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04/09/2024 alle 16:59

I santi di oggi 4 settembre:

I santi di oggi 4 settembre:

nome Santa Rosalia- titolo Vergine, eremita di Palermo- nome di battesimo Rosalia Sinibaldi- altri nomi santuzza- nascita 1130, Palermo- morte 1166, Monte Pellegrino- ricorrenza 4 settembre, 15 luglio (rinvenimento delle reliquie)- Canonizzazione 1170 da Gualtiero Offamilio, vescovo di Palermo, tramite la "canonizzazione vescovile", inserita poi nel martirologio romano il 26 gennaio 1630 da papa Urbano VIII- Santuario principale Santuario di Santa Rosalia, Palermo- Attributi Abito monacale basiliano o abito eremitico, bastone da pellegrina, bisaccia, cane, catena, cilicio, ciotola, clessidra, conchiglia (cappasanta), corona di rose rosse e bianche, croce greca o crocifisso, epigrafe latina, giglio, lucerna, palma, rosa, rosario o contapreghiere, sasso, scalpello, specchio con l'effige di Gesù, teschio (anche senza mandibola) e Vangelo; Patrona di Baucina, Benetutti, Bisacquino, Bivona, Campofelice di Roccella,Centuripe, Delia, Lentiscosa, Palermo, Pegli, Racalmuto, San Mango Cilento, Santo Stefano Quisquina, Sicilia, Vibo Valentia (compatrona) e Vicari- Nacque da Sinibaldo, signore di Quisquina e discendente del re Carlo Magno. I genitori si preoccuparono di educare la fanciulla nei principi cristiani. E la piccola Rosalia corrispose alle cure dei genitori. Devotamente attendeva alle pratiche di pietà, amava teneramente la Madonna, e per la sua innocenza e bontà di cuore divenne l'idolo dei genitori. Conoscendo il pregio della verginità, generosamente si consacrò tutta al suo sposo Gesù, mantenendosi illibata per tutta la sua vita. Crescendo negli anni e venendo a conoscere quanto perfido sia il mondo e quanto difficilmente un giglio possa conservarsi intatto tra il fango, fuggì dalla casa paterna e si ritirò in una grotta nei crepacci del monte Quisquina presso Palermo, per darsi all'unione perfetta col suo Sposo Celeste. Solo una pastorella conosceva il luogo del rifugio di Rosalia ed ogni giorno le portava pane e latte. P difficile esporre a quali aspre penitenze e digiuni si sottopose Rosalia. Si vede ancora la grotta in cui dimorava. Vi si scende per una scala come in un sepolcro: umida, oscura. Si conserva tutt'ora la pietra su cui riposava la Santa e sul muro si vedono scolpite queste parole: a Io, Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore di Quisquina e di Rosa, per amore del Signore mio Gesù Cristo scelsi di abitare in questa grotta ». Non vi restò però molto tempo perché avvisata dal suo Angelo che se ivi fosse restata presto sarebbe stata trovata dai suoi genitori, si diresse verso il monte Pellegrino. Sulla sommità del monte gli Angeli le indicarono una grotta che aveva un'apertura appena sufficiente per entrarvi. La luce, penetrando in essa, ne rischiarava le nere pareti; il suolo era talmente bagnato che a stento Rosalia trovò un angolo dove riposarsi senza sprofondare nel fango. Condusse quel genere di vita per vari anni, finché lo Sposo Divino la chiamò a sò. Una viva luce in quella notte illuminò tutto il monte Pellegrino. A tale improvviso prodigio tutta Palermo si scosse, non conoscendone la ragione. Allora quell'umile pastorella che era stata a parte dei segreti della Santa, corse in città ad annunziare la sua morte. Fu trovata morta dai pellegrini il 4 settembre del 1165. Il giorno seguente si radunò tutto il popolo ed in processione salirono a prendere il prezioso corpo di S. Rosalia, trasportandolo trionfalmente nella cattedrale. D'allora in poi il Signore si degnò di glorificare la Santa con ripetuti miracoli e il culto di lei andò sempre più crescendo nella città di Palermo e fuori, tanto che quando la Sicilia nel 1625 fu desolata dalla peste, con voce unanime quel popolo si volse a S. Rosalia, trasse le sue reliquie dalla cattedrale, le portò processionalmente per la città ed il terribile morbo parve. PRATICA. Facciamo oggi una mortificazione per amor di Dio. PREGHIERA. Esaudiscici o Dio, nostro Salvatore affinché come ci rallegriamo per la festa della beata vergine Rosalia, così veniamo ammaestrati nella vera devozione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Palèrmo il natale di santa Rosalia, Vergine Palermitana, discendente dal sangue regale di Carlo Magno, la quale, per amore di Cristo, fuggì il principato paterno e la reggia, e, solitaria nei monti e nelle spelonche, menò una vita celeste.

