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I santi di oggi 26 settembre:
nome Santi Cosma e Damiano- titolo Medici, Martiri- ricorrenza 26 settembre- I santi martiri Cosma e Damiano furono fratelli gemelli, secondo il Martirologio Romano, e compagni non solo di sangue, ma anche di fede e di martirio. Studiarono assieme medicina in Siria e salirono ben presto a grande fama per la loro valentia nel curare i malati. Forse erano arabi di nascita, ma assai per tempo ricevettero un' educazione cristiana veramente ammirabile. Animati da vero spirito di fede e di carità si servirono della loro arte per curare sia i corpi sia le anime con l'esempio e con la parola. Riuscirono a convertire al cristianesimo molti pagani. Si portavano in fretta presso chiunque li richiedesse rifiutando ogni compenso, contenti di poter per mezzo della loro arte esercitare un po' di apostolato. In questo modo si attirarono amore e stima non solo dai cristiani, ma anche dagli stessi infedeli. Venivano da tutti soprannominati "Anàrgiri" (dal greco anargyroi, parola greca che significa "senza denaro"), proprio perché non si facevano pagare per la cura dei malati.
Mentre essi compivano tanto bene, ecco scoppiare la persecuzione di Diocleziano. I santi Cosma e Damiano si trovavano in quel tempo ad Egea di Cilicia, in Asia Minore. Così circa l'anno 300 i santi medici si videro arrestati e tradotti davanti al tribunale di Lisia, governatore della Cilicia. « Ho l'ordine, dice il proconsole, di far ricerca dei cristiani, punire quelli che resistono e premiare quelli che si sottomettono alle leggi dell'impero. Voi siete accusati di appartenere alla setta... Scegliete ». « La scelta è fatta, risposero i santi fratelli, siamo cristiani e come tali siamo pronti a morire ». « Riflettete bene, soggiunse Lisia, perché si tratta di vita o di morte, non potendo, né dovendo io tollerare una ribellione alle leggi ». « Noi rispettiamo come gli altri le leggi civili, ma nessuna legge ci può costringere ad inchinarci ai vostri dei di fango; noi adoriamo il Dio vivo e ci inchiniamo a Gesù Cristo Salvatore ». Lisia sdegnato ordinò che fossero legati e flagellati. Dopo questo primo tormento, persistendo i Santi nel loro fermo proposito, ordinò che fossero gettati in mare. L'ordine fu all'istante, mentre una grande turba di cristiani piangeva dirottamente. Il Signore venne in loro soccorso: le onde li spinsero fino alla riva e così poterono salvarsi. A tal vista il popolo gridò : « Siano salvi i nostri medici; si rispettino quelli che il mare stesso rispetta ». Purtroppo tutte queste grida furono vane: il proconsole li voleva assolutamente morti, perciò li fece gettare in una fornace ardente. Liberati miracolosamente dal Signore, dopo altri vari tormenti, furono fatti decapitare a Egea probabilmente nel 303. Sul loro sepolcro si moltiplicarono i miracoli: lo stesso imperatore Giustiniano, raccomandatosi alla intercessione di questi santi medici, fu guarito da mortale malattia e per riconoscenza fece erigere in loro onore una sontuosa basilica. In loro onore Papa Felice IV (525-530) fece costruire a Roma una chiesa, decorata di mosaici stupendi. I resti dei santi martiri sono custoditi nel pozzetto dell'antico altare situato nella cripta dei Ss. Cosma e Damiano in Via Sacra, dove li depose S. Gregorio Magno (590-604). Vivo il loro culto in Oriente in Occidente, dove numerose chiese e monasteri di epoche diverse sono intitolate ai santi martiri "guaritori". PRATICA. Facciamo oggi qualche opera di misericordia spirituale e corporale in favore del prossimo. PREGHIERA. Fa', te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che noi che celebriamo la festa dei tuoi martiri Cosma e Damiano, veniamo liberati per loro intercessione da tutti i mali che ci minacciano. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell'odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.
