@Vitupero

29/02/2024 alle 14:16

I santi di oggi 29 febbraio:

I santi di oggi 29 febbraio:

nome Sant'Augusto Chapdelaine- titolo Martire in Cina- nome di battesimo Auguste Chapdelaine- nascita 6 gennaio 1814, Normandia- morte 29 febbraio 1856, Guangxi, Cina- ricorrenza 29 febbraio, 28 negli anni non bisestili- Beatificazione 27 maggio 1900 da papa Leone XIII- Canonizzazione 1º ottobre 2000 da papa Giovanni Paolo II- S. Augusto Chapdelaine nacque il 6 gennaio 1814 in Normandia da famiglia di agricoltori presso la quale rimase fino a 20 anni, quando entrò nel seminario di Coutances dove fu ordinato sacerdote nel 1843. Fu destinato come parroco a Boucey ma presto maturò la vocazione missionaria per cui entrò nella Società delle Missioni Estere di Parigi nel 1851 e, dopo breve preparazione, fu inviato nel 1852 alla missione cinese di KuangSi. Si fermò comunque alla frontiera della Cina per apprendere la lingua prima di affrontare le vere e proprie fatiche apostoliche alle quali si dedicò a partire dal 1855. Quasi subito però fu denunciato alle autorità e, nonostante avesse cercato di trovare rifugio nella casa di un mandarino cristiano, all'inizio del 1856 fu arrestato insieme con alcuni confratelli. Rinchiuso in una gabbia di bambù con la testa fuori dalle sbarre superiori, già morto fu condannato alla decapitazione il 29 febbraio dello stesso anno. Fu beatificato il 27 maggio 1900 da Papa Leone XIII e canonizzato il primo di ottobre del 2000 da Papa Giovanni Paolo II, insieme ad altri 120 cristiani morti in Cina tra il XVII e XX esimo secolo. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, sant’Agostino Chapdelaine, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che, arrestato dai soldati insieme a molti neofiti per avere per primo seminato la fede cristiana in questa regione, colpito da trecento frustate e costretto in una piccola gabbia, morì infine decapitato.

