@Vitupero
I santi di oggi 2 febbraio:
nome Presentazione del Signore e Purificazione di Maria Ss.ma- titolo Candelora- ricorrenza 2 febbraio- Colore liturgico bianco- «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Luca 2, 29-31). Questa festa è chiamata con svariati nomi, ciascuno dei quali ricorda un fatto avvenuto in questa giornata in cui la Sacra Famiglia ci diede l'esempio della più perfetta ubbidienza. Iddio nell'Antico Testamento aveva prescritto che ogni figlio primogenito fosse consacrato a Lui in memoria del beneficio fatto al suo popolo quando tutti i primogeniti degli Egiziani perirono sotto la spada dell'Angelo sterminatore risparmiando invece gli Ebrei. Un'altra legge poi ordinava che ogni donna ebrea si presentasse al Tempio per purificarsi, quaranta giorni dopo la nascita del bambino, oppure dopo ottanta, se era una figlia, portando alcune vittime da sacrificarsi in ringraziamento ed espiazione. Siccome le due cerimonie potevano compiersi tutte due assieme, Giuseppe e Maria portarono Gesù alla città santa, quaranta giorni dopo il Natale. Benché Maria non fosse obbligata alla legge della purificazione, poiché Ella fu sempre vergine e pura, tuttavia per umiltà ed ubbidienza volle andare come le altre. Ubbidì poi al secondo precetto di presentare ed offrire il Figlio all'Eterno Padre; ma l'offrì in modo diverso dal come le altre madri offrivano i loro figliuoli. Mentre per le altre madri questa era una semplice cerimonia. senza timore di dover offrire i figli alla morte, Maria offrì realmente Gesù in sacrificio alla morte, poiché Ella era certa che l'offerta che allora faceva doveva un giorno consumarsi sull'altare della croce. Giunti nel recinto del tempio venne loro incontro un vecchio venerando di nome Simeone, uomo giusto e pio, a cui lo Spirito Santo aveva promesso che non sarebbe morto prima d'aver mirato il Salvatore del mondo. Illuminato dal cielo aveva riconosciuto che il figlio di Maria era appunto l'aspettato delle genti. Presolo fra le braccia nell'entusiasmo della riconoscenza esclamò: « Or lascia, o Signore, che il tuo servo, secondo la tua parola, se ne vada in pace... »: poi benedisse i genitori del Bambino dicendo a Maria: « Ecco Egli è posto a rovina e resurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione; ed anche a te una spada trapasserà l'anima». Maria istruita nella Sacra Scrittura aveva già intravvisto tutte le pene che doveva patire il suo Figlio. e nelle parole di Simeone ne ebbe la dolorosa conferma. Maria a tutto acconsente. e con mirabile fortezza, offre Gesù all'Eterno Padre, ma la sua anima fu in quel momento attraversata da una spada. Fatta l'offerta come prescritto dalla legge del Signore, Maria e Giuseppe ritornarono nella Galilea, alla loro città di Nazaret. E il Bambino cresceva e si fortificava pieno di sapienza, e la .grazia di Dio era con Lui. PRATICA Maria per ubbidienza volle adempiere quanto prescriveva la legge, quantunque non vi fosse obbligata. Impariamo anche noi ad ubbidire a tutte le leggi, perchè, come dice la Sacra Scrittura, l'uomo ubbidiente riporterà vittoria. PREGHIERA Dio onnipotente ed eterno, supplichiamo umilmente la tua maestà, che come l'Unigenito Figlio tuo quest'oggi fu presentato al Tempio nella sostanza di nostra carne, così tu faccia che noi siamo presentati a te con animo purificato. MARTIROLOGIO ROMANO. Purificazione della beata Vergine Maria, che dai Greci viene chiamata Hypapànte (cioè l'incontro) del Signore.
nome Santa Caterina de' Ricci- titolo Vergine- nome di battesimo Alessandra Lucrezia Romola- nascita 23 aprile 1522, Firenze- morte 2 febbraio 1590, Prato- ricorrenza 2 febbraio-Beatificazione 23 novembre 1732 da papa Clemente XII- Canonizzazione 29 giugno 1746 da papa Benedetto XIV- Attributi giglio La santa è nota, in una misura che oscura completamente altri aspetti della sua vita, per le straordinarie manifestazioni («fenomeni fisici del misticismo», come dice il Thurston) di cui ebbe esperienza, cioè rapimenti estatici in cui riviveva la passione di Cristo, stigmate, episodi di bilocazione e il segno delle "nozze mistiche" (un anello al dito donatole da Cristo). La valutazione e i particolari delle testimonianze di coloro che assistettero a tali episodi variano considerevolmente, ma il dato sostanziale non può essere accantonato come semplice isteria, qualunque sia il giudizio sulla causa dei fenomeni. Sia per la natura delle sue esperienze che per le registrazioni dettagliate che ne sono state raccolte, Caterina assomiglia a S. Maria Maddalena de' Pazzi (di poco posteriore, 1566-1607; 25 mag.), anch'ella fiorentina. Nata da una nobile famiglia di Firenze, fu battezzata col nome di Alessandrina. All'età di tredici anni scelse la vita religiosa facendosi suora domenicana nel convento di S. Vincenzo di Prato, di cui era direttore lo zio, Timoteo de' Ricci. I due anni successivi furono contrassegnati da una successione di malattie complicate che nessuno riuscì a curare. La santa sopportò i patimenti con grande pazienza, "offrendoli" attraverso una continua meditazione della passione di Cristo. Progredita rapidamente nella vita religiosa divenne successivamente maestra delle novizie e vicaria della priora, c infine eletta priora a vita all'età di trent'anni. Dal febbraio 1542, cioè da quando aveva vent'anni, la santa iniziò a essere soggetta a una serie di rapimenti estatici che si verificarono ogni settimana per dodici anni, prolungandosi dal mezzogiorno del giovedì fino alle quattro del venerdì pomeriggio. Caterina si riprendeva il venerdì mattina in modo sufficiente per ricevere la comunione con profonda devozione, e il suo corpo assumeva le posizioni che scandivano le diverse fasi della passione di Cristo: rimaneva in piedi presso la colonna, piegava il capo per ricevere la corona di spine, e così via. La notizia di queste manifestazioni attirò folle di devoti, o almeno di curiosi; la santa giunse a implorare tutte le sue suore perché chiedessero a Dio che questi episodi cessassero: la supplica fu esaudita. Il fenomeno della bilocazione pare attestato addirittura da S. Filippo Neri (26 mag.), che non era facile alla credulità. La santa, che aveva avuto contatti epistolari con S. Filippo, gli apparve a Roma senza aver