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23/09/2024 alle 14:35

I santi di oggi 23 settembre:

I santi di oggi 23 settembre:

nome San Pio da Pietrelcina- titolo Sacerdote cappuccino- nome di battesimo Francesco Forgione- nascita 25 maggio 1887, Pietrelcina, Benevento- morte 23 settembre 1968, San Giovanni Rotondo, Foggia- ricorrenza 23 settembre- Beatificazione Città del Vaticano, 2 maggio 1999 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Città del Vaticano, 16 giugno 2002 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Santuario di San Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo- Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa "un momento di rara intensità spirituale" e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente. Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta». Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo». Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote. Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.

Stimmate di Padre Pio

Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro "ha raccontato lui stesso" dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue». Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo. Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza. La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate. Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore. Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera "aveva detto ai suoi confratelli" è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male». Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù. Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati». La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva. La gente lo venerò come un santo, prima ancora che la chiesa si esprimesse in tal senso. Il convento e la chiesa dove celebrava messa sono diventati ben presto meta di incessanti pellegrinaggi e luogo di preghiera, di carità e di conversione. Il cammino verso gli altari, però, fu più tortuoso. Coloro che lo avevano avversato in vita, anche per motivi poco nobili (leggi: l'uso delle tante offerte che la gente inviava per le sue iniziative di carità), misero molti pali tra le ruote. Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo". Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano. PRATICA. Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno". PREGHIERA. O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi l'umiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Pio da Pietrelcina (Francesco) Forgione, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso.

nome Santi Zaccaria ed Elisabetta- titolo Genitori di San Giovanni Battista- ricorrenza 23 settembre- I Santi Elisabetta e Zaccaria furono, dopo Maria e Giuseppe, genitori protetti dalla grazia. Elisabetta, discendente di Aronne e Zaccaria, della classe di Abìa, ebbero in figlio Giovanni Battista. I due coniugi osservavano attentamente ogni legge di Dio e quotidianamente dimostravano in lui una immensa fiducia. Nonostante i numerosissimi tentativi non riuscirono a concepire un bambino e ormai in età avanzata persero in parte le speranze di poter avere un figlio. Un giorno mentre Zaccaria lavorava al Tempio di Gerusalemme gli apparve innanzi l’Arcangelo Gabriele che gli annunciò la nascita di un figlio, così dicendo: “Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore”. Inizialmente Zaccaria non gli credette ma Gabriele duramente rispose lui “Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio” e poi aggiunse che gli avrebbe fatto perdere la parola fino al momento in cui il suo primogenito non fosse stato concepito. Nel corso del sesto mese di gravidanza di Elisabetta, Maria che era sua parente si recò personalmente presso la sua dimora per farle visita siccome aveva avuto notizia dall’Arcangelo Gabriele di questa tanto attesa gravidanza. Entrambe erano consapevoli di portare in grembo la salvezza per gli uomini.<br /> Durante questo episodio, conosciuto come la Visitazione, Elisabetta riconobbe Maria come la madre del Salvatore e la salutò con la famosa espressione “benedetta tra le donne”, Maria rispose con l’inno del Magnificat.<br /> PRATICA. Impegniamoci quotidianamente alla perseveranza che, se unita alla preghiera ed alle fede nel nostro Signore che ci porterà nella sua gloria. PREGHIERA. O Dio che hai donato tanta pazienza ad Elisabetta e Zaccaria fa che anche noi possiamo essere capaci di attendere con gioia quanto la vita ha in serbo per noi. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione dei santi Zaccaria ed Elisabetta, genitori di san Giovanni Battista, Precursore del Signore. Elisabetta, accogliendo in casa sua Maria, sua parente, piena di Spirito Santo, salutò la Madre del Signore benedetta tra le donne; Zaccaria, sacerdote, pieno di spirito profetico, alla nascita del figlio, lodò Dio redentore e predisse il prossimo avvento di Cristo, che verrà dall’alto come sole che sorge.