nome Sant'Ilario- titolo 46º papa della Chiesa cattolica- nascita 449, Sardegna- Elezione 17 novembre 461- Insediamento 19 novembre 461- Fine pontificato 29 febbraio 468 (6 anni e 104 giorni)- morte 29 febbraio 468, Roma- ricorrenza 29 febbraio, 28 negli anni non bisestili- Santuario principale Basilica di San Lorenzo fuori le mura- Nato in Sardegna e figlio di un tal Crispino, Ilaro succedette a S. Leone Magno, papa dal 440 al 461 (10 nov.), risultandone degno successore. I tentativi di Leone di estendere la dottrina del primato universale del papa alla Chiesa d'Oriente erano stati decisamente respinti da un'azione congiunta dell'imperatore Teodosio 11 e del vescovo Dioscoro di Alessandria durante il sinodo dell'agosto 449, il cosiddetto "latrocinio di Efeso", dove trionfarono le dottrine monofisite e i delegati pontifici, maltrattati, riuscirono a stento a mettersi in salvo. Ilaro, che era tra quelli, si oppose fieramente alla condanna di Flaviano, vescovo di Costantinopoli, ma ciò gli attirò tali e tante minacce da costringerlo a rifugiarsi nella tomba di S. Giovanni Evangelista (27 dic.): di questa esperienza avrebbe riferito in una lettera, tuttora esistente, indirizzata alla futura imperatrice S. Pulcheria Augusta (10 set.), in cui descrive come la violenza di Dioscoro gli avesse impedito di giungere a Costantinopoli. Leone espresse l'ammirazione che nutriva nei suoi confronti in una lettera indirizzata a Teodosio II: «Siamo stati informati non da fonte inattendibile ma piuttosto da un narratore degno della più alta credibilità, il nostro diacono Ilaro, degli eventi accaduti. Egli, per non essere obbligato a firmare [il decreto che sosteneva Eutiche], dovette fuggire». Nel 461, ancora diacono, fu eletto all'unanimità successore di Leone; avendo attribuito all'intercessione di S. Giovanni Evangelista il fortunoso rientro a Roma, in segno di ringraziamento, divenuto pontefice, fece costruire tre cappelle nella capitale, dedicandole a S. Giovanni Evangelista — in San Giovanni in Laterano —, a S. Giovanni Battista (29 ago. e 24 giu.) — al quale estese la propria gratitudine — e alla Santa Croce. Le prime due sono tuttora esistenti, decorate con i mosaici da lui commissionati; sulla porta di S. Giovanni Evangelista è presente ancora l'iscrizione Liberatori suo beato Jobanni evangelistae Hilarus oiscopus famulus Christi ( "Ilaro, vescovo e servo di Cristo, al suo liberatore, il B. Giovanni Evangelista»). Oltre a restaurare e ad abbellire numerose chiese, fece costruire dei bagni pubblici a Verano, fuori dalle mura della città, e due biblioteche. All'inizio del pontificato annunziò il suo programma: «Provvederò alla concordia universale tra i sacerdoti del Signore, cosicché nessuno abbia a preoccuparsi solo di se stesso, ma tutti si prendano cura di ottenere le cose di Cristo». Effettivamente Ilaro si prodigò molto per consolidare l'amministrazione e la disciplina nella Chiesa, sostenendo in alcune aree l'autorità dei vescovi e frenandone gli abusi in altre. Nel 465 indisse un concilio romano in Santa Maria Maggiore, al quale parteciparono molti vescovi italiani, alcuni africani e un pugno dalla Gallia: in quell'occasione il pontefice riconfermò le norme sull'accesso agli ordini sacri, reiterando l'interdizione per i vedovi risposati, per gli uomini uniti in matrimonio a una vedova, per le persone prive di istruzione o che presentavano difetti fisici. Intervenne inoltre in Gallia per sostenere l'unità dei vescovi sotto l'autorità del metropolita Leonzio di Arles, conferendogli nuovi e più ampi poteri; nella nuova questione riguardante le relazioni con gli ariani germanici fu obbligato, dopo aver precedentemente protestato con buoni risultati presso l'imperatore, a permettere loro di insediare a Roma una propria comunità e a costruire una chiesa propria, quella che in seguito divenne S. Agata dei Goti. Molte delle lettere che Ilaro indirizzò ai vescovi sono ancora in nostro possesso. Più di ogni altra cosa egli si sforzò di mantenere «il dominio e il primato della Santa Sede Cattolica ed Apostolica» (Liber Pontdicalis). Morì il 29 febbraio dell'anno bisestile del 468, e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo fuori le Mura al Verano, vicino ai Papi SS. Zosimo e Sisto III, l'immediato predecessore di Leone. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma sulla via Tiburtina, deposizione di sant’Ilario, papa, che scrisse lettere sulla fede cattolica, con cui confermò i Concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, mettendo in luce il primato della sede Romana.