mai lasciato il convento. Cinque testimoni oculari lo hanno confermato sotto giuramento (anche se forse S. Filippo non lo fece o non ne fu richiesto). Quanto alle altre manifestazioni, come i segni fisici sul corpo della santa, le testimonianze sono più confuse. Coloro che deposero all'introduzione della causa di Caterina — avviata non prima di venticinque anni dalla morte — hanno ricordato le stigmate in forme molto diverse. La testimonianza più convincente fu quella offerta da suor Maria Maddalena, che lasciò un testo manoscritto: ella, mossa da prudenza, spiegò a Caterina che la fama che stava circondando il convento non era positiva e la invitò a cercar vari modi per cancellare i segni, ma tutto fu inutile; Caterina si scusò per i problemi che stava causando, ma disse che non poteva fare niente per impedire queste manifestazioni. All'esame delle deposizioni dei testimoni davanti alla Congregazione dei Riti, nel ruolo di promotore della fede, o "avvocato del diavolo", vi era un personaggio del calibro di Prospero Lambertini, il futuro papa Benedetto XIV. Egli sollevò un gran numero di questioni delicate a proposito dei fenomeni, ma la tesi sostenuta dai testimoni oculari (il principale dei quali era il domenicano p. Neri), ebbe infine la meglio. Bisogna dire che Caterina non fece nulla consapevolmente per incoraggiare i fenomeni che le accadevano — piuttosto è vero il contrario — e che essi e la fama che ne derivava non le impedirono di essere una buona amministratrice e di essere estremamente assidua e molto felice nella cura dei malati. La santa infatti condusse una vita straordinariamente attiva, consigliando diversi vescovi e cardinali, non meno di tre futuri papi, nonché numerosi superiori generali di ordini religiosi (non solo del proprio). La sua spiritualità è stata descritta come «quella del Savonarola, addolcita però dall'ottimismo e dall'amorevolezza che contraddistinguevano la santa» (N.C.E.).<br /> Al pari di S. Teresa d'Avila (15 ott,), le cui date di nascita e di morte precedono di sette o otto anni quelle della santa di oggi, Caterina condusse la propria vita nonostante, e non in virtù, delle sue esperienze mistiche. Entrambe vissero in un periodo in cui le riforme della vita religiosa e una devozione molto emotiva alla persona di Cristo potevano produrre un'atmosfera sovraccarica, soprattutto nei conventi femminili. Le sue lettere mostrano d'altra parte una persona dotata di comune buon senso. Scriveva per esempio a un amico laico, Filippo Salviati, in termini che ricordano Teresa stessa: «Adesso che si trova [...] a Firenze, sono certa che nessuno le offrirà minestra e biscotti per cena, così le mando un cesto di castagne e le ordino di mangiarne almeno quattro ogni notte. Dobbiamo guardare alla vita, non alla morte, come nostra meta [...] Sono certa che questo tempo è davvero negativo per la sua salute, perciò la prego di riguardarsi. Lo faccia per amore di nostro Signore e per avere più tempo per lavorare per Dio: questo dovrebbe essere il nostro vero scopo». Caterina morì dopo una lunga malattia il 2 febbraio 1590 e fu canonizzata nel 1747, non per i racconti riguardanti le sue esperienze mistiche ma per l'erdicità delle sue virtù. MARTIROLOGIO ROMANO. A Prato in Toscana, santa Caterina de’ Ricci, vergine del Terz’Ordine regolare di San Domenico, che si dedicò a un’opera di rinnovamento religioso e si impegnò nell’assidua contemplazione dei misteri della passione di Gesù Cristo, meritando anche di farne una speciale esperienza mistica.
nome San Nicola da Longobardi- titolo Religioso- nome di battesimo Giovanni Battista Saggio- nascita 6 gennaio 1650, Longobardi, Cosenza- morte 3 febbraio 1709, Roma- ricorrenza 2 febbraio-Beatificazione<br /> 17 agosto 1786 da papa Pio VI-Canonizzazione Piazza San Pietro, 23 novembre 2014 da papa Francesco-Santuario principale Longobardi-Patrono di Longobardi- Nato a Longobardi (Cosenza) il 6 gennaio 1650 dal contadino Fulvio Saggio e dalla filatrice Aurelia Pizzini, fu battezzato col nome di Giovan Battista Clemente. Già da piccolo molto devoto, frequentava la chiesa tutte le mattine e il venerdì e il sabato digiunava per dare ai più poveri quello che risparmiava. All'età di 20 anni espresse il desiderio di entrare in convento e al diniego dei genitori, che ne avevano bisogno per lavorare, divenne cieco. Riacquistò la vista solo quando ottenne il loro permesso a seguire la sua vocazione. Entrò quindi come novizio nel convento dei Minimi fondato da San Francesco da Paola, dove prese il nome di Fra Nicola quando, dopo un anno, prese i voti dell'Ordine: castità perfetta, povertà volontaria, obbedienza e vita quaresimale, più la promessa equiparata a voto, di fedeltà all'Ordine.<br /> Per cinque anni girò i conventi di Longobardi, San Marco Argentano, Montalto Uffugo, Cosenza e Spezzano della Sila (tutti in Calabria) e per alcuni anni visse a Roma nel convento di S. Francesco da Paola ai Monti, come portinaio, dove ebbe contatto con i tanti poveri e li soccorse nelle loro necessità, usando le offerte dei benefattori per procurare vestiti alle vedove, doti alle ragazze e aiuti agli studenti bisognosi e alle famiglie indigenti. Per conservare la sua innocenza praticava penitenze e mortificazioni della carne, portava infatti cilici e dormiva pochissimo, per terra o su due tavole, e fu più volte trovato in estasi dai confratelli. A chi gli chiedeva che cosa occorresse fare per amare Dio con tutte le forze, rispondeva: "Occorre essere umili". Morì a Roma il 3 febbraio 1709 per un riacutizzarsi della pleurite di cui soffriva da anni. Dal 1718 le sue reliquie sono venerate nella chiesa di S. Francesco da Paola ai Monti. Il 12 ottobre 1973 Papa Pio VI lo ha dichiarato patrono di Longobardi, e lo ha beatificato il 17 settembre 1786.<br /> La canonizzazione è avvenuta il 23 novembre 2014 ad opera di Papa Francesco a seguito della presentazione di un miracolo del Frate: la salvezza di un muratore suo concittadino che in seguito ad una caduta da 12 metri grazie all'invocazione al Beato è rimasto illeso.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, San Nicola Saggio da Longobardi, religioso dell’Ordine dei Minimi, che svolse umilmente e santamente l’ufficio di portinaio.
