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22/06/2024 alle 14:04

I santi di oggi 22 giugno:

I santi di oggi 22 giugno:

nome San Paolino di Nola- titolo Vescovo- nome di battesimo Ponzio Anicio Meropio Paolino- nascita 353 d. C., Bordeaux, Francia- morte 431 d. C., Nola, Campania- ricorrenza 22 giugno- Attributi bastone pastorale, campana- Patrono di campanari napoletani, giardinieri, Nola, Senigallia, Ratisbona, Villamaina, Regione ecclesiastica Campania (patrono secondario)- S. Paolino nacque a Bordeaux in Francia l'anno 353 d. C. da illustre famiglia senatoria. Sortì dalla natura quell'ingegno sveglio e quelle felici disposizioni che fecero presagire la sua futura grandezza. Ai doni intellettuali elargitigli da Dio, egli unì severi e profondissimi studi, apprendendo a perfezione la musica e l'eloquenza. Ma ciò che più di tutti lo distinse, sia prima che dopo la sua conversione, fu l'esimia carità verso i poveri e i derelitti. Ricchissimo e nobilissimo, entrato nella carriera politica, venne presto innalzato alla dignità di senatore e con questo onorifico titolo venne in Italia, fissando la sua sede a Nola. Quivi, scosso dai fatti strepitosi che avvenivano alla tomba del martire S. Felice, cominciò ad avvicinarsi alla fede di Cristo. Ritornato in Francia, ricevette il battesimo da S. Martino, vescovo di Tours e durante una permanenza in Spagna conobbe un'avvenente e pia giovane, Therasia, che sposò. Ambedue però decisero poi di perseguire un ideale di perfezione evangelica fondato sulla povertà, l'ascetismo e la preghiera, spinti a quella decisione fu la morte prematura del figlioletto, Celso. Abbandonata ogni altra occupazione, approfondì lo studio delle Sacre Scritture, e, fedele interprete di quelle parole di vita, ne ricavò un grande disinteresse delle grandezze umane ed un ardente desiderio dei beni eterni. Distribuì le sue ingenti ricchezze ai poveri e, separatosi dalla sua fedele consorte, che rinunziando al matrimonio prendeva il velo, si recò a Barcellona. Il Signore però, sempre ammirabile nelle sue vie, vedendo ormai quell'anima pronta al sacrificio, non tardò ad eleggersela. Mentre nella città di Barcellona assisteva alla solennissima festa del S. Natale, fu preso dal popolo e fatto consacrare sacerdote. Assunto all'altissimo onore di ministro di Dio, il Santo mise a servizio del suo augustissimo re tutte le sue forze intellettuali e morali, tanto che in breve tempo crebbe talmente la sua stima che, ricchi e poveri, piccoli e grandi, principi e governatori ricorrevano a lui chiedendogli consiglio nelle più importanti e difficili imprese e tenendolo come l'oracolo della città. Egli però, che amava essere a tutti sconosciuto, partì dalla Spagna e venne a stabilirsi a Nola. Quest'uomo già illustre per essere stato senatore e console, vestito di rozza tonaca passava i giorni e le notti nelle veglie e nei digiuni, continuamente assorto nella contemplazione delle cose celesti. Si stabilì insieme alla consorte in un'ospizio per i poveri da lui edificato. Divenuto vacante il vescovado di Nola, Paolino venne unanimemente eletto vescovo. Consapevole del nuovo compito e delle tante anime che da lui aspettavano il pane spirituale della divina parola, cercò di adempiere in modo perfetto questo suo delicatissimo ufficio di padre e maestro. Nel 410, Alarico I, re dei Visigoti, saccheggiò Roma e Nola non fu risparmianta da questa invasione. Molti abitanti furono fatti prigionieri. Paolino vendette tutti i suoi beni, compresa la croce episcopale, per riscattare i prigionieri e, quando non ebbe più nulla, offrì sé stesso per salvare il figlio di una vedova. Così, a 55 anni, divenne schiavo. In Africa, lavorò come giardiniere e profetizzò la morte del re al suo padrone. Spaventato, il re lo interrogò e scoprì che era un vescovo. Paolino chiese la liberazione sua e dei nolani, ottenendo il loro rilascio. Ritornarono a Nola con navi cariche di grano e furono accolti con mazzi di fiori. Questa accoglienza è celebrata ancora oggi con la Festa dei Gigli, la prima domenica dopo il 22 giugno. Ma la