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I santi di oggi 9 marzo:
nome San Domenico Savio- titolo Adolescente allievo di Don Bosco- nascita 2 aprile 1842, Riva di Chieri, Torino- morte 9 marzo 1857, Mondonio, Asti- ricorrenza 9 marzo, 6 maggio- Beatificazione 5 marzo 1950 da papa Pio XII- Canonizzazione 12 giugno 1954 da papa Pio XII- Santuario principale Santuario di Maria Ausiliatrice, Torino- Attributi Libro, crocifisso- Patrono di Pueri cantores, ministranti, gestanti, bambini, adolescenti- Figlio di modestissima gente, ma ricca di virtù cristiane, Domenico Savio nacque a Riva di Chieri in Piemonte, il 2 aprile 1842. Il fanciullo, dotato di indole mite e di vivace ingegno, fu ammesso, raro esempio per quei tempi, alla S. Comunione non ancora settenne. Confortato dal pane celeste, il fanciullo crebbe amato da tutti per la sia dolcezza ed il suo candore. La Divina Provvidenza dispose che un così eletto fiore fosse più sicuramente custodito, facendolo andare nell'oratorio che S. Giovanni Bosco aveva aperto a Torino. Quell'insigne educatore accolse con gioia il nostro Domenico così desideroso di farsi santo. In questa palestra di educazione cristiana adunque, dove Domenico Savio entrò nell'ottobre 1854, rifulsero in lui tutte le virtù del perfetto alunno. Osservante della disciplina ed attento nello studio, risplendeva in modo particolare per l'innocenza dei costumi. S'interessava del bene del prossimo con un ardore quasi incomprensibile in un tenero adolescente. Aiutava i compagni in tutto: consolava gli afflitti, correggeva fraternamente gli erranti, induceva con dolcezza i più negligenti ad accostarsi ai Ss. Sacramenti, sopportava con pazienza quelli che lo molestavano, rappacificava coloro che avevano bisticciato. Un giorno, alcuni volevano andare a fare un bagno con grave pericolo per l'anima e per il corpo. Domenico lo seppe e cercò di dissuaderli. Ma quando li vide decisi ad andare, disse loro risolutamente:
- No, non voglio che andiate.
- Noi non facciamo alcun male.
- Voi disubbidite ai vostri superiori, vi esponete al pericolo di dare o di ricevere scandalo e di rimanere vittime dell'acqua: e questo non è un male?
- Ma noi abbiamo un caldo che non ne possiamo più.
- Se non potete più tollerare il caldo di questo mondo, potrete tollerare il caldo dell'inferno?
- Ed i giovani cambiarono parere.
La sua devozione era rivolta soprattutto alla SS. Eucaristia e alla Beata Vergine Maria. Il suo motto era: «La morte, ma non peccati». Contro l'aspettazione di tutti, dopo pochi giorni di malattia, con una morte placidissima, rese l'innocente anima a Dio il 9 marzo 1857. «Oh che bella cosa che vedo mai!» (Domenico Savio in punto di morte). La sua festa ricorre il 9 marzo, il 6 maggio invece per la Famiglia Salesiana e le diocesi del Piemonte. PRATICA. La devozione a Gesù Eucaristico e alla Vergine Immacolata sia ben radicata nel vostro cuore PREGHIERA. Signore Iddio, che sei circondato in cielo dai gigli dei campi, concedi a noi tutti di conoscere la necessità dell'eterna salvezza. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mondonio in Piemonte, san Domenico Savio, che, fin dalla fanciullezza di animo dolce e lieto, ancora adolescente percorse speditamente la via della cristiana perfezione.