nome Beato Andrea Carlo Ferrari- titolo Cardinale e Arcivescovo di Milano- nome di battesimo Andrea Carlo Ferrari-nascita 13 agosto 1850, Parma- Ordinato diacono 15 dicembre 1872- Ordinato presbitero 20 dicembre 1873 dal vescovo Domenico Maria Villa-Nominato vescovo 23 giugno 1890 da papa Leone XIII- Consacrato vescovo 29 giugno 1890 dal cardinale Lucido Maria Parocchi- Elevato arcivescovo 21 maggio 1894 da papa Leone XIII- Creato cardinale 18 maggio 1894 da papa Leone XIII morte 2 febbraio 1921, Milano-ricorrenza 2 febbraio-Beatificazione 10 maggio 1987 da papa Giovanni Paolo II- Attributi Abiti cardinalizi, bastone pastorale, mitra, crocifisso- Incarichi ricoperti Vescovo di Guastalla (1890-1891), Vescovo di Como (1891-1894), Arcivescovo metropolita di Milano (1894-1921), Cardinale presbitero di Sant'Anastasia (1894-1921)- Andrea Carlo Ferrari nacque a Parma il 13 agosto 1850. Consacrato vescovo di Guastalla (1890) e quindi di Como, fu nominato arcivescovo di Milano nel 1894. Come arcivescovo cardinale guidò le sorti dell'arcidiocesi in modi che ricordarono i suoi celebri predecessori S. Ambrogio (7 dic.) e S. Carlo Borromeo (4 nov.), prefigurando inoltre quelli dei suoi eminenti successori, i cardinali Schuster (beatificato nel 1996, 30 ago.), Montini (il futuro papa Paolo VI) e Martini.<br /> Quando Ferrari giunse a Milano nel 1894, l'arcidiocesi era immersa in un groviglio di problemi sociali e religiosi derivanti dai rapidi processi di industrializzazione e secolarizzazione, tuttavia egli, attraverso la valorizzazione e il coinvolgimento dei laici nelle decisioni e nell'organizzazione, trovò il modo più corretto per affrontarli. Modellando se stesso sulla figura del "buon pastore" non aspettava che i problemi gli venissero presentati, ma attraversava instancabilmente la vasta arcidiocesi, visitando anche le località più inaccessibili (che da secoli non vedevano un vescovo), viaggiando a volte a dorso di mulo, a volte addirittura a piedi, entrando in stretto contatto con la gente e parlando il loro stesso linguaggio. «S. Carlo è tornato!», fu la sintomatica affermazione ricordata durante il processo di beatificazione.<br /> Sviluppò anche nuove forme di attività caritative, adatte ai suoi tempi: i bambini e i giovani abbandonati, gli anziani e i lavoratori erano i primi destinatari della sua attenzione. Diede inoltre inizio a un'opera conosciuta come Compagnia di S. Paolo, o anche come Opera Cardinal Ferrari, che seguiva le iniziative caritative nell'arcidiocesi: mense gratuite per i poveri, missioni dirette ai lavoratori, case per bambini, un centro per la rieducazione di ex detenuti ecc. Avviò inoltre giornali cattolici, tra cui il quotidiano diocesano L'Italia, organizzò pellegrinaggi di massa e fu uno dei primi sostenitori dell'Azione Cattolica, la cui influenza, grazie anche al suo incoraggiamento, si estese da Milano a tutto il resto d'Italia. Rendendosi inoltre conto dei problemi creati dalla distanza che separava la città dal seminario diocesano, comprò un terreno ad Attori per la costruzione di una nuova struttura; al momento della morte non era ancora riuscito ad avviare l'edificazione, ma l'opera fu successivamente completata dal cardinal Schuster. Trascorse gli ultimi mesi della sua vita in una grande sofferenza, a causa di un doloroso cancro alla gola; l'ultima pagina dcl suo diario risale al 20 settembre 1920: «Si compia sempre e in ogni cosa la volontà di Dio». Morì il 2 febbraio 1921 e fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1987. MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano, beato Andrea Carlo Ferrari, vescovo, che valorizzò la tradizione religiosa del suo popolo e aprì nuove vie per far conoscere nel mondo Cristo e la carità della Chiesa.
nome Santa Giovanna di Lestonnac-titolo Religiosa- nascita 27 dicembre 1556, Bordeaux-morte 2 febbraio 1640, Bordeaux-ricorrenza 2 febbraio- Beatificazione 1900- Canonizzazione 15 maggio 1949 da papa Pio XII- Giovanna era nata a Bordeaux da una distinta famiglia divisa al suo interno da scelte religiose diverse: la madre, Giovanna Eyquem de Montaigne, sorella del famoso scrittore moralista Michele de Montaigne (1533-1592), aveva infatti abbracciato il calvinismo, che si stava allora diffondendo con rapidità nella regione, mentre il padre era rimasto fedele al cattolicesimo; lo zio Michele, anche se scettico e umanista, morì riconciliato con la Chiesa cattolica.<br /> Nonostante i tentativi della madre di convincere la santa ad aderire al calvinismo, ella resistette: nel 1573 si sposò con rito cattolico con Gastone de Montferrand, imparentato con i casati reali di Francia, Aragona e Navarra, e assunse pertanto il titolo di baronessa de Landiras. Il loro felice matrimonio terminò con la morte di Gastone nel 1597: la santa rimase sola ad allevare i quattro figli e si dedicò interamente alla loro educazione fino a quando divennero adulti (due figlie si fecero monache e gli altri due, un maschio e una femmina, sí sposarono). Quando Giovanna fu relativamente libera da responsabilità familiari, decise di farsi suora cistercense, entrando nel convento delle Feuillantines di Tolosa; era il 1603 e aveva quarantasette anni. La scelta fu ostacolata dal figlio maschio e dal fatto che l'adorata figlia più giovane fosse ancora nubile, ma Giovanna restò ferma nel proposito. L'austero regime cistercense si rivelò però troppo duro per lei e, nonostante il desiderio di potervi rimanere fino alla morte, dopo sci mesi fu costretta a lasciare il convento. Ne uscì con l'idea chiara di fondare una nuova congregazione religiosa. Tornata a Bordeaux, si recò quindi nella regione del Périgord, dove radunò intorno a sé un certo numero di giovani donne che sarebbero diventate il nucleo della sua futura congregazione, all'epoca però ancora lontana dal sorgere. Dopo due anni trascorsi nella quiete della sua proprietà campestre di La Motte, rientrò a Bordeaux, dove era scoppiata un'epidemia di peste. Si dedicò quindi alle vittime della malattia con eroismo, sostenuta nuovamente da un gruppo di donne mosse dal suo esempio. Giovanna si affidava come direzione spirituale a due gesuiti, Giovanni de Bordes e Raimondo, i quali sostenevano che la crescente influenza esercitata nella regione dal calvinismo rendeva necessaria la nascita di una congregazione femminile, votata all'istruzione delle fanciulle secondo gli stessi principi che i gesuiti applicavano ai giovani nelle loro scuole: di questa congregazione Giovanna sarebbe stata la prima superiora. La prima casa fu aperta nell'ex priorato dello Spirito Santo a Bordeaux con l'approvazione dell'arcivescovo, il cardinale de Sourdis, che nel 1608 consegnò l'abito a Giovanna e alle sue compagne. La santa fu eletta superiora nel 1610 e la congregazione crebbe rapidamente, nonostante la difficoltà di trattenere l'avanzata del calvinismo nel distretto e le campagne di calunnie e intrighi montate contro la sua persona. Nella regione le scuole fiorirono e alla prima fondazione, che ebbe luogo a Périgueux, fecero seguito molte altre in diverse città. Questo felice e pacifico sviluppo fu interrotto da un dissenso sorto tra la congregazione e l'arcidiocesi a causa di una suora, Bianca Hervé, e del direttore di una delle case, che avevano diffamato Giovanna e indotto l'arcivescovo a rimuovere la santa come superiora. Egli nominò al suo posto Bianca Hervé e costei trattò con tanto disprezzo Giovanna da ricoprirla di insulti e arrivando persino ad atti di violenza fisica. Dopo tre anni, forse piegata dall'inesauribile pazienza di Giovanna, Bianca si pentì, ma la santa, ormai in età avanzata, rifiutò di essere eletta nuovamente superiora. Tra il 1625 e il 1631 Giovanna fece comunque visita alle ventisei case di quello che allora era chiamato l'Ordine delle Figlie di Nostra Signora e tornò quindi a Bordeaux per trascorrere i rimanenti anni della sua vita in solitudine. Morì il 2 febbraio 1640, festa della purificazione di Maria e anche se si verificarono miracoli sulla sua tomba la sua causa di beatificazione non procedette. Allo scoppio della Rivoluzione francese il corpo della santa andò perduto e le suore della congregazione vennero disperse. Il corpo, ritrovato agli inizi del xix secolo, fu solennemente ricomposto nella casa-madre di Bordeaux. Fu quindi beatificata nel 1900 e canonizzata nel 1949. La missione della congregazione è ancora portata avanti in diciassette paesi da circa duemilacinquecento suore. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bordeaux in Francia, santa Giovanna de Lestonnac, che, fanciulla, respinse gli inviti e i tentativi della madre ad allontanarsi dalla Chiesa cattolica e dopo la morte del coniuge provvide sapientemente all’educazione dei suoi cinque figli, fondando poi la Compagnia delle Figlie di Nostra Signora, sul modello della Compagnia di Gesù, per promuovere la formazione cristiana della gioventù femminile.
