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23/02/2024 alle 13:43

I santi di oggi 23 febbraio:

I santi di oggi 23 febbraio:

nome San Policarpo- titolo Vescovo martire e Padre della Chiesa- nascita I secolo, Smirne (attuale Turchia)- morte II secolo, Smirne (attuale Turchia)- ricorrenza 23 febbraio, 26 gennaio messa- Attributi bastone pastorale e palma del martirio- Poco si conosce della vita di S. Policarpo. Si sa che in gioventù si converti al Cristianesimo: ebbe la fortuna di essere istruito dagli Apostoli ed in special modo da S. Giovanni Evangelista che lo ordinò vescovo della Chiesa di Smirne verso l'anno 96, e fu primate di tutta l'Asia. Tanto fu l'affetto dei fedeli verso il loro pastore, che ognuno desiderava servirlo, ritenendosi fortunato al solo toccarlo. A lui sono rivolte quelle parole dell'Apocalisse: «Io so la tua tribolazione e la tua povertà, ma sei ricco di virtù». Un simile elogio, fatto dallo stesso Spirito Santo, ci mostra quanto fosse grande la sua virtù. Infatti il suo zelo per la purità della dottrina era sì fervido che quando udiva qualche cosa di contrario si chiudeva gli orecchi gridando: «Ah, Signore, a quali tempi m'avete voi riserbato», e prontamente spiegava la verità. Ritornando da Roma, s'imbattè a caso nell'eretico Marcione che superbamente gli chiese: Mi conosci tu? Cui Policarpo rispose: Sì, in te riconosco il primogenito del diavolo. In età avanzata vide ripetersi le stragi di Nerone, nella quarta persecuzione mossa da Marc'Antonio e da Lucio Aurelio. I Cristiani dell'Asia furono provati con ogni sorta di supplizi, né doveva essere escluso il loro pastore. Condannato e condotto nell'anfiteatro, udì una voce che dal cielo diceva: «Coraggio, Policarpo, sii costante». Quadrato il proconsole a cui venne presentato il Santo, dopo avergli domandato il nome, cercò di persuaderlo di aver compassione della sua vecchiaia dicendogli: «Pensa che non potrai sopportare i tormenti, alla vista dei quali gli animi più robusti tremano. Di' con tutto il popolo: "Siano sterminati gli empi giura per la fortuna degli imperatori e bestemmia il tuo Cristo». Ma Policarpo, con volto celestiale, rinvigorito di novella forza, gli rispose: «Sono ottantasei anni che servo il mio Signore: Egli non mi fece alcun male, anzi, ogni giorno ho ricevuto nuove grazie: come dunque posso io dir male del mio Creatore, Benefattore e Conservatore? Come posso offendere il mio Salvatore, il mio Dio, che è il Supremo Giudice, che deve punire i malvagi e premiare i buoni?». In così dire una luce di Paradiso gli irradiò la fronte: il feroce proconsole comandò che fosse arso vivo. Policarpo si preparò al martirio annunciatogli con continua e fervorosa preghiera. Quando finalmente fu vicino al rogo, esultò di gioia indicibile e, gettando lontano da sè i bastoni su cui si appoggiava, accelerò il passo ed entrò nel fuoco. Il Signore però lo fece rimanere incolume in mezzo alle fiamme. Il proconsole allora ordinò che fosse decapitato. PRATICA. Noi giungeremo a trionfare coi Santi in cielo, se a loro imitazione sopportiamo generosamente le persecuzioni e i travagli di quaggiù (San Gregorio Magno). PREGHIERA. O Signore, che ci allieti con l'annua solennità del tuo beato martire e Pontefice Policarpo, concedici, propizio, che come ne celebriamo la festa, così ci rassicuri la sua protezione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Smirne il natale di san Policàrpo, discepolo del beato Giovanni Apostolo e da lui stesso ordinato Vescovo di quella città: fu il personaggio più illustre di tutta l'Asia. Sotto Marco Antonino e Lucio Aurélio Cómmodo, in presenza del Proconsole, mentre tutto il popolo nell'anfiteatro a gran voce gridava contro di lui, fu dato al fuoco, e non restando punto offeso dalle fiamme, trafitto dalla spada, ricevette la corona del martirio. Con lui furono pure martirizzati nella stessa città di Smirne altri dodici, che erano venuti da Filadélfia.