nome Traslazione di Santa Rosa da Viterbo- titolo Trasferimento al Monastero della Clarisse- ricorrenza 4 settembre, 6 marzo- Canonizzazione Nel 1457 da papa Callisto III(non ancora portata a termine)- Santuario principale Santuario di Santa Rosa a Viterbo- Attributi corona di rose in capo- Patrona di Viterbo, Diocesi di Viterbo (compatrona), Gioventù Francescana, fiorai, ragazze- Il 4 Settembre 1258 papa Alessandro IV accompagnato da quattro cardinali diede ordine di eseguire la traslazione della salma intatta di Santa Rosa dalla modesta sepoltura della fossa comune di Santa Maria del Poggio al Monastero della Clarisse, che poi prese il nome di colei che i Viterbesi chiamano "la Santa Bambina", morta a soli 18 anni, nel marzo 1251. Si narra che il pontefice recatosi nel luogo della sepoltura della vergine viterbese, non riuscisse a individuare il punto preciso dove era quel corpo riposto nella terra, allora d'un tratto dal pavimento spuntò una rosa. Era lì il luogo dove iniziare lo scavo per disseppellire Rosa. Il semplice baldacchino sul quale venne effettuata la traslazione, crebbe con gli anni in ricchezza di particolari, strutture artistiche aggiuntive e altezza. Con il tempo, una statua della Santa sulla sua sommità sostituì la processione con il corpo, che venne conservato nella Basilica a Lei dedicata, e la celebrazione venne divisa in due distinti momenti: il pomeriggio del 2 settembre, la sfilata del Corteo Storico con la reliquia del cuore della Santa portato in processione; la sera del 3 settembre, il Trasporto della Macchina di Santa Rosa. Alle 21 del 3 settembre di ogni anno, da oltre 750 anni, Viterbo vive il suo più alto momento di celebrazione della tradizione e della fede: si tratta del Trasporto della Macchina di Santa Rosa, una "torre" illuminata alta 28 metri e pesante 50 quintali portata a spalla per le vie abbuiate della città su un percorso non privo di insidie da 100 uomini detti Facchini. E' uno spettacolo ricco di emozioni e suggestioni, al quale ogni anno assistono decine di migliaia di persone provenienti da ogni dove, stipate lungo il percorso della Macchina, che gridano, piangono, pregano, incitano i Facchini nella loro straordinaria prova di forza e fede. La Macchina viene cambiata ogni 5 anni, con un concorso di idee promosso dall'Amministrazione Comunale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Vitèrbo la Traslazione della beata Rosa Vergine, del Terzo Ordine di san Francèsco, al tempo del Papa Alessàndro quarto.

