@Vitupero
I santi di oggi 22 febbraio:
nome Cattedra di San Pietro Apostolo- titolo Consegna delle chiavi del Regno- ricorrenza 22 febbraio- Dal Vangelo secondo Matteo + In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?» Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». S. Pietro, prima di portare il Vangelo a Roma, stabilì la sua sede in Antiochia. Era giusto che la capitale dell'Oriente avesse per primo vescovo il Principe degli Apostoli, a cui Gesù aveva detto: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle». E colà S. Pietro suscitò in breve tempo una eletta schiera di convertiti che per i primi ebbero l'onore di portare il titolo di Cristiani, ossia seguaci di Cristo. Non si sa precisamente quanto tempo S. Pietro governasse la Chiesa di questa città. Tuttavia la festa di questa Cattedra è antichissima. Nella primitiva Chiesa i Cristiani e quelli d'Oriente in modo speciale, celebravano l'anniversario della loro rigenerazione spirituale. Non si davano ai diletti corporali, ma rinnovavano solennemente i voti fatti nel Battesimo, e ringraziavano Dio di averli ricevuti per sua misericordia nel novero dei suoi figliuoli. Questo lo chiamavano il giorno della loro rinascita spirituale. I vescovi, conforme a questa pia pratica, celebravano anche l'anniversario della loro consacrazione, e il popolo si univa a loro. Tale fu l'origine delle festa della cattedra di S. Pietro. «Noi dobbiamo celebrare la festa della Cattedra di S. Pietro, scriveva già S. Leone Papa, colla stessa gioia con cui celebreremo il martirio del Principe degli Apostoli. Con ciò noi richiamiamo alla memoria contemporaneamente e la sua entrata in cielo, e l'innalzamento alla dignità di primo pastore della Chiesa militante». Nelle lezioni del Breviario sono riportate le belle parole di S. Agostino: «Il Signore ha eletto Pietro a fondamento della sua Chiesa stessa; perciò la Chiesa onora questo fondamento sopra il quale si erige l'altezza dell'edificio ecclesiastico. Onde convenientemente il salmo dice: Lo esalteranno nella Chiesa della plebe e lo loderanno nella cattedra dei seniori. Sia benedetto il Dio che si degnò di esaltare nella Chiesa il beato Apostolo, poiché è giusto che sia onorato questo fondamento per mezzo del quale si può salire al cielo». Sappiamo le parole che il Divino Maestro disse ai Capo degli Apostoli: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Commenta S. Agostino: «Sei pietra, perché la mia virtù che ti consolida, cosicché quelle cose che sono di mia proprietà sono pure tue per partecipazione». Ecco la dignità conferita a Pietro, per cui merita tutta la nostra venerazione. PRATICA. Ricordiamoci nelle nostre preghiere del successore di S. Pietro, il Papa, perché il Signore lo conservi, lo vivifichi, e gli dia la grazia di estendere il suo regno fino ai confini del inondo. PREGHIERA. Dio, che istruisti la moltitudine delle nazioni con la predicazione del beato Pietro apostolo, fa' che, come ne veneriamo la memoria, così ne risentiamo il patrocinio presso di Te. MARTIROLOGIO ROMANO. La Cattedra di san Piétro Apostolo ad Antiochia, dove per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.
