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I santi di oggi 23 dicembre:
nome San Giovanni da Kety- titolo Sacerdote- nome di battesimo Giovanni Canzio- nascita 1390, Kety, Polonia- morte 24 dicembre 1473, Cracovia, Polonia- ricorrenza 23 dicembre, 20 ottobre messa tridentina- Beatificazione 28 marzo 1676 da papa Clemente X- Canonizzazione 16 luglio 1767 da papa Clemente XIII- Santuario principale Chiesa di Sant'Anna- Attributi abito accademico- Patrono di Diocesi di Bielsko-Żywiec, Lituania, Polonia, Università Jagellonica, studenti- S. Giovanni Canzio nacque l'anno 1397 nel villaggio di Kety della diocesi di Cracovia, da piissimi genitori. Grazie alle loro cure trascorse nell'innocenza la sua giovinezza. Compiuti i primi studi, passò a quelli filosofici e teologici nell'Università di Cracovia, dove fu insignito dei gradi di dottore e di professore. Durante l'insegnamento, non solo illuminò la mente dei suoi discepoli con una dottrina pura, ma riempi i loro cuori della più sincera pietà. Ordinato sacerdote, all'ardore dello studio aggiunse una cura più sollecita per la sua perfezione. Dopo aver atteso ancora alcuni anni all'insegnamento, fu chiamato al ministero pastorale nella parrocchia di Olkusz. Questo ufficio, imponendogli nuovi obblighi, fece risplendere in lui nuove virtù. Vero pastore di anime, adempì con zelo edificante e con somma cura i doveri del sacro ministero. Severo con sé e indulgente verso gli altri, era il padre del suo gregge: tutti erano certi di trovare in lui un tenero amico, un consolatore nelle loro pene. Fu allora che egli divenne oggetto di ammirazione per la sua grande prodigalità verso i poverelli. Una domenica mattina, recandosi in chiesa, trovò un povero disteso sulla neve, quasi nudo ed intirizzito dal freddo. Egli lo coprì col suo mantello e lo condusse alla sua casa, dove lo fece sedere alla sua mensa. Più tardi fu richiamato all'insegnamento, ed impiegava tutto il tempo che gli rimaneva libero nella preghiera e nel beneficare il prossimo. Lo commoveva il ricordo della passione di Nostro Signore e talvolta passava la notte nella contemplazione di questo mistero. Per scolpirla maggiormente nel suo cuore, intraprese un pellegrinaggio in Terra Santa. Quattro volte si recò a Roma per visitare le tombe dei santi Apostoli. In uno di quei viaggi incappò nei ladri che Io spogliarono di quanto possedeva. Gli chiesero poi se non avesse più altro e rispose di no. Ma continuando il cammino, accortosi che gli rimanevano alcune monete, corse loro dietro e le consegnò. Quelli ne rimasero talmente stupiti, che non solo ricusarono di riceverle, ma restituirono tutto quanto gli avevano preso. Le veglie, i digiuni e le mortificazioni lo portarono ad un alto grado di perfezione, e l'anima sua, adorna di molti meriti, volò al bacio del Signore il 24 dicembre 1473. Aveva 70 anni. Molti miracoli furono operati per sua intercessione ed il Papa Clemente XIII, il 16 luglio 1767, lo innalzò agli onori degli altari. PRATICA. La santità ed a sapere sono le basi di ogni fecondo apostolato e la sorgente di grandi meriti per l'anima nostra. Preghiamo S. Giovanni Canzio che ci ottenga da Dio amore al sapere e alla santità. PREGHIERA. Concedici, o Signore onnipotente, che, ad esempio di S. Giovanni confessore, progredendo nella scienza dei Santi e praticando la misericordia verso gli altri, conseguiamo, per i suoi meriti, il tuo perdono. MARTIROLOGIO ROMANO. San Giovanni da Kety, sacerdote, che, ordinato sacerdote, insegnò per molti anni nell'Università di Cracovia. Ricevuto poi l'incarico della cura pastorale della parrocchia di Olkusz, aggiunse alle sue virtù la testimonianza di una fede retta e fu per i suoi collaboratori e i discepoli un modello di pietà e carità verso il prossimo. Nel giorno seguente a questo, a Cracovia in Polonia, passò ai celesti gaudi.