nome San Mosè- titolo Profeta- nascita XIII secolo a.C., Egitto- morte XII secolo a.C., Monte Nebo, Giordania- ricorrenza 4 settembre- Attributi le Tavole della legge- La tradizione biblica opera il passaggio dalla figura storica a quella simbolica di Mosè. La futura guida di Israele visse tra XIII e XII secolo a.C. Nato in Egitto, guidò il popolo di Israele nell'esodo dalla terra dei faraoni. Morì senza poter entrare in quel Paese verso il quale aveva guidato il suo popolo. Molto più importante la figura simbolica di Mosè, che l'Antico Testamento definisce « servo del Signore », « il più grande dei profeti ». Il racconto del suo salvataggio dal Nilo lo introduce alla corte dei faraoni. Senza saperlo qui egli si prepara alla sua missione di liberare i suoi fratelli, gli ebrei. Il primo tentativo, preso di sua iniziativa, fallisce miseramente. A Mosè non resta che fuggire in Madian, dove trova lavoro e famiglia. Dio tuttavia non gli dà tregua, gli appare al roveto ardente e lo invia ancora in Egitto per preparare l'esodo di Israele. Nel deserto si moltiplicano le difficoltà. A tutte Mosè pone rimedio combattendo per il popolo e guidandolo all'incontro con Dio al Sinai. Riceve i dieci comandamenti e li trasmette al popolo così come propone il codice dell'Alleanza. Muore alla soglia della terra promessa. Di lui dice la Bibbia: « Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia ». Poiché prima di morire Mosé aveva detto: « Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me », i cristiani hanno riconosciuto in Gesù il nuovo Mosé. Come l'antico legislatore egli proclamerà da un'altura la sua legge, il discorso della montagna, e al momento della trasfigurazione appare agli apostoli in compagnia di Mosè ed Elia. Per questo la guida d'Israele è stato sempre venerato anche nella tradizione cristiana. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Mosè, profeta, che fu scelto da Dio per liberare il popolo oppresso in Egitto e condurlo nella terra promessa; a lui si rivelò pure sul monte Sinai dicendo: «Io sono colui che sono», e diede la Legge che doveva guidare la vita del popolo eletto. Carico di giorni, morì questo servo di Dio sul monte Nebo nella terra di Moab davanti alla terra promessa.

nome Sant'Ida di Herzfeld- titolo Vedova- nascita 766 circa, Westfalia, Germania- morte 825 circa, Herzfeld, Germania- ricorrenza 4 settembre- Canonizzazione 980- Patrona di gestanti, poveri e deboli- La Vita di Ida di Herzfeld che ci è stata tramandata, scritta da un monaco di Werden di nome Uffing, un secolo dopo la sua morte, racconta molti miracoli improbabili, tuttavia è possibile ricostruire alcuni dettagli della vita di questa santa. Pronipote di Carlo Martello (688-741), fu allevata alla corte di Carlo Magno (768-814). Unica di cinque fratelli e sorelle a non intraprendere la vita religiosa, era felicemente sposata con Ecberto di Sassonia, da cui ebbe cinque figli, di cui tre scelsero la vita religiosa (un figlio, come due dei suoi zii, divenne abate di Corvey, mentre una figlia fu eletta badessa di Herford). In età ancora molto giovane, assistette amorevolmente Ecberto che soffrì di una lunga e dolorosa malattia, fino alla morte. Rimasta vedova, si preoccupò di sistemare i figli e poi cominciò a condurre una vita di preghiera e di intenso sacrificio. Quando suo figlio, Warin, ispirato dall'esempio della madre, diventò monaco a Corvey, Ida lasciò la sua casa per trasferirsi nel castello di Hofstdt vicino a Herzfeld, dove fece costruire una piccola cappella privata in una chiesa edificata assieme al marito, donando nel frattempo la maggior parte delle rendite delle sue proprietà ai poveri. Verso la fine della vita, soffrì di una malattia persistente e dolorosa, che sopportò con gran pazienza. Si pensa sia morta il 4 settembre 825, sebbene qualcuno affermi che la data giusta è l'813. Fu seppellita vicino a suo marito a Herzfeld nel cimitero del convento che là aveva fondato. Nel 980 le reliquie furono trasferite, e la tomba diventò meta di pellegrinaggio; è invocata in particolare dalle donne incinte. È invocata: come protettrice delle gestanti. MARTIROLOGIO ROMANO. A Heresfeld nella Sassonia, in Germania, santa Ida, vedova del duca Ecberto, insigne per la carità verso i poveri e l’assiduità nella preghiera.