La cattedra di San Paolo nella Basilica Vaticana. La cattedra, nelle chiese cristiane, è trono sul quale siede il vescovo (da qui il titolo di cattedrale, ovvero la chiesa principale della diocesi nella quale è presente la cattedra del vescovo, cioè del pastore) e, nel caso del cattolicesimo, anche il papa, vescovo di Roma (la cattedra papale si trova nella basilica lateranense). Essa è il simbolo della potestà e della responsabilità del vescovo; da quel seggio infatti il vescovo presiede l'assemblea liturgica e spiega le Sacre Scritture, rappresentando Cristo stesso. In senso più ampio, "cattedra" indica la funzione di insegnamento del vescovo: ciò discende dall'uso antico, sicuramente attestato nei vangeli, secondo il quale chi insegnava non si metteva in piedi, come succede spesso oggi, ma in posizione seduta. Materialmente è un'opera d'arte, un manufatto, uno scranno di legno su cui si sedette Pietro come Vescovo di Roma e primo Papa e che è oggetto di adorazione dal 1200 circa. Attualmente quello che ne rimane è custodito nel Vaticano, nella Basilica di San Pietro, anche se non possiamo ammirarlo poiché totalmente ricoperto dall'imponente opera in bronzo del Bernini. La magnifica opera barocca dello scultore è alta 7 metri ed è formata da quattro grandi statue di bronzo che sostengono una piattaforma su cui è posata la Cattedra; esse rappresentano Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, Sant’Anastasio e San Giovanni Crisostomo. Il tutto è sormontato da due putti che recano in mano le insegne papali. Lo schienale è composto da un bassorilievo dorato, disegnato dall'artista ma non da lui eseguito, raffigurante l'episodio in cui Cristo raccomanda le sue pecorelle a Pietro; mentre sui lati del sedile troviamo rappresentati la Lavanda dei piedi e la Consegna delle chiavi da parte di Gesù che in questo modo investe l'apostolo del primato papale. Come detto tutto è sormontato da angeli, raggi dorati e nuvole che circondano una vetrata al cui centro campeggia la colomba, simbolo dello Spirito Santo. Un vero capolavoro che rimarca l'importanza della nascita della Chiesa cristiana. Da qui si origina L'infallibilità papale (o infallibilità pontificia) è un dogma cattolico che afferma che il papa non può sbagliare quando parla ex cathedra, ossia come dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei): di conseguenza, il dogma vale solo quando esercita il ministero petrino, proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata.
nome Santa Margherita da Cortona- titolo Religiosa- nascita 1247, Laviano, Castiglione del Lago- morte 22 febbraio 1297, Cortona- ricorrenza 22 febbraio- Canonizzazione 16 maggio 1728 da papa Benedetto XIII- Santuario principale Basilica di Santa Margherita- Attributi saio francescano, velo bianco, cagnolino, crocifisso, teschio- Patrona di penitenti- A Laviano, piccolo paese della provincia di Perugia, nacque nel 1237 Margherita. Fu detta da Cortona, perchè in questa città edificò i popoli colla sua virtù ed ebbe onorata sepoltura. Ancor giovanetta, manifestò una singolare bontà e gentilezza d'animo, congiunti ad un forte amore verso le pratiche di pietà. Privata della madre, quando maggiore ne sentiva il bisogno, visse l'età giovanile senza quel conforto e quella guida tanto necessari alla gioventù. Il genitore passò a seconde nozze, ma la povera Margherita fu disprezzata dalla matrigna. La fanciulla aveva sortito una speciale bellezza e, per mancanza di materna custodia, si lasciò trascinare a illeciti amori con un ricco giovane. Ma una notte l'amante fu ucciso tragicamente, e questo fatto fu per Margherita la chiamata di Dio. Ella ubbidì prontamente. Senza indugi si recise la bellissima chioma e in abiti dimessi, un giorno