nome Santa Francesca Romana- titolo Religiosa- nome di battesimo Francesca Bussa de' Leoni- nascita 1384, Roma- morte 9 marzo 1440, Roma- ricorrenza 9 marzo- Canonizzazione 29 maggio 1608 da papa Paolo V- Attributi angelo custode, pane- Patrona di Roma, Autisti, Automobilisti romani, Contro la peste, Oblati Benedettini, Motoristi, Per la liberazione delle anime del Purgatorio, Vedove- Nel 1384 nasceva a Roma, da nobile famiglia, Francesca, la santa che seppe nella vita coniugale, prepararsi una corona fulgentissima per il cielo. Ancora tenera fanciullina mostrò grande amore alla virtù e alla vita nascosta: schivando gli infantili divertimenti, si dava con grande fervore alla pietà e alla mortificazione. Giovanetta di 11 anni, manifestò ai genitori il desiderio di consacrarsi a Dio, ma ebbe un rifiuto, anzi per ubbidienza nel 1396 contrasse matrimonio con Lorenzo Ponzani, nobile signore romano. Nel nuovo stato di vita, due furono le preoccupazioni della Santa: conservare la grazia di Dio schivando le compagnie pericolose, i banchetti, gli spettacoli e tutti i cattivi divertimenti; procurare di essere ubbidiente ai voleri dello sposo, pronta ai doveri familiari, per cui soleva dire che una donna maritata deve lasciare all'istante ogni pratica di devozione, quando ha da attendere alle sue cose domestiche. Divenuta madre, pose ogni cura per educare nell'innocenza e nel timore di Dio i suoi figliuoli e per essi chiedeva al Signore che la loro vita fosse tale da meritare un bel posto in cielo. Sempre numerose furono le sue mortificazioni, ma crebbero a dismisura quando riuscì ad ottenere dal marito il permesso di diportarsi secondo che la sua pietà le ispirava. Fu allora che, sotto la guida di un saggio confessore, fece mirabili progressi nella via della perfezione. L'orazione era continua sulle sue labbra e sapeva tramutare il lavoro in preghiera. Il 15 agosto 1425, con nove compagne, si offrì come oblata della Vergine nella basilica di Santa Maria Nova al Foro. Per otto anni le Oblate continuarono a vivere nelle proprie famiglie, sino al marzo del 1433, quando, acquistata una casa nel rione Campitelli dalla famiglia Clarelli suoi parenti, ai piedi del Campidoglio, cominciarono a condurvi vita comune. I piccoli difetti che talvolta per umana fragilità commetteva, le erano stimolo a vieppiù mortificarsi e a vigilare su se stessa, specialmente sulla lingua, il grande pericolo delle donne. Il Signore non mancò di provare la sua serva con gravi sventure: infatti, quando a causa dello scisma, suo marito fu confinato e spogliato d'ogni bene e il suo primogenito ritenuto in ostaggio, mostrò tutta la sua rassegnazione alla volontà di Dio, non dicendo altro che le parole del santo Giobbe: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore». Poco tempo dopo potè rivedere liberi il marito e il figlio, ma venne allora la morte a rapirle il consorte. Libera dai legami coniugali, si ritirò nel monastero che ella aveva fondato in Roma. Presentatasi con una fune al collo e a piedi nudi, fu dalle suore ricevuta con grande gioia e quasi subito eletta superiora. Fu favorita da Dio del dono della profezia e della visione quasi continua dell'Angelo Custode, col quale familiarmente conversava. Morì l'anno 1440 e fu subito onorata con culto pubblico, benché venisse canonizzata solo nel 1608. PRATICA. Cerchiamo di tener viva nella nostra mente la presenza del nostro Angelo Custode e valiamoci del suo aiuto in ogni occasione. PREGHIERA. O Signore, che fra gli altri tuoi doni decorasti la tua beata serva Francesca con la familiare presenza del suo Angelo, deh, concedi, per la sua intercessione, che meritiamo di raggiungere gli Angeli in Paradiso. MARTIROLOGIO ROMANO. Santa Francesca, religiosa, che, sposata in giovane età e vissuta per quarant’anni nel matrimonio, fu moglie e madre di specchiata virtù, ammirevole per pietà, umiltà e pazienza. In tempi di difficoltà, distribuì i suoi beni ai poveri, servì i malati e, alla morte del marito, si ritirò tra le oblate che ella stessa aveva riunito a Roma sotto la regola di san Benedetto.