nome San Servolo il Paralitico- titolo Mendicante- nascita VI secolo- morte 23 dicembre 590, Roma- ricorrenza 23 dicembre- Papa S. Gregorio Magno (3 set.) narra la storia di Servolo in una delle sue omelie: era un mendicante, paralizzato dall'infanzia e incapace di reggersi in piedi, portare la mano alla bocca o girarsi da una parte all'altra. La madre e il fratello lo portarono nel porticato della chiesa di San Clemente a Roma, dove visse delle elemosine dei passanti, donando il superfluo a chi ne aveva bisogno. Comprò alcuni volumi della Sacra Scrittura, e dal momento che non sapeva leggere, chiedeva agli altri di farlo, restando ad ascoltare con una tale attenzione da imparare interi brani a memoria. Trascorse molto tempo a cantare inni di lode e ringraziamento a Dio, anche se soffriva continuamente. In punto di morte chiese ai poveri con cui aveva condiviso le elemosine e ad alcuni pellegrini di cantare inni e salmi accanto al suo letto, e si unì al canto, poi prima di morire gridò: «Udite la grande e meravigliosa musica celeste?». Il corpo fu sepolto nella chiesa di S. Clemente.<br /> Papa Gregorio narra questi dettagli della vita di Servolo per illustrare la gentilezza e il buonumore che faceva vergognare quelli che, pur avendo salute e fortuna, non si preoccupavano degli altri e si spazientivano sempre alla minima avversità. Parla di Servolo con amore e rispetto, come uno ben conosciuto sia a lui sia ai suoi ascoltatori, "un povero sul piano terreno, ma ricco di virtù". Questa espressione è ripetuta in un altro racconto contenuto nei suoi Dialoghi.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di san Sérvulo, che, giacendo paralitico fin dall’infanzia sotto il portico della chiesa di San Clemente, cercò sempre, come scrive san Gregorio, sia pure nelle sofferenze, di rendere grazie a Dio e distribuì ai poveri tutto quello che raccoglieva dalle elemosine.
nome Santa Maria Margherita d'Youville- titolo Fondatrice- nome di battesimo Marie-Marguerite d'Youville- nascita 15 ottobre 1701, Varennes, Canada- morte 23 dicembre 1771, Montreal- ricorrenza 23 dicembre- Beatificazione 3 maggio 1959 da papa Giovanni XXIII- Canonizzazione 9 dicembre 1990 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Varennes, Quebec- Marguérite Dufrost de Lajemmerais nacque a Varenne in Canada il 15 ottobre 1701; il padre, un ufficiale dell'esercito di ascendenza bretone, morì quando la figlia aveva solo sei anni, e la famiglia si trovò a vivere in grande povertà. Margherita, la maggiore, fu accolta dal nonno Pierre che le pagò gli studi al convento delle orsoline. All'età dovuta, ritornò in famiglia e contribuì al suo sostentamento svolgendo lavori di cucito, ricamo, insegnando ai bambini, educando anche i suoi fratelli e le sue sorelle. A ventun anni sposò Francesco You de la Découverte, o Youville, ma il matrimonio non fu felice. Il marito e i suoi fratelli erano commercianti di pellicce, coinvolti nel traffico illegale di alcol che vendevano agli indiani d'America. Margherita si spaventò delle sue attività, e provava compassione per gli indiani: probabilmente fu in questo periodo che nacquero i primi problemi per la coppia. Francesco aveva poco senso di responsabilità verso la famiglia ed era spesso assente da casa. Margherita deve aver vissuto in grande solitudine, costantemente preoccupata delle continue privazioni e dei debiti in crescente aumento. Negli otto anni di matrimonio ebbe cinque figli, di cui solo due, Francesco e Carlo, sopravvissero. Alla morte del marito, a causa della vita di eccessi che aveva condotto, stava aspettando un altro figlio, ma il bambino visse solo per qualche mese. Margherita aprì un piccolo negozio per pagare i debiti del marito e per mantenere i due figli. Nel 1727, Margherita era entrata nella Congregazione