nome Sant'Osvaldo- titolo Vescovo- nascita X secolo- Ordinato presbitero 959- Nominato vescovo 961- Elevato arcivescovo 971- morte 29 febbraio 992- ricorrenza 29 febbraio, 28 negli anni non bisestili- Incarichi ricoperti Vescovo di Worcester, Arcivescovo di York- Di discendenza danese, proveniente da una famiglia di tradizione militare, Osvaldo era nipote di S. Oda, o Odo (t 959; 4 lug.), arcivescovo di Canterbury dal 942, che gli diede la prima formazione, e di Oskytel, arcivescovo di York. Canonico della cattedrale di Winchester per alcuni anni prima di diventare monaco, si trasferì poi in Francia per studiare a Fleury-sur-Loire (dove si venerano le reliquie attribuite a S. Benedetto; 11 lug.), dove vestì l'abito benedettino e dove probabilmente acquisì la conoscenza dell'amministrazione ecclesiastica francese. Nonostante Oda lo avesse più volte esortato a ritornare in Inghilterra, Osvaldo si mise in viaggio solo quando venne a conoscenza che lo zio stava per morire e così nel 958-959 fece ritorno in patria come monaco e sacerdote. La sua persona attirò l'attenzione di S. Dunstan (19 mag.), nominato vescovo di Canterbury nel 960, la cui fruttuosa collaborazioe con re Edoardo (re del Wessex dal 959 fino alla morte nel 975) contribuì enormemente alla riforma della Chiesa inglese; risultò decisivo, in questo senso, il sostegno fornito dagli ordini monastici che condusse tra l'altro alla sostituzione, nelle cattedrali considerate "strategiche", dei canonici secolari con monaci. Dietro raccomandazione di Dunstan, re Edoardo nominò nel 961 Osvaldo vescovo di Worcester; l'anno seguente questi fondò il monastero di Westbury-on-Tyrm, vicino a Bristol, per ospitare inizialmente dodici monaci. Nel 969 riformò il capitolo della cattedrale di Worcester: seconde, una tradizione locale egli vi riuscì facendo costruire, vicino all'allora cattedrale di San Pietro, una chiesa dedicata a Santa Maria che affidò alla cura di monaci; essa oscurò a tal punto lo splendore della cattedrale che la popolazione della città finì per disertare quella e affollare invece la nuova costruzione. I canonici, ormai senza assemblea, fecero infine come la loro gente e si unirono ai monaci, cosicché Santa Maria diventò la nuova cattedrale. Recenti ricerche storiche hanno tuttavia messo in forse la gradualità di questo processo, ipotizzando che Osvaldo potrebbe aver agito in modo più brutale, come precedentemente avevano fatto S. Etelwold (1 ago.) a Winchester nel 964, e S. Vulsino (8 gen., anch'egli nominato su pressione del re Dunstan) a Sherborne nel 998. Osvaldo avviò una grande tradizione musicale in Santa Maria e, insieme a Dunstan, Etelwold e al suo successore, S. Vulstano (19 gen.), fu uno degli uomini in grado di tenere alta in Inghilterra la fiamma della cultura prima dell'invasione normanna. Nel 971 edificò il grandioso monastero di Ramsey nello Huntingdonshire, su un'isola della palude formatasi a causa degli straripamenti del fiume Ouse. Vi si trasferirono molti dei monaci di Westbury e divenne a sua volta la casamadre delle abbazie di Pershore e di Evesham nella valle di Severn. Secondo quanto ci racconta il primo biografo di Osvaldo, questo monastero era il suo luogo di residenza preferito. Egli ne innalzò anche il livello intellettuale, ospitandovi grandi eruditi provenienti da ogni parte del continente, tra cui Abbone, abate di Fleury (13 nov.), matematico e astronomo (uno tra i maggiori studiosi della sua epoca), che trascorse nell'abbazia due anni (dal 985 al 987): il suo insegnamento giocò un ruolo fondamentale nella promozione della riforma monastica e se ne può intravedere l'influenza negli scritti di Byrthfert di Ramsey, uno dei maggiori intellettuali dell'xT secolo e probabilmente il primo biografo di Osvaldo. Dal 972 al 1016 (e per brevi periodi nel 1040 e nel 1061, quando il papa abolì tale uso) la sede di Worcester fu unita a quella di York; nel 972, infatti, l'arcidioccsi di York fu assegnata a Osvaldo, il quale tuttavia, su richiesta del re e con il permesso del papa, conservò anche la prima. Questo accumulo di cariche può risultare abbastanza strano se si considerano le severe riforme che Osvaldo impose al suo clero e a questo proposito F.M. Stenton ipotizza che l'unificazione sia dipesa dal fatto che la sede di Wor-cester, facente parte della provincia meridionale, era ricca e poten-te (come continuò a esserlo fin dopo la Riforma, vista anche la magnificenza del palazzo vescovile nel vicino castello di Hartlebu-ry, dimora dei presuli di Worcester per oltre un millennio), mentre York, capitale della provincia settentrionale, era povera e turbo-lenta. Osvaldo, di discendenza scandinava ma al tempo stesso strettamente legato a Edoardo, può per queste caratteristiche es-sere stato considerato l'uomo in grado di unire le due province. Certamente Osvaldo accrebbe la ricchezza di Worchester attraver-so l'acquisizione di larghe porzioni di territorio, e probabilmente gli poteva costare molto abbandonare completamente le tenute lussureggianti della fertile valle di Severn per le zone relativamen-te aride della Britannia del nord. Comunque sia, la Vita, scritta probabilmente da Byrhtferth, mette in rilievo il suo amore parti-colare per i poveri e quella santità che gli attirò grande onore nel corso della sua vita. Osvaldo continuò ad amministrare le due diocesi fino alla morte, costruì chiese, fece da giudice e visitò i monasteri da lui edificati. L'ultima volta che si recò a Ramsey fu nel 991, l'anno precedente la sua morte: la torre era crollata, danneggiando gravemente la chiesa, ed egli presenziò perciò la cerimonia di riapertura dell'edificio. Dopo una solenne Messa e un grandioso banchetto salutò i suoi monaci, con la sensazione che si trattasse probabilmente dell'ulti-mo addio. Trascorse l'ultimo inverno nell'amata cattedrale di Worcester: ogni Quaresima era sua abitudine lavare quotidianamente i piedi a dodici poveri e riuscì a compiere questo servizio fino al ventinove febbraio, giorno in cui, dopo aver baciato i piedi al dodicesimo e aver pronunciato una benedizione, morì. Si dice che la sua morte abbia prodotto «tali lamenti da far interrompere ai mercanti gli affari e alle donne la tessitura e la filatura» (Hill - Brodie). MARTIROLOGIO ROMANO. A Worcester in Inghilterra, sant’Osvaldo, vescovo, che, dapprima canonico, divenuto poi monaco, fu infine posto a capo delle Chiese di York e di Worcester e, maestro affabile, gioioso e dotto, introdusse in molti monasteri la regola di san Benedetto.