nome San Lino- titolo 2° papa della Chiesa cattolica e martire- nascita I secolo, Volterra, Pisa- Elezione<br /> 67- Fine pontificato 23 settembre 76- morte I secolo, Roma- ricorrenza 23 settembre- Beatificazione 1º settembre 89 da papa Cleto- Canonizzazione 28 dicembre 1772 da papa Clemente XIV- Santuario principale Chiesa di San Lino (Volterra)- Attributi Palma del martirio, pallio, triregno, piviale- Negli elenchi primitivi dei vescovi, Lino è indicato come vescovo di Roma, dopo S. Pietro (29 giu.), ma la data e la durata esatta del suo ministero sono incerte. Il Catalogus Liberianus e il Liber Ponti-ficalis affermano che si trattava del periodo dal 56 al 67, ma Eusebio sostiene dal 69 al 81. Si ritiene che questa discrepanza rifletta le differenti interpretazioni dei testi in cui si afferma che Pietro e Paolo nominarono Lino, Anacleto e Clemente come ausiliari o vicari, inoltre non è del tutto chiaro quale sia stato il loro ruolo, giacché in quella fase primitiva l'episcopato di tipo monarchico era anacronistico.<br /> Teoricamente non si sa nient'altro di Lino, sebbene S. Irenco (28 giu.) lo identifichi con un certo Lino citato da S. Paolo (25 gen., c 29 giu.) in 2 Tm 4, 21; inoltre il Liber Pontificalis afferma che era toscano. Una versione tradizionale successiva, colmando le lacune, affermò che proveniva da Volterra, che studiò a Roma, e fu convertito da S. Pietro. Anche se a Lino fu affidato l'incarico di guidare la Chiesa di Roma, nomina che si può dire l'abbia reso primo vescovo della città e perciò primo papa, dal tardo ti secolo all'inizio del III quel privilegio fu tradizionalmente accordato a S. Pietro. Si pensa che Lino abbia guidato la Chiesa per circa dodici anni complessivamente. In Occidente fu venerato come martire, ma non esiste nessuna prova a supporto di questo.<br /> Nel 1969 la sua festa fu rimossa dal calendario universale, tuttavia Lino è ancora citato nel Canone Romano della Messa, dopo i SS. Pietro e Paolo. Esistono prove dell'esistenza di un culto in certi luoghi, in particolare a Volterra.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di san Lino, papa, al quale, come scrive sant’Ireneo, i beati Apostoli affidarono la cura episcopale della Chiesa fondata a Roma e che san Paolo Apostolo ricorda come suo compagno.

nome San Sossio- titolo Martire- nascita III secolo, Miseno- morte 19 settembre 305, Pozzuoli- ricorrenza 23 settembre- Santuario principale Basilica di San Sossio Levita e Martire, Frattamaggiore- Attributi Palma del martirio, Fiamma, Vangelo, Dalmatica rossa- Patrono di Frattamaggiore, San Sossio Baronia, Falvaterra, Miseno- Secondo quanto riferito da un carme scritto da papa Simmaco custodito in un oratorio dedicato proprio a San Sossio quest'ultimo sarebbe stato un diacono della chiesa di Miseno, in Campania, dove avrebbe subito il martirio insieme ad un vescovo di cui non si conosce il nome, verosimilmente quello di Miseno, al quale egli rimase fedele sino alla morte. Da questa testimonianza si discosta l'antica Passio San Ianuarii, secondo la quale sarebbe stato il vescovo Gennaro a seguire Sossio nel martirio. Al di là di queste scarne e contrastanti notizie, nulla più è dato sapere di San Sossio, il cui culto fu molto vivo almeno nei primi secoli, diffuso tra la Campania e il Lazio, come testimoniano i numerosi monumenti e mosaici a lui dedicati. Le sue reliquie, un tempo custodite insieme a quelle di San Severino di Norico, attualmente si trovano nella chiesa di Frattamaggiore, dove sono ancora oggetto di venerazione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Capo Miseno in Campania, san Sossio, diacono e martire, che, come riferisce il papa san Simmaco, desiderando sottrarre il suo vescovo alla morte, trovò invece inseme a lui la morte, ottenendo a ugual prezzo ugual gloria.