della Sacra Famiglia, e sembra che la sua vocazione risalga a questo periodo. Crebbe in lei una speciale devozione per la Vergine Maria, trascorreva molte ore in preghiera e tentò di aiutare chi ne aveva bisogno. La storia è narrata dettagliatamente dal figlio minore, Carlo, che diventò in seguito abate e che fu il suo principale biografo: La sua pietà era aumentata da quando era rimasta vedova; il maltempo non le impediva di partecipare alla Messa quotidianamente, e di pomeriggio osservava il culto del SS. Sacramento, ogni volta che i suoi impegni glielo permettevano [...] Sin dai primi anni della sua vedovanza, fu colma di misericordia per chi le stava intorno e considerava un onore far visita ai poveri, ai malati, ai detenuti [...] assistere i poveri nell'ospedale cittadino e rammendare gli abiti dei miserabili. Nel 1737, quando il giovane Francesco entrò in seminario, Margherita, assieme a tre compagne, prese in affitto una casa nella zona più povera di Montreal. Carlo visse con loro finché fu abbastanza grande da seguire suo fratello nel seminario. Era usanza dei collegi canadesi francesi che il figlio maggiore prendesse il nome del padre e il più piccolo quello della madre, ecco perché Carlo portava il cognome Dufrost anziché d'Youville. Egli racconta con molti particolari che questo piccolo gruppo cominciò ad accogliere donne povere e malate per assisterle. Tra le prime a beneficiare della loro accoglienza vi furono un'anziana donna cieca, una paralizzata, che doveva essere imboccata, e una malata di mente. Il progetto suscitò l'aperta ostilità di chi la circondava: quando le quattro donne entrarono in chiesa, il giorno di Tutti i Santi, furono affrontate da una folla violenta che lanciò loro delle pietre e che gridava: «Abbasso le Soeur Grises». Gris in francese significa "grigio", ma è anche un termine dialettale per indicare "ubriaco": l'accusa era che le suore fossero ubriache e che la vedova d'Youville stesse portando avanti il commercio illegale del marito. Quando si recarono alla Messa domenicale, un sacerdote rifiutò di dar loro le ostie consacrate, poiché evidentemente credeva a queste calunnie. In qualche modo sopravvissero e si guadagnarono il rispetto del popolo. Guadagnavano denaro cucendo le uniformi dell'esercito francese e i vestiti per gli esploratori che si stavano spingendo verso il Canada occidentale (duro lavoro per donne abituate a ricamare e a cucire abiti per bambini), facevano il bucato nel fiume S. Lorenzo e in inverno ritornavano a casa con le mani rosse, ruvide per il gelo e coperte di ghiaccioli. Più tardi, quell'anno, le quattro donne pronunciarono un voto privato e subito dopo cominciarono a seguire una regola semplice. Nel 1745, in seguito a un incendio disastroso che distrusse completamente la casa, dimostrarono la loro fede firmando un atto di rinuncia totale e di sacrificio, conosciuto come impegno originale (engagements primitifs), documento firmato ancora da ogni "suora grigia" il giorno della professione dei voti. Un ricco mercante offrì loro una casa senza esigere l'affitto e l'attività continuò. L'ospedale generale di Montreal rischiava la chiusura: i frati che lo gestivano decisero di concentrare la loro attività nell'ospedale di Quebec, impegno che sottrasse fondi a Montreal. Le suore furono ufficialmente definite Suore della Carità del General Hospital, ma Margherita preferiva il nome che avevano prima, affermando che mantenere il nome di suore grigie avrebbe ricordato loro gli insulti ricevuti all'inizio della loro attività, così sarebbero state sempre umili. L'ospedale e l'ospizio per anziani annesso si estesero, per soddisfare le necessità in caso di epidemie e carestia, ottenendo l'approvazione ufficiale di Luigi XV di Francia nel 1753. Nel 1755, il vescovo de Pontbriand del Quebec