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I santi di oggi 11 ottobre:
nome San Giovanni XXIII- titolo 261º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Angelo Giuseppe Roncalli- nascita 25 novembre 1881, Sotto il Monte, Bergamo- Ordinazione sacerdotale 10 agosto 1904 dal patriarca Giuseppe Ceppetelli- Nomina ad arcivescovo 3 marzo 1925 da papa Pio XI- Consacrazione ad arcivescovo 19 marzo 1925 dal cardinale Giovanni Tacci Porcelli- Elevazione a patriarca 15 gennaio 1953 da papa Pio XII- Creazione a cardinale 12 gennaio 1953 da papa Pio XII- Elezione 28 ottobre 1958- Incoronazione 4 novembre 1958- Fine pontificato 3 giugno 1963 (4 anni e 218 giorni)- Motto Oboedentia et pax- morte 3 giugno 1963, Vaticano- ricorrenza 11 ottobre- Beatificazione 3 settembre 2000 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 27 aprile 2014 da papa Francesco- Attributi abito corale papale, abito talare papale, triregno, paramenti liturgici- Patrono di Esercito Italiano, Comune di Valsamoggia- «Figlioli... tornando a casa, troverete i bambini, date loro una carezza e dite: questa è la carezza del papa. Troverete, forse, qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Dite che il papa è con loro...».
Era una tiepida serata d'autunno e Giovanni XXIII congedava così la gente accorsa in piazza San Pietro per celebrare l'avvio del concilio Vaticano II (11 ottobre 1962). Quelle parole, intrise di umanità e di poesia, commossero il mondo e furono il miglior preludio della grande assise ecumenica destinata a rinnovare profondamente la chiesa e che fece di Giovanni XXIII, come scrisse Frainois Mauriac, il papa che ha gettato «un ponte sui nove secoli che ci dividono dai cristiani dell'oriente e sui quattro che ci separano dai fratelli dell'occidente». Insomma: il papa del dialogo, delle aperture, delle audaci novità che in pochi anni servirono ad avvicinare la chiesa al mondo moderno. Quando lo elessero, ormai prossimo agli ottant'anni, tutti pensarono che sarebbe stato un papa di transizione, per consentire alla chiesa di riordinare le idee di fronte alle sfide che la società le stava imperiosamente ponendo. Invece il suo pontificato fu sì di breve durata, ma come pochi altri significativo e incidente. L'idea di finire lui stesso sul soglio di Pietro non l'aveva neppure sfiorato quando, il 12 ottobre 1958, lasciava Venezia per andare a Roma a eleggere il successore di Pio XII. Era certo che a Venezia, la città del santo papa Pio X di cui si sentiva onorato di continuare l'opera, si sarebbe conclusa la parabola della sua vita. La domenica 15 marzo 1953 si era presentato ai veneziani con semplicità, e con stile confidenziale aveva fatto il punto della sua vita: «Desidero parlarvi con la più grande apertura di cuore e con molta franchezza di parola "aveva detto". Sono state dette e scritte cose che sorpassano di molto i miei meriti. Mi presento umilmente io stesso. Vengo dall'umiltà e fui educato a una povertà contenta e benedetta. Da quando nacqui io non ho mai pensato che a essere prete. Da giovane prete non aspiravo che a diventare curato di campagna nella mia diocesi, ma la Provvidenza ha voluto avviarmi per altre strade prima di giungere qui. Mi trasse dal mio villaggio natio e mi rete percorrere le vie del mondo in Oriente e in Occidente. Fui sempre preoccupato più di ciò che unisce che di quello che separa e suscita contrasti. Non guardate dunque al vostro patriarca come a un uomo politico, a un diplomatico: cercate il sacerdote, il pastore d'anime che esercita tra voi il suo ufficio nel nome di Dio». Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli, era nato a Sotto il Monte, piccolo paese del bergamasco, il 25 novembre 1881. Alla povertà contenta e benedetta lo ha educato la sua patriarcale famiglia contadina che viveva nella cascina «La Colombera», alternando lavoro e preghiera, sotto la guida saggia dello zio Saverio. Di indole buona e sensibile, sentì presto il desiderio di consacrare la propria vita a Dio per poter servire meglio gli altri nella carità. Nel seminario di Bergamo iniziò la lunga strada di preparazione al sacerdozio, che si concluse a Roma il 10 agosto 1904. Prete novello, invece che nella desiderata parrocchietta di campagna, fu mandato a fare il segretario del nuovo vescovo di Bergamo, monsignor Radini Tedeschi, al fianco del quale rimase dieci anni, imparando che un uomo di chiesa deve essere soprattutto buono e caritatevole. Una lezione, accompagnata dall'esempio, che non scorderà mai più. Intanto viveva la terribile esperienza della prima guerra mondiale, alla quale partecipò come sergente di sanità e cappellano militare.