nome Beata Caterina Mattei da Racconigi- titolo Domenicana- nome di battesimo Caterina Mattei- nascita 1486, Racconigi, Cuneo- morte 4 settembre 1547, Caramagna Piemonte, Cuneo- ricorrenza 4 settembre- Beatificazione 9 aprile 1808 da papa Pio VII- La fonte principale delle informazioni su questa mistica interessante, ma relativamente sconosciuta, è un racconto di due uomini che la conobbero bene, Giovati Francesco Pico della Mirandola, e un domenicano, Pietro Martire Mordili. Sfortunatamente sembra che entrambi abbiano accettato letteralmente e senza porsi dubbi tutto ciò che raccontò di se stessa e delle sue esperienze, perciò è difficile provare la fondatezza degli stravaganti miracoli e dei dettagli agiografici che sono stati raccontati. La storia tramandata afferma che Caterina, figlia di Giorgio Mattei e Billia Ferrari, nacque a Racconigi, allora un paese, ora una cittadina a sud di Torino, nel 1486. La vita famigliare fu caratterizzata da privazioni continue e da malattie. Le sue doti spirituali per contrasto erano considerevoli, anche se persino queste causarono ulteriori incomprensioni. Comunque il fervore della vita spirituale, con le sue consolazioni, sembra aver compensato la miseria fisica. Si racconta, per esempio, che, all'età di nove anni, scoppiò in lacrime poiché molto affaticata dal lavoro, ed ebbe una visione del Bambino Gesù che la consolò. Successivamente, a quattordici anni, pronunciò un voto di verginità in seguito a un'esperienza in cui pensò che lo Spirito Santo, con l'intercessione di S. Stefano (26 dic.), si fosse imposses-sato di lei. In seguito condivise le sofferenze della Passione di Cristo, anche se senza segni tangibili. Alcune affermazioni su di lei ricordano quelle a proposito di S. Caterina da Siena (29 apr.), e le lezioni tratte dal suo Ufficio sortoli neano la relazione: «tra Racconigi e Siena c'è solo la differenza del-la canonizzazione»; tuttavia la somiglianza non dovrebbe essere troppo forzata. Come la sua omonima, Caterina divenne terziaria domenicana, ma solo all'età di ventotto anni, e persino allora conti-nuò a vivere nel mondo e a lavorare sodo per la sua famiglia. Nelle sue orazioni, si offriva costantemente a Dio per il bene degli altri, fossero anime in purgatorio o vittime delle guerre che avevano tormentato l'Italia in quell'epoca. Negli ultimi anni di vita soffrì di una lunga malattia, che certamente considerò come una risposta alle sue preghiere; la sofferenza fu esacerbata dalla solitudine dato che i suoi amici l'abbandonarono, e morì a Carmagnola il 4 settembre 1547, senza la presenza di un sa-cerdote. Cinque mesi dopo, furono narrati diversi miracoli, perciò il corpo fu portato a Garezzo, dove il culto, confermato nel 1810, continua a essere vivo. A Racconigi è stata costruita una cappella in suo onore.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Caramagna in Piemonte, beata Caterina Mattei, vergine, suora della Penitenza di San Domenico, che sopportò con mirabile carità e abbondanza di virtù la costante infermità, le calunnie degli uomini e ogni tentazione.