nome Santa Caterina da Bologna- titolo Vergine- nome di battesimo Caterina de' Vigri- nascita 8 settembre 1413, Bologna- morte 9 marzo 1463, Bologna- ricorrenza 9 marzo- Beatificazione 13 novembre 1703 da papa Clemente VII- Canonizzazione Basilica Vaticana, 22 maggio 1712 da papa Clemente XI- Santuario principale a Bologna- Attributi giglio, abito delle clarisse- Bologna ebbe l'invidiabile sorte di dare i natali a questa Santa insigne. Caterina nacque da Giovanni dei Vigri e da donna Benvenuta l'8 settembre 1413 e fu educata cristianamente. All'età di undici anni fu posta dal padre alla corte della principessa Margherita di Ferrara, figlia di Nicola d'Este. La santa fanciulla in mezzo ai molti pericoli di una corte, non si lasciò affatto sedurre, ma la sua anima, sitibonda di amore divino e di verità, si unì sempre più al suo diletto Salvatore Gesù Cristo. A diciassette anni, essendosi sposata la principessa Margherita, Caterina si ritirò nella stessa città di Ferrara, in una comunità di vergini, che in abito secolare conducevano vita claustrale. Si diede ivi a grandi mortificazioni e all'esercizio delle opere di pietà. Dopo sei anni quella comunità si costituì e fu riconosciuta come Congregazione religiosa sotto la regola di S. Chiara: e Caterina potè offrirsi pienamente a Dio, emettendo i santi voti religiosi. Il demonio però non le risparmiò tentazioni e la tormentò anche cogli assalti più violenti: assalti e tentazioni di cui ella sempre trionfò mediante lo spirito d'orazione, la penitenza, l'umiltà, l'ubbidienza e la massima delicatezza interna ed esterna. Rifiutò costantemente la carica di superiora del monastero, e ciò non per altro che per la sua profonda umiltà; ma quando i bolognesi chiesero una abbadessa santa per il nuovo monastero da loro fondato nella propria città, Caterina dovette accettare per ubbidienza tale carica. Si recò perciò a Bologna in qualità di su periora del nuovo monastero del Corpus Domini. Ivi la sua virtù rifulse del più grande eroismo e coloro che più ne sentivano gli effetti erano le sue figlie spirituali, che venivano da lei guidate per gli ardui sentieri della perfezione. Quella comunità divenne come famiglia di cielo, che nel fervore e nello zelo emulava i Serafini. S. Caterina lasciò pure vari scritti tra cui sono da ricordarsi quelli intitolati Le sette armi spirituali, e le Rivelazioni. In queste sue opere la Santa inculca in modo tutto particolare la diffidenza di se stessi e la confidenza in Dio. Dopo varie malattie passò al gaudio eterno, circondata dall'affetto delle sue figlie, il 9 marzo del 1463.bIl suo corpo, conservatosi nei secoli miracolosamente intatto, si può visitare a Bologna nella medesima chiesa del Corpus Domini, annessa al monastero della Santa. PRATICA. Da questa Santa impariamo a diffidare di noi stessi e a vivere nell'umiltà e nella semplicità. PREGHIERA. Signore, Dio di misericordia, concedi a noi. tuoi servi, per l'intercessione della beata vergine Caterina che a suo esempio speriamo nella tua clemenza e da questa tutto riceviamo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, santa Caterina, vergine dell’Ordine di Santa Chiara, che, insigne nelle arti liberali, ma ancor più illustre per le virtù mistiche e il cammino di perfezione nella penitenza e nell’umiltà, fu maestra delle sacre vergini.