confermò ufficialmente la regola, con madre Margherita come superiora. Era un periodo tormentato per il Canada francese; nella lotta franco-britannica che culminò con la razzia di Quebec da parte di Wolfe e con la resa di Montreal nel 1759, le suore grigie continuarono la loro attività, assistendo i militari e i civili. Madre Margherita insisteva nel trattare i soldati francesi e quelli inglesi allo stesso modo, e in almeno un paio di occasioni nascose gli inglesi che scappavano dagli indiani che cercavano vendetta e che appoggiavano i francesi. Quando apprese che stavano torturando un prigioniero inglese, lo riscattò e riuscì a salvarlo, anche se era più morto che vivo. Quando il soldato guarì restò con lei per farle da interprete e per assisterla. Erano a corto di letti, di medicine e di cibo; madre Margherita pregava: «Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, se non a noi, almeno ai poveri». Era fedele «ai nostri padroni, i poveri» e mostrava pietà e giustizia verso i popoli di tutte le razze, le classi e le condizioni. Alla fine della guerra (e quando Luigi XV aveva ceduto tutti i suoi possedimenti canadesi come «pochi acri di neve») l'ospedale e i servizi connessi continuarono a crescere. Vi era un detto, comune a Montreal: «Vai dalle suore grigie: non rifiutano mai nessuno e nessun lavoro onesto». Una volta madre Margherita trovò un bambino abbandonato nella neve e lo considerò come un segno: avrebbe dovuto aprire un orfanotrofio. Le suore grigie istituirono scuole e orfanotrofi, assistettero i detenuti, gli schiavi africani, gli indiani, i malati di mente e di epilessia, e le prostitute. Nel maggio 1765, quando madre Margherita aveva sessantaquattro anni, vi fu un nuovo disastro: un incendio in una casa vicina si estese rapidamente per il forte vento, e il General Hospital fu avvolto dalle fiamme. Le sembrò che tutta la sua vita stesse crollando, ma gli altri ordini religiosi offrirono ospitalità alle suore, il governatore generale mandò loro del cibo e da ogni parte giungevano offerte d'aiuto, persino dalle tribù indiane. Il portavoce degli indiani disse, con l'aiuto di un interprete: «Siete giunte a noi quando le nostre tende erano in pericolo, quando rischiavamo di morire, avete chiuso gli occhi dei nostri anziani e curato i nostri figli. Ora che la sfortuna colpisce voi, e il fuoco ha distrutto la vostra casa, e non avete più nulla [...] per provarvi che non abbiamo dimenticato la vostra bontà, vi portiamo le nostre offerte».<br /> Avevano portato tutto ciò che avevano: coperte, mocassini, coltelli, rosari e qualche moneta. Alla fine il governo inglese finanziò la ricostruzione dell'ospedale; una preziosa statuetta della Madonna scampò dal pericolo delle fiamme. Madre Margherita una volta disse a sua nipote: «Abbiamo bisogno delle croci per raggiungere il paradiso» e nella sua vita ne portò molte: la povertà, il pericolo, la malattia e il lavoro incessante in un ambiente difficile, tuttavia era sempre pronta ad aiutare quelli che erano più sfortunati di lei. Alla sua morte nel 1771, suor Lasource, che era con lei sin dall'inizio, lesse il suo epitaffio: «Amò moltissimo Gesù Cristo e i poveri». In occasione della stia beatificazione nel 1959, papa Giovanni XXIII l'ha chiamata "Madre della Carità Universale"; è stata canonizzata da papa Giovanni Paolo II il 9 dicembre 1990 ed è diventata perciò la prima santa di origine canadese.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Montréal in Canada, santa Maria Margherita d’Youville, religiosa, che, madre di famiglia, rimasta vedova, educò piamente due dei suoi figli sulla via del sacerdozio e si adoperò con tutte le forze per l’assistenza agli infermi, agli anziani e ai bisognosi di ogni genere, per i quali fondò la Congregazione delle Suore della carità.