festivo, si portò in chiesa in tempo della messa dei fedeli. Quivi chiese pubblico perdono di tutti gli scandali che aveva dato con la sua vita cattiva. Poi, affidandosi alla Provvidenza, decise di recarsi a Cortona, per trovare una casa (li penitenza. Giunta nella città, entrò in una chiesa dei Padri Francescani. Spinta dalla grazia a versare copiose lacrime di dolore per i suoi traviamenti, si prostrò bocconi, pregò e svenne. Due pie donne vedendola in tanto dolore, la rialzarono e le offrirono asilo. Margherita contava allora venticinque anni. Lo spirito del Signore la trasformò in un'altra creatura. Preghiere, lagrime, macerazioni, formano la sua vita. Vestì l'abito del terz'ordine francescano e l'onorò di virtù così eroiche da far stupire come una donna potesse essere capace di tanto. Non vi fu opera di penitenza che non esercitasse, non pratica di pietà, in cui non fosse maestra. Un giorno, prostrata davanti al Crocifisso, si senti interrogare«Che cosa vuoi, poverella?». Margherita rispose senza esitare: «Non voglio altro che Te, mio Signore Gesù. Cristo». Non volle abbandonare il mondo, pur rimanendone infinitamente lontana, ma s'unì ad altre donne ispirate dall'ideale della penitenza e della carità, ed aprì il ricovero della Misericordia per i poveri, così numerosi in quei tempi, per le frequenti guerre e devastazioni. Dio la premiò col dono dei miracoli; fu detta Santa ancor vivente e tre secoli dopo la sua morte, avvenuta il 22 febbraio 1297, il suo corpo fu trovato morbido e fresco come nel giorno della deposizione nel tumulo. Oggi le sue venerate spoglie riposano in una stupenda chiesa a lei dedicata nella stessa città di Cortona. I fedeli di quei luoghi ne hanno vivissima devozione c conservano le memorie della sua vita, che si tramandano di generazione in generazione. PRATICA. L'innocenza è fiore di paradiso e si conserva con la mortificazione: se l'abbiamo perduto, riconquistiamolo colla penitenza. PREGHIERA. Dio, che la tua serva Margherita conducesti misericordiosamente dalla via della perdizione al sentiero della salvezza, per la stessa misericordia concedi a noi, che mentre non ci siamo vergognati di seguirla nei traviamenti, ci studiamo adesso di seguirla speditamente nella penitenza. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cortona in Toscana, santa Margherita, che, fortemente scossa dalla morte del suo amante, lavò con una salutare vita di penitenza le macchie della sua giovinezza e, accolta nel Terz’Ordine di san Francesco, si ritirò nella mirabile contemplazione delle realtà celesti, ricolmata da Dio con superiori carismi.
nome Beata Isabella di Francia- titolo Principessa- nascita 1225, Francia- morte 22 febbraio 1270, Longchamp, Francia- ricorrenza 22 febbraio- Beatificazione 3 gennaio 1521- Figlia di Luigi VIII re di Francia e della regina Bianca di Castiglia, Isabella era sorella minore di S. Luigi IX di Francia (1214-1270; 25 ago.). La principale fonte a suo riguardo è la sua Vita scritta da Agnese di IIarcourt, badessa del monastero che Isabella fondò a Longchamp, che si occupò di lei negli ultimi dieci anni della sua vita. Similmente ad altri racconti di ragazze eccezionalmente pie che rifiutano cibo e matrimonio, anche qui è impossibile a distanza di tanto tempo distinguere gli eventuali elementi patologici o psicologici da quelli spirituali e dettati da libera scelta. Durante l'adolescenza nutrì un completo rifiuto della propria condizione natia, disprezzando il lusso e i bei vestiti e giungendo al punto che la madre, disperando di riuscire a costringerla a mangiare e anzi vedendola ormai in punto di morte, si appellò a una "donna santa". Costei però fece solo una profezia e predisse che Isabella avrebbe continuato a vivere, ma come "morta al mondo". In seguito, effettivamente, la giovane rifiutò diversi pretendenti e persino una lettera di papa Innocenzo IV, che la invitava caldamente ad accettare in sposo re Corrado di Gerusalemme per il bene del cristianesimo, non riuscì a farle cambiare idea; anzi, ella rispose al pontefice con termini talmente convincenti da strappargli il permesso di fare voto di verginità perpetua per amore di Dio. Nel 1226 era salito al trono suo fratello, che fu per lei un ispiratore dell'amore per i poveri e del fervore religioso; quotidianamente Isabella invitava alla sua tavola numerosi mendicanti ed era anche solita andare a visitare malati e poveri. Luigi partecipò a due crociate, risultate inefficaci, e quando nella prima fu fatto prigioniero in Egitto, per Isabella, che contribuiva al recupero defluoghi santi pagando il sostentamento di dieci cavalieri, fu un duro colpo. Altra figura influente nella sua vita fu S. Chiara d'Assisi (t 1253; 11 ago.), sia in relazione alle austerità personali sia per la regola di vita. Alla morte della madre, Isabella decise infatti di fondare un convento e di vivere secondo gli ideali delle clarisse: tale iniziativa incontrò l'approvazione di Luigi, che promise un sostegno finanziario e spinse alcuni francescani — tra cui anche S. Bonaventura (15 lug.) — a collaborare alla formulazione della regola e delle costituzioni. La fondazione, edificata a Longchamp nei sobborghi parigini (attualmente meglio conosciuti in relazione all'ippodromo più prestigioso dell'intera Francia, in Bois de Boulogne) fu chiamata monastero dell'Umiltà della B. Vergine Maria. Da allora in poi Isabella destinò parte delle proprie sostanze al sostegno finanziario della fondazione e continuò l'assistenza ai poveri; molto probabilmente però ella non pronunciò mai i voti perpetui, anche a motivo del suo stato precario di salute. La stessa sua decisione di vivere in un luogo dell'edificio separato dalle celle delle suore si deve probabilmente a motivi di umiltà e al desiderio di evitare l'elezione a badessa. Visse in monastero dieci anni, in una vita di digiuno, penitenza, contemplazione e grande preghiera e prima della morte il suo cappellano, il confessore e suor Agnese (che ne avrebbe scritto la Vita) furono testimoni di un suo rapimento estatico. Morì nel 1270, lo stesso anno in cui a Tunisi morì il fratello santo, sulla via del ritorno dalla seconda crociata. Il suo culto fu confermato nel 1521; ella è annoverata tra le beatae del Secondo ordine di S. Francesco ed è la quarta in ordine cronologico — secondo la data di morte — a ricevere questo onore (senza contare le due sante, Chiara e Agnese d'Assisi), mentre il fratello, secondo lo stesso elenco, è il quarto santo del Terz'ordine (per quanto non vi sia certezza che egli abbia effettivamente fatto la professione nell'ordine). MARTIROLOGIO ROMANO. A Longchamp nella periferia di Parigi in Francia, beata Isabella, vergine, che, sorella del re san Luigi IX, avendo rinunciato a nozze regali e ai piaceri del mondo, fondò il convento delle Suore Minori, con le quali servì Dio in umiltà e povertà.
nome San Massimiano di Ravenna- titolo Arcivescovo- nascita 498, Pola- Elevato arcivescovo 14 ottobre 546 da papa Vigilio- morte 22 febbraio 556, Ravenna- ricorrenza 22 febbraio- Ventottesimo vescovo di Ravenna, consacrato da papa Vigilio nel 546, Massimiano resse la sede per dieci anni e fu il primo vescovo d'Occidente ad assumere il titolo di arcivescovo (vescovo di una diocesi metropolitana). Godendo di una solida situazione finanziaria e sfruttando il suo grande intuito e la sicurezza garantitagli dalla posizione di vicario del papa Vigilio e dell'imperatore Giustiniano, egli divenne una delle più importanti figure del