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I santi di oggi 19 maggio:
nome Pentecoste- titolo L'effusione dello Spirito Santo- ricorrenza 19 maggio (data variabile)- « ...Vi dico la verità, è meglio per voi che me ne vada, perché se io non vado, non verrà a voi il Consolatore; quando sarò andato, ve lo manderò e venendo, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio ». Così aveva detto Gesù agli Apostoli poco tempo prima di salire al cielo. Come nella creazione dell'uomo cooperarono tutte le tre Persone della SS. Trinità, così pure nella redenzione doveva cooperare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Già aveva cooperato il Padre con la preparazione remota e col mandare il suo unico Figlio; aveva cooperato Gesù Cristo con la sua passione e morte: ora doveva cooperare lo Spirito Santo, col vivificare, sostenere e santificare le anime. Asceso Gesù al cielo, gli Apostoli si radunarono nel cenacolo e con Maria Vergine si prepararono a ricevere il Consolatore promesso. All'alba del decimo giorno un forte rumore scosse la casa, e in un attimo tutte le 120 persone che si trovavano radunate nell'ampia sala attorno a Maria, si inginocchiarono tremanti ed ecco che sopra le loro teste comparve un globo di fuoco dividendosi in tante fiammelle che andarono a posarsi su ciascuno, mentre una candida colomba aleggiava sul capo di Maria. « Repleti sunt omnes Spiritu Sancto, et coeperunt loqui variis linguis ». « Furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare diverse lingue ». Ammirabile discesa d'amore, meravigliosa opera dello Spirito: quale cambiamento, quale rigenerazione produsse! Gli Apostoli, che ancora pensavano a un regno temporale del Messia, son diventati spirituali; da deboli e timidi pieni di forza e coraggio, poichè la grazia dello Spirito Santo li ha resi giusti, fedeli, umili, vincitori del mondo. E mentre prima si erano nascosti ed avevano abbandonato il Maestro nella passione, ora si dividono il mondo, predicano a tutti Gesù risorto, rinfacciano a tutti i loro peccati e i vizi e non risparmiano neppure gli stessi crudeli imperatori, e anche nei più atroci tormenti non cessano di predicare Gesù. S. Pietro, che pur costituito da Gesù capo della Chiesa, era stato vinto da una semplice servetta ed aveva rinnegato Gesù, ora dà inizio alla predicazione e converte subito 3.000 Giudei. Da quel giorno lo zelo degli Apostoli non conobbe confini. E quella Chiesa fondata da Gesù, che sembrava essere travolta dalla bufera che accompagnò la sua morte, colla venuta dello Spirito Santo si rianima, si fortifica, esce da quelle mura, cominciando a far proseliti e stendendo le sue tende dall'uno all'altro mare. Persecuzioni di ogni genere, calunnie, eresie, scismi, si scatenarono in ogni tempo contro la Chiesa, contro il Papa, ma essa assistita, confortata e aiutata dallo Spirito Santo, ha resistito impavidamente. Morirono i persecutori, i malvagi ministri di Satana, si spensero le diverse sette antireligiose, ma la Chiesa, opera di Dio, rimase, come « torre ferma che non crolla mai ». PRATICA. Invochiamo in questa giornata i doni dello Spirito Santo. PREGHIERA. O Signore, che quest'oggi con l'illustrazione dello Spirito Santo hai ammaestrato i cuori dei fedeli, dà a noi di gustare per mezzo dello Spirito ciò che è bene e di godere sempre della Sua consolazione. OFFERTA. Sulla via dolorosa che conduce al Calvario io Ti chiedo, o Gesù, di divenirti compagno. Insegnami come si abbraccia la Croce e come quando si cade sotto il suo peso, ci si possa rialzare. Aiutami Tu, o Gesù Crocifisso, a vedere nel dolore un disegno d'amore e Tu che hai lasciato il Cielo per salvare la Terra ricordami sempre che sulla Terra io sono in attesa del Cielo! Che io impari da Te come si ama per ben soffrire e come si soffre per ben amare. Dammi l'Amore che rende fecondo il dolore e fà che il dolore alimenti ed accresca l'Amore! Nutrimi di Te perchè io vivo con Te nel tempo e nell'eternità! Ma Tu che hai voluto cibarti della Volontà del Padre, fà che anch'io mi alimenti di essa in ogni attimo della mia giornata. Con Te al Padre, sulla medesmi Croce, offro la mia sofferenza per quanti non lo conoscono ancora ed imploro alla messa copiosa gli operai necessari. Valga la mia piccola offerta unita alla Tua a rendere valida la loro fatica, perchè venga presto il Tuo Regno. Signore, su tutta la Terra! MARTIROLOGIO ROMANO. Giorno di Pentecoste, in cui si conclude il tempo sacro dei cinquanta giorni di Pasqua e, con l’effusione dello Spirito Santo sui discepoli a Gerusalemme, si fa memoria dei primordi della Chiesa e dell’inizio della missione degli Apostoli fra tutte le tribù, lingue, popoli e nazioni.