nome Santa Giuseppina Vannini- titolo Fondatrice delle Figlie di San Camillo- nome di battesimo Giuseppina Vannini- nascita 7 luglio 1859, Roma- morte 23 febbraio 1911, Roma- ricorrenza 23 febbraio- Beatificazione 16 ottobre 1994 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 13 ottobre 2019 da papa Francesco- Giuseppina Vannini nacque a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo ed Annunziata. La piccola fu battezzata il giorno dopo presso la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte e le vennero dati i nomi Giuditta Adelaide Agata. Sfortunatamente ella rimase orfana, per questo a sette anni trovò ospitalità presso le Figlie della Carità. Il richiamo del Signore arrivò per Giuditta nel giorno della sua prima comunione. La ragazza decise dunque di entrare in convento, ma l’accesso le fu negato perché non godeva di ottima salute. Questo la rattristò molto, perché le sembrò di non essere riuscita a risponde alla chiamata di Dio, che aveva però dei piani diversi in serbo per lei. Fondamentale per il futuro di Giuditta fu l’incontro con padre Luigi Tezza, che ascoltò quanto la ragazza aveva da dire e le diede dei consigli sulla strada da seguire per donarsi al Signore. Fu proprio padre Tezza – attualmente un Beato – a dare l’idea a Giuditta di creare un istituto religioso che si prendesse cura degli infermi. Una data importante è il 2 febbraio 1892, perché è in questo giorno che venne fondata la Congregazione delle Figlie di San Camillo, proprio nella cappella in cui San Camillo trascorse gli ultimi attimi della sua vita terrena. Giuditta entrò dunque a far parte delle suore e cambiò il nome in Giuseppina. Solo tre anni dopo – l’8 dicembre 1895 per esattezza – Giuseppina ottenne il titolo di Superiore Generale dell’istituto fondato pochi anni prima. Giuseppina Vannini morì il 23 febbraio 1911, nella stessa città in cui era nata. Venne proclamata Beata da San Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1994 ed è oggi diventata Santa Giuseppina Vannini. PRATICA. Come Giuseppina Vannini dobbiamo essere ogni giorno capaci di prenderci cura del prossimo.<br /> PREGHIERA. Signore Iddio, aiutami a mettermi al servizio dei più bisognosi e a testimoniare a tutti la tua compassione. Oh Signore, ascolta la mia preghiera.

