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I santi di oggi 14 febbraio:
nome Sacre Ceneri- titolo Inizio della Quaresima- ricorrenza Mercoledì delle Ceneri (14 febbraio data mobile)- Colore liturgico viola- Il Mercoledì delle Ceneri è il giorno nel quale ha inizio la quaresima, il periodo di quaranta giorni che precedono la Pasqua di Risurrezione e nei quali al Chiesa cattolica invita i fedeli ad un cammino di penitenza, di preghiera, di carità per giungere convertiti al rinnovamento delle promesse battesimali, che si compirà appunto la Domenica di Pasqua. Momento caratteristico della liturgia del Mercoledì delle Ceneri è lo spargimento, da parte del celebrante, di un pizzico di cenere benedetta sul capo dei fedeli. Si accompagna tale rito con le parole «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15), frase introdotta dal Concilio Vaticano II, mentre prima si utilizzava l'ammonimento, contenuto nel Libro della Genesi, «Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris» («Ricordati uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai»), forma quest'ultima ancora in uso nella Messa tridentina. È consuetudine che le ceneri utilizzate per l'imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli si ricavino dalla bruciatura dei rametti di palme o di ulivo benedetti in occasione della Domenica delle Palme, dell'anno precedente. Altro aspetto caratteristico della liturgia che ha inizio il Mercoledì delle Ceneri è l'uso del colore viola per i paramenti sacri, (colore che rimanda alla penitenza, al dolore e al lutto) nonché il fatto che per tutto il periodo quaresimale non si canta l'alleluia e non si recita il gloria. PREGHIERA. «L'umiltà di Cristo ci ha insegnato ad essere umili: nella morte infatti si sottomise ai peccatori; la glorificazione di Cristo glorifica anche noi: con la risurrezione infatti ha preceduto i suoi fedeli. Se noi siamo morti con lui ? dice l'Apostolo ? vivremo pure con lui; se perseveriamo, regneremo anche insieme con lui (2 Tim. 2, 11. 12)» (Sant'Agostino Sermoni, 206, 1). PRATICA. La chiesa richiede in questo giorno si osservi il digiuno e l'astinenza dalle carni. Per quanto attiene il periodo di quaresima, che inizia con il Mercoledì delle Ceneri, insegna Sant'Agostino: «Il cristiano anche negli altri tempi dell'anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose.» MARTIROLOGIO ROMANO. Giorno delle Ceneri, e principio del digiuno della sacratissima Quaresima.
nome San Valentino- titolo Vescovo e Martire- nascita 176, Terni- morte 14 febbraio 270, Roma- ricorrenza 14 febbraio- Santuario principale Basilica di San Valentino (Terni)- Attributi bastone pastorale, palma, bambino epilettico, fede matrimoniale- Patrono di Terni, degli innamorati e degli epilettici; invocato anche contro i dolori del ventre- Incarichi ricoperti Vescovo di Terni fino al 347- S. Valentino, prete della Chiesa Romana; si era dedicato in modo particolare, assieme a S. Mario e alla propria famiglia, al servizio dei martiri imprigionati sotto l'imperatore Claudio II. Valentino nacque a Interamna Nahars attuale Terni da una famiglia patrizia nel 176, fu poi convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni.</p> <p> Il suo zelo non poteva passare inosservato ai pagani. Fu cercato ed arrestato. I soldati, dopo averlo malmenato, lo condussero al tribunale del prefetto. Valentino, cominciò questi, perché sollevi mezza Roma contro l'imperatore e converti i Romani al Cristianesimo? Perchè questa è la volontà di Dio, di quel Dio che solo è padrone, creatore del cielo e della terra, unico e vero Dio. Ma non conosci i decreti dell'imperatore che bandiscono da Roma i Cristiani e vietano ogni ulteriore predicazione? Sì, o prefetto, noi conosciamo tali decreti, ma conosciamo anche le parole dello Spirito Santo :«È necessario ubbidire più a Dio che agli uomini». Suvvia, sacrifica agli dèi e alla gloria dell'imperatore, ed io ti farò sommo sacerdote! Le tue lusinghe sono inutili. Io non ti ubbidirò mai in questo! Avete sentito? Esclamò indignato il prefetto rivolto ai