nome Santi Cipriano e Giustina- titolo Martiri- ricorrenza 26 settembre- Cipriano, filosofo e mago molto famoso, visse durante il regno dell'imperatore romano Decio. Molto piccolo, all'età di soli sette anni, iniziò a ricevere degli insegnamenti in ambito di stregoneria e con il passare del tempo venne a conoscenza di molte arti diaboliche, grazie alle quali poter procurare malattie alle persone, danneggiare la natura, procurare tempeste e cicloni.<br /> A trenta anni fece rientro presso Antiochia e queste furono le sue parole “Credete a me perché io ho visto lo stesso re delle tenebre, anzi me lo sono reso favorevole con i miei sacrifici. Io l'ho visitato ed ho parlato con lui e lui mi ha amato e lodato. Lui mi ha promesso di mettermi come capo, dopo la mia separazione dal corpo, e durante la vita terrena di aiutarmi in ogni opera mia. Esso mi ha dato perfino una legione di diavoli per servirmi e aiutarmi”.<br /> Grazie a questa sua competenza nell'ambito della magia Cipriano fu stimato da tutti i pagani di Antiochia e un giorno gli si presentò un giovane, di nome Algaide, che chiese lui aiuto promettendogli in cambio molto denaro. Il giovane Algaide desiderava che Cipriano lo aiutasse con Giustina, una fanciulla cristiana di Antiochia che amava Cristo come suo sposo e si dedicava a tutte le buone opere cristiane. Giustina aveva deciso di dedicare tutta la sua vita al Signore ma il diavolo, utilizzando tormenti e sofferenze, iniziò a tormentarla.<br /> Algaide, colpito dalla sua immensa bellezza, desiderava averla per sé ma lei gli rispose con chiarezza: “Io ho come sposo Cristo, io servo Lui e per Lui voglio mantenere la mia purezza. Lui è il protettore della mia anima e del mio corpo da qualsiasi impurità”. Algaide, però, cercò ad ogni modo di impadronirsi di Giustina, dominandola. Il Sovrano, però, continuò a difendere la sua serva fedele. Di fronte alla sempre più insistente richiesta di aiuto a Cipriano questi rispose: “Io farò in modo che la stessa ragazza senta per te una passione molto più forte di quella che hai tu e lei stessa cercherà il tuo amore”. Cipriano evocò il demonio e di notte Giustina mentre stava pregando il Signore sentì l'opera delle forze maligne che l'attiravano verso il peccato” Alla fine Giustina vinse con la forza della preghiera e del segno della croce poiché fece sparire il demonio con timore. Cipriano riconobbe l'impotenza del diavolo nei confronti del Signore e disse lui: “Adesso io ho visto la tua impotenza, adesso ho capito la tua debolezza, per averti ascoltato me infelice, mi sono prestato ed ho creduto alla tua malizia”. Cipriano rinunziò così ai suoi incantesimi, consegnando al vescovo tutti i suoi libri di magia e si dichiarandosi cristiano; persuaso da un certo Timoteo che gli fece conoscere la misericordia di Dio, confessò pubblicamente tutti i suoi delitti e misfatti. Cipriano fu così accolto nella Chiesa e divenne in successione diacono, sacerdote e, infine, vescovo di Antiochia, mentre Giustina divenne diaconessa di un convento. Durante la persecuzione di Diocleziano i pagani vollero condannare a morte Cipriano e Giustina. I due furono arrestati e portati in un luogo di prigionia dove soffrirono moltissime sofferenze: Cipriano venne scarnificato, mentre Giustina flagellata poi ambedue furono immersi in una caldaia di pece bollente, ma ne uscirono illesi. Nonostante questo continuarono a gran voce a professare la loro fede in Cristo. Quando le minacce ed i tormenti non furono più sufficienti i Pagani tagliarono loro la testa con la spada. La stessa sorte toccò a un cristiano, Teoctisto, che osservando la fede di Cipriano, dichiarò di essere egli stesso un cristiano. PRATICA Manteniamo salda quotidianamente la nostra fede in Cristo. PREGHIERA O Dio così come hai fatto con Cipriano aiutaci ogni giorno a diffidare dal male. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nicomédia il natale dei santi Martiri Cipriàno e Giustina Vergine. Questa, sotto l'Imperatore Diocleziàno ed il Preside Eutólmio, avendo sofferto molto per Cristo convertì alla fede cristiana anche lo stesso Cipriàno, il quale era mago e colle sue magiche arti tentava di pervertirla, e con lui poi subì il martirio. I loro corpi, gettati alle fiere, furono di notte presi da alcuni marinai Cristiani e portati a Roma; in seguito poi trasferiti nella BasiUca Costantiniana, furono sepolti presso il Battistero.