nome Santi Dieci Martiri di Creta- titolo Martiri laici- ricorrenza 23 dicembre- Canonizzazione pre-canonizzazione- Teodolo, Saturnino, Euporo, Gelasio, Euniciano, Zotico, Cleomene, Agatopo, Basilide ed Evaristo: questi santi subirono la persecuzione che seguì l'editto anticristiano di Decio. Vi sono due tipi di prove: una passio greca molto antica e una tradizione locale della regione di Gortina, capitale di Creta. Il villaggio in cui morirono è ancora chiamato Hagioi Deka ("Dieci Santi") e si può ancora osservare un frammento di lapide, con dieci piccoli avvallamenti che segnano il punto in cui ricevettero i colpi mortali. Questo sito può essere stato solo un'attrazione per i pellegrini e i turisti, ma il nome antico del paese è una prova. Secondo la tradizione, questi dieci uomini, uniti dalla fede in Cristo, furono arrestati, trascinati fino alla prigione, picchiati, lapidati e alla fine condotti al cospetto del governatore di Gortina, che ordinò loro di compiere un sacrificio a Giove, giacché era il giorno della sua festa. Al loro rifiuto, furono torturati ancora, e quando la folla li spinse a salvarsi obbedendo al comando di compiere il sacrificio, risposero: «Siamo cristiani c piuttosto moriremmo mille volte». Il governatore li condannò a essere trafitti con un colpo di spada, così i martiri si avviarono al luogo dell'esecuzione pregando Dio di avere pietà di loro e di tutto il genere umano, e di liberare inoltre i loro concittadini dalla cecità dell'idolatria. Le reliquie furono in seguito portate a Roma.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Górtina nell’isola di Creta, santi dieci martiri, Teodúlo, Saturnino, Eupóro, Gelasio, Euniciano, Zótico, Ponzio, Agatópo, Basílide ed Evaristo, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, per essersi rifiutati pubblicamente di obbedire all’ordine di offrire sacrifici nel giorno della dedicazione del Tempio della Fortuna patirono i supplizi e morirono, infine, decapitati.
nome San Giovanni Stone- titolo Sacerdote agostiniano, martire- nome di battesimo John Stone- nascita Inghilterra- morte 23 dicembre 1539, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 23 dicembre- Beatificazione 9 dicembre 1886 da papa Leone XIII- Canonizzazione 25 ottobre 1970 da papa Paolo VI- Santuario principale Cattedrale di Wrexham- Giovanni apparteneva alla provincia agostiniana d'Inghilterra. Iniziò la sua vita religiosa a Canterbury, dove l'Ordine aveva un convento dal 1318. Nel 1538, il domenicano Riccardo Ingworth, vescovo di Dover, presentò il documento di dimissioni e la lettera di sottomissione al priore agostiniano e alla sua comunità in Canterbury. Giovanni Stone rifiutò di riconoscere il re come capo della Chiesa. Ingworth isolò Giovanni dal resto della sua comunità nella speranza di persuaderlo a firmare gli ordini intimati. Giovanni insistette nella sua decisione e Cromwell lo fece imprigionare per un anno. Nel 1539 Giovanni fu giustiziato a Canterbury: prima lo impiccarono, poi il boia gli strappò il cuore, gli tagliò la testa e gli arti e li mise in una pentola di olio bollente, poi furono esposti alle porte della città per una lezione generale. In quello stesso anno, 1593, l'Ordine cessò di esistere in Inghilterra. Papa Paolo VI lo canonizzò nel 1970, insieme ad altri 39 martiri inglesi dello stesso periodo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury in Inghilterra, commemorazione di san Giovanni Stone, sacerdote dell’Ordine dei Frati di Sant’Agostino e martire, che, strenuo difensore della fede cattolica, subì il martirio sul patibolo sotto il re Enrico VIII.
nome Sant'Ivo di Chartres- titolo Vescovo- nascita 1040, Beauvais, Francia- Nominato abate ordinario 1078- Nominato vescovo 1090- morte 23 dicembre 1116, Chartres, Francia- ricorrenza 23 dicembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Chartes (1090-1115), Priore di Saint-Quentin de Beauvais (1078-1090)- Nacque vicino a Beauvais in Francia, in una famiglia benestante. Studiò a Parigi e poi all'abbazia di Le Bec, dove ebbe come maestro San Lanfranco di Canterbury e come compagno di studi Sant'Anselmo d'Aosta. Entrò a Nesles come canonico nei primi anni del 1070.<br /> Abate dei Canonici Regolari Lateranensi al Monastero di Saint-Quentin a Beauvais, nel 1091 fu eletto vescovo di Chartres dal clero e dal popolo. Nonostante abbia ricevuto l'investitura di re Filippo I e il riconoscimento di papa sant'Urbano II, la sua elezione non è stata priva di tensioni, a causa del suo predecessore, deposto per simonia. Noto per la sua conoscenza del diritto canonico, oggetto di molte delle sue opere ("Sermoni"), e in questo campo il re Filippo di Francia cercò il suo aiuto per risolvere problemi difficili. Combatté contro il potere dei principi in caso di investitura e contro Filippo I, perché nel 1092 il re aveva ripudiato sua moglie, Berta de Frisia, per unirsi alla moglie di un conte; Ivo si oppose a questo matrimonio, e per questo fu imprigionato per diversi mesi nel castello di Puiset. Fu liberato dall'intervento del Papa, ma Ivo perseverò nella sua opposizione, recandosi a Roma nel 1094, anche dopo la morte di Berta, continuò nel suo rifiuto di riconoscere il matrimonio. Il re fu scomunicato al Concilio di Autun nel 1094. Ivo ne approfittò per intercedere per il re, ottenendo così un riavvicinamento tra la monarchia francese e il papato. Usò tutta la sua vita per la conoscenza teologica e canonica, per la conciliazione e la purezza cristiana. MARTIROLOGIO ROMANO. A Chartres in Francia, sant’Ivo, vescovo, che ristabilì l’ordine dei canonici e molto operò e scrisse per promuovere la concordia tra il clero e il potere civile e per il bene della Chiesa.