vi secolo italiano. Di lui si hanno notizie abbastanza precise grazie alla biografia redatta dal sacerdote Agnello; benché costui sia vissuto due secoli dopo la morte di Massimiano, fu in grado di attingere direttamente dai suoi scritti. Nato nel 498 a Pola, Massimiano divenne diacono della Chiesa locale. Il fortunato ritrovamento di un "tesoro", avvenuto per mano sua o del padre (in proposito vi sono diversi resoconti), gli permise di presentarsi alla corte imperiale di Costantinopoli, dove si guadagnò la stima di Giustiniano. Quando nel 545 il vescovo di Ravenna morì, i cittadini chiesero all'imperatore (la città era allora sotto diretta giurisdizione imperiale) di insignire del palio un loro candidato acclamato quale successore. Giustiniano invece chiese a papa Vigilie) di nominare Massimiano, che fu in effetti consacrato il 14 ottobre 546; ciò causò comprensibilmente un forte attrito tra il nuovo vescovo e gli abitanti di Ravenna, che lo consideravano come il risultato di un'eccezionale e intollerabile interferenza nella vita della città. Massimiano si vide costretto ad accamparsi fuori dalle mura della città, come ospite del vescovo ariano dei goti; con tatto e diplomazia (sostenuti, pare, anche dalle sue grandi ricchezze) riuscì tuttavia a ottenere gradualmente l'appoggio della popolazione e quindi il permesso di prendere possesso della propria sede. I dieci anni del suo episcopato rappresentarono l'età d'oro della Chiesa ravennate: completò e consacrò infatti le basiliche di S. Michele e S. Vitale, ne abbellì molte altre, e a lui si devono interamente quelle di S. Stefano e probabilmente S. Giovanni, così come altre chiese nella città natia di Pola, molte delle quali furono decorate con magnifici mosaici. Produsse inoltre una grande quantità di libri (per la maggior parte perduti): cronache, descrizioni di Ravenna, cataloghi dei suoi vescovi e dodici volumi di sermoni. Preparò anche un'accurata edizione dell'intera Bibbia, in cui specificava, mediante note a margine, i principi seguiti nell'adozione di una determinata lezione. Oltre a ciò è a lui attribuito un sacramentario che si suppone aver fatto da base fondamentale a quello leonino. Le sue attività si estesero a tutta l'Italia, di cui fu effettivamente primate durante le lunghe assenze di Vigilio da Roma e di Decio dalla sua sede di Milano. Gli sforzi di Massimiano furono principalmente rivolti al ripristino dell'armonia e dell'unità all'interno delle chiese divise dallo scisma dei "Tre capitoli". Il suo biografo Agnello lo descrive come un uomo che «accoglieva gli stranieri, richiamava coloro che cadevano in errore, dava ai poveri ciò di cui necessitavano e consolava i sofferenti».<br /> Morì il 22 febbraio 556; i suoi resti furono tumulati nella basilica di S. Andrea a Ravenna, dove rimasero fino al 1809, quando l'amministrazione francese introdotta da Napoleone sconsacrò la chiesa e le sue reliquie vennero trasferite nella cattedrale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna, san Massimiano, vescovo, che svolse con fedeltà il suo ufficio pastorale e difese l’unità della Chiesa contro l’eresia.
nome San Papia di Gerapoli- titolo Vescovo e padre della Chiesa- nascita 70 circa, Anatolia- morte 130 circa, Gerapoli- ricorrenza 22 febbraio- Attributi Bastone pastorale- Abbiamo notizie di Papia, vescovo di Gerapoli in Frigia all'inizio del V secolo, da Eusebio (che nutre, tuttavia, una scarsa opinione della sua teologia). Appartenente alla generazione che aveva «ascoltato gli apostoli», Papia è l'autore di un'opera in cinque volumi intitolata Esegesi dei discorsi del Signore, di cui rimangono soltanto alcuni frammenti, conservati in gran parte da Eusebio stesso e da S. Irenco (28 giu.). Quest'ultimo