nome San Nilo da Rossano- titolo Abate- nascita 910 circa, Rossano, Calabria- morte 26 settembre 1004, Grottaferrata, Roma- ricorrenza 26 settembre- San Nilo di Rossano, talvolta detto "il Giovane" per poterlo distinguere da S. Nilo il Sinaita (12 nov.), nacque da genitori greci, che lo chiamarono Nicola, a Rossano in Calabria nel 910 circa. Questa zona della Calabria, rimasta bizantina durante gli sconvolgimenti politici del a secolo, era greca, e l'appartenenza alla Grecia era stata semplicemente rinforzata quando i greci, in fuga dagli invasori arabi, si riversarono in Sicilia tuttavia, alla nascita di Nilo, era già stata riunita, a scopi amministrativi, con il resto della regione, fino ad allora dominata dai longobardi. Rossano si trovava sul punto d'incontro delle due culture, e Nilo, che conosceva sia il greco sia il latino, fu intermediario tra queste due culture per tutta la vita. Alban Butler afferma che da giovane era «molto devoto nei suoi doveri religiosi e nel praticare tutte le virtù» ma non sembra vero, dato che era immaturo e noncurante nei confronti della religione: la precedente revisione di Butler afferma piuttosto affrettatamente, che «è stato persino messo in dubbio che la donna con cui viveva, e che gli diede una figlia, fosse sposata con lui». Tuttavia, all'età di trent'anni perse entrambe, forse a causa di un'epidemia, e lui stesso fu colpito gravemente. La duplice perdita affettiva lo costrinse a pensare a se stesso, perciò intraprese una conversione profonda: il primo passo fu di diventare monaco, con il nome di Nilo, in uno dei monasteri di rito bizantino, molto numerosi nell'Italia meridionale al tempo, ed effettivamente visse in diversi di questi conventi in momenti differenti, sia come eremita che come cenobita. Alla fine diventò abate di S. Adriano, vicino a S. Demetrio Corone, fondato da lui stesso nel 953. Aveva profondi sentimenti di lealtà verso la famiglia, gli insegnanti, e i primi discepoli, e si fermò a S. Adriano per circa trent'anni. In veste d'abate si fece conoscere per l'erudizione e la santità, e la gente giungeva da tutta la regione per ottenere il suo consiglio; sebbene accettasse apertamente le teorie sulla salvezza e il numero degli eletti, che persino i suoi contemporanei ritenevano estreme, e che anche oggi sarebbero sembrate tali, non pensava che la vita monastica fosse l'unica strada verso la salvezza. Disse a un nobile signore che desiderava entrare in monastero, in segno di pentimento: «Le promesse del battesimo sono sufficienti: il pentimento non richiede nuove promesse, ma un cambiamento totale dello stile di vita».<br /> Nel periodo in cui Nilo fu in vita, la pace nell'Italia meridionale era costantemente minacciata da incursioni degli arabi e di predatori mercenari. Nel 981, un'incursione araba lo costrinse a fuggire insieme agli altri monaci da S. Adriano, verso nord: furono accolti nel monastero di Montecassino, dove i monaci li ricevettero «come se S. Antonio fosse venuto da Alessandria, o il loro grande S. Benedetto dall'aldilà», e in cui vissero per breve tempo, celebrando il loro culto greco nella cappella, finché l'abate, Aligerno, donò loro il monastero di Valleluce, in quel momento non occupato. Trascorsi quindici anni si trasferirono di nuovo a Serperi, vicino a Gaeta. Si dice che i monasteri di Nilo non fossero del tipo cenobitico conosciuto in Occidente, che lui stesso preferisse