnam- ricorrenza 3 novembre- Pietro nacque a Bornay in Francia. Studiò ai seminari di Nozeroy e Vaux-sur-Poligny e nel 1845 al seminario maggiore di Lons-le-Saunier. Nel 1948 entrò nel Seminario delle Missioni Estere di Parigi, dove fu ordinato sacerdote. Quando seppe che sarebbe stato mandato nel Tonchino, andò al santuario di Nostra Signora delle Vittorie per chiederle la grazia del martirio. Arrivato nel Tonchino, gli fu assegnato il distretto di Kimson, dove lavorò con grande dedizione e in condizioni estremamente pericolose. Nel 1854 il vicario apostolico gli affidò la direzione del seminario e la cattedra di filosofia. La sua pietà e la sua vita interiore erano noti. Quando la persecuzione si intensificò, dovette nascondersi fino a quando un falso amico lo consegnò alle autorità nel 1860. Fu rinchiuso in una gabbia da cui usciva solo per interrogatori e per tre mesi non rispose alle domande o alle lettere dei suoi superiori e amici in Francia che fecero un lungo digiuno. Fu decapitato a Son-Tay o Xa Doai e la sua testa fu gettata nel fiume Rosso. Successivamente il suo corpo fu riesumato e portato nella chiesa del villaggio. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella fortezza di Xã Doài nel Tonchino, ora Viet Nam, san Pietro Francesco Néron, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che sotto l’imperatore T Duc visse per tre mesi rinchiuso in una stretta gabbia e, atrocemente percosso, rimase per tre settimane senza alcun alimento, portando infine a termine il suo martirio con la decapitazione.
nome Beato Simone Ballacchi- titolo Domenicano- nome di battesimo Simone Balacchi- nascita 1240, Sant’Arcangelo di Romagna- morte 3 novembre 1319, Rimini- ricorrenza 3 novembre- Beatificazione 1820 da papa Pio VII- All'età di ventisette anni, Simone Ballachi entrò nel convento dei domenicani a Rimini, sua città natale, come fratello laico. Non contento della sua condizione, si mortificò ulteriormente, offrendosi volontario nello svolgimento delle mansioni più umili della casa, flagellandosi con una catena di ferro e offrendo le proprie sofferenze in favore della conversione dei peccatori; si dice anche che abbia sofferto moltissimo a causa di alcune apparizioni di Satana. Il suo compito principale era accudire il giardino, ma s'occupò anche della crescita spirituale dei bambini, girando per le strade con una croce tra le mani e chiamandoli a catechismo. A cinquantasette anni, divenne cieco e fu obbligato a trascorrere gli ultimi anni della sua vita confinato nel letto, tuttavia affrontò le sue pene con coraggio, rimanendo sempre allegro. In base a ciò, oltre che per i miracoli compiuti, fu venerato come santo dal giorno della morte e questo culto fu confermato nel 1820. MARTIROLOGIO ROMANO. A Rimini in Romagna, beato Simone Balacchi, religioso dell’Ordine dei Predicatori, che condusse una vita tutta dedita al servizio dei fratelli, alla penitenza e alla preghiera.
nome San Pirmino- titolo Abate- morte 753, Hornbach, Germania- ricorrenza 3 novembre- Patrono di Palatinato, Alsazia, isola di Reichenau, Innsbruck- L'evangelizzazione iniziale di ciò che divenne il granducato di Baden, che oggi è parte del Baden Wiirttemberg, fu ottenuta principalmente grazie a un gruppo di monasteri: uno dei fondatori fu S. Pirmino, che proveniva probabilmente dal sud della Gallia o dalla Spagna, per sfuggire ai saraceni. Secondo una breve Vita latina, scritta da un monaco di Hornbach nel DC secolo, Pirmino si recò a Roma in giovane età per ottenere la benedizione del papa per la sua missione. È ricordato come predicatore, ma divenne ancor più famoso come fondatore di monasteri, in Germania, dove erano considerati come un mezzo potente per diffondere il cristianesimo, e in Alsazia, anche per interessi politici; inoltre ricostruì anche l'abbazia di Disentis, nei Grigioni in Svizzera, distrutta dagli Avari. È più famoso per essere stato il primo abate di Reichenau, il monastero benedettino più antico della Germania, che Pirmino fondò nel 724 su un'isola del Lago di Costanza, e fu a lungo in competizione con il monastero di San Gallo, per importanza. Pirmino fu successivamente esiliato per ragioni politiche e fuggì in Alsazia, dove fondò il monastero a Murbach, tra Treviri e Metz, oltre al monastero benedettino ad Amorbach, nella Bassa Franconia; inoltre gli è attribuita la paternità di un manuale d'istruzioni popolari, il Dieta Pirmini, o Scarapsus, assai diffuso durante il Medio Evo. Pirmino non fu mai vescovo di Meaux, come afferma il Martirologio Romano, anche se fu un vescovo regionale. Morì nel 753, e presto si sviluppò il culto, anche prima della fine dell'vin secolo; fu riportato alla ribalta nel XIX secolo, quando le due diocesi di Hornbach e Speyer si unirono. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Hornbach presso Strasburgo in Borgogna, deposizione di san Pirmino, vescovo e abate di Reichenau, che evangelizzò gli Alamanni e i Bavari, fondò molti monasteri e scrisse un libro per i suoi discepoli sulla catechesi degli incolti.