afferma che Papia fu «un diretto ascoltatore di Giovanni [l'Evangelista; 27 clic.] e successivamente un compagno di Policarpo [23 feb.]». Egli «visse in epoca molto antica», e la nuova stesura del Martirologio Romano si attiene alle affermazioni di Ireneo sul rapporto diretto tra Papia e Giovanni; Eusebio però sottolinea che lo stesso Papia, nel proemio della sua opera, «non si presenta come uno che abbia udito e veduto i Santi Apostoli, ma dice di aver ricevuto i rudimenti della fede da altri che li avevano conosciuti. Ecco come si esprime: "Se mi imbattevo in chi avesse consuetudine con i presbiteri, cercavo di conoscere le sentenze dei presbiteri, ciò che avevano detto Andrea o Pietro o Filippo o Giacomo o Matteo o qualche altro dei discepoli del Signore; ciò che dicono Aristione e il presbitero Giovanni, discepoli del Signore. Io ero persuaso che il profitto tratto dai libri non avrebbe potuto giovarmi altrettanto di ciò che ottenevo dalla parola viva e durevole"». Insieme a Clemente di Alessandria Papia ha perciò trasmesso gli insegnamenti degli "anziani" o presbiteri — seppur non degli apostoli stessi — allora membri delle prime comunità di Gerusalemme. Il secondo Giovanni da lui menzionato nel passo sopra citato come "presbitero" (piuttosto che "discepolo") è ritenuto da Eusebio non l'Evangelista bensì il destinatario della rivelazione del libro dell'Apocalisse. Papia procede narrando miracoli e «ci mette al corrente anche di altre cose giunte a sua conoscenza, per tradizione orale: cioè di certe strane parabole del Salvatore, di certi suoi insegnamenti e di altre notizie addirittura favolose», incorrendo così nel dispregio di Eusebio: «Io credo che queste sue concezioni derivino dall'aver frainteso gli insegnamenti degli Apostoli, non avendo capito gli arcani sensi che sí nascondevano sotto il velo del loro linguaggio figurato. Si dimostra insomma d'ingegno assai corto, come si può arguire dai suoi scritti». Malgrado questo giudizio negativo, Papia esercitò un ruolo significativo trasmettendo insegnamenti e fatti a persone come Ireneo, che venendo poco dopo di lui «adottarono le sue idee, rassicurati dalla sua antichità». Papia scrisse anche a proposito della composizione dei vangeli: stando a Eusebio, egli confermava il racconto di Clemente secondo cui S. Marco l'Evangelista (25 apr.) fu persuaso da coloro che avevano udito la predicazione di S. Pietro (29 giu.) a stendere un riassunto scritto delle istruzioni impartite da Pietro: «Il presbitero [Giovanni] diceva questo: Marco, interprete di Pietro, scrisse con esattezza, ma senza ordine, tutto ciò che ricordava delle parole e delle azioni del Signore; non aveva udito e seguito il Signore ma più tardi, come già dissi, Pietro. Orbene, poiché Pietro insegnava adattandosi ai vari bisogni degli ascoltatori, senza curare punto di offrire una composizione ordinata delle sentenze del Signore, Marco non c'ingannò scrivendo secondo che ricordava». Egli sottolinea inoltre che Marco è menzionato da Pietro nella sua prima epistola: «Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia [Roma]; e anche Marco, mio figlio» (1 Pt 5, 13). Tutto quello che Papia riporta di Matteo (21 set.) è che «Matteo raccolse le sentenze [di Gesù] in lingua ebraica; e ognuno le traduceva come poteva». Al pari di Policarpo, anche Papia si oppose agli insegnamenti di Marcione (il quale sosteneva che il Dio, giudice severo dell'Antico Testamento, non poteva essere lo stesso Dio buono, Padre di Gesù Cristo), e lo escluse dalla propria comunione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Gerapoli nella Frigia, nell’odierna Turchia, san Pápia, vescovo, che, uditore di Giovanni il Presbitero e amico di Policarpo, spiegò le parole del Signore.