Neppure alla morte del monsignore si aprirono per don Angelo le porte di una canonica. Lo vollero a Roma, all'Opera della propagazione della fede, diretta dal cardinale von Rossum, il quale vide nell'intelligente e saggio prete bergamasco l'uomo giusto da inviare nelle capitali del mondo a intessere rapporti con le chiese e con gli stati. «Dovrete viaggiare, viaggiare molto. Sarete il viaggiatore di Dio», gli disse papa Benedetto XV nell'affidargli l'incarico. Consacrato vescovo il 15 marzo 1925, cominciò il suo lungo viaggio che lo porterà in missione come visitatore apostolico in Bulgaria, poi delegato apostolico in Turchia e in Grecia e poi nunzio apostolico a Parigi, ultima tappa prima dell'approdo a Venezia. Partendo per la Bulgaria, annotava nel diario (Giornale dell'anima): «La chiesa mi vuole vescovo per mandarmi in Bulgaria, a esercitare un ministero di pace. Forse nella mia vita mi attendono molte tribolazioni. Con l'aiuto del Signore mi sento pronto a tutto». E con l'aiuto del Signore invocato nella preghiera, e con le sue doti di pazienza, di bontà, di tenacia, di rispetto delle posizioni degli altri, ottenne in Bulgaria, dove i rapporti con la chiesa ortodossa non erano dei migliori, ottimi risultati. Come avvenne poi anche in Grecia e in Turchia. Il suo spirito ecumenico si formò da quelle parti, sul campo: certi pregiudizi incrostatisi nel tempo cominciarono qua e là a sciogliersi al calore della bontà e della carità di questo insolito rappresentante della chiesa di Roma. Spesso, tra la sorpresa e l'ammirazione dei presenti, gli incontri di monsignor Angelo Roncalli con i vescovi ortodossi si concludevano con un abbraccio, a suggellare un'amicizia che cancellava, nei loro rapporti, secoli di divisioni e di incomprensioni. Fu per questo il primo dignitario della chiesa cattolica a visitare il celebre, e inavvicinabile per i cattolici, monastero del monte Athos in Grecia. E l'ecumenismo sarà un punto forte del suo programma pastorale anche a Venezia, città da sempre considerata ponte tra occidente e oriente. IL PONTIFICATO DI 5 ANNI. Eletto papa, al cardinale Tisserant che gli chiedeva con quale nome volesse essere chiamato, disse: «Mi chiamerò Giovanni, un nome dolce e nello stesso tempo solenne». Il 28 ottobre 1958, l'umile figlio della terra bergamasca, a settantasette anni, cominciava il servizio che la provvidenza gli aveva assegnato; lo svolgerà con il suo stile accattivante di bontà, di umiltà, di comprensione che faranno di lui il «papa buono». Una bontà sempre condita dal buon umore, dall'ottimismo della fede. Il primo Natale del Papa bergamasco si recò per la prima volta al Bambino Gesù di Roma. Carezze, abbracci, sorrisi. Ed è il suo diario a restituire in modo chiaro il senso dell’avvenimento: «due ore di gaudio spirituale e, penso, di generale commossa edificazione». Monsignor Loris Capovilla, segretario personale, racconta: «Don Gelmo, amico da settant'anni, visita papa Giovanni in Vaticano, s'inchina per baciargli i piedi. Il vecchio amico papa lo richiama, guardandolo negli occhi: "Don Gelmo che cosa fai? Siamo pur sempre gli stessi figlioli delle nostre buone mamme". Don Gelmo si giustifica: "Ma voi siete il vicario di Cristo". E papa Giovanni, abbracciandolo: "Sono però, ancora, il tuo antico compagno di scuola e amico. Ricordati che dal Vaticano e da Seriate [paese di don Gelmo] la strada per giungere al paradiso è la stessa"». Ad attirare la simpatia della gente, la devozione, l' ammirazione per papa Giovanni, è soprattutto la sua umiltà: «Il Signore mi ha fatto nascere da povera gente e ha pensato a tutto. Io l'ho lasciato fare. Mi sono lasciato condurre in perfetta conformità alle disposizioni della provvidenza, veramente: Voluntas Dei pax nostra (nella volontà di Dio sta la nostra pace)». A monsignor Giovan Battista Montini (il futuro Paolo VI), che nel novembre del 1952 dalla Segreteria di stato gli comunicava l'intenzione di Pio XII di trasferirlo da Parigi alla sede patriarcale di Venezia, scriveva: «Assicuri Sua Santità che io ho pochissima stima di me stesso: per me tutto è superiore al mio merito; ma avendo da tempo rinunziato a tutto quel che riguarda la mia persona, ciò mi rende tutto più facile e tranquillo, e mi assicura in ogni evento una grande pace». Riusciva a unire la pazienza al coraggio: «Il coraggio si esercita quando sono in pericolo i supremi interessi dell anima e non meschine rivalità di casta o il desiderio, sia pur legittimo, di personale soddisfazione». L:anziano papa è stato una primavera per la chiesa e, per il mondo intero, una porta aperta alla speranza. Non hanno avuto ragione quanti avevano ravvisato nelle sue aperture la rovina della chiesa. Il 3 giugno 1963, alle ore 19.45, in Vaticano, si spegneva una grande luce sul mondo. Il suo nome era Giovanni. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 3 settembre 2000 ed è stato canonizzato il 27 aprile 2014 da Papa Francesco. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, San Giovanni XXIII, papa: uomo dotato di straordinaria umanità, con la sua vita, le sue opere e il suo sommo zelo pastorale cercò di effondere su tutti l'abbondanza della carità cristiana e di promuovere la fraterna unione tra i popoli; particolarmente attento all'efficacia della missione della Chiesa di Cristo in tutto il mondo, convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II.