nome San Celestino V- titolo Eremita e 192º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Pietro Angelerio- nascita 1221, Isernia- Consacrazione a vescovo 29 agosto 1294 dal cardinale Hugues Aycelin de Billom, O.P.- Elezione 5 luglio 1294- Insediamento 29 agosto 1294- Fine pontificato 13 dicembre 1294 (161 giorni)- morte 19 maggio 1296, Frosinone- ricorrenza 19 maggio- Canonizzazione 5 maggio 1313 da papa Clemente V- Santuario principale Basilica di Santa Maria di Collemaggio- Attributi Triregno, abiti pontificali- Patrono di Isernia, L'Aquila (compatrono), Ferentino (compatrono), Urbino (compatrono) e Molise (compatrono), Pratola Peligna (compatrono)- Pietro da Morrone nacque ad Isernia in Molise l'anno 1221 da virtuosi e caritatevoli genitori. Benché orfano di padre fu messo dalla pia genitrice, aggravata dalle cure di ben 12 figli, a studiare. Ma più che allo studio il Santo si diede alla meditazione delle verità eterne e risolvette di assecondare il forte suo desiderio per la vita eremitica. Difatti a vent'anni, nel fior dell'età, si ritirò in una rocca, ove scavò una piccola celletta in cui poteva appena stare in piedi. Tre anni dopo fu scoperto ed obbligato a recarsi a Roma per ricevere gli ordini sacri. Nel 1246 andò negli Abruzzi, ove passò cinque anni in una caverna di Monte Morone presso Sulmona tormentato da notturni fantasmi; non potendo aver pace, risolvette di consultarsi con il Papa. Cammin facendo ebbe una visione che lo tranquillizzò: gli comparve un santo abate, morto da poco, che lo incoraggiò e lo avvertì di ritornare alla solitudine, che sarebbe stato liberato da quelle infestazioni, come infatti avvenne. Essendo stato abbattuto il bosco ov'egli dimorava, si ritirò sul Monte Magello con altri due religiosi ai quali più tardi se ne aggiunsero altri. Ricercato, dovette ritornare a Monte Morone ove fondò un monastero. Nel 1274 da Gregorio X veniva approvata la sua Congregazione detta dei « Celestini » ed i suoi conventi arrivarono a 36. Alla morte del Papa Nicolò IV avvenuta nel 1272 fu eletto Papa due anni dopo. Questa elezione fu applaudita da tutti, ma il Santo ne fu molto dolente ed inutili furono le sue proteste di essere indegno e incapace di tal dignità. Fuggi con un suo religioso di nome Roberto, ma invano. Allora tornò gemendo a Morone ov'era atteso dai re di Napoli, di Ungheria e da gran numero di cardinali e principi: tutti lo accompagnarono alla cattedrale di Aquila e qui fu consacrato col nome di Celestino V. Ma ben presto abdicò riprendendo il suo abito e nome religioso. La serenità e la gioia che gli brillò in volto quando fu accettata la sua abdicazione, provò, meglio delle sue parole, che l'umiltà sola gli aveva ispirato la risoluzione presa. Queste furono le sue parole: «Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per bisogno di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di coscienza, per debolezza del corpo, difetto di dottrina e la cattiveria del mondo, al fine di recuperare la pace e le consolazioni della vita di prima, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta». Disse Dante nel sessantesimo verso del III canto dell'Inferno Che fece per viltade il gran rifiuto. La sua abdicazione al Pontificato fu per tanti occasione delle più strane e sciocche ipotesi, nonchè di affermare l'invalidità della elezione al Pontificato di Bonifacio VIII, quasi che egli l'avesse costretto a tale atto. In tale pericoloso frangente, il nuovo Pontefice, per evitare uno scompiglio e uno scisma nella Chiesa, vedendo che da tutte le parti si facevano visite al Santo nella grotta di Morone, pregò il re di Napoli di mandarglielo a Roma. Ma Pier Celestino, saputolo, si diede alla fuga imbarcandosi sul mare Adriatico; però un vento contrario gli