@Namskot
vi sorbite un Repost perché non riesco a pubblicarlo tutto.
Che cos'è l'essere? Parmenide e L'Eleatismo avevano creduto che l'essere non potesse intendersi se non come assolutamente identico, ossia in termini aristotelici in un unico significato, univocamente. Aristotele in polemica con questo concetto formula il principio dell'originaria molteplicità di significati dell'essere che costituisce la base della sua ontologia. L'essere esprime una molteplicità di significati, ma non per questo è un mero omonimo, cioè un equivoco(tutto è definibile come essere). Tra univocità ed equivocità pura c'è una via di mezzo : “L'essere si dice in molteplici sensi, ma sempre in riferimento ad una unità e a una realtà determinata...” L'essere quindi esprime significati diversi, ma tutti con una precisa relazione con un identico principio o un'identica realtà. Che cos'è questo qualcosa di uno? È la sostanza.
“Così dunque anche l'essere si dice in molti sensi, ma tutti in riferimento ad un unico principio: alcune cose sono dette essere perché sono SOSTANZA, altre perché affezioni della SOSTANZA, altre perché vie che si riferiscono alla SOSTANZA, altre perché corruzioni o privazioni della SO.STANZA”
In conclusione il centro unificatore dei significati dell'essere è l' οὐσία , la “sostanza”, ai vari significati dell'essere l'unità deriva dal fatto di essere detti in relazione alla sostanza. La formula essere in quanto essere non potrà che esprimere la molteplicità stessa dei significati dell'essere e la relazione che formalmente li lega e fa sì che ciascuno sia”essere”, in parole più povere essere significherà la sostanza è tutto ciò che si riferisce ad essa. Guadagnato il concetto di essere e il principio dell'originaria e strutturale molteplicità di significati dell'essere esaminiamo alcuni di questi significati.
1) L'essere per sé; come esempio di essere per sé Aristotele indica per lo più la sola sostanza, tuttavia anche le categorie come vedremmo per Aristotele rientrano in un certo qual modo in questa categoria, in quanto esse (le categorie) seppure subordinate alla sostanza sono fondamento in secondo ordine degli altri significati dell'essere.
2)L'essere come vero a cui viene contrapposto il significato del non essere come falso. Questo è l'essere che potremmo indicare come logico, ma non l'approfondiremo non ci riguarda.
3)l'essere come potenza e atto. Anche questo non lo approfondiremo.
4) Da ultimo ci rimane da dire dell'essere come accidente o casuale, una questione abbastanza complessa. Se partiamo da un esempio aristotelico quando diciamo l'uomo è musico; indichiamo un caso di essere accidentale perché l'essere musico non esprime l'essenza dell'uomo ma solamente che all'uomo accade di essere musico, nella sostanza uomo per essere definita sostanza uomo non esiste la proprietà necessaria del suo essere musico, può esserlo come non esserlo.
Quando Aristotele parla di “essere accidentale” intende sempre l'essere fortuito o casuale vale a dire un tipo di essere che non è “per sempre”(le realtà come Dio) “nemmeno per lo più” (le realtà della natura sensibile), ma solo “talora”.
Spesso di confonde l'essere categoriale e l'essere accidentale ma questo è un grave errore. Nonostante fra le categorie solo la sostanza è un essere per se autonomo, mentre le altre suppongono questa prima e strutturalmente ineriscono ad essa, può sembrare che le categorie abbiano una realtà di accidente o casuale visto che dipendono da questa(la sostanza) ma in realtà fra categoria e essere accidentale c'è una differenza fondamentale.
L'essere è impensabile senza le categorie, la sostanza per essere deve avere “proprietà/specificazioni”, le categorie identificano queste proprietà essenziali, laddove invece l'accidente non identifica niente di necessario. Non è affatto necessario che un uomo sia pallido o adirato: che abbia queste qualità è accidentale, fortuito, casuale, nel senso che queste potrebbero indifferentemente essere o non essere; però è necessario che l'uomo abbia Qualità(intesa come categoria). Quindi è vero che l'essere accidentale non può che riferirsi alle categorie ma se ne distingue totalmente in quanto la categoria in sé è necessario mentre l'accidente è un affezione di essa fortuita, casuale e soprattutto non necessaria. L'essere accidentale è l'affezione o evento contingente che si realizza nelle diverse figure delle categorie.
La metafisica e Dio
Perché in Aristotele la metafisica è anche teologia? Se la metafisica è la ricerca delle cause e dei princi è normale che Aristotele seguendo i suoi predecessori attribuisca alcune cause al Divino. Chi fa ricerca delle cause e principi primi(metafisica) di necessità deve incontrare il “divino”( in senso di logos) che è causa è principio primo per eccellenza dunque la ricerca aitiologiaca sbocca nella teologia. Ma anche partendo da altre definizioni si perviene a conclusioni identiche ”chiedersi che cos'è l'essere?” vuol dire chiedersi se esiste solo l'essere sensibile o anche un essere sopra sensibile(teologico). E ancora il problema “che cos'è la sostanza?” implica il problema quali tipi di sostanze esistono.