nome Beata Raffaella Ybarra- titolo Fondatrice delle Suore dei Santi Angeli Custodi- nome di battesimo Rafaela Ybarra de Vilallonga- nascita 16 luglio 1843, Bilbao, Spagna- morte 23 febbraio 1900, Bilbao, Spagna- ricorrenza 23 febbraio- Beatificazione da papa Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984- Di origine basca, la fondatrice dell'istituto chiamato "degli Angeli custodi" apparteneva agli Ybarra, ricca famiglia di industriali. Raffaella nacque a Bilbao, in Spagna, il 16 giugno 1843. All'età di nove o dieci anni fu mandata alla scuola di Bayonne, nella provincia basca francese, dove ricevette la prima comunione e rimase fino all'età di quattordici anni, quando una malattia la obbligò a interrompere gli studi. All'età di diciotto anni si unì in matrimonio con Giuseppe Villalonga y Gipuló, anch'egli proveniente da una famiglia di industriali, a cui diede sette figli. Madre e moglie modello, aumentò la sua già numerosa famiglia nel 1875, quando alla morte della sorella decise di adottarne i cinque figli. Questa esperienza la portò ad abbandonare ogni sorta di pretesa terrena per approfondire la propria vita spirituale, sotto la direzione del gesuita Francesco Muruzàbal. Nel 1878, avendo perso da un anno anche la sorella più giovane, lesse l'Introduzione alla vita devota di S. Francesco di Sales (24 gen.), e decise di adottarla come fonte definitiva di illuminazione e incoraggiamento per una vita puramente apostolica. Nel 1879 iniziò a far visita ai malati ricoverati nei diversi ospedali di Bilbao, dedicando il suo ministero in particolar modo alle ragazze che, trasferitesi numerose dalla campagna alla città, diventavano spesso oggetto di sfruttamento sessuale ed economico, ritrovandosi infine malate e abbandonate. Quando nel 1883 la madre mori, fu Raffaella a prendersi cura del padre fino al suo decesso (1890). Nel 1885, con il consenso del marito, aveva pronunciato i voti temporanei di povertà, castità e obbedienza, che diventarono perpetui nel 1890. Inaugurò un centro per il sostentamento dei giovani indifesi, dove si recavano quotidianamente tra i sessanta e i settanta ragazzi; aprì quindi una casa di accoglienza per giovani donne, sotto il patrocinio di un'associazione che prese il nome di Sacra Famiglia, il cui sviluppo fu talmente rapido da rendere necessaria la costruzione di una struttura più ampia. Nel 1892 fondò un convento delle Figlie di Maria Immacolata, ordine istituito a Bilbao dalla B. Vincenza López y Vicufia (t 1890; 26 dic.); la preoccupazione principale di Raffaella era offrire un sostegno alle ragazze madri, per le quali aveva già aperto un centro speciale l'anno precedente e a cui, nel 1893, ne fece seguito un altro per le ragazze lavoratrici. Contemporaneamente riorganizzò l'Associazione della Santa famiglia, a cui assegnò un ruolo più vasto in tutti i diversi campi delle opere caritative. Nel 1894 fondò un orfanotrofio per ragazze, conosciuto come il Collegio degli Angeli custodi, che affidò a una nuova congregazione religiosa costituita proprio per questo scopo. Nel 1898 il marito morì, lasciandola teoricamente libera di entrare nell'istituto da lei stessa fondato, come desiderava; poiché però le morì anche una nuora, Raffaella decise di prendersi cura dei sei nipoti rimasti orfani. Sebbene in questo periodo cominciasse lei stessa a soffrire per la comparsa di un tumore allo stomaco, continuò tuttavia a prodigarsi per lo sviluppo dell'organizzazione della sua congregazione, per la quale trovò una residenza permanente. Morì il 23 febbraio 1900: piansero la sua perdita migliaia di persone che ella aveva aiutato nei modi più diversi e concreti e che la consideravano come una madre. Avendo compreso i problemi che la rapida industrializzazione, con la concomitante fuga dalle aree rurali, poteva causare soprattutto tra i giovani, aveva agito per porre rimedio agli effetti peggiori di questa situazione, utilizzando le proprie sostanze e la propria posizione interamente al servizio degli altri. Dedicò la sua intensa carica spirituale alle persone più bisognose, vittime di una società gravemente carente quanto a coscienza sociale, diventando per tutti madre Raffaella di Bilhao (in modo simile a come un secolo dopo un'altra suora venne da tutti chiamata madre Teresa di Calcutta). Fu beatificata da papa Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bilbao nella Guascogna in Spagna, beata Raffaella Ybarra da Villalonga, che, madre di sette figli, con il consenso del coniuge, emise i voti religiosi e fondò l’Istituto delle Suore degli Angeli Custodi per tutelare le fanciulle e guidarle sulla via dei precetti del Signore.