la solitudine alla vita comunitaria, e che i suoi monaci vivessero come eremiti uno accanto all'altro, secondo il modello orientale. Non vi era un'unica regola, e si narra che Nilo, che si guadagnava da vivere copiando manoscritti, si allontanava spesso da solo per digiunare e pregare. Nel 998, ebbe l'opportunità di mostrare il lato tollerante e misericordioso del suo carattere: l'imperatore Ottone III (996-1002) giunse a Roma per espellere Filagato, vescovo di Piacenza, che, con il nome di Giovanni XVI (997-998) era stato eletto come antipapa in opposizione a Gregorio V (996-999). Filagato era calabrese come Nilo (era nato a Rossano), e Nilo, che aveva già tentato per lettera di distoglierlo dal progetto disastroso che stava per intraprendere, si recò a Roma con l'intento di persuadere il papa e l'imperatore a trattare con gentilezza l'anziano vescovo. Entrambi lo lasciarono parlare, tuttavia sembra che non lo tenessero in gran considerazione; perciò non riuscì a mitigare il crudele trattamento che fu inflitto a Filagato che venne accecato e mutilato. Quando un prelato fu incaricato di spiegare a Nilo il motivo di questo provvedimento, Nilo, che aveva già protestato contro questa tortura, s'infuriò a tal punto che fece annunciare che stava dormendo per non dover parlare con lui. Trascorso un po' di tempo, Ottone ebbe l'ardire di far visita a Nilo al suo monastero, e sorpreso dalla semplicità primitiva della vita di questo monaco, gli offrì un lotto di terra nei propri domini per poter costruire un monastero, promettendo di finanziare i lavori, ma Nilo rifiutò, e quando l'imperatore gli chiese di accettare almeno del denaro, replicò: «La sola cosa che Vi chiedo è di salvare la Vostra anima; anche se siete imperatore, al momento della morte dovrete rendere conto della Vostra vita a Dio, proprio come chiunque altro». Nel 1004, Nilo partì per visitare un monastero a sud di Tuscolo, ma si ammalò sui monti Albani, e, mentre tentava di recuperare la salute quel tanto sufficiente a riprendere il viaggio, ebbe una visione della Madonna che si dice gli abbia consigliato di costruire in quel luogo un convento permanente per la sua congregazione. Nilo ottenne legalmente i diritti di proprietà da Gregorio, conte di Tuscolo, sulle pendici del Monte Cavo, a circa diciassette chilometri da Roma, e mandò a chiamare i monaci. Si cominciò a stilare i progetti, ma prima che potesse iniziare la costruzione, Nilo morì. Tuttavia il suo successore, S. Bartolomeo (11 nov.), portò avanti i lavori della futura grande abbazia di Grottaferrata, anche se Nilo è considerato fondatore e primo abate. Alla sua morte fu sepolto a Grottaferrata e il culto è ancora diffuso nell'Italia meridionale, dove è invocato in particolare contro l'epilessia. L'abbazia di rito orientale è ancora un centro fiorente di santità ed erudizione; oggi, invece di produrre manoscritti, i monaci usano le tecniche più moderne per conservarli (alcuni manoscritti di Nilo sono stati conservati). MARTIROLOGIO ROMANO. Nella campagna del Tuscolo vicino a Roma, san Nilo il Giovane, abate, che, di origine greca, cercò una santa condotta di vita e, pervaso dal desiderio di penitenza, umiltà e peregrinazione, nonché insigne per spirito di profezia e sapienza di dottrina, fondò il celebre monastero di Grottaferrata secondo gli insegnamenti dei Padri orientali, dove nonagenario rese in chiesa lo spirito a Dio.