nome Sant'Alessandro Sauli- titolo Vescovo- nome di battesimo Alessandro Sauli- nascita 15 febbraio 1534, Milano- Ordinato presbitero 24 marzo 1556- Nominato vescovo 10 febbraio 1570 da papa Pio V- Consacrato vescovo 12 marzo 1570 dal cardinale Carlo Borromeo- morte 10 novembre 1592, Calosso d'Asti- ricorrenza 11 ottobre- Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Aleria (1570-1591), Vescovo di Pavia (1591-1592)- Beatificazione 23 aprile 1741 da papa Benedetto XIV- Canonizzazione 11 dicembre 1904 da papa Pio X- Patrono di Calosso- Da Domenico Sauli e da Tommasina Spinola, ambedue nobili genovesi nacque, Alessandro il 15 febbraio del 1534 a Milano, dove i suoi genitori dimoravano a cagione degli alti impieghi che Domenico esercitava presso Francesco II Sforza, ultimo Duca di Milano. Fu Alessandro il secondo di tre figliuoli maschi nati da quel matrimonio, ed egli venne alla luce in quel medesimo anno in cui fu fondata la Congregazione dei Chierici Regolari, detti Barnabiti. Fin dall'infanzia apparve prevenuto dalle più abbondanti benedizioni del Cielo. I suoi genitori lo diedero ad educare ad esperti maestri, sotto la guida dei quali fece rapidi progressi nelle lettere e nelle belle arti, ma più ancora nella pietà e nelle virtù. Aborrì di buon'ora i profani divertimenti del secolo. Un giorno in una piazza una folla di popolani si accalcava intorno ad una compagnia di sguaiati commedianti, egli, trovandosi a passare di lì, irruppe nel circolo e, con un crocifisso inalberato nelle mani, fece un discorso così commovente che i commedianti si diedero alla fuga ed il popolo presente, compunto e commosso, si disperse colle lacrime agli occhi. Non molto tempo dopo, si consacrò del tutto al servizio di Dio nella Congregazione dei Barnabiti, che egli scelse a preferenza di altre perchè vi fioriva un'esattissima osservanza regolare e perchè in essa avrebbe potuto ben coltivare le virtù dell'umiltà e della purità alle quali egli era in modo particolare affezionato. Ordinato sacerdote il 7 aprile 1556, celebrò la sua prima Messa con un fervore e una pietà straordinarie. Avvezzò il suo corpo alle fatiche col lavoro e colle veglie, dandosi con zelo al ministero della parola e della riconciliazione, e in questo assai gli giovò la singolare attitudine che egli aveva di commuovere e convertire i peccatori. Continuò ad esercitare questo suo ministero anche quando fu eletto professore di filosofia e di teologia nell'Università di Pavia. Si videro delle comunità intere mettersi sotto la sua direzione, per imparare i mezzi onde giungere ,alla perfezione del loro stato. Invitato a predicare nel duomo di Milano, produsse, coi suoi discorsi, frutti meravigliosi. S. Carlo Borromeo ne fu commosso fino alle lacrime. Eletto superiore generale del suo Ordine, a soli 33 anni, tenne quest'alta carica con sì felice successo, che diede novello splendore alla sua congregazione. Ma Iddio non lo aveva destinato a vivere nel ritiro del chiostro: l'isola di Corsica era il campo in cui dovevano brillare le sue eminenti virtù. Quest'isola era stata convertita alla fede molto tempo prima per opera di missionari venuti da Roma. Aleria è la principale diocesi di quell'isola: ma quando Alessandro Sauli vi fu mandato vescovo dal santo papa Pio V, non aveva più neppure l'apparenza di vigna del Signore: essa assomigliava ad incolta ed orrida selva piena di bronchi e di spine, ricovero solo di aspidi e di fiere. Distrutta già, da gran tempo l'antica città di Aleria non ne restava che qualche misero avanzo di muraglie diroccate. Le chiese della diocesi eran ridotte a sì misero stato, che sembravano piuttosto spelonche che luoghi destinati al culto di Dio. Ma assai più luttuoso era lo stato spirituale di quei diocesani. Ogni sorta di vizi vi aveva gettato profonde radici: gli odi, le inimicizie invecchiate, gli omicidi, le superstizioni, gli adulteri, le dissolutezze più mostruose vi regnavano indisturbate. I sacerdoti e i parroci stessi, oltre ad essere ignoranti al punto che non pochi di essi non sapevano neppure le formule dei Sacramenti che amministravano, erano anche scandalosi e immersi nel lezzo dei vizi sensuali. S. Alessandro non si perdette di animo. Trovata nella borgata di Tallone una chiesa meno rovinata delle altre, qui si fermò. Vi prese in affitto una' vecchia torre abbandonata, la divise in tre piani, in ciascuno dei quali fece costruire anguste cellette e due di queste formavano tutto il suo appartamento, servendo le altre per i tre religiosi che aveva seco e per la poca gente che teneva per il necessario servizio. Quivi incominciò la sua opera che ha dell'incredibile. In 20 anni di ministero episcopale il Santo diede nuova vita a quella diocesi e la trasformò completamente lasciando un esempio incomparabile di ogni più eletta virtù apostolica e pastorale. La venerazione in cui era tenuto il santo apostolo della Corsica indusse le città di Tortona e di Genova a domandarlo per loro pastore, ma egli non volle lasciare la sua sposa primiera, alla quale era teneramente affezionato ma accettò il vescovado di Pavia nel 1591, ciò fu solo per obbedire all'ordine categorico di papa Gregorio XIV. Non aveva ancora fissato la dimora nella sua nuova diocesi che già incominciava a farne la visita pastorale, tornando tutte le feste solenni a Pavia. Trovandosi a Calozzo nella contea d'Asti, il 2 di ottobre del 1592, cadde ammalato per un accesso di gotta con febbre assai gagliarda, la quale, mal curata dall'unico medico ignorante che ivi si trovava, crebbe al punto che in pochi giorni ridusse il Santo in fin di vita. Quando il Vescovo s'accorse che era vicino il termine dei suoi giorni, si preparò alla