nome Santi Quaranta Martiri di Sebaste- titolo martiri- ricorrenza 9 marzo- Canonizzazione pre canonizzazione- I martiri gloriosi che onora oggi la Chiesa erano quaranta soldati cristiani dell'armata di Licinio in Oriente attendati in Sebaste. Avevano essi costume di adunarsi la notte per istruirsi a pregare il loro Dio; ed essendone venuto a cognizione l'imperatore, li fece convenire e con imprecazioni e minaccie intimò loro che sacrificassero ai numi dell'impero, o che si sottoporrebbero ai più duri tormenti. A voce unanime risposero che nol farebbero, essendo cristiani. Passò dunque alle prove e li sottopose alla pena di sferza; ma inutilmente, giacchè quelli eroi rispondevano di essere pronti a morire, ma tradire la fede giurata al loro Dio, giammai. Correva allora freddissima la stagione e il perfido imperatore, nella sua astuzia, inventò un genere di supplizio pericoloso e seducente. Fece preparare due bagni, freddo l'uno e l'altro caldo e comandò che tutti i quaranta militi venissero in una notte serena fatti tuffare nel gelido stagno. «È una mala notte cotesta, dicevano que' prodi; ma su animo! vi succederà un giorno sereno e sempiterno». Una guardia che stava di custodia vide di tratto ima luce di cielo e molti angeli che scendevano a distribuire trentanove coròne. — Ma come! disse quella guardia tra sé; sono quaranta e dov'è la quarantesima corona? — In quella vide uno dei martoriati entrar nel bagno calcio; udì un grido rauco e una bestemmia. 11 custode tremò; ma irrorato dalla grazia divina ad alta voce disse : "Sono cristiano io : a me, a me la corona!" Si levò le vesti e si unì ai trentanove per ottenere la corona rinunziata dallo sciaurato apostata. Ed ecco l'angelo del Signore ricingergli la fronte della quarantesima corona. Quale non fu lo stupore insieme e la rabbia del tiranno quando il mattino vide che la guardia si era fatta cristiana e non aveva ottenuto che una sola apostasia! Intirizziti dal freddo que' martiri vennero levati dallo stagno, posti su di un carro e condotti ad essere arsi in una pira. Accortisi che il più giovane di que' soldati di Cristo, chiamato Melitone, respirava ancora, deliberarono di tenerlo in vita per farlo apostatare; ma noi permise il Signore. Si accostò la madre di lui, e: «Va, figlio mio, va co' tuoi compagni a compiere il beato aringo, nè voler essere l'ultimo a presentarti al Signore. Va: Gesù ti invita dal cielo». L'olocausto fu consumato e quei soldati si cinsero la fronte dell'immortale corona.vPRATICA. Ogni cristiano attinge nel battesimo la virtù e la disposizione al martirio. Chi non è disposto a sostenere la fede di fronte alle persecuzioni e alla morte, diviene disertore e rinunzia al regno di Dio.<br /> PREGHIERA. O martiri gloriosi, otteneteci la grazia d'essere fermi nella fede e nella pratica dei nostri doveri per meritarci, se non il martirio di sangue, quello della sofferenza e della carità. Amen.
nome San Paciano di Barcellona- titolo Vescovo e Padre della Chiesa- nascita inizio del IV secolo, Barcellona- morte IV secolo, Barcellona- ricorrenza 9 marzo- Paciano nacque all'inizio del IV secolo e probabilmente era originario proprio di Barcellona visto che solo le persone battezzate nella diocesi potevano essere ordinate vescovo. Aveva una grande cultura classica come si evince dalle sue numerose citazioni di autori latini ed è molto probabile che appartenesse a una famiglia bene stante. Si sposò ed ebbe un figlio, Flavio Destro, che fu ciambellano dell'imperatore Teodosio, capitano della guardia reale sotto Onorio e autore della Historia Omnimoda. S. Girolamo (30 set.) fu amico di Destro e gli dedicò sia il suo Catalogo di uomini illustri in cui incluse anche Paciano, sia l'Apologia contra Rufinum. Paciano è ricordato soprattutto per le sue opere, di cui ci sono rimaste un'esortazione alla penitenza, un'omelia sul battesimo, due lettere a un novaziano chiamato Sempronio, e un trattato contro l'eresia novaziana sempre indirizzato a Sempronio. Fu proprio