nome Santa Teresa Couderc- titolo Fondatrice- nome di battesimo Marie-Victoire Couderc- nascita 1 febbraio 1805, Le Mas-de-Sablières, Francia- morte 26 settembre 1885, Fourvières, Francia- ricorrenza 26 settembre- Maria Vittoria Couderc nacque in una famiglia d'agricoltori in buone condizioni finanziarie a Le Mas-de-Sablières, nell'Ardèche, il 1 febbraio 1805, e da bambina ricevette un'istruzione formale insufficiente, anche se sapeva leggere, imparando perciò molte cose dalla lettura e dal cristianesimo attivo dei genitori, specialmente della madre. Fin da adolescente, ebbe il desiderio di entrare in una congregazione religiosa per riportare il popolo contadino alla fede. Il padre disapprovò l'idea, ma le permise di unirsi alle suore di S. Giuseppe, per essere istruita ulteriormente, e si trovava ancora presso di loro quando, durante la Quaresima del 1825, fu annunciata una missione a Sablières, la prima dopo la Rivoluzione, che la spinse a tornare a casa per parteciparvi. Uno dei sacerdoti che predicavano la missione, Giovanni Terme, aveva fondato di recente una congregazione di suore che insegnavano nella scuola parrocchiale ad Aps, di cui era parroco. Maria Vittoria alla fine vinse la resistenza del padre, e nel gennaio 1826 fu una delle prime a unirsi alla congregazione, con il nome di Teresa.<br /> Sei mesi dopo, Giovanni Terme la invitò insieme a due consorelle a partecipare a un progetto di cui si stava occupando nella vicina La Louvesc. Nel 1824 Terme, insieme con alcuni sacerdoti, fu inviato in quella zona dal loro vescovo per svolgere l'attività missionaria tra i contadini e per accudire al sepolcro di S. Giovanni Francesco Régis (31 dic.), popolare meta di pellegrinaggio. Divenne presto evidente che era necessaria una sistemazione per le pellegrine, perciò fu aperto un ricovero, affidate alla responsabilità di Teresa e delle consorelle. Le cose procedettero bene in un primo momento. Nel 1828, riconoscendo che ella aveva «una mente equilibrata, un giudizio corretto e discernimento spirituale», Terme nominò Teresa, che aveva solo ventitré anni, madre superiora della congregazione, poi, l'anno seguente, si giunse a una svolta importante: Terme si recò presso la casa dei gesuiti vicino a Le Puy per un ritiro spirituale e ritornò con una nuova idea. Le Figlie di S. Regis (come furono dunque chiamate le suore) avrebbero dovuto anche iniziare a offrire ospitalità alle donne durante i ritiri spirituali; benché questo non implicasse la direzione spirituale, prerogativa degli uomini, ciò rappresentò una grande innovazione, che ebbe un immediato successo, specialmente tra le contadine, tuttavia il 12 dicembre, Giovanni Terme morì. La sua morte rappresentò un colpo durissimo per la congregazione, e in particolare per Teresa, che non solo perse un amico e consigliere prezioso, ma anche un custode delle finanze della congregazione. Il successore del Terme, Francesco Renault, e i gesuiti, che avevano preso possesso del santuario e della parrocchia di La Loubesc, separarono l'attività d'insegnamento da quella dell'ospitalità. Dodici suore, guidate da Teresa, si ritirarono dalle Figlie di S. Regis, per formare una congregazione distinta, con una regola e un abito nuovo, che divennero note come suore del Ritiro, successivamente religiose del Cenacolo. Secondo il metodo di S. Ignazio (31 lug.), le suore iniziarono subito l'attività di assistenza, ottenendo risultati così buoni che presto fu necessario costruire un nuovo edificio e una chiesa. Tutto procedette bene finché le risorse finanziarie della congregazione per questa e altre attività, finirono, lasciando le suore con debiti enormi e nessun modo di saldarli. Nell'ottobre del 1837, accettando la parola di un membro della congregazione che esagerò la portata del debito, Renault umiliò Teresa donandole un fascio di conti da pagare a forma di bouquet il giorno della sua festa. Biasimando se stessa per ciò che era accaduto e accettando l'umiliazione, Teresa si ritirò dall'incarico di madre superiora, e con l'approvazione del vescovo di Viviers, Renault nominò al suo posto una ricca vedova, la viscontessa de la Villeurnoy, che fu dichiarata «superiora generale, fondatrice» nonostante fosse entrata nella congregazione neanche un mese prima. Da questo momento, lo sviluppo della Congregazione