morte colla più grande devozione, ricevendo i Sacramenti e tutti i conforti della fede. Diede ai suoi familiari ottimi e salutari avvertimenti, ordinò che il suo corpo fosse seppellito nella cattedrale di Pavia, ma fuori del presbiterio e senza porvi sopra alcuna memoria. Tollerò la sua dolorosissima malattia con invitta pazienza, ringraziando il Signore perchè gli conservava integri e vegeti tutti i sentimenti e perchè lo faceva morire come si, conviene ad un vescovo, cioè nell'esercizio del suo pastorale ministero. Poi, colle mani composte in forma di croce, invocando i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria placidamente si addormentò nel Signore il giorno 11 di ottobre 1592 all'età di 58 anni. Il suo cadavere fu trasportato a Pavia dove, fra le lacrime di ogni ordine di persone, gli furono fatte solenni esequie. Benedetto XIV lo dichiarò beato nel 1741. Pio X lo elevò agli onori degli altari l'11 dicembre 1904.<br /> PREGHIERA. Meditiamo spesso le belle parole: tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Calosso d'Asti in Piemonte, transito di sant'Alessandro Sauli, vescovo dapprima di Aleria in Corsica e poi di Pavia, che, membro della Congregazione dei Chierici regolari di San Paolo, diede sollievo ai poveri con mirabile carità.
nome San Filippo- titolo Diacono- nascita I secolo, Cesarea, Israele- morte I secolo, Cesarea, Israele- ricorrenza 11 ottobre- Tutto ciò che sappiamo di Filippo Diacono è contenuto nella narrazione degli Atti degli Apostoli. Non è l'apostolo Filippo (3 mag.) ma uno dei diaconi scelti dagli apostoli quando gli ellenisti ebbero a lamentarsi verso i giudei poiché le loro vedove erano trascurate nella distribuzione quotidiana del cibo (cfr. At 6, 1-6). È secondo, dopo Stefano, nella lista di «sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza» che furono scelti perché si occupassero del servizio di poveri e indigenti, lasciando gli apostoli liberi per il ministero della parola. Il suo nome suggerisce che probabilmente, come Stefano, fosse greco d'origine. Il lavoro dei diaconi subito si sviluppò ben oltre le circostanze iniziali e Filippo divenne evangelista che «andava per il paese diffondendo la buona novella» (At 8, 4-13). Si recò in Samaria dove operò molte conversioni e dove battezzò Simon Mago, un taumaturgo locale che godeva grande fama e che dopo il battesimo «non si staccava più da Filippo». Quando gli apostoli vennero a sapere dell'opera di Filippo inviarono Pietro e Giovanni in Samaria «che pregarono per i samaritani perché ricevessero lo Spirito Santo... Allora imponevano loro le mani, e quelli ricevevano lo Spirito Santo». Furono severi con Simone, il quale ambiva a ricevere i carismi dello Spirito Santo in cambio di denaro, e Pietro gli disse: «Il tuo denaro vada con te in perdizione». Ci sono tradizioni che dicono che Pietro si trovò di nuovo a fronteggiare questo antagonista a Roma. Filippo si sentì spinto a prendere una strada deserta che scendeva da Gerusalemme a Gaza; durante il cammino incontrò il tesoriere capo di Candace, regina d'Etiopia, che dopo essere andato in pellegrinaggio a Gerusalemme stava tornando a casa. Il funzionario, probabilmente un africano convertito al giudaismo, stava leggendo seduto sul suo carro; Filippo lo raggiunse e vide che stava leggendo il profeta Isaia, sforzandosi di capire il passo: Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita (Is 53, 7-8). Filippo gli chiese se capiva quello che leggeva, e quegli rispose che aveva bisogno di uno che lo istruisse: «Di quale persona il profeta dice questo?» egli chiese «Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo salì sul carro e spiegò che le profezie erano realizzate nell'Incarnazione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo. Proseguirono il cammino insieme parlando della rivelazione e il funzionario credette; arrivati vicino a un corso d'acqua chiese di essere battezzato. Discesero entrambi nell'acqua e Filippo lo battezzò. Filippo fu rapito dallo Spirito e non si videro mai più, ma il funzionario «proseguì il suo cammino pieno di gioia» (At 8, 26-40). Questo è un episodio chiave nella vicenda degli Atti degli Apostoli: Filippo sembra aver compreso, ancor prima degli apostoli stessi, che il Vangelo doveva essere portato al di fuori dei confini d'Israele, ad altri popoli in altri paesi. Il funzionario occupava un posto elevato in una corte africana, probabilmente era nero e forse eunuco, come la maggior parte dei funzionari nelle corti del Medio e dell'Estremo Oriente. Filippo lo introdusse nella comunità cristiana e questo può essere stato l'inizio della Chiesa d'Etiopia. Filippo «proseguendo, predicava il Vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarea», che era probabilmente la sua città. Quando S. Paolo e i suoi compagni, dopo aver visitato i cristiani di Efeso, erano sulla via del ritorno a Gerusalemme passarono da Cesarea e sostarono nella casa di Filippo «evangelista, che era uno dei Sette». Questa potrebbe essere stata la sua città natale dove viveva con la sua famiglia. Aveva quattro figlie vergini che erano «profetesse» (At 21, 8-9). Le figlie, delle quali non sappiamo il nome, qualche volta sono associate a lui come sante. Una tradizione greca tardiva dice che Filippo divenne vescovo di Tralli in Lidia, ma non sappiamo nulla di certo attorno al suo ministero. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Filippo, che fu uno dei sette diaconi eletti dagli Apostoli: convertì la Samaria alla fede di Cristo, battezzò l’eunuco di Candace regina d’Etiopia ed evangelizzò tutte le città che attraversava, fino a Cesarea, dove si ritiene che abbia terminato i suoi giorni.