nome San Giovanniccio- titolo Monaco in Bitinia- nascita 754 circa, Maricat, Bitinia- morte 3 novembre 846, Antidium, Bitinia- ricorrenza 3 novembre- Nacque nella città di Maricat in Bitinia, da una famiglia umile. Fin dalla sua infanzia dovette prendersi cura del bestiame di famiglia. Si arruolò nell'esercito e all'età di 40 anni rinunciò al mondo militare, desideroso di entrare rapidamente nel deserto imitando gli asceti orientali. Tuttavia, su consiglio di un vecchio esperto di vita monastica, il santo rimase due anni nel monastero di Antidio in Bitinia, dove fu istruito in obbedienza monastica, regole e pratiche e dove imparò anche a leggere e scrivere. In seguito si ritirò da eremita sul monte Olimpo, ma la venerazione che il popolo aveva per lui lo costrinse a fuggire in cerca di solitudine da un eremo all'altro. La sua preghiera preferita era: "Dio mia speranza, Cristo mio rifugio, Spirito Santo mio protettore". Solo dopo dodici anni di vita ascetica riuscirono a far accettare all'eremita la tonsura monastica. Trascorse tre anni in isolamento, avvolto in catene, dopo essere stato tonsurato. Invecchiando, si stabilì nel monastero di Antidiev e visse in isolamento fino alla sua morte. San Giovanni visse settant'anni come asceta e raggiunse un alto grado di perfezione spirituale. Attraverso la misericordia di Dio, il santo acquisì il dono della profezia, come raccontava il suo discepolo San Pacomio. Anche il vecchio levitava quando pregava. Combatté gli iconoclasti. Percependo la sua morte San Giovanni si addormentò nel Signore, all'età di novantaquattro anni.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Antídion in Bitinia, nell’odierna Turchia, san Giovannicio, monaco, che, lasciato l’esercito dopo più di venti anni di servizio, si diede a vita solitaria su vari pendii dell’Olimpo, terminando di solito la preghiera con le parole: «Dio, mia speranza; Cristo, mio rifugio; Spirito Santo, mio protettore».
nome Sant'Ermengaudio- nascita Urgell, Spagna- morte Urgell, Spagna- ricorrenza 3 novembre- Santuario principale Cattedrale di Urgell- Patrono di costruttori di ponti- Figlio del conte di Urgel a Ermengaudio fin da piccolo gli furono dati i migliori insegnanti del paese. Studiò belle arti, fece carriera ecclesiastica e si distinse per la sua pietà, saggezza e bontà. In giovane età, fu nominato Arcidiacono della Cattedrale di Urgel. Come vescovo di Urgel, restaurò la sede vescovile (966-1025), conferì ai suoi canoni una regola di vita basata su quella di Sant'Agostino. Con l'approvazione di papa Sergio IV, concesse la vita in comune dei religiosi assegnati alla sua diocesi. Grazie alla sua iniziativa, furono stabilite comunicazioni tra Urgel e Cerdaña. Promosse l'abbellimento dei templi e per questo cedette dai propri beni, le proprietà che aveva in alcune contee. Si adoperò anche perché la pietà dei suoi fedeli fosse più viva e si propose di fare un pellegrinaggio con tutti a Santiago de Compostela. Ma questo non fu possibile perché la morte lo sorprese, mentre con le sue stesse mani costruiva un ponte, in modo che i camminatori potessero raggiungere più facilmente Urgel; mentre lavorava su una trave perse l'equilibrio e cadde su una roccia, si ruppe la testa. Fu vescovo di Urgel per 59 anni. MARTIROLOGIO ROMANO. A Urgell nella Catalogna in Spagna, sant’Ermengaudio, vescovo, che fu uno degli illustri presuli che si adoperarono per ristabilire la Chiesa nelle terre liberate dal giogo dei Mori e, precipitato a terra mentre lavorava con le sue proprie mani alla costruzione di un ponte, morì fratturandosi il capo sulle pietre.