nome Beato Simone Fidati da Cascia-titolo Agostiniano- nome di battesimo Simone Fidati-nascita 1295, Cascia, Perugia- morte 2 febbraio 1348, Firenze-ricorrenza 2 febbraio-Beatificazione da papa Gregorio XVI nel 1833- Santuario principale Santuario di Santa Rita a Cascia- Elementi che permettano di descrivere la vita reale del beato sono scarsi e comunque limitati per la maggior parte a elementi generali della personalità. Simone nacque dalla famiglia Fidati a Cascia, in Umbria, nel 1295, e pare che fosse dotato di un'intelligenza non comune. Entrato nei frati agostiniani, cominciò a predicare intorno al 1318, dopo quello che si può definire un noviziato insolitamente breve. Si dice che, essendo privo di un'adeguata formazione, confidò sempre nell'ispirazione dello Spirito Santo per trovare le parole appropriate e che abbia ottenuto notevoli successi nella predicazione. Un gran numero di penitenti cominciò a far capo al beato ed egli spesso vegliava tutta la notte per scrivere loro anche trenta o quaranta lettere. Da giovane si mortificava con durezza, ma con l'avanzare degli anni fu costretto ad abbandonare un tale regime. Si dice inoltre che fosse particolarmente severo nel rimproverare i peccatori e che questa sincerità abbia rafforzato ancor più il legame dei penitenti alla sua persona. Fu un personaggio di rilievo a Firenze, Perugia e Siena, pur avendo sempre evitato di assumere cariche all'interno del suo ordine e nella Chiesa, consacrandosi il più possibile a una vita di solitudine, preghiera, lettura e scrittura. Fondò una casa di rifugio per "donne cadute" e una per giovani ragazze. Morì, probabilmente a Firenze, il 2 febbraio 1348. Il beato è però passato alla storia soprattutto come l'autore di alcuni scritti, tra cui il De gestis Domini Salvatoris, che hanno suscitato una controversia letteraria e teologica. Il dibattito di natura letteraria riguarda alcuni scritti in puro toscano del xiv secolo e generalmente attribuiti al domenicano Domenico Cavalca: secondo alcuni, infatti, in base a prove riguardanti il contenuto, questi scritti sarebbero in realtà di Simone; altri invece sostengono che, se anche le idee erano sue, egli le avrebbe espresse in latino e che il passaggio alla lingua vernacolare sarebbe piuttosto merito di Giovanni di Salerno, che per diciassette anni fu suo compagno, discepolo e successivamente biografo. La questione teologica, invece, si sofferma sull'ortodossia del De gestis e sulla possibilità che quest'opera possa aver costituito un'importante fonte di ispirazione per il confratello agostiniano Martin Lutero. Lo scritto fu infatti stampato per la prima volta a Strasburgo nel 1480 e poté quindi giungere nelle mani di Lutero (esso sollevò qualche controversia già durante la vita di Simone, venendo giudicato incauto da alcuni e ipocrita da altri, come riferisce Giovanni di Salerno). Entrambe le controversie rimangono tuttavia irrisolte. La relativa frequenza di pubblicazioni dell'opera tra il 1527 e il 1540 fa supporre che egli raggiunse una certa fama teologica, finché almeno Lutero stesso non lo oscurò: da quel momento infatti l'interesse per il beato si è via via spento. La causa per la conferma del culto di Simone è stata inoltrata nel 1833 in termini che rivelano come il promotore avesse «una scarsa conoscenza dei fatti storici» (B.T.A.). MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, beato Simone Fidati da Cascia, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che con le parole e con gli scritti condusse molti a una migliore vita cristiana.
nome San Giovanni Teofane Venard-titolo Sacerdote e martire- nome di battesimo Théophane Vénard-nascita 21 febbraio 1829, Saint-Loup-sur-Thouet, Francia- morte 2 febbraio 1861, Hanoi, Vietnam-ricorrenza 2 febbraio-Beatificazione 1909- Canonizzazione da papa Giovanni Paolo II nel 1988- La bellezza sorprendente, quasi femminile, di questo santo conservata in numerose fotografie, il suo fascino esuberante, espresso in lettere pubblicate dopo la sua morte, e forse soprattutto il fatto che S. Teresa di Lisieux (1 ott.) lo abbia visto come uno spirito a lei affine — un altro "piccolo santo" — hanno contribuito a fare di Teofane Vénard il più celebre martire del xix secolo. Il padre, Giovanni, era maestro a Saint-Loup-sur-Thouet, un villaggio nel dipartimento Deux-Sèvres, a ovest di Poitiers. Dalla moglie, Maria Guévet, ebbe sei figli, di cui solo i quattro maggiori — battezzati con i nomi di Melania, Teofane, Enrico ed Eusebio —superarono l'infanzia. Quando la madre morì dando alla luce il sesto figlio, Teofane aveva tredici anni.<br /> Egli frequentava allora la scuola a Douè-la-Fontaine, donde passò nel 1847 al seminario di Montmorillon e quindi, l'anno successivo, a quello maggiore di Poitiers. Fu lì che prese in considerazione per la prima volta l'idea della vocazione missionaria, come confidò in una lettera alla sorella Melania, a cui chiedeva però di mantenere il segreto dal momento che non era ancora stato ordinato suddiacono, condizione indispensabile per entrare nel seminario per le Missioni straniere. Vi entrò quindi nel marzo del 1851 e fu ordinato sacerdote nel giugno 1852. Lasciò Parigi il 19 settembre 1852 insieme a quattro cc. e si imbarcò ad Anversa, diretto a Hong Kong. In origine infatti era stato assegnato a una missione in Cina, ma per vari motivi fu "dirottato" nel Tonchino occidentale (Vietnam), ove giunse nel luglio del 1854. La regione era allora percorsa da una nuova ondata di persecuzione e dal 1837 erano stati messi a morte quarantanove cristiani. Vi era tuttavia ancora una presenza missionaria forte e ben organizzata, radunata principalmente intorno al seminario noto come La Maison Dieu, che reggeva scuole e ospedali. Teofane apprese la lingua da due catechisti del posto che gli erano stati affiancati come aiutanti; non poté però portare realmente avanti il suo ministero per due anni e mezzo a causa di un susseguirsi di malattie (asma, tifo e tubercolosi) da cui riuscì a guarire grazie alla somministrazione di dolorosi medicamenti. Trascorse quindi un periodo di convalescenza a Ke Vinh, interrotto per la distruzione della Maison Dieu, ordinata da due mandarini. Avvertito in tempo, Teofane fuggì in barca verso Hoang Nguyen, dove il suo amico Theurel stava