nome San Firmino di Uzes- titolo Vescovo- nascita 480 circa, Narbonne- morte 11 ottobre 553, Uzès- ricorrenza 11 ottobre- Saint Firmin nacque a Narbonne intorno al 480 era figlio Tonanzio Ferreolus un senatore gallo-romano della Gallia Narbona. All'età di dodici anni fu inviato dai genitori ad Uzès per essere educato sotto gli occhi e la disciplina del vescovo Rorice suo zio. Così nel 538 succedette a Rorice nella sede episcopale di Uzès. Dopo la sua elezione prese parte al concilio di Orléans del 541, poi del 549 e a quello di Parigi del 552. In seguito alla situazione politica del sesto secolo, il vescovato di Uzès fu collocato nel 551 nella diocesi metropolitana di Arles, ed è qui che fece amicizia con S. Cesario Arcivescovo di Arles (+542 - 26 agosto) di cui sarà uno dei biografi. Ma Firmino fu anche grande evangelizzatore dei confini della sua diocesi annunciando la vera fede al popolo di Gabale una tribù gallica che era stanziata nella provincia di Gévaudan. Morì l'11 ottobre 553 e fu suo nipote il prete Ferréol che sarà il suo successore nel seggio episcopale. È sepolto nella chiesa di Saint-Baudile (oggi scomparsa). MARTIROLOGIO ROMANO.A Uzès nella Gallia narbonense, nell'odierna Francia, san Firmino, vescovo, che, discepolo di san Cesario di Arles, insegnò al suo popolo la via della verità.
nome Santa Maria Soledad Torres Acosta- titolo Religiosa Fondatrice della Congregazione delle Serve di Maria Ministre degli Infermi- nome di battesimo Bibiana Antonia ManuelaTorres Acosta- nascita 1826, Madrid, Spagna- morte 11 ottobre 1887, Madrid, Spagna- ricorrenza 11 ottobre- Beatificazione 5 febbraio 1950 da papa Pio XII- Canonizzazione 25 gennaio 1970 da papa Paolo VI- I genitori di Maria Soledad, Francesco Torres e Antonia Acosta, erano di Madrid. La santa fu la seconda di cinque figli, nata nel 1826 e battezzata col nome di Manuela; era una bambina tranquilla, che si dice desse da mangiare ai suoi compagni di gioco quando erano affamati e fosse più interessata a insegnare loro a pregare che non a giocarvi insieme. Per un certo periodo, pensò di entrare nelle suore domenicane, ma poi un sacerdote servita locale, Michele Martìnez y Sanz, incoraggiò un gruppo di donne del posto a formare una comunità che portasse aiuto domiciliare agli ammalati della parrocchia; Manuela si uni pertanto a tale comunità, dando inizio a quella che sarebbe stata la vocazione della sua vita. Prese il nome religioso di Maria Soledad (termine spagnolo che significa "desolata"), in onore della Vergine Addolorata, per cui nutriva una particolare devozione. Cinque anni dopo, il sacerdote, insieme a metà della comunità, partì per stabilire una nuova fondazione nella colonia d'Africa di Fernando Poo, lasciando Maria Soledad a capo delle suore rimaste a Madrid. 11 vescovo locale, non vedendo di buon occhio questa nuova congregazione religiosa e la sua assistenza (insolita per l'epoca), per un certo periodo parve sul punto di scioglierla; la comunità fu però salvata dal sostegno offertole dalla regina e dalle autorità civili locali, che ne apprezzavano il lavoro a favore dei poveri e dei malati della capitale e a cui Maria Soledad aveva espressamente chiesto di intervenire. Nel 1861 la regola della congregazione, che prese il nome di Serve di Maria ministre degli infermi, ricevette l'approvazione diocesana: rapidamente la loro attività si espanse, fu rilevato un istituto per giovani delinquenti, furono fondate numerose nuove case, e il lavoro compiuto dalle suore durante l'epidemia di colera del 1875 procurò loro un elogio generale. Non mancarono però divisioni intestine e alcune suore abbandonarono la comunità per entrare in un'altra congregazione, ma le attività comunque continuarono a prosperare, culminando nel 1875 nella fondazione a Cuba del primo nucleo d'oltremare. Tre anni dopo fu affidato alle suore l'antico ospedale di S. Carlo annesso al monastero reale dell'Escorial e in tutta la Spagna furono aperti conventi e ospedali. Maria Soledad rimase a guida della congregazione fino alla morte, avvenuta l'11 ottobre 1887. Le ultime parole furono per le sue suore: «Figliole, vivete in pace e unità». Guidò le Serve di Maria ministre degli infermi per trentacinque anni, non solo curandone la spiritualità, ma anche assicurandosi che fossero formate e tecnicamente pronte ad affrontare il lavoro che le aspettava. Dopo la sua morte la congregazione si è diffusa in Inghilterra, Italia, Francia, Portogallo e nelle Americhe. Fu beatificata nel 1950 e canonizzata nel 1970 col nome di S. Maria Soledad Torres Acosta. Nell'omelia pronunciata in occasione della canonizzazione, papa Paolo VI disse che la sua «vita semplice e silenziosa poteva riassumersi in due parole: umiltà e carità». L'opera da lei compiuta a favore degli ammalati non è originale nella storia della Chiesa, ma il modo sistematico con cui la santa vi si accostò ha fatto di lei «una lampada di sapienza sociale», in grado di anticipare molte delle tecniche scientifiche della moderna medicina. MARTIROLOGIO ROMANO. A Madrid in Spagna, santa Maria Desolata (Emanuela) Torres Acosta, vergine, che fin dall’età giovanile mostrò straordinaria attenzione per i malati bisognosi, che assistette con instancabile abnegazione, in special modo nella Congregazione delle Serve di Maria Ministre degli Infermi da lei stessa fondata.