morte ormai s'avvicinava. Dopo essere infatti ritornato a Nola si ammalò e s'addormentò nel Signore l'anno 431, lasciando numerosi scritti grandemente apprezzati per la loro sapienza. Paolino fu sepolto accanto a S. Felice. I suoi resti verso l’847 furono portati a Benevento. L’imperatore Ottone III li portò a Roma e li depose nella chiesa allora dedicata al vescovo di Praga Adalberto, all’Isola Tiberina. Tra il 1527 e il 1560, per il cattivo stato del convento, le spoglie stettero in Vaticano. Nel 1806 venne fatta la ricognizione delle sue reliquie a S. Bartolomeo Apostolo all’Isola Tiberina, in tale occasione si rinvennero anche quelle di S. Teodoro. Il 14 maggio del 1909 il corpo fu nuovamente traslato a Nola e riposto sotto l’altare della Cattedrale. Allora si prelevò parte dell’osso frontale per donarla alla chiesa che lo aveva custodito per mille anni. È considerato dalla Chiesa il patrono dei campanari "ad orbis", poiché a lui è attribuita l'invenzione delle campane come oggetto utilizzato in ambito ecclesiastico. PRATICA. - Impariamo ad avere carità verso Dio e verso il prossimo. PREGHIERA. - O Dio, concedici, dietro l'esempio del santo vescovo Paolino, di disinteressare le cose terrene e desiderare le celesti. MARTIROLOGIO ROMANO. San Paolino, vescovo, che, ricevuto il battesimo a Bordeaux e lasciato l’incarico di console, da nobilissimo e ricchissimo che era si fece povero e umile per Cristo e, trasferitosi a Nola in Campania presso il sepolcro di san Felice sacerdote per seguire da vicino il suo esempio di vita, condusse vita ascetica con la moglie e i compagni; divenuto vescovo, insigne per cultura e santità, aiutò i pellegrini e soccorse con amore i poveri.

nome San Tommaso Moro- titolo Martire- nome di battesimo Thomas More- nascita 7 febbraio 1478, Londra- morte 6 luglio 1535, Londra- ricorrenza 22 giugno- Beatificazione<br /> 29 dicembre 1886 da papa Leone XIII<br /> Canonizzazione 22 giugno 1935, da papa Pio XI- Santuario principale Chiesa di st. Dunstan, Canterbury- Attributi Palma del martirio- Patrono di Governanti e politici- Prima che la scure gli staccasse di netto la testa, Tommaso Moro (Thomas More), rivolto al carnefice, disse: «Pregare Iddio per il re, che lo illumini e lo ispiri». Quel re si chiamava Enrico VIII, del quale Tommaso era sempre stato amico e suddito fedele, occupando posti di grande importanza. Ma era proprio per una disposizione del re che egli chiudeva in modo cosi drammatico la propria vita. Che cos'era successo? La Vicenda e del tutto simile a quella che aveva travolto alcuni giorni prima un altro santo d'Inghilterra, il vescovo Giovanni Fisher. Enrico VIII era stato per un tratto di tempo un buon re, e aveva esaltato in un suo libro i sacramenti cattolici contro le «assurde novità» di Martin Lutero, meritandosi per questo l'appellativo di «difensore della fede», e una rosa d'oro inviatagli dal Papa. Ma poi sulla sua strada comparve un avvenente dama di corte, Anna Balena, che gli fece perdere la testa. Enrico decise allora di sposarla, ma aveva già una moglie, Caterina d'Aragona, e per potersene disfare in modo pulito doveva ottenere dal papa il divorzio. Il papa ovviamente gli mandò a dire che ne pure lui poteva «sciogliere quel che Dio aveva unito». Il re allora, per trovare appigli giuridici e appoggi umani, si rivolse al suo cancelliere, che era Tommaso Moro, uomo dottissimo, grande umanista, letterato finissimo (è sua la celebre Utopia), eccellente giurista e, per di più, devotissimo al suo re. Ma in questioni moralmente così decisive la fedeltà e l'affetto non c'entravano. Tommaso lo fece subito sapere a Enrico: non era lecito porsi contro il papa e i comandamenti di Dio; essi andavano anteposti alla stessa fedeltà alla corona. Il re, ferito nell'orgoglio e accecato dalla passione, dimenticò stima e amicizia, e fece imprigionare l'irriducibile cancelliere. Al duca di Norfolk, che gli faceva osservare che «l'ira del re significava la morte», Tommaso rispose: «Quand'è così io morirò oggi, ma voi morrete domani», come dire che, infranti i principi