giudici e agli sgherri. Mi viene ad insultare in casa! Or è ricolma la misura: ti porrò alla scelta due partiti, dopo i quali sarai per sempre o felice o infelice. O subito avanzi e getti incenso sul turibolo posto innanzi al nume ed allora avrai le divise pontificali, gli onori, i grossi stipendi che loro sono uniti; o se rifiuterai sarai gettato in una botte piena di olio bollente. Non temo tormenti di sorta. Pur di non offendere il mio Dio, son pronto a sostenerli! Basta! Hai scelto. Sia battuto colle verghe. Fu battuto crudelmente per lungo tempo. Siccome il Signore lo sosteneva, non morì sotto i colpi, ma alla fine, esausto di forze, cogli occhi rivolti al cielo esclamò:« Nulla mai mi potrà separare dalla carità di Cristo». Ricondotto, tutto una piaga; dinanzi al prefetto, questi tentò un'ultima lusinga, ma essendo riuscita vana, lo condannò alla decapitazione che fu eseguita dal soldato romano Furius Placidus. Era il 14 febbraio del 270. Papa Giulio I fece edificare in suo onore una basilica a tre navate presso ponte Milvio di cui rimangono solo alcuni resti, però le sue reliquie si conservarono nella chiesa di S. Prassede. Successivamente vennero probabilmente traslate sulla collina di Terni, al LXIII miglio della via Flaminia, nei pressi di una necropoli. Sul luogo sorse nel IV secolo la Basilica di San Valentino nella quale attualmente sono custoditi, racchiusi in una teca, i resti del santo. Le suddette sono le reliquie del vescovo di Terni. Dal 1936, grazie all'allora vescovo della Diocesi Sarno-Cava, il mons. Pasquale dell'Isola, la città di San Valentino Torio detiene alcune reliquie del Santo Patrono degli Innamorati. PRATICA. Tutta la vita di Gesù Cristo e dei santi Martiri fu un martirio non mai interrotto e voi cercate riposo e consolazioni? Oh quanto vi ingannate, se in questa vita miserabile cercate altro che patire! (Dall'Imitazione di Cristo). PREGHIERA. O Signore, per i meriti del tuo santo martire Valentino, concedici, te ne preghiamo, la grazia di sopportare quelle piccole prove che la tua sapienza vorrà mandarci. MARTIROLOGIO ROMANO. A Terni san Valentino, Vescovo e Martire, il quale, dopo lunga flagellazione messo in prigione, e, non potendo esser vinto, finalmente nel silenzio della mezza notte tratto fuori dal carcere, fu decollato per ordine di Plàcido, Prefetto della città.
nome Santi Cirillo e Metodio- titolo Apostoli degli Slavi- ricorrenza 14 febbraio- Patroni di Bulgaria, Europa, Macedonia del Nord, Montenegro, Moravia, Repubblica Ceca, Russia-Giovanni Paolo II, papa polacco, proclamò i santi Cirillo e Metodio patroni dell'Europa orientale, affiancandoli a san Benedetto, patrono della porzione occidentale, a significare l'unità e le comuni origini cristiane di tutto il vecchio continente. I santi Cirillo e Metodio meritano pienamente questo titolo che va ad aggiungersi all'altro, più antico, di «apostoli degli slavi». Furono infatti loro con un'indefessa e intrepida opera missionaria a evangelizzare i popoli slavi. Per i due fratelli, figli di un alto funzionario dell'impero orientale, evangelizzare significava anche vincere l'ignoranza: un'autentica dignità umana e cristiana includeva anche il leggere e lo scrivere e tutto il resto. Per questo tradussero in segni grafici la lingua slava, allora priva di alfabeto. I caratteri disegnati dai due santi si chiamano ancor oggi cirillici, dal nome di uno dei due fratelli che più dell'altro lavorò in questo settore (la lingua russa, ad esempio, si esprime con questi caratteri). Cirillo e Metodio trascrissero poi in quei caratteri la Bibbia, il messale e il rituale liturgico, che furono elementi importanti di unità linguistica e culturale per il mondo slavo. I due santi fratelli avevano caratteri abbastanza diversi. Metodio, il maggiore, che aveva preso dal padre, era amministratore avveduto e aveva volontà tenace: «E inutile che vi ostiniate con me ebbe a dire un giorno ai suoi oppositori, cozzerete contro il ferro». Per queste sue capacità gli venne assegnato il governo di una colonia slava in Macedonia. Cirillo, che