nome Beato Nicola Fattore- titolo Sacerdote- nascita 29 giugno 1520, Valencia, Spagna- morte 23 dicembre 1583, Valencia, Spagna- ricorrenza 23 dicembre- Beatificazione 18 agosto 1786 da papa Pio VI- Pietro Niccolò Fattore era figlio di un sarto siciliano emigrato a Valencia e della moglie Ursula. Nel 1537 entrò nell'Ordine dei Frati Minori dell'Osservanza nella sua città natale, facendo rapidi progressi; molte volte gli chiesero di recarsi in missione all'estero, ma dovette accontentarsi di occuparsi della conversione dei mori (un compito che comportava molti rischi, nella Spagna di Filippo II). Niccolò era molto veemente e zelante: era solito fare penitenza prima della Messa e tre volte prima di predicare, una per i suoi peccati, una per quelli della gente in mezzo a cui viveva e una affinché la sua predicazione fosse efficace. Le sue penitenze erano così estreme da essere denunciato all'Inquisizione a causa della loro singolarità: si narra che per due volte minacciò di gettarsi in una fornace, se i mori che stava cercando di convertire non avesero promesso di essere battezzati, nel caso fosse uscito indenne dalla fiamme. La proposta fu ovviamente respinta. Era conosciuto e stimato da molti nobili spagnoli, a partire dal re, ed era molto amico di S. Pasquale Baylón (17 mag.), di S. Luigi Bertran (9 ott.) e del B. Giovanni de Ribera (6 gen.), tutti testimoni della causa di beatificazione. Inevitabilmente nacquero leggende e storie fantastiche intorno a questo personaggio. Si narra che abbia appreso della vittoria della Lega Santa contro i turchi a Lepanto (nel golfo di Corinto) il giorno dopo la battaglia, che abbia previsto l'elezione di papa Sisto V tre anni prima che avvenisse, e che sia stato così pieno di amore divino da far bollire l'acqua fredda in cui s'immergeva; inoltre pare abbia resistito alle tentazioni di Satana, che gli apparve sotto forma di un leone, di un orso e poi di un serpente. Queste storie sono più indicative della cultura del suo tempo, piuttosto che della esperienza religiosa di Niccolò Fattore, ma indicano il grado di santità a lui attribuito dai suoi contemporanei. Durante gli ultimi anni di vita, lasciò la Casa dell'Osservanza di Valencia, per entrare in un congregazione di frati cappuccini che si era stabilita da poco a Barcellona; così rimase francescano, ma lasciò la sua provincia. I motivi di questa decisione sembrano essere stati complessi: durante la causa di beatificazione, si disse che cercava uno stile di vita ancora più austero, con penitenze più ancora estreme (cd anche che desiderava deliberatamente di essere considerato incostante come mezzo per umiliarsi). Alcuni mesi dopo, la provincia dei frati riformati fu soppressa, perciò Niccolò ritornò a Valencia, affermando che «lasciava quegli uomini, santissimi» per ritornare da «uomini santissimi». Disse a un benefattore dell'ordine, che lo aveva ospitato sulla via del ritorno, clic stava per ritornare con molto piacere a Valencia e che avrebbe terminato i suoi giorni in quella città. Morì a Valencia subito dopo il suo ritorno all'età di sessantatré anni, dopo aver trascorso quarantasei anni di vita religiosa. Il decreto di beatificazione fu pubblicato da papa Pio VI nel 1786. MARTIROLOGIO ROMANO. A Valencia in Spagna, beato Nicola, detto il Fattore, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, arso da fervido zelo per Dio, fu spesso rapito in estasi.