nome Santi Cristoforo, Antonio e Giovanni- titolo Adolescenti, protomartiri del Messico- ricorrenza 23 settembre- Il conquistatore spagnolo Hernàn Cortés sbarcò in Messico nel marzo 1519 con circa cinquecento soldati e cento marinai, e si accorse immediatamente che il modo migliore di conquistare il paese era di approfittare della crisi politica interna dell'impero azteco, perciò alla fine, usando sia la forza sia le sue buone relazioni pubbliche, oltre all'aiuto ricevuto della sua donna indios, "la Malinche", si conquistò degli alleati tra i sudditi, in particolare i tlaxcalani, che odiavano gli oppressori aztechi. Successivamente in quello stesso anno, quando con la sua piccola compagnia spagnola e un migliaio di tlaxcalani circa, Cortés iniziò la conquista sulla grande città fortificata di Tenochtitliín, il re azteco Montezuma, restò in attesa di sviluppi ulteriori. Presto, tuttavia, decise che Cortés era, se non la reincarnazione del dio azteco Quetzalcoatl, almeno il suo messaggero, e ricevendolo pacificamente anche se cautamente, offrì ospitalità agli spagnoli. Cortés, che a sua volta sapeva di dover attendere un'occasione migliore, gradualmente, con l'aiuto della Malinche, fece in modo di far prigioniero Montezuma, e alla fine conquistò Tenochtitlàn per conto della Spagna, il 13 agosto 1521. Inevitabilmente alcuni indios, e in particolare i loro capi, consideravano la nuova forma di sottomissione con un certo risentimento, ma molti missionari si comportarono con sufficiente sensibilità, e dopo aver imparato a esprimersi negli idiomi locali, cominciarono le conversioni. Tra i conversi vi fu un capotribù, che donò ai francescani le case necessarie a creare una base per la loro missione, dove i frati aprirono un collegio per i figli delle famiglie di ceto sociale elevato, poiché pensavano di raggiungere i loro genitori, per mezzo loro. Tra coloro che mandarono i figli a studiare nel collegio vi fu Axotecatl, un potente capotribù di Tlaxcala: il maggiore dei tre, nato nella vicina Atlihuetzia, nel 1514 o 1515, aveva circa dodici anni quando fu battezzato con il nome di Cristoforo (Cristòbal), e cominciò ad accompagnare i missionari durante le visite nei villaggi, tentando allo stesso tempo, ma senza risultato, di suscitare l'interesse del padre nella nuova fede. Osò anche metterlo in guardia contro l'idolatria e di condannare le orge cui partecipava. Accorgendosi che il padre lo ignorava, fece a pezzi gli idoli in sua presenza, oltre a frantumare le giare con il vino per i festini. Incoraggiato da una delle mogli, che desiderava l'eredità di Cristoforo per il proprio figlio, Axotecatl percosse il ragazzo fino a farlo diventare un ammasso di ferite e di ossa rotte, e al tentativo della madre di intervenire, picchiò anche lei, poi accorgendosi che Cristoforo era ancora vivo, lo costrinse a stare su un fuoco vivo per alcuni momenti. Il ragazzo trascorse la notte in agonia, e la mattina seguente chiese di vedere il padre: «Non pensare che ce l'abbia con te,» gli disse «sono anzi molto felice perché ciò che hai fatto mi ha reso un onore maggiore della tua paternità», poi chiese da bere, ma morì nelfrattempo. Il padre lo fece seppellire sotto il pavimento della casa, ma la notizia della sua azione criminale prestò cominciò a diffondersi. Il corpo, trovato incorrotto quando fu riesumato, fu seppellito questa volta nella chiesa francescana a Tlaxcala (ora cattedrale della diocesi più antica del Messico). Antonio e Giovanni (Antonio e Juan) erano più giovani di un anno o due di Cristoforo, entrambi nati a Tizatlàn, vicino a Tlaxcala, nel 1516 o 1517. Il primo proveniva da una delle famiglie governanti, mentre le origini di Giovanni erano più umili, infatti spesso accompagnava Antonio in veste di servitore o paggio, ed insieme frequentarono íl collegio francescano. Nel 1529, due anni dopo la morte di Cristoforo, due missionari domenicani passarono per Tlaxcala, mentre erano in viaggio per lo stato di Oaxaca, una zona del paese dove il cristianesimo non era ancora giunto, e si fermarono al collegio con la speranza di poter reclutare assistenti per la missione, così, pienamente consapevoli dei rischi connessi, Antonio, Giovanni e un altro ragazzo si unirono a loro come volontari. La tecnica dei frati, che sarebbe inaccettabile al giorno d'oggi, era di entrare nelle case degli indios e distruggere le statue degli idoli (e solo allora iniziare a parlare seriamente del cristianesimo). Un giorno, a Cuauhtinchàn, i due' ragazzi giunsero in una casa apparentemente vuota, e Giovanni entrò per distruggere gli idoli, mentre Antonio restò fuori a parlare con un ragazzo del luogo che era lì per caso, ma erano finiti in una trappola: due indios armati di bastoni entrarono nella casa e colpirono Giovanni fino alla morte, e quando Antonio li affrontò, uccisero anche lui, gettando poi i corpi in un dirupo. Successivamente i criminali furono catturati, processati e condannati a morte: entrambi si pentirono e chiesero di essere battezzati prima di essere giustiziati. Cristoforo, Giovanni, e Antonio, protomartiri del Messico e certamente i più giovani martiri d'ogni luogo, sono stati beatificati da papa Giovanni Paolo II nella basilica della Madonna di Guadalupe a Città del Messico, il 6 maggio 1990. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tlaxcala in Messico, beati Cristoforo, Antonio e Giovanni, martiri, che, durante la prima evangelizzazione dell’America, aderirono lieti alla fede cristiana e furono per questo percossi a morte dai loro concittadini.