nome Beata Antonia da Firenze- titolo Vedova- nascita 1400 circa, Firenze- morte 29 febbraio 1472, Aquila- ricorrenza 29 febbraio, 28 negli anni non bisestili- Beatificazione 28 luglio 1848- Santuario principale Monastero di S. Chiara Paganica- Nata a Firenze e sposatasi in giovane età, Antonia rimase vedova dopo pochi anni di matrimonio: senza dare ascolto ai genitori che tentavano di persuaderla a risposarsi, decise di dedicarsi alla vita religiosa, diventando una delle prime postulanti delle terziarie di S. Francesco, costituite a Firenze nel 1429 da R. Angelina di Marsciano (14 lug.). Quella fiorentina era la quinta delle fondazioni di Angelina: la prima era sorta a Foligno nel 1397 e Antonia vi fu trasferita l'anno successivo al suo ingresso in considerazione dei suoi eccezionali meriti. Qui lavorò per tre anni sotto la diretta guida della fondatrice e poi venne inviata a L'Aquila come responsabile di una nuova fondazione, dando ancora una volta prova della sua santità nelle attività caritative. Sentendo tuttavia che la regola delle terziarie di S. Francesco non era sufficientemente austera per lei, espresse a S. Giovanni da Capestrano (23 ott.), durante una visita di quest'ultimo a L'Aquila, il suo desiderio di uno stile di vita più duro; questi allora decise che Antonia si trasferisse, insieme ad altre undici suore, nel nuovo convento del Corpus Domini, dove le religiose abbracciarono l'originaria regola di S. Chiara (11 ago.) alla lettera. Il convento, rivelatosi ben presto troppo piccolo per contenere tutte le aspiranti accorse numerosissime, dovette essere allargato per ospitare oltre cento religiose. Antonia chiamò la povertà la "Regina della casa", mostrando un'inesauribile umiltà e cortesia nei rapporti con le consorelle, di cui fu superiora per sette anni. Dovette superare molte difficoltà personali dovute alla cattiva salute, logorata anche dalle apprensioni per un figlio dissoluto che dissipò l'intera eredità e per un gruppo di parenti litigiosi; non mancarono altre pene spirituali. Quando diede infine le dimissioni dall'incarico di superiora, dedicò il resto della propria vita alla preghiera. Si racconta che l'abbiano spesso vista in estasi, e che a volte abbia mostrato fenomeni fisici ancor più sorprendenti, come la levitazione o l'apparizione di un'aureola di luce infuocata attorno al capo. Morì nel 1472 e fu sepolta con una cerimonia solenne; i vescovi, i magistrati e tutta la cittadinanza vollero a ogni costo sostenere gli oneri del funerale. Beatificata nel 1847, le sue reliquie si trovano a L'Aquila, dove sono conservati anche i resti di S. Bernardino da Siena (20 mag.) e del B. Vincenzo da L'Aquila (7 ago.). MARTIROLOGIO ROMANO. All’Aquila, beata Antonia da Firenze, vedova, poi fondatrice e prima badessa del monastero del Corpo di Cristo sotto la prima regola di santa Chiara.

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10 commenti

@Signorino

un anno fa

Sant'Augusto è un disegno o una specie di foto?

+1 punto