si chiamava in gioventù Costantino, alla tormentata vita politica preferiva la quiete dello studio e le tranquille giornate alla corte di Costantinopoli, dove fu per qualche tempo paggio dell'imperatore. Ultimati gli studi alla scuola di Fozio, intraprese la carriera di insegnante. Ma per nessuno dei due quella intrapresa doveva essere la strada che il destino aveva loro tracciato. Ritrovatisi, dopo qualche tempo, si accorsero che i loro diversi caratteri si incontravano nel comune desiderio di dedicarsi alla vita religiosa. Desiderio che realizzarono diventando sacerdoti e offrendo la loro disponibilità all'attività missionaria. Alla fine dell'862, su richiesta del principe di Moravia, l'imperatore di Costantinopoli invitò i due fratelli a recarsi tra i kazari, presso i quali altri missionari latini avevano miseramente fallito. Cirillo e Metodio accettarono l'invito e, nell'analizzare i motivi degli insuccessi di chi li aveva preceduti, colsero l'importanza, anzi l'insostituibilità, di uno strumento linguistico con il quale trascrivere il messaggio cristiano. Maturarono e realizzarono così l'idea di un alfabeto per la lingua slava che ne era sprovvista. Quando si presentarono al popolo della Moravia con l'inatteso regalo, trovarono le porte spalancate e molto entusiasmo. La traduzione della Bibbia, del messale e del rituale liturgico venne sull'onda di quell'entusiasmo. I popoli slavi poterono leggere, scrivere e pregare. E offrire il sacrificio eucaristico nella loro lingua. La «novità», inaudita nella chiesa cattolica dove tutti i riti si celebravano rigorosamente in lingua latina, procurò loro qualche guaio. Chiamati a Roma, dovettero rendere conto del loro operato e difendersi dal sospetto di eresia e di scisma. Ma per fortuna sul soglio di Pietro vi era un papa lungimirante e comprensivo, Adriano II, che non solo approvò e lodò il loro sforzo, ma chiese di celebrare in sua presenza i santi misteri in lingua slava. A Roma, purtroppo, Cirillo, spossato dalla fatica missionaria, morì: era il 14 febbraio dell'869, e fu sepolto nella basilica di San Clemente, presso il Colosseo, il martire di cui egli stesso aveva portato a Roma da Chersonea le reliquie. Invece Metodio, ordinato da Adriano II vescovo della Pannonia con sede a Smirnum, ritornò fra gli slavi a continuare la sua opera di evangelizzatore e di organizzatore della chiesa. Metodio era anche un tenace controversista, abilissimo cioè nel rintuzzare le obiezioni che gli opponevano i nemici del cristianesimo, nello smascherare i loro tranelli, nell'individuare i loro punti deboli. «Perché avete la fronte imperlata di sudore?», gli chiese una volta un suo contraddittore. «Perché sto discutendo con un idiota», rispose con immediatezza Metodio. Gli ultimi anni di vita del vescovo di Smirnum furono angustiati dalle petulanti accuse, mossegli dai «tradizionalisti» di allora, di concedere troppo spazio alla mentalità e alla lingua dei popoli slavi. A causa di queste ottuse incomprensioni, Metodio dovette subire la vergogna di una quasi prigionia in zone deserte e fredde della regione slava. Però quando morì, a settantacinque anni d'età, ebbe il più bel riconoscimento della sua attività: i molti vescovi accorsi a rendere omaggio alle sue spoglie officiarono il rito funebre in latino, in greco e in slavo. MARTIROLOGIO ROMANO. Festa dei santi Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo. Questi due fratelli di Salonicco, mandati in Moravia dal vescovo di Costantinopoli Fozio, vi predicarono la fede cristiana e crearono un alfabeto per tradurre i libri sacri dal greco in lingua slava. Venuti a Roma, Cirillo, il cui nome prima era Costantino, colpito da malattia, si fece monaco e in questo giorno si addormentò nel Signore. Metodio, invece, ordinato da papa Adriano II vescovo di Srijem, nell’odierna Croazia, evangelizzò la Pannonia senza lesinare fatiche, dovendo sopportare molti dissidi rivolti contro di lui, ma venendo sempre sostenuto dai Romani Pontefici; a Staré Mesto in Moravia, il 6 aprile, ricevette il compenso delle sue fatiche.