nome Beata Emilie Tavernier Gamelin- titolo Religiosa- nome di battesimo Émilie Tavernier- nascita 19 febbraio 1800, Montreal, Canada- morte 23 settembre 1851, Montreal, Canada- ricorrenza 23 settembre- Beatificazione il 7 ottobre 2001 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Montreal il 19 febbraio 1800 e nel 1823 sposò Jean-Baptiste Gamelin, un amico dei poveri, in pieno accordo con le sue aspirazioni. Sia il marito che i tre figli nati dal loro matrimonio morirono presto. La contemplazione della Vergine Maria ai piedi della croce aprì allora per lei la via alla pratica di una compassione per tutti i sofferenti. Cominciò ospitando un handicappato mentale e sua madre: la sua casa divenne la loro casa come quella di altri indigenti, anziani, orfani, prigionieri, immigrati, senza lavoro, sordomuti, giovani e coppie in difficoltà, handicappati fisici e intellettuali. Alcune suore inviatele come aiuto dal vescovo incominciano la loro opera nella Chiesa di Montreal, ed Emilia Tavernier-Gamelin si unì a loro, prima come novizia, poi come Madre e fondatrice. Morì il 23 settembre 1851. È stata beatificata i17 ottobre 2001. MARTIROLOGIO ROMANO. A Montréal nel Québec in Canada, beata Maria Emilia Tavernier, religiosa, che, perduti il marito e i figli, si dedicò all’assistenza dei bisognosi e fondò la Congregazione delle Suore della Provvidenza al servizio degli orfani, degli anziani e dei malati di mente.