nome San Bruno I di Colonia- titolo Vescovo- nascita 925, Colonia, Germania- morte 965, Reims, Francia- ricorrenza 11 ottobre- Ultimo figlio di Enrico l'Uccellatore, re di Germania, e di S. Madida (14 mar.), Bruno nacque nel 925. La sua istruzione ebbe inizio alla scuola episcopale di Utrecht, che cominciò a frequentare a soli quattro anni, mostrandosi presto allievo di talento. Chiamato alla corte reale dal fratello, diventato re Ottone I (il Grande), ne divenne il fidato segretario, pur avendo solo quindici anni. Poco dopo, una volta ordinato diacono, si vide affidare l'amministrazione delle due abbazie di Lorsch e di Corvey. Questa promozione fuori dagli schemi ordinari diede però buoni risultati, visto che i suddetti monasteri furono riformati proprio sotto la sua direzione. All'età di venticinque anni fu ordinato prete, ma continuò a interessarsi fortemente delle faccende politiche, accompagnando Ottone in Italia nella veste di cancelliere del regno, carica che rivestì per qualche anno benché per tradizione essa fosse conferita solo agli arcivescovi. Nel 953 Bruno, appoggiato dal re, fu eletto arcivescovo di Colonia e ne resse poi la diocesi per dodici anni. Fu un riformatore, visitò con regolarità il proprio territorio, incoraggiò l'istruzione tra il clero, ripristinò Io spirito monastico in numerosi conventi e utilizzò il proprio prestigio per promuovere la riforma anche in altre diocesi della Germania. Quando il duca della Lorena si ribellò a Ottone, questi, depostolo, pose Bruno al suo posto, accrescendone così il potere e il rango e facendo di lui un principe a tutti gli effetti: il ruolo di vescovo-principe che in seguito caratterizzerà gli arcivescovi di Colonia è già adombrato in questa duplice posizione rivestita da Bruno. Le cose obbedivano a un reciproco interesse: i vescovi del tempo in Germania avevano bisogno della protezione di un monarca centrale per difendersi dalle interferenze e dai saccheggi dei duchi; al re andava bene servirsi dei vescovi, aumentando il loro potere con elargizioni di terre e di privilegi, per moderare la posizione dei duchi. I vescovi divennero così vassalli del re, rendendo omaggio per le terre loro concesse e assumendo un ruolo politico importantissimo, e di fatto, insieme al loro clero, erano impiegati in ogni sfera dell'attività di governo. Se da un lato questo inevitabilmente comportava una perdita di indipendenza e il controllo del re sulle nomine, dall'altro significava un aumento dell'importanza e dell'autorità della Chiesa e offriva ai vescovi riformatori l'opportunità di portare avanti il cambiamento. Bruno si diresse in Lorena per riportarvi l'ordine dopo la rivolta e riuscì alla fine a ristabilire la pace. Cercò anche di promuovere la riforma della Chiesa attraverso la nomina di molti vescovi di alta moralità e si attirò il soprannome di "creatore di vescovi". Il suo potere crebbe ulteriormente nel 961, quando Ottone, recatosi nuovamente in Italia per essere incoronato dal papa imperatore del sacro romano impero, lo nominò coreggente insieme al fratellastro Guglielmo, arcivescovo di Magonza. Al ritorno dell'imperatore, fu nuovamente coinvolto in controversie in Lorena ma riuscì ancora una volta a riportarvi la tranquillità. Bruno si ammalò improvvisamente a Reims, morendo l'11 ottobre 965, a soli quarant'anni. Secondo il suo volere, il suo corpo fu quindi riportato a Colonia e sepolto nell'abbazia di S. Pantaleone, da lui stesso fondata. Il titolo di "Grande" sembrerebbe probabilmente più idoneo al suo più celebre omonimo, fondatore dei certosini (6 ott.), ma fu attribuito al nostro Bruno sicuramente per la sua posizione come fratello dell'imperatore e per la carica ecclesiale rivestita sia in Germania che in Francia. Egli fece uso del proprio potere per il bene della Chiesa e dello Stato e la sua vita potrebbe essere citata come esempio giustificante l'esistenza dei principi-vescovi. Il suo culto però non ebbe mai diffusione, rimanendo per molto tempo limitato all'abbazia che rivendica le sue reliquie; nel 1870 è stato approvato per il resto della diocesi di Colonia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Colonia nella Lotaringia in Germania, san Bruno, vescovo, che, fratello dell’imperatore Ottone I, ricevette insieme l’episcopato e il governo della Lotaringia ed esercitò il ministero sacerdotale con grande premura e le funzioni di governante con magnanimità secondo le esigenze dei suoi tempi.