nome Sant'Antonino di Sorrento- titolo Abate- nascita Ascoli Piceno, Marche- morte Sorrento, Campania- ricorrenza 14 febbraio- Santuario principale Basilica di Sant'Antonino, Sorrento-Patrono di Campagna, Sorrento, Arola e dell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia- Nato probabilmente ad Ascoli Piceno, Antonino si fece monaco in un monastero sottoposto alla regola di Montecassino, anche se, pare, non precisamente nella casa madre. Antonino fu poi costretto a trasferirsi a Castellammare, nella punta meridionale della baia di Napoli, vicino a Sorrento, poiché Sicone, principe di Benevento, stava saccheggiando la zona. Il vescovo Catello lo accolse cordialmente; i due strinsero una profonda amicizia e quando il presule si rifugiò sulla cima di una montagna per condurvi vita eremitica, affidò ad Antonino la cura della diocesi; egli tuttavia preferì seguire l'amico sulla sommità del monte che, per un'apparizione dell'arcangelo Michele ai due, divenne noto come Monte Sant'Angelo. Catello fu però convocato a Roma con l'accusa di trascurare la propria diocesi e qui imprigionato. Gli abitanti di Sorrento, trovandosi in carcere il loro vescovo, invitarono Antonino a scendere dal monte e a vivere tra loro e così il santo entrò nel monastero di S. Agrippino a Sorrento, divenendone infine abate. Secondo la tradizione, in punto di morte Antonino chiese di non essere sepolto né all'interno né all'esterno delle mura della città e venne di conseguenza tumulato nello spessore delle mura stesse. Fu invocato come protettore della città contro gli attacchi di Sicardo di Benevento (figlio di Sicone), e in effetti questi non riuscì ad abbattere neppure con gli arieti quella porzione della cinta muraria. Non solo: apparsogli in sogno, Antonino lo conciò per le feste con un bastone e, nel periodo in cui egli tentava di abbattere le mura, sua figlia fu colta da pazzia. Comprendendo infine che con i suoi attacchi stava offendendo Dio, Sicardo si appellò ad Antonino stesso, la cui intercessione ottenne la guarigione della figlia del principe. Si ritiene che egli abbia di nuovo salvato la città dagli attacchi dei saraceni nel 1354 e nel 1358 ed è venerato come patrono principale di Sorrento. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Sorrento in Campania, sant’Antonino, abate, che si ritirò in solitudine dopo che il suo monastero fu distrutto dai Longobardi.
nome San Giovanni Battista della Concezione- titolo Sacerdote trinitario- nome di battesimo Giovanni Garcia Gijòn- nascita 10 luglio 1561, Almodóvar del Campo, Spagna- morte 14 febbraio 1613, Cordova, Spagna- ricorrenza 14 febbraio- Beatificazione 26 settembre 1819 da papa Pio VII-Canonizzazione 25 maggio 1975 da papa Paolo VI- Giovanni Garcìa Gijòn, riformatore dell'ordine dei trinitari in Spagna con il nome di Giovanni Battista della Concezione, nacque ad Almodóvar del Campo, nella Spagna centromeridionale, il 10 luglio 1561. Compiuti gli studi a Baeza e a Toledo, si concentrò sulla Sacra Scrittura e sulla teologia, approfondendo anche le Vile dei santi presentate nel Flos sanctorum. A diciannove anni vestì l'abito dei trinitari. L'ordine era stato fondato in Francia nel 1198 da S. Giovanni di Matha (t 1213; 17 dic.) e S. Felice di Valois (t 1212; 20 nov., dal 1969 con culto solo locale) e si dedicava soprattutto al riscatto dei prigionieri caduti nelle mani degli arabi. Al pari di altri ordini in Spagna, essi vivevano in quel momento di decadenza che sarebbe poi sfociato nel grande movimento di riforma del xvI secolo esemplarmente incarnato nell'esperienza dei carmelitani scalzi guidati da S. Teresa d'Avila (15 ott.) — che conobbe Giovanni Battista della Concezione personalmente — e da S. Giovanni della Croce (14 dic.). Giovanni Battista della Concezione sarebbe stato il loro equivalente per i trinitari, per quanto i suoi sforzi dovettero patire all'interno dell'ordine divisioni ancor più gravi. Nel 1594 un capitolo generale dell'ordine decretò che in ogni provincia si scegliessero due o tre case dove si sarebbe osservata la regola nel suo originario rigore. In questa decisione essi seguivano l'esempio dei domenicani in Italia, i quali avevano adottato questa tattica, con risultati diversificati, per prevenire spaccature simili a quella dei francescani, separatisi in conventuali e osservanti. I trinitari fecero tuttavia molto poco per mettere in atto tale decisione e può anche darsi che il decreto fosse stato emanato semplicemente per compiacere le opinioni religiose sempre più austere del re Filippo II. Giovanni Battista della Concezione, scandalizzato