dirigendo la scuola. Nel 1857 Theurel ricevette la nomina a provicario e Teofane a capo del distretto delle missioni. Trascorse quindi l'anno successivo a diffondere ulteriormente il Vangelo tra i trecentomila abitanti del distretto, di cui circa dodicimila erano cristiani. Il 10 giugno 1858 anche il seminario di Hoang Nguyen fu distrutto. Di nuovo l'allarme era stato dato in tempo: i missionari entrarono nella clandestinità, dovendo spesso nascondersi in antri infestati da ragni, rospi e topi. Da uno di questi rifugi Teofane scriveva con una certa vivacità a un prete amico: «Bisogna stare sempre attenti. Se il cane abbaia o se passa un qualsiasi altro straniero, si chiude subito la porta e mi preparo a nascondermi in un buco ancora più profondo. [...] Così abbiamo vissuto per tre mesi. [...] Cosa ne pensi della nostra posizione? Tre missionari, uno dei quali vescovo, sdraiati fianco a fianco, giorno e notte, nello spazio di circa un metro quadrato e mezzo, avendo come unica fonte di luce e di aria tre fori, larghi quanto un mignolo, fatti nel muro di fango». Egli dava però poca importanza alle proprie sofferenze fisiche; per lui, l'aspetto peggiore di questa situazione era di non poter portare consolazione e sacramenti al suo gregge disperso. Proprio in tali condizioni riuscì però a tradurre il Nuovo Testamento nella lingua vietnamita. Denunciato alle autorità, fu arrestato il 30 novembre 1860, rinchiuso in una gabbia di legno e condotto ad Hanoi per l'interrogatorio. Qui gli fu ripetutamente ordinato di calpestare la croce; si rifiutò sempre di farlo e il 2 febbraio 1861, dopo due mesi di rinvio, fu decapitato. Nel periodo intercorso tra il momento dell'arresto e quello dell'esecuzione, Teofane, sempre rinchiuso nella sua gabbia, riuscì a scrivere undici lettere alla sua famiglia. In una di queste, datata 2 gennaio 1861, descrive l'impressione che egli suscitò nella folla accorsa a guardarlo: «Com'è grazioso questo occidentale! È allegro e di buon umore come se dovesse andare a una festa! Non sembra per nulla spaventato. Costui non ha colpa! È venuto ad Annam solo per fare del bene, e tuttavia sta per essere messo a morte». In effetti pare che tutti, dai mandarini ai contadini, lo abbiano trattato con gentilezza e rispetto, esprimendo rammarico per il fatto che la legge vigente nel regno li costringesse a fare ciò che non desideravano. «Io non ho dovuto sopportare le crudeli torture che sono state inflitte invece a molti dei miei fratelli. Un semplice colpo di sciabola separerà la mia testa dal mio corpo come un fiore di primavera che il padrone del giardino raccoglie per proprio piacere. Noi siamo tutti fiori piantati su questa terra, che Dio raccoglie al momento giusto, alcuni prima, altri dopo». Al fratello Eusebio scrisse meno di due settimane prima di morire: «Ho amato e ancora amo questo popolo annamita con amore ardente. Se Dio mi avesse concesso una vita lunga, credo che mi sarei consacrato totalmente, anima e corpo, all'edificazione della Chiesa del Tonchino». La sua Vita e le lettere furono pubblicate nel 1864: in seguito un missionario, Roulland, recatosi al convento carmelitano per chiedere le preghiere delle suore, donò una copia di quest'opera a Teresa di Lisieux, la quale, impressionata dalla scoperta di uno spirito affine al proprio, fu ispirata a offrirsi volontaria per il monastero carmelitano di Hanoi. Trascrivendo alcune delle lettere di questa "anima sorella", la santa compose un poema in suo onore, "Al B. Teofane Vénard", in occasione del trentaseiesimo anniversario della morte del martire, il 2 febbraio 1897. In marzo Teresa ne inviò una copia a Roulland. Il poema riprende l'immagine del fiore utilizzata da Teofane nella lettera sopra citata, con una sfumatura autobiografica ("fiorellino" era anche il nome con cui la santa indicava se stessa): «Virginal giglio, nella primavera della vita / il Re del cielo vide i tuoi desideri e li esaudì / tu eri un fiore fiammeggiante di bianchissimo fuoco / che al Signore piacque staccare dal gambo»; l'immedesimazione crebbe poi ulteriormente e quando la malattia di Teresa giunse allo stadio terminale, rendendola incapace di parlare, la santa si strinse proprio a un ritratto e a una reliquia di Teofane, cercando le stesse sue forze per resistere alla prova della morte. Il corpo di Teofane fu traslato nella chiesa della Società per le Missioni straniere a Parigi, privo però della testa che si trova tuttora nel Tonchino. Beatificato nel 1909 insieme a diciannove altri martiri del Tonchino, Teofane fu canonizzato nel 1988.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Hanoi nel Tonchino, ora Viet Nam, san Giovanni Teófane Vénard, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che, dopo sei anni di ministero clandestino segnato da fatiche e sofferenze, rinchiuso in una gabbia e condannato a morte sotto l’imperatore T Duc, andò serenamente incontro al martirio.<br />
nome Santa Maria Domenica Mantovani- titolo Fondatrice- nome di battesimo Maria Domenica Mantovani- nascita 12 novembre 1862, Castelletto di Brenzone, Verona- morte 2 febbraio 1934, Castelletto di Brenzone, Verona- ricorrenza 2 febbraio- Beatificazione<br /> 27 aprile 2003 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 15 maggio 2022 da papa Francesco- Nacque a Castelletto di Brenzone (Verona) il 12 novembre 1862. 'Trascorse tutta la giovinezza, fino a trent'anni, in seno alla sua famiglia. Si dedicava con zelo all'insegnamento del catechismo ai bambini e si prodigava nell'assistenza dei poveri e degli ammalati. Desiderosa di consacrarsi al Signore, conobbe il disegno di Dio su di lei tramite il beato Nascimbeni (22 gen.), che la volle sua collaboratrice nella fondazione della congregazione delle Piccole Suore della Sacra Famiglia (6 novembre 1892). Alla morte del fondatore ella continuò a guidare l'istituto. Il 12 febbraio 1934 chiuse la sua luminosa giornata terrena. Il 27 aprile 2003 il Santo Padre Giovanni Paolo II la proclamò beata. MARTIROLOGIO ROMANO. A Verona, beata Maria Domenica Mantovani, vergine, che fu prima superiora dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, da lei fondato insieme al beato sacerdote Giuseppe Nascimbeni per servire in umiltà di vita per amore di Cristo i poveri, gli orfani e i malati.