nome San Gummario- titolo Eremita- nascita Belgio- morte 11 ottobre 775, Nivesdonck, Belgio- ricorrenza 11 ottobre- Santuario principale Sint Gummarus a Lier- Gummaro nacque a Emblehem nell'attuale Belgio e divenne un importante ufficiale al servizio di Pipino il Breve, accompagnandolo in numerose campagne militari. Al suo ritorno scoprì che in sua assenza la moglie aveva maltrattato la servitù e lasciato che gli affari andassero a rotoli. Secondo alcune fonti, questi problemi domestici offrirono a Gummaro la principale occasione di esercitare la propria santità, perché ai suoi occhi erano stati mandati da Dio per rendere perfetta la virtù del suo servo ed elevarlo così alla gloria dei santi. Egli riuscì a riportare ogni cosa a posto, restituendo anche il denaro a coloro che la moglie aveva truffato, ma non riuscendo a cambiare la sposa, rinunciò alla fine a ogni tentativo di vincerne la caparbietà e si ritirò a vita isolata. Morì come eremita. Non è chiaro quale peso si debba attribuire a queste vicissitudini familiari e il santo fu conosciuto innanzitutto per la vita pia e la generosa carità. Si dice che una volta, mentre stava organizzando un pellegrinaggio a Roma con alcuni amici, avesse ricevuto l'ispirazione di costruire invece una cappella vicino a casa, e che lì in seguito, pur senza trascurare gli affari mondani, si ritirasse spesso a pregare. Divenne intimo amico di S. Rumoldo (3 lug.). Morì 1'11 ottobre 775 e fu sepolto nella sua cappella. Divenne famoso come taumaturgo ed essendosi diffuso il suo culto in tutti i Paesi Bassi, intorno all'XI secolo un gruppo di canonici ne prese in custodia la tomba, rivendicandolo come fondatore. Già dal XV secolo cominciò a diffondersi l'uso di "stendardi di pellegrinaggio" ricamati in suo onore, che rappresentavano scene della sua vita. L'iconografia di Gummaro ha due motivi di interesse. Innanzitutto, non fa alcun riferimento ai problemi domestici da alcuni ritenuti determinanti; in secondo luogo, mostra un cambiamento nel modo di rappresentare il santo, che nei ritratti più antichi appare come un guerriero delle crociate, mentre le raffigurazioni medievali lo ritraggono come un ricco signore, con mantello d'ermellino e berretto merovingio, che tiene nella mano destra il bastone del pellegrino; una sorgente miracolosa zampilla nel punto del terreno in cui poggia il bastone. Una statua del XVII secolo nella cattedrale di Antwerp lo mostra invece centurione romano, di nuovo con un mantello di ermellino.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Lier in Brabante, nell’odierno Belgio, san Gummario, che, soldato devoto a Dio, costruì in questo luogo con i suoi beni un oratorio, dove fu poi deposto.
nome San Meinardo di Riga- titolo Primo vescovo della Lettonia- nascita 1134, Germania- morte 11 ottobre 1196, Lettonia- ricorrenza 11 ottobre- Santuario principale duomo di Riga- Attributi Bastone pastorale- Patrono di Estonia, Lettonia- Meinardo nacque in Germania nel 1134. Monaco in un convento agostiniano della Congregazione Lateranense dei Canonici Regolari, a Segeberg, in Holstein, Germania, spinto dal desiderio di annunciare il Vangelo a tutte le nazioni, partì per una missione in Livonia, nel nord Europa, attuale Lettonia. Si imbarcò su una nave mercantile come cappellano a Lubecca, sbarcò nel Golfo di Riga e chiese e ottenne il permesso dal principe russo Wladimir di Polotzk di predicare agli indigeni pagani. Nel 1184 iniziò a costruire la prima chiesa in legno nella città di Üexküll. Due anni dopo informò del suo apostolato l'arcivescovo di Brema Hartwig II, che non esitò a consacrarlo come primo vescovo di Livonia. Sempre su raccomandazione di Hartwig, papa Clemente III riconobbe ufficialmente la nuova diocesi di Üexküll, suffraganea di Brema, il 25 settembre 1188. Purtroppo Hartwig fu esiliato, e sembra che Brema non sostenesse la diocesi suffraganea, quindi Meinardo dovette cercare un aiuto da Roma. Il 27 aprile 1191 papa Celestino III autorizzò il vescovo a portare aiuto dal proprio paese, ma non tenne conto che i livoniani non accettarono volentieri questa importazione di tedeschi stranieri, l'entusiasmo iniziale così si stava raffreddando. Vedendosi al punto di partenza, Meinardo mandò a Roma per chiedere aiuto il monaco cistercense Teodorico, suo principale collaboratore. Il Papa stesso concesse un'indulgenza a coloro che si sarebbero lanciati in una crociata in difesa e sostegno della neonata Chiesa di Livonia. Ma Meinardo, ormai anziano e in cattive condizioni di salute, morì prima di vedere soccorsi, senza dubbio rattristato dall'apparente fallimento del lavoro per il quale aveva investito tante energie. La data più probabile della sua morte è l'11 ottobre 1196, anche se alcune fonti parlano del 12 aprile e del 14 agosto. Nel 1201, il suo successore Alberto trasferì la sede a Riga. Tra il 1380 e il 1390 le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Riga, oggi capitale della Lettonia. Non era mai stato canonizzato, ma il culto popolare gli fu reso fin dall'inizio e l'8 settembre 1993, durante il suo viaggio apostolico in Lituania, Giovanni Paolo II approvò ufficialmente l'adorazione immemorabile del santo vescovo. Modello lettone. MARTIROLOGIO ROMANO. A Riga sul mar Baltico, commemorazione di san Meinardo, vescovo, che, dapprima monaco in Germania, ormai già avanti negli anni si mise in cammino per evangelizzare il popolo léttone; costruì la chiesa di Üksküll e, ordinato vescovo, pose efficacemente le fondamenta della fede cristiana in questa regione.