nome Beata Elena Duglioli Dall'Olio- titolo Vedova- nome di battesimo Elena Duglioli- nascita 1472, Bologna- morte 23 settembre 1520, Bologna- ricorrenza 23 settembre- Beatificazione 26 marzo 1828 da papa Leone XII- Santuario principale Chiesa di San Giovanni in Monte- I fatti relativi alla vita di Elena sono molto pochi, data la devozione popolare di cui fu ispiratrice. Nel tentativo di accrescerne la popolarità, molte delle fonti a disposizione hanno introdotto dettagli inventati e talvolta stiracchiati (per esempio, che era la figlia dell'imperatore turco Maometto II, che da bambina giunse in Italia dove condusse una vita così santa da meritare le visioni che le apparvero e il dono della profezia di cui era in possesso, e che il corpo fu trovato intatto dopo la morte) e che perciò non possono essere attendibili, anzi la realtà sembra essere stata più ordinaria. Elena Duglioli, nata a Bologna nel 1472, ricevette una buona istruzione cristiana dai genitori, Silverio Duglioli, notaio, e Pentesilea Boccaferri, che, tuttavia, si opposero alla sua decisione di diventare monaca. Elena si sposò, all'età di diciassette anni, con Benedetto dall'Olio, all'incirca quarantenne, con cui visse felicemente per circa trent'anni. Non sono stati tramandati dettagli sulla loro vita insieme, e non ci sono prove a sostegno dell'ipotesi che il matrimonio non sia mai stato consumato. Tutto ciò che sappiamo è che si amarono e si sostennero a vicenda costantemente, incoraggiandosi reciprocamente a condurre uno stile di vita cristiano. Non sappiamo esattamente la data della morte di Benedetto, ma è certo che morì prima di Elena, che si spense il 23 settembre 1520.La popolazione di Bologna, che istintivamente aveva riconosciuto la sua santità, la acclamò in quanto tale, e il culto, confermato nel 1828, si estese e divenne popolare. Nel De servorum Dei beatificazione (1734-1738), scritto quando era arcivescovo di Bologna, Prospero Lambertini (papa Benedetto XIV) parlò degli onori tributati alla B. Elena come un caso abbastanza tipico di culto spontaneo. Un riferimento in un certo modo più ambiguo, che illustra maggiormente le usanze contemporanee piuttosto che l'identità di Elena, compare nei Ragionamenti dell'autore satirico Pietro Aretino, tra tutti gli altri, contemporaneo di Elena, che descrive satiricamente l'enorme quantità di candele, raffigurazioni cd ex-voto deposti «alla sepoltura di santa Beata Lena dall'Olio a Bologna».<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, beata Elena Duglioli Dall’Olio, che, dopo un matrimonio vissuto in mirabile armonia con il marito, rimasta vedova, condusse una vita esemplare.