nome Santa Maria Caterina Kasper-titolo Fondatrice delle Povere Ancelle di Gesù Cristo- nome di battesimo Katharina Kasper-nascita 28 maggio 1820, Dernbach, Germania- morte 2 febbraio 1898, Dernbach, Germania- ricorrenza 2 febbraio- La futura fondatrice delle Povere Ancelle di Gesù Cristo nacque in Germania a Dernbach, nel Westerwald, sul Reno, il 28 maggio 1820, penultima degli otto figli di due poveri contadini, e fu battezzata col nome di Caterina. Da così umili inizi, in cui a stento riuscì a ricevere un'istruzione a causa anche delle frequenti malattie che caratterizzarono la sua infanzia, Caterina giunse a consacrare la propria vita alla causa dell'educazione e dei bisogni sociali.<br /> Alla morte del padre la famiglia della beata, che allora aveva ventidue anni, dovette vendere la casa e trasferirsi in affitto; Caterina fu costretta a compiere lavori servili, persino quello di spaccare pietre per la costruzione delle strade, al fine di sostenere la propria famiglia. Mentre si trovava impegnata in queste attività, ebbe una visione che la fece esclamare: «Suore! Oh, quante suore!». Più tardi disse che questa visione fu talmente chiara che poté vedere persino il colore, il modello e il materiale dell'abito della sua futura congregazione. La beata non entrò in un ordine già esistente, ma insistette presso il vescovo di Limburgo perché le concedesse il permesso di costruire una piccola casa dove radunare alcune novizie di una nuova comunità. Alla fine il vescovo acconsentì e Caterina, pur non avendo praticamente denaro, ma sostenuta dall'aiuto degli uomini della parrocchia, intraprese la costruzione.<br /> Il lavoro dovette però essere interrotto a causa di piogge torrenziali; successivamente morì la madre di Caterina e lei stessa contrasse il tifo. Perseverando tuttavia nella buona e nella cattiva sorte, per la festa dell'Assunzione del 1848 la beata e le sue compagne poterono trasferirsi nella nuova casa, che divenne immediatamente un centro di carità per tutti gli indigenti della zona. Ciò attirò nuove aiutanti, e il vescovo, vedendo gli intenti perseguiti e la costanza mostrata, pose la beata a guida della congregazione e redasse un certo numero di norme per la loro vita in comune. Caterina scelse il nome della congregazione dicendo: «Vorremmo essere chiamate Povere Ancelle di Gesù Cristo e avere come patrona Maria, la prima ancella del Signore». Nel 1851 ottennero il permesso di prendere l'abito e i voti religiosi durante una cerimonia presieduta dal vescovo nella chiesa parrocchiale di Wirges ma i membri della congregazione erano talmente numerosi che il vescovo dovette presiedere la liturgia della vestizione all'aperto. Ricevendo l'abito Caterina prese il nome di Maria.<br /> Generalmente conosciuta da allora come madre Maria, cominciò a inviare le sue suore in missioni infermieristiche e alcune di esse morirono durante un'epidemia. Nuove missioni furono fondate nei villaggi vicini; ciascuna di esse era pensata come una "piccola casa" sul modello della prima costruzione realizzata a Dernbach. Ogni casa ospitava di solito quattro suore: due erano infermiere, una conduceva un asilo per bambini, e la quarta custodiva la casa, con i pensionati o i senzatetto che vi alloggiavano. La beata aveva ideato una forma di opera caritativa che rispondeva esattamente ai bisogni della popolazione locale: per questo iniziarono a giungere richieste di altre fondazioni dello stesso tipo e a queste esigenze la beata poté far fronte solo grazie al numero di candidate che chiedevano l'ammissione nella congregazione, sempre maggiore di quelle che potevano essere accolte. Tra il 1851 e il 1861 la casamadre fu quindi via via ampliata. Nel 1853 all'interno del primo convento vivevano diciotto bambini senza casa e l'esigenza di un maestro qualificato stava diventando disperata. Un uomo, Guglielmo Schwarz, venne a offrire i propri servigi chiedendo solo vitto e alloggio, e inaugurando così nel maggio 1854 una scuola elementare: era la risposta alle preghiere elevate a Dio. L'anno successivo un'insegnante laica si unì a loro e il vescovo consigliò madre Maria di affidare i ragazzi ai Fratelli della Misericordia di Montabaur. Guglielmo Schwarz partì per entrare in quella congregazione portando con sé i ragazzi. Gli scopi originari della congregazione consistevano nell'assistenza a bambini poveri e abbandonati e nella cura di ammalati e anziani, non quindi nella costruzione e direzione di scuole; la beata però considerò come volontà di Dio la strada che era costretta a intraprendere. Le condizioni in Germania si erano fatte più difficili negli anni Sessanta del xix secolo, a causa di una legislazione statale sempre più anticattolica che sarebbe sfociata, nel decennio successivo, nel Kulturkampf di Bismarck. Nel 1859 madre Maria aprì la prima missione fuori dai confini della Germania: a Lutterade (Olanda) fondò una scuola, un istituto per insegnanti e un noviziato, a cui fecero seguito altre scuole in quella nazione. Nel 1868 il vescovo di Fort Wayne, nell'Indiana, la pregò di mandare alcune suore negli Stati Uniti e così a otto di esse fu affidato un orfanotrofio di Chicago; quando poi la diocesi offri Rockhill House, un ex albergo acquistato per essere trasformato in ospedale, l'immobile divenne l'ospedale S. Giuseppe, casamadre della congregazione negli USA; ragazze statunitensi avevano iniziato presto a chiedere di entrare nella congregazione e quando nel 1898 madre Maria morì, la provincia negli Stati Uniti contava duecentoventisei suore. Nel 1873 il sacerdote Volk chiese a madre Maria alcune suore per aiutare i tedeschi presenti nella sua parrocchia nell'East End di Londra. Inizialmente ella rifiutò, ma quando la richiesta fu nuovamente avanzata due anni dopo — sostenuta da un intervento personale del cardinale Manning — cedette. Le sorelle visitavano gli ammalati e si occuparono di un asilo d'infanzia e di una scuola parrocchiale e fino a quando bambini e suore non furono evacuati per lo scoppio della seconda guerra mondiale essi rimasero operativi. Nel 1882 si diede inizio a un'altra comunità a Hendon, fondando un convitto prima a Ravensfield House (una volta abitazione del cardinale Wiscman) e quindi a Norden Court, dove è tuttora presente con il nome di Westmínster House. Oltre a diverse fondazioni in Inghilterra, dall'inizio degli anni Settanta del XX secolo ci fu l'apertura anche di molte missioni in India, nelle quali le suore si prendono cura di ammalati e orfani e dirigono scuole. Fondazioni recenti sono state impiantate anche in Brasile e in Messico. Partendo dal nulla Maria compì un'enorme lavoro, servendo sempre con umiltà e semplicità. Esortando le sue suore a «essere sante, ma sante nascoste», attribuiva tutto ciò che realizzava alla Divina provvidenza operante in lei: «La divina volontà dí Dio può e deve essere realizzata in me, da me e per me». Nondimeno le qualità che risultano più evidenti dal suo ritratto fotografico, e che furono maggiormente sottolineate dai testimoni durante la causa di beatificazione, sono la determinazione e la forza. L'approvazione delle costituzioni della sua congregazione da parte della Santa Sede, giunta nel 1890, trovò la suora ancora in vita; ella sopravvisse alla maggior parte degli amici e conoscenti coetanei, come pure a quattrocento suore che avevano fatto la loro professione nelle sue mani: colpita da un attacco di cuore il 27 gennaio 1898, Maria mori il 2 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al Tempio ((andelora), alle prime luci dell'alba. La sua causa fu introdotta dal vescovo di Limburgo nel 1928. Nel 1950 le reliquie furono traslate nella cappella della casamadre e il suo corpo, di fatto già decomposto, fu vestito con un nuovo abito e quindi tumulato nella cappella. Papa Paolo VI l'ha proclamata beata in San Pietro il 16 aprile 1978. Oggi circa duemila suore portano avanti la sua opera in Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Irlanda, Paesi Bassi, India, Messico e Brasile. MARTIROLOGIO ROMANO. A Dernbach nella Renania in Germania, beata Maria Caterina Kasper, vergine, che fondò l’Istituto delle Povere Ancelle di Gesù Cristo per servire il Signore nei poveri.