nome Beata Maria di Gesù d'Oultremont- titolo Religiosa e Fondatrice della Società di Maria Riparatrice- nome di battesimo Émilie d'Oultremont de Warfusée- nascita 11 ottobre 1818, Wégimont, Liegi, Belgio- morte 22 febbraio 1879, Firenze- ricorrenza 22 febbraio- Beatificazione 12 ottobre 1997 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Wégimont nel Belgio, in una nobile famiglia, suo padre era figlio del conte di Wégimont e Warfusée ed era l'ambasciatore belga presso la Santa Sede. Lei stessa descrisse nella sua autobiografia come si sentì chiamata da Dio in una sala da ballo di un palazzo romano, durante uno dei tanti gala a cui partecipò. Il suo compagno di ballo, il Conte de Seyselle, stava lodando gli affreschi che decoravano la stanza quando sentì la voce di Dio che le chiedeva di scegliere tra la via del mondo e quella di Gesù. "Signore, la mia vita sei solo tu", rispose Emilie. Il conte, nel frattempo, cercò di riportarla alla realtà senza riuscire a capire cosa fosse le fosse successo. La risposta alla chiamata non arrivò ad Emilie se non molti anni dopo, quando dopo essere rimasta vedova a 29 anni, occupandosi di quattro figli, decise di fondare una Congregazione continuando a curare la formazione della sua famiglia. Aveva una grande devozione al Sacro Cuore, all'Eucaristia e a Maria. Dopo una visita dal Papa, nel 1831, scrisse ciò che pensava dei pontefici del suo tempo, con i quali criticava la loro eccessiva politicizzazione e la mancanza di armonia con gli uomini e la scienza. "A Roma il papa non dovrebbe essere altro che padre e pontefice". Era in Francia, con i suoi figli, quando assistette alla programmazione dell'Immacolata Concezione. Fondò così la Congregazione di Maria Riparatrice, nella città di Strasburgo, nel 1857. Dovette subire l'incomprensione della sua famiglia a causa dell'ingresso nella vita religiosa di due delle sue figlie. Durante il suo generalato, la Congregazione si espanse. Dovette subire la segregazione di due comunità, una a Córdoba, in Spagna e un'altra a Wexford, in Irlanda. Sperimentò la mancanza di comprensione delle sue suore, la morte di due delle sue figlie e una grande aridità spirituale, che è riuscita a superare con grande forza d'animo. Morì a Firenze all'età di 59 anni. È stata beatificata dal SS Giovanni Paolo II, il 12 ottobre 1997. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, beata Maria di Gesù (Emilia) d’Oultremont, che in Belgio, madre di quattro figli, rimasta vedova, senza per nulla trascurare i suoi doveri materni, si dedicò a fondare e guidare la Congregazione delle Suore di Maria Riparatrice e, confidando nell’aiuto divino, superate non poche difficoltà, concluse piamente il suo pellegrinaggio terreno mentre faceva ritorno in patria.
nome Beato Diego Carvalho- titolo Sacerdote Gesuita, martire- nome di battesimo Diego Carvalho- nascita 1578 circa, Coimbra, Portogallo- morte 22 febbraio 1624, Sendai, Giappone- ricorrenza 22 febbraio- Nacque a Coimbra nel Portogallo. Entrò nei gesuiti nel 1594 e nel 1600 fu inviato in India, dove fu ordinato sacerdote. Nel 1609 si trasferì in Giappone e lì lavorò instancabilmente intorno a Kyoto, o Miyako come si chiamava allora, fino al 1614, quando scoppiò la terribile persecuzione. Non si sa con certezza se padre Diego sia stato deportato o se si sia ritirato per ordine dei superiori, ma sta di fatto che, alla fine di quell'anno, lasciò Macao con padre Buzomi per iniziare una missione in Conchinchina. Ma nel 1617 tornò in Giappone e trascorse il resto della sua vita in condizioni precarie, nei distretti più boreali dell'isola centrale. In almeno due occasioni raggiunse Yezo (ora chiamato Hokaido) e fu il primo prete cristiano a officiare lì la messa. La persecuzione scoppiò nell'inverno dal 1623 al 1624. Padre Diego e altri cristiani fuggitivi, nascosti in una valle sperduta tra le colline, furono scoperti dalle impronte lasciate