nome Beato Giacomo Griesinger da Ulma- titolo Religioso- nome di battesimo Jacob Griesinger- nascita 1407, Ulma, Germania- morte 1491, Bologna- ricorrenza 11 ottobre- Beatificazione 1825- Santuario principale Basilica di San Domenico- Attributi vetrata artistica- Patrono di vetrai- Giacomo Griesinger nacque a Ulma in Germania nel 1407; all'età di venticinque anni, recatosi in Italia, si arruolò come soldato al servizio del regno di Napoli. Assai impressionato dal comportamento sregolato dei suoi compagni, si accorse anche che erano del tutto impermeabili ai suoi sforzi per migliorarne la condotta, per cui, lasciato l'esercito, divenne intendente di casa presso una famiglia di Capua. Riscosse un tale successo in questa nuova attività che il padrone gli negò il permesso di tornare in Germania, come Giacomo invece desiderava. Il ragazzo pertanto fuggì di nascosto, ma, raggiunta Bologna, si lasciò nuovamente persuadere a farsi soldato. Dopo frequenti visite alla chiesa di S. Domenico (8 ago.), prese la decisione di diventare frate converso nell'Ordine dei domenicani, vivendo a Bologna per cinquant'anni, modello di osservanza religiosa e di virtù. Giacomo si specializzò nel dipingere il vetro e questa divenne la sua principale occupazione come frate converso, anche se lo si ricorda per l'intensa vita di preghiera e le frequenti esperienze estatiche. All'intercessione del santo si attribuiscono numerosi miracoli, avvenuti sia mentre era ancora in vita sia dopo la morte, che lo colpì all'età di ottantaquattro anni nel 1491. Fu beatificato nel 1825. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, beato Giacomo da Ulm Griesinger, religioso dell’Ordine dei Predicatori, che, sebbene analfabeta, fu un valente decoratore di vetrate e offrì a tutti per cinquant’anni un esempio di dedizione al lavoro e alla preghiera.
nome San Cainnech- titolo Abate- nascita 525 circa, Kinnaght, Irlanda- morte 600 circa, Irlanda- ricorrenza 11 ottobre- Attributi raffigurato con la Bibbia in una mano- Patrono di naufragati- Cainnech, o Canice o Kenneth, fu un celebre santo irlandese, di cui però ben poco si può affermare con certezza. Nato a Kinnaght nella contea di Derry, in giovane età si recò nel Galles, dove sotto la direzione di S. Cadoc (23 sett.) si fece monaco e in seguito fu ordinato prete. Gli elogi continui che Cadoc esprimeva a proposito del giovane sacerdote procurarono a Cainnech le gelosie degli altri frati, costringendolo infine ad andarsene. Dopo una breve visita a Roma, ritornò in Irlanda per studiare a Clonard sotto la guida di S. Finnian (12 dic.). Dopo aver trascorso qualche anno in Irlanda fondando monasteri e predicando, si rea) in Scozia, dove la presenza del suo culto è testimoniata da molti nomi di località, come Kilchainnech a Tona e Inchkenneth a Mull. Accompagnò S. Columba (9 giu.) nella missione al re pagano dei pitti e si dice che gli abbia paralizzato la mano per impedire che li uccidesse. La fondazione irlandese di Cainnech più nota è quella di Aghaboe nella contea di Laois; probabilmente si occupò anche di una fondazione a Kilkenny, la cui antica cattedrale gli è dedicata. Fu celebre per il suo zelo missionario e la pratica della vita monastica; nel breve periodo in cui visse come eremita, si dice che chiedesse agli uccelli di non cantare per non essere disturbato nella preghiera. Il suo culto è diffuso in tutta l'Irlanda, mentre in Scozia è venerato soprattutto nelle diocesi di Saint Andrew e di Argyll. La diffusione del suo culto in Europa è comprovata dalla menzione del santo in litanie e messali a Reims, Reichenau, Basilea e Frisinga (Lussemburgo). MARTIROLOGIO ROMANO. Nella regione di Ossory in Irlanda, san Cánico, abate del monastero di Achad-Bó, tra i tanti da lui fondati.