morali, tutto sarebbe stato possibile nel regno d'Inghilterra. Rinchiuso nella Torre di Londra in attesa del processo, che si tenne il primo luglio 1535, Tommaso aggiunse un'altra memorabile opera alle numerose già scritte «Il dialogo del conforto contro le tribolazioni» che è anche un capolavoro della letteratura inglese. Condannato a morte, egli salì il patibolo con grande serenità di spirito, e con stile tipicamente inglese: «Mi aiuti a salire il patibolo disse al carnefice, a scendere ci penserò da solo». Dopo aver cantato il salmo Miserere, si bendò egli stesso gli occhi e poi chinò il capo sul ceppo. Era il 6 luglio 1535. La sua testa, infissa su un palo, venne esposta al ponte di Londra. Per poterla mettere li, dovettero toglierne un'altra, quella del vescovo Giovanni Fisher, ucciso per le stesse ragioni una quindicina di giorni prima. Le dittature di ogni tempo e di ogni latitudine per sostenersi hanno bisogno di sangue e di morti. Giovanni Paolo II lo ha proclamato patrono dei politici, segnalandone l'integrità morale, pronto ad anteporre i dettami della propria coscienza alla ragione di stato, anche a costo della vita. Un esempio e una guida per gli uomini politici cristiani dei nostri tempi e di quelli futuri che dovranno confrontarsi ogni giorno con situazioni di ingiustizia, convivere con leggi ingiuste, muoversi all'interno di una situazione sempre più ostile al mondo cristiano. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso More, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.

nome San Giovanni Fisher- titolo Cardinale di Santa Romana Chiesa, Vescovo e martire- nome di battesimo John Fisher- nascita 1469, Beverley, Inghilterra- Ordinato presbitero 17 dicembre 1491 dall'arcivescovo Thomas Rotheram- Nominato vescovo 14 ottobre 1504 da papa Giulio II- Consacrato vescovo 24 novembre 1504 dall'arcivescovo William Warham- Creato cardinale 21 maggio 1535 da papa Paolo III- morte 22 giugno 1535, Londra, Inghilterra- ricorrenza 22 giugno- Beatificazione 29 dicembre 1886 da papa Leone XIII- Canonizzazione 19 maggio 1935 da papa Pio XI- Attributi Bastone pastorale, palma del martirio- Incarichi ricoperti Vice-Cancelliere dell'Università di Cambridge (1501), Cancelliere dell'Università di Cambridge (1504-1535), Vescovo di Rochester (1504-1535), Presidente del Queens' College (1505-1508), Cardinale presbitero dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio (1535)- Giovanni Fisher fu un umanista inglese, martire e prelato, che, devoto al papa e alla chiesa cattolica romana, resistette a re Enrico VIII d' Inghilterra, rifiutando di riconoscere la supremazia reale e l'abolizione della giurisdizione papale sulla Chiesa inglese. Ordinato sacerdote nel 1491, ottenne il patronato di Lady Margaret Beaufort, madre di re Enrico VII d'Inghilterra. Divenne suo confessore nel 1497 e la persuase a fondare il Christ's College (1505) e il St. John's College di Cambridge. Dopo la morte di Lady Margaret, nel 1509, subentrò a St. John's, stabilendo la sua fondazione definitiva nel 1511. Nel 1504 fu nominato cancelliere di Cambridge e vescovo di Rochester, nel Kent. Con l'avvento del luteranesimo nel 1520, Fisher iniziò il suo lavoro di opposizione. I suoi libri in latino contro il luteranesimo e le dottrine alleate considerate eretiche dalla chiesa cattolica romana gli diedero una reputazione europea come teologo. Nella Camera dei Lord, si oppose fermamente a qualsiasi ingerenza dello stato negli affari ecclesiastici, esortando la chiesa a riformarsi. Quando la validità del matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d'Aragona fu messa in discussione per la prima volta nel 1527, Henry e il cardinale Wolsey consultarono Fisher; incorse così nell'ira del re quando decise di prendere le difese di Caterina, pubblicando in seguito la sua difesa e predicando a Londra per conto della regina. Nel 1531 si oppose con vemenza alla concessione a Enrico del titolo di "Capo supremo della Chiesa e del clero d'Inghilterra" e in seguito rinnegò l'atto di supremazia del 1534. Nel marzo 1534 l'atto di