impedì di proseguire il viaggio e lo costrinse ad approdare a Vieste nelle Puglie: di qui fu condotto al Papa che allora si trovava ad Anagni. Nel tempo che fu nel palazzo del Pontefice, S. Celestino trattò spesso con lui e ottenne che fosse riconosciuta la sua abdicazione, indi si ritirò nella vicina Frosinone, come volle Bonifacio VIII. Qui passò il restante di sua vita cantando lodi a Dio con due monaci che gli tenevano compagnia. Il giorno di Pentecoste del 1296, dopo aver sentita la Messa con gran fervore, disse che sarebbe morto prima del termine della settimana. E così avvenne: colto da febbri passò al Signore il 19 maggio. PRATICA. Ci sia questo Santo esempio e modello di umiltà e di disprezzo delle cose terrene. PREGHIERA. O Dio, che innalzasti il beato Pier Celestino alla sublime dignità di Sommo Pontefice, concedi propizio che meritiamo di disprezzare, a suo esempio, tutte le cose del mondo per raggiungere felicemente il premio promesso agli umili. MARTIROLOGIO ROMANO. Il natale di san Piétro di Morène Confessore, il quale, da Anacoreta fu eletto Sommo Pontefice, e si chiamò Celestino quinto. Ma poi rinunciò al Papato, e conducendo vita religiosa nella solitudine, illustre per virtù e per miracoli, passò al Signore.
nome San Crispino da Viterbo- titolo Religioso Cappuccino- nome di battesimo Pietro Fioretti- nascita 13 novembre 1668, Viterbo- morte 19 maggio 1750, Roma- ricorrenza 19 maggio- Beatificazione 7 settembre 1806- Canonizzazione 20 giugno 1982 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Chiesa di Santa Maria Immacolata a via Veneto (Roma)- Crispino da Viterbo, il cui vero nome era Pietro Fioretti nacque a Viterbo nel 1668 da una famiglia molto povera. Il padre morì quando egli era ancor molto giovane, per cui dovette molto presto entrare nella bottega dello zio Francesco, ciabattino. Grazie all'interessamento di un padre carmelitano, poté comunque frequentare le scuole pubbliche gestite dai gesuiti. All'età di venticinque anni entrò nell'Ordine dei Cappuccini con il nome di fra' Crispino, patrono dei calzolai. Pronunciati i voti nel 1694 entrò nel convento della Tolfa come cuoco. Qui commise il suo primo miracolo: le guarigione improvvisa di una donna colpita da una forma contagiosa d'influenza che aveva già portato alla tomba numerosi tolfetani. Presto la sua fama di taumaturgo si diffuse e per prudenza nel 1697 le autorità francescane ordinarono il suo trasferimento a Roma. Ammalatosi qui probabilmente di tisi, fu trasferito nel più salubre ambiente dei Castelli romani e quindi ad Albano. Qui ricevette più volte la visita di papa Clemente XI, durante i suoi soggiorni a Castel Gandolfo. Ma non tardò a trasferirsi nuovamente e fu mandato a Monterotondo dove vi rimase per alcuni anni, trasferendosi poi nel 1709 ad Orvieto. Qui si dedicò alla questua quotidiana ed alle opere di assistenza agli ammalati di un ospizio a pochi chilometri da Orvieto, ove fu protagonista nuovamente di numerose guarigioni miracolose. Ebbe anche l'occasione di prendersi cura di neonati abbandonati presso la porta del convento. Colpito da podagra e chiragra, nonostante si nutrisse con eccezionale parsimonia, trascorse gli ultimi due anni di vita praticamente a letto, che lasciava solo per andare a visitare altri gravi infermi ricoverati all'ospizio o nelle proprie case. Morì di polmonite e fu sepolto in una cappella della chiesa del convento. Fu proclamato beato il 7 settembre 1806 da papa Pio VII e santo da papa Giovanni Paolo II il 20 giugno 1982. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Crispino da Viterbo, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, mentre viaggiava tra i villaggi montani per mendicare l’elemosina, insegnava ai contadini i rudimenti della fede.