Sempronio che iniziò la corrispondenza con Paciano, rimproverando la Chiesa di permettere la penitenza e l'assoluzione dei peccati commessi dopo il battesimo e di essersi impropriamente aggiudicata il titolo di "cattolica". La risposta del vescovo sottolineava la fedeltà della Chiesa agli insegnamenti e agli esempi di un Dio misericordioso, ricordava che in proposito all'assoluzione non si faceva altro che seguire le parabole del Vangelo e l'apertura di Gesù nei confronti dei peccatori. Paciano concordava con Sempronio sul fatto che non bisognasse peccare più dopo il battesimo, ma aggiungeva che Dio, conoscendo la fragilità dell'uomo, aveva conferito alla Chiesa il potere di legare e sciogliere. La Chiesa non è composta da un'élite di puri, ma è un popolo umile che può essere paragonata a una moneta persa o a un figlio smarrito, è una grande casa che raccoglie vasi d'oro e d'argento, ma anche vasi di materiale povero. Un cristiano si deve vergognare di peccare, ma non di confessarsi o di fare penitenza. Paciano riprende poi un passo evangelico (Mt 18) per parlare di Pietro come fonte dell'unità: «Il Signore parlò a Pietro e solo a Pietro, affinché l'unità fosse fondata solo su quella persona». Al riguardo dell'accusa di essersi arrogata il titolo di "cattolica", che nel 380 l'imperatore Teodosio aveva proibito alle sette eretiche, Paciano difende la posizione della Chiesa e dice che se non ci fossero state sette eretiche, non sarebbe stato necessario definire la Chiesa con tale titolo: «Il mio nome è cristiano, ma il mio cognome è cattolico. Cristiano mi pone all'interno di una certa classe, cattolico mi dà un determinato carattere; il primo è una testimonianza, il secondo è una qualità». Il fatto che la Chiesa sia cattolica significa che essa possiede l'unità della fede e che universalmente osserva la più assoluta obbedienza a Dio. Paciano continua pregando il suo corrispondente di considerare che sempre le fila ristrette delle sette portano subito all'isolamento e che la vitalità della Chiesa cattolica è un indice dell'identità e fedeltà della Chiesa di Cristo. Paciano può essere definito un interlocutore ideale; odia le controversie, non condanna nessuno né lascia spazi alla rabbia o al rancore, spesso è pacatamente ironico, ma è sereno nella fede e fiducioso nella verità e le sue intenzioni sono sempre riconciliatrici. È una fonte preziosissima di informazioni su costumi e abitudini della Chiesa dei primi secoli nonché un contrappeso alla rigidità di Tertulliano e dei suoi seguaci; lo si può anche considerare come uno dei maggiori teologi prima dell'arrivo di figure importanti come Ambrogio, Girolamo e Agostino. San Girolamo dice che Paciano è morto in età molto avanzata sotto il regno dell'imperatore Teodosio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Barcellona nella Spagna settentrionale, san Paciano, vescovo, che, nel predicare la fede, affermava che il suo nome era cristiano e cattolico il suo cognome.
nome San Brunone Bonifacio di Querfurt- titolo Vescovo camaldolese, martire- nascita 974, Querfurt, Sassonia- morte 1009, Moravia Orientale- ricorrenza 9 marzo- Bonifacio, Bruno al battesimo, è conosciuto con entrambi i nomi e alcuni studiosi, tra cui il cardinal Baronio, hanno pensato che si trattasse di due persone distinte, ma la sua storia è così particolare da cancellare ogni dubbio sulla sua identità. Querfurt si trova a occidente di Lipsia, in quel tempo parte del sacro romano impero, ed era una fortezza di confine, baluardo contro le tribù pagane stanziate nei dintorni e che assalivano i viaggiatori. Bruno, discendente da nobile famiglia sassone di quella città, studiò a Magdeburgo; recatosi in seguito alla corte dell'imperatore Ottone III, riscosse da lui tanta stima e affetto da venire nominato cappellano di corte. Nel 988 accompagnò l'imperatore in un viaggio in Italia, dove fu attratto dalla personalità di S. Romualdo (19 giu.), ne divenne discepolo, ricevette l'abito monastico e il nome di