di Nostra Signora del Cenacolo, come presto fu chiamata, non fu propriamente semplice: la de La Villeurnoy, che pareva aver capito poco della vita religiosa e ancor meno della finanza, trascinò la congregazione sempre più in mezzo ai debiti e fu rimossa dal suo incarico undici mesi dopo. Al suo posto, la congregazione elesse Carlotta Contenet, una buona religiosa, con maggiore esperienza e con molte doti, che aveva in animo di portare la congregazione nelle principali città francesi, e aveva determinate idee sul tipo di suore adatte a questo scopo: non meno di nove suore del gruppo originale furono allontanate. Teresa non poté essere mandata via perché, nelle clausole del testamento di Giovanni Terme, era comproprietaria con un'altra suora della casa in cui la congregazione viveva, ma nei successivi tredici anni le furono affidati principalmente lavori manuali, che accettò tranquillamente, nella casa o nel giardino, che non avevano niente a che fare con l'apostolato scelto dalla congregazione. Teresa fu mandata a Lione nel 1842, poiché in quella città la congregazione voleva fondare un convento, ma solo come aiutante nei pesanti lavori di pulizia, e poi, quando il progetto fallì, fu incaricata di badare alla casa. Nel 1843, all'asta e a metà prezzo, riuscì ad acquistare un'altra proprietà a La Fourvière, sovrastante la città. La sorpresa di Carlotta Contenet fu ovviamente autentica, ma suggerisce che in realtà non aveva idea delle capacità di Teresa. Alla morte di Carlotta nel 1851, si presentò un problema di tipo diverso: Madre de Larochenégly fu eletta superiora generale, ma la sua assistente, Anàis de Saint-Privat, rifiutò di accettarla, portando così allo scisma le suore della casa parigina fondata di recente, perciò nel marzo 1854, Teresa fu inviata nella capitale francese per tentare una riconciliazione. AnMs e quattro suore preferirono lasciare la congregazione, le altre rimasero e tre delle quattro che se n'erano andate, tornarono. Teresa diresse la congregazione per un breve periodo e poi ritornò al suo posto, sullo sfondo, mettendosi in luce solo in un paio di occasioni per contribuire a una nuova fondazione. Teresa fu felice di portare avanti l'attività della congregazione in questo modo poiché restare in secondo piano era un punto a suo favore: tutto ciò che aveva sofferto durante la metà della vita, pur non avendola amareggiata, le aveva lasciato una profonda conoscenza del significato della sofferenza e del proprio posto nello schema della salvezza. Non poté nascondere, comunque, la sua vera natura, e chi la conobbe riconosceva la sua bonté (la sua innata bontà). Morì a Fourvière il 26 settembre 1885, circondata dai membri della congregazione, e fu sepolta, per sua richiesta, nel cimitero di La Louvesc. Nel 1885 esistevano dodici cenacoli, nove in Francia e tre in Italia. Oggi ce ne sono più di sessanta distribuiti in quattordici paesi. Teresa Couderc fu beatificata nel 1951 e canonizzata nel 1970. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lione in Francia, santa Teresa (Maria Vittoria) Couderc, vergine, che non senza grandi tribolazioni, ma con animo sereno, fondò nel villaggio di La Louvesc presso la tomba di san Giovanni Francesco Regis la Società di Nostra Signora del Ritiro del Cenacolo.
nome Beata Lucia da Caltagirone- titolo Vergine- nascita Caltagirone, Sicilia- morte Salerno- ricorrenza 26 settembre- Si sa pochissimo della B. Lucia, e le informazioni disponibili non sono attendibili. Nata a Caltagirone in Sicilia, una città che successivamente, nel 1871, diede i natali a Don Luigi Sturzo, sacerdote, politico e riformatore sociale, trascorse la maggior parte della vita in un convento di terziarie francescane regolari a Salerno, dove fu nominata maestra delle novizie e maggiormente ricordata per la sua fedeltà alla regola e per la devozione alle Cinque Piaghe di Cristo. Le furono attribuiti miracoli anche dopo la morte, di cui non si conosce la data. Nonostante fosse francescana, il suo corpo fu portato nel monastero benedettino di Santa Maria Maddalena a Salerno, per motivi sconosciuti. Pare che il culto sia stato approvato da papa Callisto III (1455-1458) e da papa Leone X (1513-1521). MARTIROLOGIO ROMANO. A Salerno, beata Lucia da Caltagirone, vergine del Terz’Ordine regolare di San Francesco.