nome Sant'Ivo di Bretagna- titolo Sacerdote in Bretagna- nome di battesimo Ivo Hélory- nascita 17 ottobre 1235, Minihy-Tréguier, Francia- morte 19 maggio 1303, Minihy-Tréguier, Francia- ricorrenza 19 maggio- Canonizzazione 26 giugno 1347 da papa Clemente VI- Patrono di giudici, avvocati, giuristi, magistrati, notai, procuratori, uscieri, poveri e diseredati- Ivo, chiamato anche Ivo Hélory e Ivo di Kermartin, era un avvocato divenuto prete e parroco a metà della sua vita. Dopo la sua morte e canonizzazione fu invocato come patrono degli avvocati e dei giudici. Era nato a Kermartin, nei pressi di Tréguier in Bretagna, dove il padre era proprietario terriero. Studiò diritto canonico e teologia a Parigi per dieci anni e diritto civile per altri tre anni a Orléans; al suo ritorno in Bretagna nel 1262 fu nominato "ufficiale", o giudice, del tribunale ecclesiastico della diocesi di Rennès, ma ben presto il vescovo di Tréguier lo richiese per lo stesso incarico. Si guadagnò la reputazione di totale imparzialità e incorruttibilità, prendendosi cura speciale dei poveri citati in giudizio. Spesso tentava di persuadere i litiganti a trovare un accordo prima di ricorrere al tribunale, onde evitare processi costosi e inutili. Tutto ciò diede vita a un motto in latino: «S. Ivo era un bretone, un avvocato e non un ladro, cosa mirabile agli occhi del popolo». Fonti contemporanee ci parlano del suo dono per la riconciliazione, della sua propensione a patrocinare la cause dei poveri in altri tribunali e a visitarli in carcere. Nel 1284 fu ordinato prete e gli fu affidata la parrocchia di Tredez e tre anni dopo, date le dimissioni da magistrato, s'impegnò totalmente nella parrocchia. Dopo pochi anni fu promosso in quella di Louannec, dove costruì un ospedale, si prese cura dei poveri e si occupò personalmente dei vagabondi. Ancor maggior peso ebbe il suo impegno per le necessità spirituali del suo gregge. Era in grado di predicare in tre lingue (latino, francese e bretone) ed ebbe grande reputazione come arbitro imparziale in ogni tipo di dispute. Fin dai tempi in cui era studente aveva condotto una vita austera, con digiuni e preghiere, penitenze per le quali andava famoso; in seguito sarebbe giunto al punto di dare ai poveri il raccolto di grano che gli spettava. Durante la Quaresima del 1303 cadde malato e morì alla vigilia della festa dell'Ascensione dopo aver celebrato Messa predicando con grande fatica. Fu canonizzato nel 1347. MARTIROLOGIO ROMANO. In un castello vicino a Tréguier nella Bretagna in Francia, sant’Ivo, sacerdote, che osservò la giustizia senza distinzione di persone, favorì la concordia, difese le cause degli orfani, delle vedove e dei poveri per amore di Cristo e accolse in casa sua i bisognosi.
nome Sant'Urbano I- titolo 17º papa della Chiesa cattolica- nascita II secolo- Elezione 222- Fine pontificato maggio 230- morte 230 circa, Roma- ricorrenza 19 maggio- Attributi tonsura e barba corta- Patrono di Preganziol- Ci sono molti racconti leggendari che riguardano Urbano. Di certo egli fu romano di nascita e papa per otto anni. Il suo pontificato trascorse durante l'impero di Alessandro Severo, un periodo senza persecuzioni. La sede romana era però divisa dallo scisma di Ippolito, sebbene non abbiamo notizie delle relazioni intercorse tra i due. Fu sepolto nel cimitero di Callisto, dove è stata trovata una pietra sepolcrale con il suo nome scritto in lettere maiuscole. Non è martire e neppure da mettere in rapporto con S. Cecilia (22 nov.) e i suoi compagni: due di coloro che si pensava fossero stati battezzati da lui, morirono oltre sessant'anni dopo di lui. La sua esistenza storica è certa: è citato da Eusebio e nel Liber Pontificalis; l'autore degli Acta di S. Cecilia utilizzava senza dubbio il suo nome per darle maggior risalto. Il nuovo Martirologio Romano afferma che governò la sede romana per otto anni e indica una collocazione corretta della sua tomba, a differenza del testo precedente. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Callisto sulla via Appia, sant’Urbano I, papa, che, dopo il martirio di san Callisto, resse per otto anni fedelmente la Chiesa di Roma.