per questa mancanza di coerenza, riuscì a fondare nel 1597 un monastero per frati riformati a Valdeperias (circa duecentocinquanta chilometri a sud di Madrid), incoraggiato da una donazione della marchesa di Santa Cruz. Due anni dopo si recò a Roma per ottenere da papa Clemente VIII l'approvazione per la congregazione dei "riformati scalzi" ma il papa affidò il controllo della riforma dell'ordine a carmelitani scalzi e francescani osservanti, creando di fatto una spaccatura in due fazioni mai più riconciliate. L'opposizione si intensificò quando la branca riformata cominciò ad attirare maggiori somme di denaro per il riscatto dei prigionieri. In un'occasione, che ricorda il trattamento riservato a S. Giovanni della Croce dai carmelitani non riformati, un gruppo di trinitari non riformati giunse di notte al convento di Valdepefias, legò Giovanni Battista della Concezione e lo gettò in una fossa, fuggendo con un'ingente somma di denaro. Egli tuttavia non si abbatté e la riforma proseguì intensamente, tanto che al momento della sua morte, avvenuta a Cordova il 14 febbraio 1613, esistevano in Spagna trentaquattro conventi riformati. È questo l'unico ordine trinitario sopravvissuto (la casa generalizia è a Roma) e a S. Giovanni Battista della Concezione è attribuito il titolo di fondatore. Un anno prima della sua morte fu fondato anche un secondo ordine femminile. L'opera principale dei religiosi si svolge nei campi dell'educazione e dell'assistenza (ricoprirono un ruolo importante anche nel riscatto dei neri, all'epoca della tratta degli schiavi); le suore si dedicano soprattutto ad attività caritative. Giovanni Battista della Concezione fu beatificato il 26 settembre 1819 e canonizzato da papa Paolo VI il 25 maggio 1975. MARTIROLOGIO ROMANO. A Córdova in Spagna, san Giovanni Battista García della Concezione, sacerdote dell’Ordine della Santissima Trinità, che avviò il rinnovamento del suo Ordine, sostenendolo con grandissimo impegno tra gravi difficoltà e aspre tribolazioni.
nome Beato Vincenzo Vilar David- titolo Padre di famiglia, martire- nascita 28 giugno 1889, Manises, Spagna- morte 14 febbraio 1937, Valencia, Spagna- ricorrenza 14 febbraio- Originario di Manises in Valencia fu istruito con gli scolopi di Valencia. Studiò ingegneria industriale a Barcellona e qui, guidato spiritualmente da un gesuita, svolse numerosi lavori di apostolato e sociale. Tornò a Manises e lavorò in un'azienda di ceramiche di famiglia. Nel 1922 sposò Isabel Rodes Reig. Da allora, entrambi si dedicarono all'apostolato a Manises. Alla morte del padre e terminati gli studi, venne nominato direttore dell'azienda di ceramiche, denominata “Hijos de Justo Vilar”. Qui esercitò un grande lavoro sociale, raggiungendo accordi di fronte ai disaccordi, ponendo la pace come principio. Era catechista nella sua parrocchia e membro di varie associazioni eucaristiche ed era un collaboratore incondizionato del suo parroco. Nel 1923, quando avvenne il colpo di stato di Primo de Rivera, gli fu chiesto di assumere la vicepresidenza del consiglio comunale, e accettò di pensare che fosse un servizio pubblico che stava svolgendo, e fece tutto il bene che poteva. Non credeva che la lotta di classe fosse il motore del progresso, ma piuttosto il dialogo tra datori di lavoro e lavoratori, per questo ricevette molte critiche e incomprensioni. Quando arrivò la Repubblica, da cristiano, difese la Chiesa e quindi promosse la fondazione del Consiglio di Azione Sociale che si proponeva di preservare l'educazione cattolica in mezzo all'imponente antireligioso. Quando scoppiò la guerra civile, ospitò alcuni sacerdoti e religiosi nella sua casa, per preservarli dal massacro, e insieme al suo parroco salvò preziosi oggetti religiosi prima che la folla desse fuoco alla parrocchia di Manises nel 1936. Fu arrestato nel 1937, e davanti alla corte difese il suo status di cattolico, affermando che questo era il titolo più grande che aveva. E sebbene alcuni operai volessero salvarlo, chiese loro di non farlo, lo uccisero in una strada di Manises con diversi colpi di arma da fuoco, dopo aver perdonato i suoi assassini. I suoi resti sono conservati nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista di Manises. È il primo martire laico beatificato nella guerra civile spagnola. È stato beatificato da San Giovanni Paolo II il 1 ottobre 1995. MARTIROLOGIO ROMANO. A Valencia in Spagna, beato Vincenzo Vilar David, martire, che durante la persecuzione contro la religione accolse in casa sua sacerdoti e religiose e preferì morire piuttosto che rinnegare la fede.