sulla neve. C'è un racconto terribile della brutalità con cui questi uomini furono trattati dopo la loro cattura. Nonostante fosse scoppiata una tempesta di neve e il freddo fosse molto intenso, i loro vestiti furono spogliati finché non furono lasciati seminudi, in attesa per ore all'aperto. Furono riuniti legandoli con una corda e furono portati giù per camminare a piedi per diversi giorni fino a Sendai. Due cristiani del gruppo, incapaci di proseguire, furono decapitati sul posto e i soldati della scorta testarono il filo delle loro spade facendo a pezzi i cadaveri nudi. Quando raggiunsero Sendai, il freddo era estremamente intenso. Il 18 febbraio, padre Diego e circa nove giapponesi furono spogliati degli scarsi vestiti che ancora li coprivano e le loro mani furono legate da dietro a pali conficcati in buche piene di acqua gelida. Il tormento consisteva nel costringere i martiri a sedersi nell'acqua e rialzarsi in modo che il ghiaccio si formasse sulla loro carne. Dopo tre ore di questo calvario, furono tirati fuori dai buchi e invitati a negare la loro religione. Dopo la prima tappa, due dei martiri, impossibilitati a muoversi, morirono a terra, dove erano caduti in agonia. Padre Diego, forse perché durante la giornata gli erano state fatte alcune considerazioni, mostrò una resistenza maggiore degli altri. Dopo quel primo test, si accovacciò alla maniera giapponese e si concentrò sulla preghiera. Durante i quattro giorni successivi furono fatti nuovi tentativi per convincere i martiri a rinunciare al cristianesimo, ma senza successo. Il 22 febbraio il tormento riprese. Per tutta la mattinata rimasero nelle pozzanghere, pregando più in alto che potevano, incoraggiati dal sacerdote, che non smise di confortarli con le sue parole. Nel corso del pomeriggio sette cadaveri furono appesi ai pali e, quando il sole tramontò, solo padre Diego era ancora vivo e secondo la testimonianza di alcuni fedeli che osarono venire a contemplare l'orribile scena, morì a mezzanotte. La mattina successiva, i corpi delle vittime furono fatti a pezzi e gettati nel fiume, ma le teste di padre Diego e quelle di altri quattro martiri furono recuperate e conservate come reliquie. Fu beatificato il 7 maggio 1867 da Pio IX. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Sendái in Giappone, beato Diego Carvalho, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, dopo gli oltraggi, il carcere e i faticosi viaggi compiuti in pieno inverno, sottoposto infine al supplizio dell’acqua ghiacciata, con intrepida fede confessò Cristo insieme a molti compagni.
nome San Pascasio di Vienne- titolo Vescovo- morte 441- ricorrenza 22 febbraio- Vescovo di Vienne, fu un importante leader della Chiesa cattolica negli inizi del V secolo. Si distinse per la sua integrità, la sua erudizione e la sua dedizione alla fede. Fu un abile pastore, un amministratore efficiente e un teologo erudito. Morì nel 441 circa. San Pascasio (o Paschade) divenne vescovo e governò la diocesi di Vienne agli inizi del V secolo. Nella cronotassi ufficiale dei vescovi della diocesi è inserito all’undicesimo posto, come indicato dalla “Cronaca universale” di Adone. Fa parte di quella prima schiera di vescovi antichi della diocesi di Vienne, che vengono considerati tutti Santi. Non c’è una data certa del suo governo. Sappiamo che succede a San Simplicio menzionato nel 400 e precede San Claudio, vescovo prima del 441. Viene ricordato per la sua integrità ed erudizione. Inoltre San Pascasio è conosciuto quale un famoso confessore. Su di lui, intorno al secolo X, si inventò un falso privilegio, secondo cui il Papa Silvestro in una sua lettera autografa lo nominava primate di tutti i vescovi di Gallia. La sua festa è stata fissata al 22 febbraio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Vienne nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Pascasio, vescovo, insigne per cultura e santità di costumi.