nome San Dunstano- titolo Monaco e vescovo- nascita 910 circa, Baltonsborough, Somerset- Nominato vescovo 957- Nominato arcivescovo 959- morte 19 maggio 988, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 19 maggio- Canonizzazione 1029- Santuario principale Cattedrale di Canterbury- Attributi bastone pastorale, pinze- Patrono di ciechi, fabbri, gioiellieri- Incarichi ricoperti Abate di Glastonbury (944 - 957), Vescovo di Worcester (958), Vescovo di Londra (958 - 959), Arcivescovo di Canterbury (959 - 988)- Sono due gli aspetti salienti della vita di Dunstan: l'aver restaurato la vita monastica benedettina in Inghilterra (a Glastonbury e altrove), e l'essere stato il più importante arcivescovo di Canterbury, sia dal punto di vista politico che ecclesiale. Ci sono giunte cinque Vitae medievali e un celebre libro di testo a lui appartenuto a Glastonbury con un autoritratto che lo raffigura ai piedi di Cristo. Era nato a Baltonsborough (Somerset) da una nobile famiglia imparentata per via di matrimoni con i re del Wessex. Studiò a Glastonbury, allora indiscusso centro di chierici in volontario «esilio per Cristo». Benché fosse protetto dallo zio Atelmo, arcivescovo di Canterbury, fu espulso dalla corte di re Atelstano venendo accusato di praticare la magia e di studiare poemi e favole di autori pagani (un indiretto tributo alla sua cultura). È probabile che a corte abbia sentito parlare della rinascita monastica benedettina in Burgundia e Lorena dai messi stranieri che venivano per combinare matrimoni. Trascorse alcuni anni d'incertezza sul suo futuro, pensando al matrimonio, ma poi si risolse per la vita religiosa e fu ordinato prete dal vescovo di Winchester; forse fece voti monastici in forma privata, poiché a quel tempo non c'erano monasteri maschili benedettini attivi in Inghilterra. Tornò a Glastonbury vivendo da eremita e perfezionando le sue capacità di musico, lavoratore dei metalli e ricamatore. Nel 939 Edmondo divenne re del Wessex e Dunstan ritrovò il favore reale. Dopo essere sopravvissuto a un incidente di caccia accaduto nei pressi di Cheddar, il re nominò nel 940 Dunstan abate di Glastonbury. Da allora (e per seicento anni) fiorì ininterrottamente la vita monastica: Dunstan attrasse discepoli, introdusse la Regula Benedicti e aggi unse nuovi edifici a questa antica abbazia. Durante un periodo in cui i re del Wessex erano giovani e regnavano per breve tempo Dunstan conobbe alterne fortune. Durante il regno di Edred (946-955) al monastero di Glastonbury fu affidata parte del tesoro reale e Dunstan fu ricompensato con un legato di duecento sterline per i popoli del Somerset e del Devon. Sotto Edwig fu esiliato a Gand, forse perché aveva rimproverato il re per il suo comportamento pessimo durante la festa dell'incoronazione. Mentre era in esilio venne a contatto con i monasteri riformati e di stretta osservanza. Re Edgardo, una volta eletto, lo richiamò subito in patria e nel 957 Dunstan divenne vescovo di Worcester. Trasferito a Londra due anni dopo, nel 960 fu nominato arcivescovo di Canterbury. Questo evento segnò l'inizio di una fruttuosa collaborazione, sia per gli affari ecclesiastici che per quelli civili, tra un arcivescovo già maturo e un re di soli sedici anni. Nel frattempo S. Etelwold, amico e collaboratore di Dunstan, aveva rifondato l'abbazia di Abingdon ed era divenuto vescovo di Winchester (allora capitale del Wessex) nel 963. S. Osvaldo di Worcester (28 feb.) ridiede vita a Westbury-on-Trym divenendo anch'egli vescovo. Prima e dopo la sua consacrazione episcopale rivitalizzò Malmesbury, Bath, Athelncy, Muchelney e Westminster. Una caratteristica preminente di questo monachesimo era la stretta dipendenza dalla famiglia reale, da cui riceveva garanzie di protezione e sostegno soprattutto contro