nome Sant'Aussenzio- titolo Sacerdote ed archimandrita-nascita V secolo, Bitinia- morte 14 febbraio 473, Monte Skopa, Bitinia- ricorrenza 14 febbraio- Probabilmente figlio di un persiano di nome Addas, Aussenzio trascorse la maggior parte della vita come eremita in Bitinia, regione sul lato dell'Ellesponto che fronteggia Costantinop oli. Egli era stato una delle guardie equestri dell'imperatore romano d'Oriente Teodosio II, che regnò dall'età di sette anni (408) alla morte (450) e che sposò la causa monofisita. Aussenzio, dopo essere venuto a conoscenza di molti eremiti durante il servizio militare, decise di abbracciare totalmente il loro stile di vita e si stabilì sulla collina desertica di Oxia, a circa dodici chilometri da Costantinopoli. Ottenne fama di santità e molte persone giunsero a consultarlo su questioni spirituali. Forse però fu sospettato di monofisismo, per contatti con la dottrina attribuita a Eutiche (ca. 378-454) secondo cui, dopo l'Incarnazione, in Cristo rimane la sola natura divina, e pare che proprio per questo sia stato convocato al iv concilio ecumenico, a Calcedonia (proprio di fronte a Costantinopoli) nel 451. Eutiche fu condannato e deposto mentre Aussenzio fu scagionato dall'imputazione e poté andarsene. Sozomeno scrive di lui che «fu noto per la sua pietà piena di fede, lo zelo verso gli amici, la morigeratezza della vita, l'amore per le lettere, e la profondità delle sue conoscenze nella letteratura sia secolare che ecclesiastica. Fu modesto e riservato nella condotta, nonostante avesse familiarità con l'imperatore e gli uomini di corte. La sua memoria è tuttora riverita dai monaci e dagli uomini religiosi che lo conobbero». Egli costruì un nuovo eremo sulle pendici del monte Skopa, vicino a Calcedonia, dedicando il resto della propria vita alla pratica della mortificazione e all'istruzione dei sempre più numerosi discepoli. Al pari di molti eremiti, amava la solitudine, ma non riusciva a mandare via coloro che si recavano da lui per un consiglio. Verso la fine della sua vita tra i suoi discepoli si contavano anche alcune donne, che vivevano in comunità ai piedi del monte Skopa, e che erano conosciute come le trichinaraeae, "indossatrici di sacchi", per via dei rozzi abiti che indossavano. Quando Aussenzio morì, probabilmente il 14 febbraio 473, esse ottennero il possesso delle sue spoglie, che seppellirono nella chiesa del convento. MARTIROLOGIO ROMANO. Sul monte Scopa in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Aussenzio, sacerdote e archimandrita, che, vivendo su un’altura come su una cattedra, difese con voce potente la fede calcedonese.
nome San Nostriano di Napoli- titolo Vescovo- morte 452 circa, Napoli- ricorrenza 14 febbraio- Nostriano fu il XV vescovo di Napoli, combatté l'arianesimo e il pelagianesimo nella sua diocesi. Nell'ottobre del 439, Cartagine cadde nelle mani dei vandali del re Genserico, una grande folla di ecclesiastici dovette lasciare la loro patria. Spogliati di tutto, furono imbarcati su navi molto precarie, alcuni riuscirono miracolosamente a salvarsi e raggiungere le coste napoletane, furono accolti con grande affetto dal Vescovo Nostriano. Tra questi c'erano i Santi Gaudosio di Napoli e Quodvultdeus di Cartagine. Quest'ultimo, mentre era a Napoli, smascherava la propaganda pelagiana "non lontano da Napoli" Floro, anch'essa intrisa di manicheismo. Pare che si fosse stabilito a Miseno, poiché predicava e praticava cose illecite, rivendicando i meriti e le virtù di San Sosio di Puzzuoli, martire venerato in quella città. De promissionibus et praedictionibus Dei, che viene attribuito a San Quodvultdeus, si narra che il vescovo di Napoli abbia inviato il sacerdote Herius e altri sacerdoti per arrestare ed espellere il predicatore eretico. Nostriano costruì le terme ad uso del clero e dei fedeli. Morì dopo 16 anni di episcopato a Napoli e fu sepolto nella chiesa di San Gennaro all'Olmo.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Nostriano, vescovo di Napoli.