nome San Marcello di Chalon-sur-Saone- titolo Martire- ricorrenza 4 settembre- Anche se i vari Acta che riferiscono del martirio dei SS. Marcello e Valeriano sono piuttosto inattendibili, il martirio, e il culto a cui diede inizio, è cosa certa. Solo una serie li cita entrambi, ma un'iscrizione in una chiesa vicino a Bagnolo (sul Garda), in cui sono conservate alcune reliquie di entrambi, sembra suggerire che sia autentica. Il loro culto si sviluppò presto e definitivamente, e fu indirettamente ratificato da Gregorio di Tours (17 nov.). Secon do un resoconto contemporaneo attendibile che ci è stato tramandato da Eusebio, nel 177 molti cristiani a Lione morirono per la fede, assieme al loro vescovo S. Potino (2 giu.). Un sacerdote di nome Marcello riuscì a scappare prima a Tournus e poi a Chalon-sur-Saònc, dove si fermò brevemente, convertendo i suoi ospiti pagani prima di ripartire. Viaggiando verso il settentrione, incontrò il governatore, Prisco, che lo invitò a partecipare a una celebrazione in casa sua. Quando Marcello capì che si sarebbe trattato di qualche rito religioso pagano, si scusò di non poter partecipare per il fatto di essere cristiano. Appresa la verità, gli astanti lo catturarono per ucciderlo sul posto, ma Prisco tentò di convincerlo ad adorare l'immagine di Saturno. Al suo rifiuto fu sepolto fino all'altezza della vita sulle rive del Saòne e morì di fame e per l'esposizione agli agenti atmosferici, tre giorni dopo. Nel III secolo, una basilica dedicata a Marcello diventò il nucleo di un culto popolare, che si estese ulteriormente quando il monastero che era stato costruito accanto alla basilica passò sotto la protezione di Cluny, nel 1050. Restano tracce del suo culto anche a Colonia, Treviri e Worms in Germania, e a Siviglia e Toledo in. Spagna. Con S. Marcello, che è menzionato da Gregorio di Tours (17 nov.) nel De gloria martyrum, Alban Butler cita S. Valeriano, che comparve nel Martirologio Romano al 15 settembre. Si affermava che fosse sopravvissuto alla persecuzione del 177 con Marcello, e decapitato a Tournus. MARTIROLOGIO ROMANO. A Châlon-sur-Saone nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Marcello, martire.

nome Sant'Irmengarda di Suchteln- titolo Contessa di Süchteln- nascita XI secolo, Basso Reno- morte XI secolo, Colonia, Germania- ricorrenza 4 settembre- Beatificazione 1928 da papa Pio XI- Attributi Abito benedettino, corona, bibbia, bastone da badessa e cuore in mano- Irmengarda (o Irmgardis), conosciuta con vari nomi, come Irmengarda di Colonia, Siichteln, e Aspel, nacque all'inizio del XI secolo circa I pochi dettagli della sua vita che ci sono stati tramandati riguardano alcune donazioni di terreno e la costruzione di una chiesa. Il padre, Godizo di Aspel, nella Bassa Renania, era imparentato con S. Enrico II (1002-1024; 13 lug.) e sua moglie S. Cunegonda (3 mar.). Alla morte dei genitori, Irmengarda fece costruire una chiesa sulla loro tomba a Rees dedicandola alla Madonna; poi, il 15 febbraio 1041, uno dei successori di Enrico, Enrico III (1039-1056), le donò vaste aree di terreno nell'attuale Belgio e Paesi Bassi. Nel 1049 si trovava ancora ad Aspel, perché esistono testimonianze che in quell'anno papa S. Leone IX (1048-1056; 19 apr.) le fece visita. Subito dopo, si suppone che abbia lasciato Aspel e sia andata a vivere come eremita a Siichteln. Si recò una o due volte in pellegrinaggio a Roma, prima di morire a Colonia il 4 settembre, probabilmente, ma non con assoluta certezza, nel 1085. Il culto fiorì ad Aspel, Colonia, Rees e Siichteln, e Irmengarda fu sicuramente commemorata come santa nel 1319. In campo artistico, è raffigurata come una nobildonna con una corona in testa e il modellino di una chiesa in mano. Esiste l'ipotesi che Irmengarda e Irmentrude, della famiglia reale del Lussemburgo, siano la stessa persona (Irmentrude è citata frequentemente nei documenti della Renania sec.). MARTIROLOGIO ROMANO. A Colonia in Lotaringia, nell’odierna Germania, santa Irmgarda, che, contessa di Süchteln, impegnò tutti i suoi beni nella costruzione di chiese.