nome Sant'Adamnano- titolo Abate- nascita 627 circa, Drumhome, Irlanda- morte 23 settembre 704, Iona, Scozia- ricorrenza 23 settembre- Adamnano (Adamnan, Eunam), descritto da Beda (25 mag.) come «un uomo buono e saggio, notevolmente erudito nella Scrittura», nacque a Drumhome nella contea Donegal nel 627 circa, imparentato per parte di padre, Rénn, con il clan di Cenél Conaill, e perciò appartenente allo stesso lignaggio di S. Colomba (9 giu.). Il Cenél Conaill desiderava che un membro di ogni generazione diventasse monaco di S. Colomba, come fece Adamnano, forse a Drumhome, anche se non si conosce la data esatta, ma è provato che alla fine si recò al monastero di Jona, di cui diventò abate nel 679 circa.<br /> Dal 670 al 685, non si sa precisamente quando, Jona forse ricevette re Aldfrith, che governò dal 685 al 704 la Northumbria. Da giovane, suo padre Oswiu (642-670) aveva trascorso un certo periodo in esilio in Irlanda, dove Aldfrith era nato da madre irlandese. Re Aldfrith desiderava mantenere i rapporti con il paese ed era amico di Adamnano (divenendo successivamente conosciuto come Dalta Adamndin, figlio adottivo di Adamnano), perciò è probabile che si trovasse a Jona nel 685, quando ascese al trono, dopo che il fratellastro Ecgfrith fu ucciso in battaglia. È comprensibile, a ogni modo, che nel 686 sia stato scelto Adamnano per negoziare con il popolo di Northumbria il rilascio di sessanta prigionieri irlandesi, che erano stati catturati durante il regno di Ecgfrith. Incoraggiato dal successo di questa missione, Adamnano ritornò in Northumbria due anni dopo, questa volta per visitare i monasteri di Wearmouth e Jarrow, dove incontrò l'allora tredicenne Beda, e fece un incontro ancora più importante a questo punto, S. Ceolfrido (25 set.), dato che fu proprio quest'ultimo a persuaderlo ad accettare l'usanza della tonsura e del sistema romano di calcolare la data della Pasqua, che era stato adottato in Northumbria, preferendolo a quello irlandese, al sinodo di Whitby, un quarto di secolo prima. Sfortunatamente, tornato a Tona, si rese conto che non sarebbe stato facile convincere i monaci, che mantennero la loro posizione, insieme con i monasteri dipendenti dalla casa madre, fino 716, dodici anni dopo la morte di Adamnano. In altri aspetti, Adamnano ottenne risultati più immediati: al concilio di Birr nel 697, riuscì a far emettere un decreto che successivamente fu imposto a tutta l'Irlanda, conosciuto come la Legge degli Innocenti, o La legge di Adamnano (C in Adomndin), con il fine di proteggere le donne e i bambini in tempo di guerra. Questo decreto vietava alle donne di combattere, e ordinava di considerarle come civili, insieme ai loro figli, in altre parole era vietato ucciderle o farle prigioniere, e lo stesso era previsto nel caso di ragazzi e chierici. Adamnano fu il discepolo più dotato di lona; a ragion veduta, la sua opera più importante fu una Vita di Colomba, che resta uno degli esempi più rilevanti del genere: scritta in latino, per richiesta dei monaci, è anche una delle agiografie più utili dal punto di vista storico, dato che contiene il ritratto vivo del grande pioniere del primo Medio Evo, e fornisce, oltre a una particolare teologia della regalità cristiana, dettagli che sono cruciali per la comprensione del monachesimo irlandese del periodo. L'altra opera importante di Adamnano è il De Locis Sandis, una descrizione dei Luoghi Santi basata su un racconto di un vescovo franco di nome Arculfo, che si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme e che nel 686 si trovò, «dopo molte avventure», a Tona. Beda, che non sembra aver conosciuto la Vita di S. Columba, descrisse il suo lavoro come «vantaggioso per molti e in particolare per coloro che, essendo distanti da quei luoghi dove vivevano i patriarchi e gli apostoli, non sapevano altro che ciò che avevano appreso dalla lettura». Alla sua morte nel 704, il culto d'Adamnano si diffuse sia in Irlanda, sia in Scozia. Esistono luoghi santi in suo onore a Derry, Donegai, e Sligo, oltre che nell'Aberdeenshire e nelle Isole Occidentali. Nel 727 le reliquie furono trasferite da Tona, primo luogo di sepoltura, in Irlanda, dove circolarono, prima di essere riportate a lona, e dovunque fossero portate, il popolo prometteva di obbedire alla Legge di Adamnano. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Iona in Scozia, san Adamnano, sacerdote e abate: ottimo conoscitore delle Scritture e instancabile amante dell’unità e della pace, con la sua predicazione persuase molti sia in Scozia sia in Irlanda a celebrare la Pasqua secondo la consuetudine romana.

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