Bonifacio; si impegnò nella redazione di una Vita di S. Adalberto di Praga (23 apr.), che aveva subito il martirio mentre evangelizzava le tribù prussiane, e sentì crescere dentro di sé la convinzione di essere chiamato a continuare il lavoro di quel martire. L'imperatore approvò il suo progetto di missione e due monaci, Benedetto e Giovanni, furono inviati in Polonia per imparare la lingua slava, ma furono uccisi, insieme ad altri tre, da briganti nel novembre del 1003 nei pressi di Gniezno, prima che Bonifacio potesse raggiungerli. Costoro sono i Cinque Fratelli martiri dei quali egli scrisse la biografia. Dopo aver ottenuto il permesso da papa Silvestro II Bonifacio partì nonostante si fosse nel pieno di un inverno particolarmente rigido, al punto che i suoi stivali si congelavano nelle staffe. A Meseberg fu consacrato archiepiscopus gentium (arcivescovo missionario) dall'arcivescovo di Magdeburgo e rivestito del palio. Sembra che si proponesse di operare come metropolita per la Polonia orientale. A causa di difficoltà politiche dovette lavorare per qualche tempo tra i magiari del Basso Danubio, poi si trasferì a Kiev dove predicò sotto la protezione del principe stesso, Vladimiro (15 lug.), che era cristiano, contrariamente alla maggioranza del suo popolo. Da Kiev si trasferì nei territori di un altro principe cristiano, Boleslao il Coraggioso, tentando di convertire alla fede le popolazioni stanziate ai confini con le tribù prussiane. Incontrò una violenta opposizione e, ignorando nel suo zelo missionario tutti gli inviti alla prudenza, il 14 marzo 1009 fu ucciso con diciotto compagni all'età di soli trentacinque anni. Bonifacio era dotato di grande fede e grande coraggio: aveva già programmato di evangelizzare paesi del nord (come la Svezia, dove avevano già inviato due monaci), quando fu ucciso. Boleslao recuperò il suo corpo e lo riportò in Polonia; in seguito gli abitanti della Prussia onorarono la sua memoria dedicandogli una città, Braunsberg, nel luogo dove si pensava fosse stato martirizzato. MARTIROLOGIO ROMANO. In Moravia orientale, san Bruno, vescovo di Querfurt e martire, che, mentre accompagnava in Italia l’imperatore Ottone III, affascinato dal carisma di san Romualdo, abbracciò la vita monastica prendendo il nome di Bonifacio e, tornato in Germania e fatto vescovo dal papa Giovanni X, nel corso di una missione apostolica fu trucidato dagli idolatri insieme con altri diciotto compagni.
nome San Vitale di Castronovo- titolo monaco asceta- nascita Castronovo di Sicilia, inizi del X sec.- morte Rapolla, 9 marzo 993- Patrono di Armento e Castronovo di Sicilia- Nato a Castronuovo di Sant'Andrea nel X secolo, condusse una vita eremitica in Basilicata, dedicandosi alla penitenza e alla preghiera. La sua fama di santità si diffuse rapidamente, attirando discepoli e attribuendogli miracoli. Combatté i Saraceni in difesa della sua terra, divenendo patrono di Castronuovo. Morì in eremitaggio, lasciando un modello di vita ascetica. Le sue spoglie riposano nella Chiesa Madre di Castronuovo, meta di pellegrinaggi. MARTIROLOGIO ROMANO Nel territorio di Rapolla in Basilicata, san Vitale da Castronuovo, monaco.
nome Santi Pietro Hyong e Giovanni Battista Chon Chang-un- titolo Martiri- morte Nei-Ko-Ri, Corea del Sud, 9 marzo 1866- ricorrenza 9 marzo- I laici Pietro Ch’oe Hyong (nato a Gongju nel 1814) e Giovanni Battista Chong-Chang-Un (nato a Seoul nel 1811) condussero i genitori al battesimo e stamparono libri religiosi. Per questo motivo furono torturati e rimasero così saldi nella fede da suscitare meraviglia persino nei loro persecutori. Papa Giovanni Paolo II li ha canonizzati il 6 maggio 1984. MARTIROLOGIO ROMANO Nel villaggio di Nei-Ko-Ri in Corea, santi Pietro Ch’oe Hyŏng e Giovanni Battista Chŏn Chang-un, martiri: padri di famiglia, amministrarono il battesimo e stamparono libri cristiani; sottoposti per questo a tortura, persistettero con costanza nella fede a tal punto da suscitare l’ammirazione dei loro persecutori.