successione dichiarò il matrimonio di Henry e Catherine nullo e quello con Anna Bolena valido. Il 13 aprile successivo Fisher insieme Tommaso Moro, altro fidato suddito del re contrario all'unione, rifiutarono congiuntamente di prestare il giuramento richiesto dalla Legge sulla base del fatto che, pur essendo disposti ad accettare la successione come una questione appropriata per il Parlamento, non potevano accettare il resto dell'Atto, specialmente perché ripudiava l'autorità papale. Furono imprigionati nella Torre di Londra; Fisher era già gravemente malato. Tommaso e Giovanni furono così accousati di alto tradimento e il 17 giugno 1535 contro loro venne emessa la sentenza di morte per decapitazione. Il 20 maggio 1535 nella speranza di una grazia papa Paolo III nominò Fisher cardinale ma ciò non fece altro che infuriare Enrico VIII distruggendo ogni speranza di Fisher. La sentenza venne eseguita alle 10 del 22 giugno 1535 nella Torre di Londra: la sua testa rimase esposta all'ingresso del ponte di Londra fino al 6 luglio, quando venne gettata nel Tamigi e sostituita da quella di Tommaso Moro. Il suo corpo nudo rimase esposto per tutto il giorno sul patibolo e venne seppellito senza cerimonie in una tomba anonima del cimitero di Ognissanti: in seguito venne traslato nella cappella di San Pietro in Vincoli nella Torre. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso More, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.

nome Beato Innocenzo V- titolo 185º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Pietro di Tarantasia- nascita 1224, Tarentaise, Savoia, Francia- Ordinazione sacerdotale 1259 circa- Nomina ad arcivescovo 6 giugno 1272 da papa Gregorio X- Consacrazione ad arcivescovo in data sconosciuta- Creazione a cardinale 3 giugno 1273 da papa Gregorio X- Elezione 21 gennaio 1276- Insediamento 2 febbraio 1276- Fine pontificato 22 giugno 1276 (0 anni e 153 giorni)- morte 1276, Roma- ricorrenza 22 giugno- Beatificazione 14 marzo 1898 da papa Leone XIII- Attributi Triregno, abiti pontificali- Innocenzo era nato a Tarantasia-en-Forez (nell'alta Val d'Isère, in Savoia), e aveva ricevuto al fonte battesimale il nome di Pietro. Conosciuto appunto come Pietro di Tarantasia, non deve essere confuso con il B. Pietro di Tarantasia (8 mag.), abate cistercense e vescovo vissuto un secolo prima. Il Pietro di oggi entrò molto giovane nell'Ordine domenicano e divenne uno dei teologi più eminenti della sua epoca. Dopo aver ottenuto il dottorato insegnò alla Sorbona, dove ebbe come compagno nell'insegnamento e nella vita religiosa S. Tommaso d'Aquino (28 gen.). Nel 1259 fu incaricato, con l'aquinate e altri tre confratelli, di redigere un curriculum di studi per gli studenti, che rimane la base dell'insegnamento domenicano. I suoi commentari alle lettere paoline e alle Sentenze di Pier Lombardo godettero di grande fama presso i contemporanei. Le liste cartularie (la richiesta di libri a prestito) dell'università di Parigi e l'indice delle opere di Pietro "di Tarantasia" sono posti immediatamente sotto quelle di Tommaso "d'Aquino". Oltre ai grandi doni intellettuali Pietro aveva anche capacità amministrative: a trentacinque anni fu nominato provinciale dei domenicani in Francia, ricoprendo quest'incarico per due mandati, dal 1264 al 1267 e dal 1269 al 1272. Decise di visitare tutte le case sotto la sua direzione (ciò significava molti e lunghi viaggi, tutti a piedi) svolgendo il suo programma con molta meticolosità. Quando Tommaso d'Aquino fu chiamato dal papa a Roma Pietro tornò al suo insegnamento parigino, ma nel 1272 fu nominato arcivescovo di Lione da papa Gregorio X (10 gen.), già suo studente, e l'anno dopo nominato cardinale vescovo di Ostia. Era presente al concilio ecumenico convocato dal papa a Lione nel 1274, ed ebbe una parte rilevante nelle deliberazioni finali. Lo scopo del concilio era di sanare lo scisma con i vescovi greci, e fu proprio grazie alla chiara ed erudita enunciazione della dottrina cattolica fatta da Pietro che i delegati greci accettarono un accordo, che ebbe però