nome San Bonifacio I- titolo 42º papa della Chiesa cattolica- nascita 368 circa, Roma- Elezione 28 dicembre 418- Insediamento 29 dicembre 418- Fine pontificato 4 settembre 422 (3 anni e 250 giorni)- morte 4 settembre 422, Roma- ricorrenza 4 settembre- Bonifacio, romano di nascita, figlio del presbitero Giocondo, divenne anch'egli sacerdote, e durante il regno di papa S. Innocenzo I (401-417; 28 lug.) si recò diverse volte a Costantinopoli per suo conto. Il 26 dicembre 418, alla morte del successore di Innocenzo, papa S. Zosimo (26 dic.), si creò una piccola fazione di diaconi in Roma, c alcuni sacerdoti si riunirono in Laterano ed elessero l'arcidiacono Eulalio come successore. Lo stesso giorno, o il seguente, a ogni modo, nella basilica di S. Teodora, la maggior parte del clero anziano di Roma e molti membri appartenenti al mondo laico elessero Bonifacio, che aveva già una certa età. Entrambi furono consacrati il 29 dicembre, Eulalio in Laterano dal vescovo di Ostia, che per tradizione ordinava il vescovo di Roma, Bonifacio nella chiesa di S. Marcello, alla presenza di nove vescovi. La questione fu ulteriormente complicata dal fatto che nel suo rapporto all'imperatore Onorio (395-423), che si trovava allora a Ravenna, Simmaco, il prefetto pagano di Roma, decise di scegliere Eulalio. A Bonifacio fu detto di lasciare Roma, cosa che fece, sotto riserva, tuttavia si avvalse dell'aiuto di amici influenti a corte, inclusa la temibile sorella dell'imperatore Galla Placidia, per persuadere Onorio a riconsiderare la questione. Non fu deciso niente nel sinodo che si tenne a Ravenna, perciò Onorio ne convocò un altro, a Spoleto il 13 giugno 419, cui avrebbero partecipato i vescovi dell'Africa e della Gallia; nel frattempo Bonifacio ed Eulalio avrebbero dovuto ritirarsi da Roma, lasciando il vescovo di Spoleto a presiedere le celebrazioni pasquali del 30 marzo. Bonifacio obbedì, ma fu richiamato a Roma e riconosciuto papa il 3 aprile, dato che Eulalio aveva così irritato il governo con il suo rifiuto di obbedire all'ordine di lasciare la città, da essere bandito per sempre. A quel tempo Bonifacio era gravemente malato e temeva che, in caso di morte, il problema si sarebbe ripresentato, perciò chiese a Onorio di aiutarlo a mantenere la pace se vi fosse stata un'elezione. Onorio, forse intervenendo più velocemente e integralmente di quanto Bonifacio si aspettasse, decretò che se fossero state elette due persone, entrambe sarebbero state dichiarate non idonee (il governo avrebbe riconosciuto solo un candidato eletto all'unanimità). Nonostante l'anziana età e la malattia, Bonifacio governò fermamente, prendendo un certo numero di decisioni importanti. Con il ripristino dei diritti metropolitani a Marsiglia, Narbona e Vienne, sostenendo i diritti dei vescovi, riparò in parte al danno provocato da papa Zosimo che aveva trasformato Arles in un vicariato pontificio. D'altro canto, cercò di riaffermare l'autorità del papa nel vicariato di Tessalonica, poiché l'imperatore orientale, Teodosio II (408-450), aveva tentato di trasferire la giurisdizione a Costantinopoli. In Africa il suo intervento ottenne vari risultati: tentò di sedare l'ira dei vescovi, infuriati per il nunzio di Zosimo che aveva difeso un sacerdote deposto, ma a sua volta li fece adirare reintegrando al suo posto un vescovo che era stato destituito, prima di aver udite le accuse contro di lui. Fu un fermo sostenitore dell'ortodossia e in particolare di S. Agostino (28 ago.) nella disputa con i pelagiani. Consegnò ad Agostino due lettere in cui i leader pelagiani lo calunniavano, per dargli l'opportunità di rispondere loro di persona. Come segno di rispetto e gratitudine, Agostino dedicò a Bonifacio il trattato che scrisse come replica alle critiche ricevute. Poche opere scritte da Bonifacio sono state conservate, a parte una o due lettere, e, sulla base delle prove disponibili, sembra sia stato un uomo gentile e umile. Mori il 4 settembre 422, fu seppellito nel cimitero Massimo sulla Via Salaria, in una cappella che aveva costruito vicino alla tomba di S. Felicita (7 mar.), alla quale era molto devoto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Massimo sulla via Salaria, deposizione di san Bonifacio I, papa, che risolse molte controversie inerenti alla disciplina ecclesiastica.

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