nome Beato Artmanno di Bressanone- titolo Vescovo- nascita 1090 circa, Polling in Tirol, Austria- Consacrato vescovo 1140- morte 1164, Bressanone, Alto Adige- ricorrenza 23 dicembre- <br /> Incarichi ricoperti Vescovo di Bressanone- Beatificazione 11 febbraio 1784 da papa Pio VI- Patrono di Bressanone, Diocesi di Bolzano-Bressanone, donne incinte- Artmanno nacque a Polling, ora in Austria, e studiò al monastero agostiniano di San Nicola a Passau, dove alla fine divenne canonico. Nel 1122, quando Corrado, arcivescovo di Salisburgo, volle introdurre una disciplina regolare e uno stile di vita comunitario tra il clero che governava, scelse Artmanno in veste di diacono del capitolo metropolitano. Successivamente riformò il monastero di Herrenchiemsee e il convento dei canonici di Klosterneuberg fondato da S. Leopoldo, margravio d'Austria (15 nov.). Divenne vescovo di Brixen, in Tirolo, nel 1140; due anni dopo, fondò il capitolo regolare di Neustift nella sua città cattedrale e lo dotò generosamente. Poi, con uno dei suoi canonici cattedrali, istituì l'ospizio della Santa Croce per pellegrini poveri. Il vescovo Artmanno fu molto rispettato dagli imperatori Corrado III e Federico I; fu coinvolto nelle dispute tra quest'ultimo e papa Alessandro III, ma nessuna minaccia o promessa riuscì a distoglierlo dal suo interesse primario, ovvero il bene della Santa Sede. Il culto fu confermato nel 1784 da papa Pio VI.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Bressanone nell’Alto Adige, beato Artmanno, vescovo, che, già canonico regolare, governò questa Chiesa con saggezza e fedeltà.
nome San Torlaco- titolo Vescovo- nascita 1133, Fljotshlio, Islanda- morte 23 dicembre 1193, Skalholt, Islanda- ricorrenza 23 dicembre- Canonizzazione 14 gennaio 1984- Santuario principale Cattedrale di Skálholt- Attributi mitra e bastone pastorale- Patrono di Islanda- L'Islanda fu colonizzata dalla Norvegia e dall'Irlanda, e il cristianesimo fu introdotto per legge nel 1000 circa, come risultato di un accordo tra pagani e cristiani. Il cristianesimo fece tali progressi che l'isola fu divisa in due diocesi, Skalholt nel 1056, e Holar nel 1106 circa, che nel 1152 furono entrambe rese suffraganti di Nidaros (Trondheim). Nel XII secolo, due vescovi, uno per ogni sede, erano venerati come santi, localmente e in Norvegia; si trattava di Giovanni di Holar e di Thorlak di Skalholt. La vita di quest'ultimo viene narrata nella Saga di Thorlak da un chierico di Skalholt. Thorlak Thorhallsson nacque da genitori poveri ma molto legati alle famiglie più impor-tanti del luogo; egli, insieme alla madre, si trasferì a Oddi, una delle diocesi più ricche del paese, oltre a essere un centro d'istruzione, gestito da suoi parenti. Fu nominato diacono alla giovane età di quindici anni e divenne sacerdote prima di compiere vent'anni. Dopo aver svolto per due o tre anni il ministero nella sua parroc-chia, fu mandato all'estero, per completare gli studi; a quanto pa-re visitò l'Inghilterra. Ti fatto che esista una Vita di S. Tommaso Becket (29 clic.) in Islanda suggerisce che vi erano forti contatti tra il clero islandese e inglese, in questo periodo. Studiò a Lincoln e si dice abbia incontrato il vescovo Ugo di Lincoln (17 nov.), anche se questi non lasciò Somerset per recarsi a Lincoln che nel 1186, e Thorlak ritornò in Irlanda nel 1161. Thorlak era molto affezionato alla madre e alle sorelle, che badavano alla casa, e osservava una regola quotidiana austera, che ini-ziava dal canto del Credo, del Paternoster e di un inno, appena sveglio. A quanto pare, ogni giorno recitava un terzo del salterio e aveva una devozione speciale per i santi titolari delle chiese in cui officiava il suo ministero. Formò una congregazione di canonici regolari agostiniani a Thykkvibaer, di cui fu abate. Nel 1174 fu eletto vescovo di Skal-holt; a causa delle difficoltà sul piano politico tra Islanda e Norve-gia, non fu consacrato fino al luglio del 1178.