nome San Lorenzo di Canterbury- titolo Vescovo- Nominato arcivescovo<br /> 604 da papa Gregorio I- Consacrato arcivescovo 28 aprile 604 dall'arcivescovo Agostino di Canterbury- morte 2 febbraio 619, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 2 febbraio- Santuario principale Abbazia di Sant'Agostino- Attributi bastone pastorale, piaghe-Incarichi ricoperti Arcivescovo coadiutore di Canterbury (604), Arcivescovo metropolita di Canterbury (604-619)- Lorenzo era uno dei monaci provenienti dal monastero di Sant'Andrea al Celio di Roma che accompagnarono S. Agostino di Canterbury (27 mag.) nella missione in Inghilterra. Papa S. Gregorio Magno (3 set.) aveva deliberatamente scelto il Kent come centro per l'opera di evangelizzazione di quei luoghi: nel 589 (o forse prima) il re Etelberto del Kent aveva sposato la principessa merovingia Berta, donna cristiana che aveva portato il vescovo franco Liutardo alla corte di Etelberto a Canterbury, dove una basilica sepolcrale romana era stata trasformata in chiesa (dedicata a S. Martino di Tours, 11 nov.). Tutto ciò favoriva la possibilità di una missione che facesse perno su Canterbury. Secondo la tradizione la regina Berta informò Gregorio che gli angli erano desiderosi di farsi cristiani ma che non c'era alcun vescovo che potesse guidare la conversione, cosicché, negli anni che precedettero la sua elezione, Gregorio pensò spesso di guidare la missione; una volta eletto papa, però, il progetto non fu più possibile e inoltre gli risultò difficile persuadere qualcuno a intraprendere un viaggio tanto pericoloso in quella terra lontana e pagana. Agostino e gli altri che alla fine si lasciarono convincere partirono forniti di lettere di raccomandazione indirizzate a tutte le autorità ecclesiastiche e secolari che si trovavano lungo il percorso e nella primavera del 597 sbarcarono sull'isola di Thanet, nel regno del Kent. Tutto ciò che conosciamo di Lorenzo si ricava dai libri I e II della Storia ecclesiastica di Beda. Agostino lo inviò a Roma per annunciare il successo della missione e per ricevere ulteriori istruzioni da Gregorio Magno ed egli, tornato in Inghilterra nel 601, portò con sé le risposte circa la possibile organizzazione della Chiesa di Canterbury. Etelberto si convertì venendo battezzato probabilmente nello stesso 601 e la missione si allargò nel Kent, anche se l'organizzazione proposta da Gregorio e i modi autoritari di Agostino ne impedirono l'estensione oltre il confini di questo regno. Quando Agostino morì, intorno al 604, aveva già nominato Lorenzo come successore nella sede di Canterbury e questi consacrò «la chiesa dedicata ai SS. apostoli Pietro e Paolo perché vi potessero essere seppelliti i corpi di Agostino, di tutti i vescovi di Canterbury e dei re della Cantia». Lorenzo proseguì inoltre la politica di consolidamento perseguita da Agostino tra gli anglosassoni del sud est dell'Inghilterra non riuscendo però, al pari del suo predecessore, a migliorare la collaborazione con i vescovi irlandesi e britanni che si trovavano nella parte occidentale del paese e che rimanevano attaccati a tradizioni insulari, rifiutando di accettare la data romana della Pasqua e altre misure comuni. Egli indirizzò ai primi (con Mellito, 24 apr. e Giusto, 10 nov.) una lettera che avrebbe trovato eco duraturo in Inghilterra nei secoli successivi: «Prima di comprendere la situazione effettiva, tenevamo in grande stima la pratica religiosa dei britanni e degli irlandesi [...] Conosciuti poi i britanni, abbiamo ritenuto che gli irlandesi sarebbero stati migliori. Ma adesso abbiamo capito [...] che gli irlandesi non superano i britanni nell'osservanza ecclesiastica». Egli scrisse nello stesso tono ai vescovi britanni, «ma — sottolinea malinconicamente Beda — quale profitto abbia così ottenuto, lo sta a dimostrare l'attuale stato di cose». Egli dovette quindi fronteggiare il peggioramento della situazione persino nel Kent. Alla morte di Etelberto, avvenuta nel 616, salì al trono il figlio Edbaldo che si rifiutò di abbracciare la fede cristiana accolta dal padre (del quale per di più sposò la vedova, attirandosi le ire di Lorenzo che giudicò l'unione incestuosa). Due dei monaci che erano venuti con Lorenzo, Mellito e Giusto, fecero ritorno in Gallia, temendo la distruzione della Chiesa a Canterbury e preferendo «servire Dio là liberamente piuttosto che rimanere senza alcun frutto tra i barbari ribelli alla fede». Lorenzo, pur avendo pensato di fare lo stesso, alla fine rimase e affrontò Edbaldo. Stando al racconto di Beda, che riporta una tradizione locale, il santo cambiò idea quando gli apparve in una visione molto concreta S. Pietro, dopo la quale poté mostrare ad Edbaldo i segni delle frustate che aveva ricevuto per la sua codardia: «Il servo di Cristo Lorenzo, fattosi giorno, andò subito dal re e, aperta la veste, gli fece vedere da quante ferite fosse stato lacerato».<br /> Edbaldo, fortemente impressionato da una tale dimostrazione di potere sovrannaturale, si fece cristiano e permise la ripresa dello sviluppo della Chiesa nel Kent: anche Mellito e Giusto tornarono a ricoprire le loro cariche.<br /> Lorenzo morì il 2 febbraio 619 e fu sepolto nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo (poi dedicata a S. Agostino) nel monastero di Canterbury, a fianco di Agostino. La tomba fu aperta nel 1091 dall'abate Guido per traslare le reliquie del santo in un luogo più eminente e Goscelino, descrivendo la cerimonia, riferisce che dalla tomba uscì «un intenso profumo» che invase tutto il monastero. Il sepolcro fu aperto di nuovo nel 1915 e un resoconto accurato di tutti i reperti è stato fatto dall'archeologo William St John Hope. L'antico culto di S. Lorenzo è attestato dal Messale irlandese di Stowe che fissa il giorno della sua festa al 3 febbraio, e tale data è rimasta invariata fino all'ultima edizione del Martirologio Romano, dove è stata spostata all'effettivo giorno della morte.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury in Inghilterra, san Lorenzo, vescovo, che dopo sant’Agostino governò questa Chiesa e l’accrebbe notevolmente convertendo alla fede il re Edbaldo.