vita breve. Il concilio era ancora in corso quando mori S. Bonaventura (15 lug.), cardinale e vescovo di Albano, e alla cerimonia funebre Pietro pronunciò l'elogio, veramente commovente, del grande francescano, partendo dal testo biblico «l'angoscia mi stringe per te, fratello mio Gionata!» (2 Sam 1, 26). Con la nomina di un nuovo arcivescovo a Lione terminò l'impegno francese di Pietro, che accompagnò il papa e gli altri cardinali in Italia: era accanto al pontefice quando questi morì appena arrivato ad Arezzo nel gennaio del 1276. La scelta della successione al soglio pontificio cadde unanimemente su Pietro, che assunse il nome di Innocenzo V, iniziando subito una politica di pacificazione tra gli stati italiani nella penisola; desideroso di mettere in pratica gli accordi di Lione sulla riunificazione con la Chiesa di Bisanzio decise d'inviare legati a Costantinopoli, che però non lasciarono mai il suolo italiano. Benché fisicamente robusto, durante l'estate contrasse a Roma febbri malariche e morì solo cinque mesi dopo essere salito al soglio pontificio, il 22 giugno 1276. Aveva poco più di cinquant'anni e con la sua morte ebbe fine anche ogni speranza di riunificazione con Costantinopoli. Nel 1898 il culto del B. Innocenzo fu confermato da papa Leone XIII, e il Martirologio Romano così recita: «Lavorò per la concordia tra i cristiani». Nella basilica romana di S. Giovanni in Laterano, dove fu sepolto, c'è una statua che lo raffigura in preghiera. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma in Laterano, beato Innocenzo V, papa, che, dell’Ordine dei Predicatori, insegnò a Parigi la sacra teologia e, ottenuta suo malgrado la sede episcopale di Lione, diresse qui insieme a san Bonaventura un Concilio Ecumenico per l’unità tra i Latini e i Greci separati; elevato, infine, alla cattedra di Pietro, esercitò il ruolo di pontefice solo per breve tempo, mostrato alla Chiesa di Roma piuttosto che dato.

nome San Niceta di Aquileia- titolo Vescovo- morte 485 circa, Aquileia- ricorrenza 22 giugno- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Aquileia (454-485)- Il Martirologio Romano in questo modo Io descrive: «S. Niceta vescovo, in Dacia, che con la sua predicazione rese mansuete e gentili popolazioni che prima erano barbare e selvagge». La descrizione rende bene la figura di Niceta di Remesiana, amico intimo di Paolino di Nola. Remesiana è stata identificata con l'attuale Bela Palanka in Serbia. Paolino scrive del modo in cui Niceta rese docili quei popoli barbari, in una regione che immaginava selvaggia, flagellata dalla neve e dal ghiaccio. I bessi, in particolare, erano tribù di predatori, e in uno dei suoi Carmi Paolino si congratula con l'amico per averli condotti «come pecore nel gregge di Cristo». Anche Girolamo (30 set.) elogia il lavoro missionario di Niceta, ma non abbiamo nessuna informazione dettagliata dei suoi viaggi missionari, né di come sia stato promosso all'episcopato, né sappiamo la data della sua morte. Nel Martirologio Romano del 1956 è ricordato al 7 gennaio, a quanto pare per uno sbaglio del cardinal Baronio il quale lo avrebbe erroneamente identificato con Nicea di Aquilcia trasferendo pertanto la sua memoria dal 22 giugno al giorno in cui veniva commemorato Nicea. Alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo gli scritti di Niceta, in precedenza attribuiti a Nicea o ad altri, hanno suscitato molto interesse tra gli studiosi: dom Germain Morin e A.E. Burn sostengono che sia lui e non S. Ambrogio (7 dic.) l'autore del Te Deum, il grande inno di ringraziamento, benché questa tesi non sia universalmente accettata. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Niceta, vescovo di Remesiana in Dacia, nell’odierna Serbia, che san Paolino da Nola celebra in un suo carme per aver insegnato il Vangelo ai barbari rendendoli come pecore condotte in un ovile di pace e perché coloro che un tempo erano una popolazione incolta e dedita alle ruberie avevano ora imparato a far risuonare Cristo in un cuore romano.

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