il potere dei signori locali. Nei monasteri, alle preghiere consuete ne furono aggiunte alcune speciali per la famiglia reale; si registrò il fiorire della produzione libraria, di miniature e prodotti tipici delle arti monastiche. Le frequenti nomine di vescovi provenienti da monasteri erano dovute alle loro riconosciute qualità morali e intellettuali. L'influenza di Dunstan si diffuse ben oltre i circoli monastici e di corte: egli fu infatti un vescovo pieno di zelo per la sua diocesi, insistette sull'osservanza delle leggi matrimoniali, sul digiuno e sull'astinenza. Spesso si ricorse a lui come giudice e fu lui a ispirare alcune leggi emanate da re Edgardo, tra cui il pagamento delle decime, l'obolo di S. Pietro e altre tasse ecclesiastiche, l'obbligo per i preti di esercitare qualche lavoro manuale. Egli stesso lavorò nella costruzione o riparazione di chiese, predicò e insegnò con assiduità, amministrò la giustizia. L'apice del suo ministero era stato l'incoronazione di Edgardo nell'abbazia di Bath nel 973, una consacrazione "imperiale", in gran parte ideata da Dunstan, che resta ancora lo schema base della cerimonia d'incoronazione dei re e delle regine inglesi. Questa incoronazione era stata a lungo differita, forse per la condotta scandalosa di Edgardo (v. Vulfilde, 9 set.), e fu accompagnata da un incontro a Chester tra il re e tutti i signori locali della Britannia: fatto salire il sovrano su una barca ormeggiata sul fiume Dee, si posero essi stessi ai remi. Il re morì solo due anni più tardi. Un periodo di disordini politici aveva poi fatto seguito all'assassinio di S. Edoardo il Martire (18 mar.), successore di Edgardo, nel 978, all'età di sedici anni, e la salita al trono del giovanissimo Etelredo, più tardi soprannominato l'Indeciso. Nel 980 Dunstan presiedette alla traslazione delle reliquie di Edoardo a Shaftesbury (il monastero femminile fondato da re Alfredo), ma gli ultimi anni della sua vita furono rattristati dalla difficile situazione politica. Continuò a vivere a Canterbury fino alla morte avvenuta nel 988; nella sua casa vivevano alcuni monaci che trasformarono Canterbury quasi in una cattedrale monastica. I suoi biografi gli attribuirono visioni, profezie e miracoli; questi ultimi, come anche i suoi evidenti successi, contribuirono alla diffusione immediata del culto. Già nel 999 fu chiamato «il capo di tutti i santi che riposano a Christchurch». La sua festa è ricordata in molti calendari risalenti a prima del 1066. A Canterbury, sotto Lanfranco, ci fu una breve interruzione del suo culto ma, come quello degli altri santi anglosassoni, esso si rafforzò sempre più fino a diventare nazionale. Durante l'episcopato di S. Anselmo (21 apr.) si celebrava la festa di Dunstan con l'ufficio dell'ottava e, nella cattedrale di Canterbury, gli altari di Dunstan ed Elfego (19 apr.) erano a fianco dell'altare maggiore. Canterbury giustamente rivendicava la custodia del suo corpo, un onore disputato con Glastonbury. Solo nel 1508 si procedette all'apertura della tomba di Canterbury e alla ricognizione delle reliquie. Dunstan non ha lasciato alcuna opera scritta che gli si possa attribuire con certezza ma ha contribuito alla stesura della Vita di Abbo di S. Edmondo (20 nov.) fornendo materiale proveniente dall'alfiere reale. Orafi, gioiellieri e fabbricanti di chiavi ricorrono al suo speciale patrocinio; a Canterbury, il 21 ottobre, si commemora anche la sua ordinazione presbiterale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury in Inghilterra, san Dunstano, vescovo, che, dapprima abate di Glastonbury, rinnovò e propagò la vita monastica e nella sede episcopale di Worcester, poi di Londra e, infine, di Canterbury si adoperò per promuovere la concordia dei monaci e delle monache prescritta dalla regola.