Esistono Sostanze soprasensibili oppure esistono solamente sostanze sensibili? Aristotele ha cercato di rispondere a questo problema con precisione, problema che era stato sollevato dalla “seconda navigazione di Platone” e naturalmente nella sua prospettiva ha riconfermato gli esiti Platonici, esistono sostanze diverse da quelle naturali e sensibili, sostanze di pura forma che non hanno materia. Per Aristotele esistono tre tipi di sostanze:
1. quelle sensibili che nascono e periscono.
2. le sostanze sensibili ma incorruttibili , queste sono i cieli, i pianeti e le stelle; sono incorruttibili perché strutturati di etere capace solo di mutamento locale e non passabile né di alterazione ne di corruzione, e meno che mai di generazione o corruzione.
3. Al di sopra di queste ci sono le sostanze immobili, eterne e trascendente il sensibile; Dio o motore Immobile, ( esistono per Aristotele più motori immobili perché per lui esistevano più cieli)
Per Aristotele la metafisica è in primo luogo ricerca delle cause prime, “causa” e “principio” significano ciò che fonda, ciò che condiziona, ciò che struttura. Aristotele ne ha identificato 4 di cause riconoscendo che esse erano state già “intraviste seppure confusamente dai suoi predecessori”. 1) causa formale 2) causa materiale 3)causa efficiente 4) causa finale. Le prime due sono materia e forma, se consideriamo l'essere delle cose staticamente bastano a spiegarlo.
Se invece lo consideriamo dinamicamente nel suo svolgimento/divenire non bastano più. Per Aristotele un uomo materia e forma sono la sua staticità, ma se lo consideriamo in modo dinamico domandiamo “ come mai è nato?” “chi l'ha generato?” “perché si sviluppa e cresce?” allora occorre introdurre due ulteriori cause: la efficiente o mortice ( il padre che ha generato l'uomo) e la finale ossia il telos o scopo a cui tende l'uomo (il perché della sua crescita e sviluppo durante l'infanzia).Il mondo presenta un armonico e costante succedersi di generazione e corruzione, in generale di mutamenti. Quali sono le cause di questi mutamenti, generazioni e corruzioni. Per Aristotele i movimenti del sole che girando secondo il cerchio obliquo e quindi avvicinandosi e allontanandosi con ritmo e intervalli di tempo costanti produce il ciclo delle generazioni e delle corruzioni. Ma se questa è la causa motrice, la vera causa di tutto il movimento nell'universo è Dio o motore immobile che però agisce come causa finale, lo scopo e il fine di tutti i movimenti dell'universo.
Come deve essere questo principio per essere causa di movimento?
In primo luogo deve essere eterno, se eterno è il movimento, eterna dev'essere la causa. In secondo luogo deve essere immobile; solo l'immobile è causa assoluta del mobile. Nella fisica Aristotele ha dimostrato questo punto: tutto ciò che è in moto deve essere mosso da altro, quest'altro a sua volta è mosso da altro, non può esistere un processo all'infinito( Aristotele aveva orrore dell'infinito) per questo “deve esistere” un principio primo e assolutamente immobile di tutto il movimento dell'universo. In terzo luogo il principio deve essere scevro di potenzialità, cioè atto puro. Se infatti avesse potenzialità in sé potrebbe cambiare e quindi non muovere più; ma ciò è assurdo perché (per Aristotele) i movimenti dei cieli sono eterni, e tale movimento eterno non può che essere in “atto”.
Ma in che modo il Primo motore può muoversi restando assolutamente immobile? C'è nell'ambito delle cose che noi conosciamo qualcosa che sappia muovere senza muoversi? Aristotele risponde additando come esempio l'oggetto del desiderio e dell'intelligenza. Tale oggetto è ciò che bello e buono; ora il bello e il buono attraggono la volontà dell'uomo senza muoversi in alcun modo, così anche l'intelligibile muove l'intelligenza senza muoversi. È di questo tipo la causalità finale esercitata dal primo motore immobile, esso muove come l'oggetto di amore attrae l'amante e come tale resta immobile. Questa è una causalità finale perché attrae come fine o scopo tutte le cose, l'universo è tutto influenzato da Dio dall'attrazione che egli esercita come supremo fine e anelito del perfetto. Il mondo per Aristotele è iniziato con l'ordine perché Dio è eterno e lui è l'ordine a cui le cose tendono. Aristotele ha però creduto che un solo motore non bastasse a spiegare i tanti moti circolari dell'universo secondo la concezione Astronomica del tempo, per questo ha presupposto più motori per ogni sfera celeste, tuttavia nonostante questa concezione politeistica( che era abbastanza normale per il Greco del tempo) ha concepito gli altri motori immobili diversi da quelli del primo cielo gerarchicamente inferiori. Rimane comunque un monoteismo/particolarità del primo motore in Aristotele di tipo esigenziale, perché cercando di staccare il primo motore dagli altri ponendolo su un piano diverso e unico ha potuto dedurre e fondare l'unicità stessa del mondo in cui viviamo.