nome Beato Luigi Tezza- titolo Fondatore- nome di battesimo Luigi Tezza- nascita 1 novembre 1841, Conegliano Veneto, Treviso- morte 26 settembre 1923, Lima, Perù- ricorrenza 26 settembre- Nacque a Conegliano (Treviso) l'1 novembre 1841. All'età di 15 anni entrò nell'ordine dei religiosi Camilliani. Ordinato sacerdote, nel 1871 venne inviato in Francia come Maestro dei novizi. Con il suo zelo e il suo impegno riuscì a migliorare all'interno delle comunità la vita comune e, all'esterno, lo specifico ministero camilliano: l'assistenza corporale e spirituale agli infermi. A Roma, nel 1891, conobbe Giuseppina Vannini (beatificata il 16 ottobre 1994) e le propose di costituire un gruppo femminile per il servizio degli ammalati secondo il carisma di San Camillo de Lellis. Nacque così il 2 febbraio 1892 la congregazione delle Figlie di S. Camillo. All'età di 59 anni venne inviato in Perù come Visitatore: doveva essere un breve soggiorno ma la sua presenza in quel Paese fu ritenuta indispensabile dall'arcivescovo. Vi resterà per 23 anni, fino alla morte, giunta il 26 settembre 1923. È stato proclamato beato il 4 novembre 2001.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Los Reyes in Perù, beato Luigi Tezza, sacerdote, dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, che per servire Dio tra i malati fondò la Congregazione delle Figlie di San Camillo, che sapientemente avviò a molteplici opere di carità.
nome Beato Gaspare Stanggassinger- titolo Redentorista- nome di battesimo Kaspar Stanggassinger- nascita 12 gennaio 1871, Berchtesgaden, Baviera- morte 26 settembre 1899, Gars- ricorrenza 26 settembre- Gaspare Stanggassinger, secondo di diciassette figli, nacque a Berchtesgaden in Baviera il 12 gennaio 1871, e da bambino manifestò un'insolita coscienza religiosa, combinata con una straordinaria semplicità. Sin da tenerissima età, annunciò che sarebbe diventato sacerdote, e aveva solo dieci anni quando entrò nel seminario giovanile a Frisinga, ma poiché incontrò delle difficoltà nello studio, suo padre l'ammonì che se non avesse studiato, lo avrebbe ritirato dal corso. Da quel momento s'impegnò al punto di impressionare gli insegnanti e i compagni, per la sua determinazione e per la dedizione all'osservanza di un regime di preghiera e studio. All'età di sedici anni, dopo averne discusso con il suo confessore, pronunciò un voto di castità perpetua, e due anni dopo, nel 1889, si consacrò al Sacro Cuore di Gesù, come ringraziamento per la sua rapida e totale guarigione da una malattia grave, poi nel 1890 entrò nel seminario di Monaco-FriSinga, dove il 2 aprile 1892 ricevette là tonsura e i quattro ordini minori. La consacrazione sembrava prossima, ma quell'estate si recò in pellegrinaggio alla cappella mariana di Altiitting, dove si sentì fortemente chiamato a unirsi ai redentoristi, ispirato, senza dubbio, dalla sua guida spirituale, redentorista. Con la caratteristica decisione e nonostante l'opposizione del padre, Gaspare entrò subito nel noviziato dei redentoristi a Gars. Pronunciò i voti il 16 ottobre 1893 e fu ordinato sacerdote il 16 giugno 1895. Fu inviato a insegnare ai futuri missionari nel seminario e nell'università minore a Diirrnberg. Restò a Diirrnberg fino all'estate del 1899, quando fu nominato direttore del seminario redentorista aperto di recente a Gars, ma due mesi dopo ebbe un attacco acuto di peritonite, che, nei giorni precedenti alle cure con la penicillina, fu fatale. Morì, all'età di ventotto anni, il 26 settembre, ed è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 24 aprile 1988. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Gars vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Gaspare Stanggassinger, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore, che, incaricato della formazione dei giovani, offrì loro un esempio di gioiosa carità e di preghiera assidua.