<br /> L'Islanda era governata da un'assemblea generale, l'Althing, fon-data nel 930; i vescovi occupavano un posto eminente e rispettato in quest'organo governativo. Esisteva una decima ecclesiastica e i vescovi ne ricevevano una parte, i cosiddetti "beni di Cristo", per fare elemosina ai poveri.<br /> Thorlak fu un pioniere della riforma della Chiesa; quando il cri-stianesimo fu introdotto in Islanda, erano state costruite chiese nei centri principali, spesso grazie ai signori del luogo e ai proprietari terrieri ricchi, che le edificarono sulle loro terre e a loro spese. Mantenevano i sacerdoti per svolgere le funzioni religiose, ma consideravano gli edifici come loro proprietà. Thorlak chiese l'indipendenza finanziaria per la Chiesa; la presentazione, in queste chiese, di sacerdoti da parte dei laici era proibita e questo portò dissidi più gravi tra lui e alcuni dei signori più influenti d'Islanda, incluso un suo parente, che osservavano tradizionalmente il diritto di presentarli nei luoghi di culto da loro costruiti e attrezzati. Vi furono scene di rabbia; a quanto pare un ricco signore, cui fu ingiunto di cedere la chiesa al vescovo, dichiarò che piuttosto l'avrebbe usata come stalla. Quando Thorlak rifiutò fermamente di consacrarla, fu portato a forza da quel signore e dai suoi seguaci e fu costretto a consacrarla. Thorlak, con grande rigore, seguì i principi di papa Gregorio VII sulla disciplina ecclesiastica, affrontò problemi come la simonia, rinforzò l'obbligo del celibato e insegnò la dottrina cristiana del matrimonio. Questi provvedimenti condussero anche all'opposizione: un risvolto particolare fu che sua sorella strinse un'unione non cristiana con il signore di Oddi, e il loro figlio, Pali Jonssen, successe a Thorlak come vescovo di Skalholt. L'episcopato di Thorlak fu tempestoso; anche se l'Islanda era ufficialmente cristiana, esisteva una forte tendenza ad accettare i valori pagani. Grazie alla fermezza, alla pazienza e all'assistenza offerta ai poveri, Thorlak diventò popolare, anche se non sempre lo fu con i signori del luogo. Si narra che i monaci degli altri monasteri gli facevano visita per imparare il suo stile di vita monastico. A sessant'anni, Thorlak decise di dare le dimissioni e di ritirarsi nell'abbazia di Thykkvibaer, ma si ammalò e mori prima di portare a termine queste volontà. Fu molto rispettato anche dagli uomini importanti contro cui aveva lottato. Cinque anni dopo la sua morte, l'Althing, formato anche da vescovi ed ecclesiastici, lo dichiarò ufficialmente santo; a quanto pare l'assemblea era sia un parlamento sia un sinodo ecclesiastico e agì in veste del secondo. Nacque un culto popolare e liturgico di Thorlak che si estese alla Scandinavia, alle isole norvegesi e ad alcune zone della Gran Bretagna e della Germania. Il culto era diffuso tra i variaghi (popoli del Nord che obbedivano all'imperatore di Costantinopoli). Anche se il nome di Thorlak non è stato inserito dal cardinal Baronio nel Martirologio Romano, papa Giovanni Paolo 11 ha dato il permesso ufficiale di aggiungerlo al calendario del proprio dei santi il 13 gennaio 1984, e lo ha dichiarato santo patrono d'Islanda il giorno seguente. La festa si celebra in Islanda il 14 gennaio, data della traslazione delle reliquie, ma il 23 dicembre è la data della sua morte.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. In Islanda, san Torlaco, vescovo di Skálholt, che si adoperò per il rinnovamento morale del clero e del popolo.