nome Beato Pietro da Ruffia- titolo Sacerdote e martire- nascita 1320 circa, Ruffia, Cuneo- morte 2 febbraio 1365, Susa, Torino- ricorrenza 2 febbraio- Beatificazione 4 dicembre 1856 da papa Pio IX- Nato nella nobile famiglia di Cambiani a Ruffia (Cuneo), Pietro entrò nei domenicani all'età di sedici anni: brillante studioso di Sacra Scrittura, teologia e diritto, fu ingaggiato dall'ordine nella battaglia contro i valdesi in Piemonte. Questo movimento, simile a quello dei catari della Francia meridionale (v. S. Domenico, 8 ago.), voleva essere originariamente una riforma evangelica per la promozione della santa povertà e sviluppò solo successivamente toni eretici. Il suo fondatore era un ricco mercante di Lione, di nome Pietro Valdo, che nel 1173, rinunciando a tutti i suoi beni, aveva cominciato a predicare l'ideale della povertà, invitando altri laici a fare lo stesso. Inizialmente le autorità ecclesiastiche, pur rimarcando che ai laici non era permesso predicare, guardarono al movimento con relativo favore. In seguito però gli atteggiamenti si indurirono e i valdesi, espulsi da Lione, furono dichiarati eretici. Dopo un periodo di coesistenza con un movimento analogo (gli umiliati), i valdesi si frazionarono in più parti, la maggioranza delle quali cercò una riconciliazione con l'ortodossia e un riconoscimento ufficiale del proprio stile di vita comunitaria. Le loro idee si diffusero rapidamente durante tutto il XIII secolo: nel 1320 essi erano già presenti nelle valli piemontesi, dove avevano convertito la maggior parte degli abitanti. È qui che Pietro li incontrò. Alla fine del xii secolo i loro ideali pacifici, anche se radicali, avevano assunto i toni del disprezzo per il potere esercitato dalla Chiesa, portandoli a sostenere che i preti non avevano autorità, che gli edifici delle chiese erano inutili, che il culto dei santi era futile, che il purgatorio era un inganno e le indulgenze una vergogna. I valdesi, pur perseguitati dall'Inquisizione, riuscirono a sopravvivere e al tempo della Riforma si trasformarono in Chiesa protestante di matrice calvinista. Pietro, in considerazione della sua conoscenza del territorio, fu nominato nel 1352 inquisitore generale in Piemonte da papa Innocenzo VI. Dopo aver operato nella diocesi di Torino per quattordici anni, intraprese un viaggio attraverso le valli alpine in direzione del confine svizzero e nel convento francescano di Susa, il 2 febbraio 1365, venne assassinato da due valdesi. Il suo corpo fu recuperato e trasferito per la sepoltura nella chiesa di S. Domenico a Torino, dove tuttora riposa. Il culto di Pietro fu approvato da papa Pio IX nel 1865, dopo cinquecento anni dalla morte. I domenicani lo commemorano il 7 novembre. MARTIROLOGIO ROMANO. A Susa in Piemonte, beato Pietro Cambiani da Ruffia, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che in odio alla Chiesa fu trucidato nel chiostro dai suoi avversari.
nome Beato Stefano Bellesini- titolo Presbitero agostiniano- nome di battesimo Stefano Bellesini-nascita 25 novembre 1774, Trento-morte 2 febbraio 1840, Genazzano-ricorrenza 2 febbraio- Beatificazione 27 dicembre 1904 da papa Pio X- Santuario principale Santuario Madre del Buon Consiglio a Genazzano- La vita di Stefano fu caratterizzata più da silenziosa devozione clic da opere straordinarie. Nato a Trento, entrò nell'ordine degli eremiti di S. Agostino all'età di sedici anni. Dopo aver studiato a Roma e a Bologna, fu costretto a tornare a Trento quando Napoleone conquistò gli stati pontifici dell'Emilia e della Romagna. Quando il governo rivoluzionario del periodo 1796-1799 disperse la comunità, Stefano si consacrò alla predicazione e all'educazione dei bambini. Riscosse un tale successo in quest'ultima attività che fu nominato ispettore del governo per tutte le scuole del Trentino. Con la restituzione dei territori pontifici decisa dal Congresso di Vienna (1814-1815), Stefano insistette per poter tornare nella sua comunità di Bologna nonostante l'opposizione del governo. Nominato maestro dei novizi a Roma e poi a Città della Pieve, divenne in seguito parroco della chiesa agostiniana di Genazzano, a sud est di Roma, nei pressi di Palestrina, dove si conservava l'icona della Madonna del Buon Consiglio, ritenuta miracolosa (nel 1779 gli agostiniani avevano ottenuto il permesso di celebrare una festa alla Madonna con questo titolo, festa che nel 1876 fu estesa a tutta la Chiesa). Accudendo con premura le vittime di un'epidemia di colera scoppiata nel 1839, Stefano contrasse la malattia e ne morì il 2 febbraio 1840. Fu beatificato nel 1904. MARTIROLOGIO ROMANO. A Genazzano nel Lazio, beato Stefano Bellesini, sacerdote dell’Ordine di Sant’Agostino, che in un’epoca di sconvolgimenti rimase fedele all’Ordine in difficoltà, dedicandosi all’educazione dei fanciulli, alla predicazione e alla cura pastorale.
nome San Burcardo di Würzburg- titolo Vescovo- nascita 683 circa, Wessex, Inghilterra- morte 754 circa, Homburg am Main, Germania- ricorrenza 2 febbraio- Patrono di Würzburg, invocato contro i dolori articolari, i reumatismi in genere e i calcoli renali- Nato nel Wessex, Burcardo si fece monaco a Malmesbury; dopo l'ordinazione presbiterale, si unì al gruppo degli inglesi che intorno a1732 si recarono in Germania per aiutare S. Bonifacio (5 giu.) nell'opera di evangelizzazione. Bonifacio lo nominò immediatamente vescovo di Wiirzburg, in Franconia, dove circa cinquant'anni prima aveva operato e aveva subito il martirio l'irlandese S. Chiliano (8 lug.), le cui reliquie Burcardo traslò nella cattedrale della città. Prese quindi parte al primo concilio franco di riforma, convocato da Bonifacio il 21 aprile 743, nel quale si cercò di ripristinare il diritto e l'ordine nella Chiesa franca e di rinvigorire il grado di moralità e di religiosità di clero e laici, tutte cose che esigevano garanzie dal potere secolare.<br /> Nel 747 Pipino il Breve, secondogenito di Carlo Martello, pur non essendo stato né eletto dal popolo né consacrato re dai vescovi, controllava il regno franco. Egli inviò quindi a Roma il suo cappellano Fulrado, insieme a Burcardo, per consultare il papa S. Zaccaria ( 15 mar.) sulla questione della successione, chiedendo de regibus in Francia, qui illis temporihus non habentes regalem potestatem, si bene fuissent an non, se cioè i re della Franconia, che non avevano ricevuto l'investitura regale, la dovessero avere oppure no. Il papa rispose che era meglio riconoscere come re coloro che attualmente esercitavano il potere piuttosto che dei discendenti senza potere. Questo aprì la strada di Pipino verso l'ascesa al trono e la consacrazione, segnando la fine della dinastia merovingia. In tale contesto Burcardo, al pari di Bonifacio, operò in stretta collaborazione con le autorità civili per rafforzare la Chiesa.<br /> Godette la fama di vescovo energico; fondò a Wiirzburg una scuola e un monastero, originariamente dedicato a S. Andrea (successivamente a S. Burcardo stesso). Si dice che abbia rassegnato le dimissioni nel 7.53, ma questo è ritenuto da P.L. Hug «mera leggenda». Morto a Homburg sul Meno, probabilmente nel 754, fu sepolto, dietro sua richiesta, vicino alle reliquie di S. Chiliano, per il quale nutriva una profonda devozione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Würzburg nell’Austrasia, in Germania, san Burcardo, vescovo, che, originario dell’Inghilterra, fu ordinato da san Bonifacio primo vescovo di questa città.