nome San Sereno di Sirmio- titolo Martire- nascita Sirmio- morte Sirmio- ricorrenza 23 febbraio- Santuario principale Collegiata di San Sereno- Patrono di Giardinieri- Greco di origine e nato durante il regno dell'imperatore Massimiano, Sereno abbandonò tutte le proprie ricchezze per abbracciare una vita ascetica e di preghiera, vivendo dei prodotti del suo orto a Sirmio, nella provincia della Pannonia (Mitrovica, nell'attuale Croazia). Una persecuzione scoppiata allora contro i cristiani lo obbligò a nascondersi per alcuni mesi; tornò quindi al suo giardino, dove nessuno era a conoscenza del fatto che fosse cristiano. Essendo un giovane di bell'aspetto e un serio lavoratore era molto stimato da tutti coloro che entravano in contatto con lui, ma in particolare dalla moglie di una delle guardie di Massimiano, la quale passò velocemente dal rispetto dovuto a delle vere e proprie proposte amorose. Egli le rispose dicendo che nessuna signora avrebbe dovuto uscire di casa nell'ora pericolosa del riposo, e che in questo modo disonorava inutilmente se stessa e il marito; sentendosi così sdegnosamente rifiutata, la donna scrisse al consorte che Sereno l'aveva insultata. Il marito partì alla volta di Sirmio, presentò la lettera al governatore e fece portare Sereno in tribunale; egli però si difese così bene che il marito della donna, convintosi della colpa della moglie, ritirò ogni accusa. Ottenuto perciò il totale proscioglimento da ogni imputazione stava per essere rilasciato, quando nel governatore sorse il sospetto che solo un cristiano potesse tenere un comportamento tanto scrupoloso in simili frangenti. Invitato a offrire sacrifici agli dei Sereno rifiutò, professando senza esitazione la propria fede ed esprimendo il desiderio di morire, per "potere avere parte al Suo Regno con i Suoi santi". Esaudendo il suo desiderio, fu immediatamente decapitato. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sirmio in Pannonia, oggi in Serbia, san Siréno o Sinéro, martire, che, giardiniere, denunciato da una donna che egli aveva rimproverato per la sua lascivia e fatto prigioniero dal giudice, si professò cristiano e, rifiutatosi di sacrificare agli dei, morì decapitato.

nome Santa Milburga- titolo Badessa- nascita VII secolo- morte 23 febbraio 727, Wenlock, Inghilterra- ricorrenza 23 febbraio- Canonizzazione Precanonizzazione- Patrona degli uccelli- Anch'ella apparteneva a una famiglia reale che conta al suo interno un buon numero di santi: Mildburga era la nipote di re Penda di Mercia (suo nonno) e di re Wulfhere (suo zio), e sorella maggiore di S. Mildreda di Thanet (13 lug.) e di Mildgitha (culto locale, 17 gen.). Figlia di Merewald e di S. Ermenburga (venerata localmente il 19 nov.), principessa del Kent e poi badessa di Minster-in-Thanet (carica che passò proprio alla figlia), Mildburga fu sostenuta dallo zio re e dal padre nella fondazione (ca. 670) di un convento a Wenlock (l'odierna Much Wenlock) nello Shropshire, di cui fu la seconda badessa. Secondo la sua Vita, che risale all'xj secolo ed è opera di Goscelino, ella fu consacrata da S. Teodoro di Canterbury (19 set.). In una lettera, S. Bonifacio (5 giu.), parlando di una visione di un monaco trasferitosi a Much Wenlock, dice che apparteneva alla giurisdizione della badessa Mildburga e il testamento della santa, riportato da Goscelino, pare un vero e proprio elenco delle vastissime terre lungo il confine con il Galles che le appartenevano al momento della morte. La sua tomba divenne centro di un considerevole culto; a causa della distruzione dell'abbazia a opera dei danesi fu poi in pratica dimenticato fino a quando i monaci cluniacensi nel 1079 non edificarono un nuovo monastero nello stesso luogo. Nella nuova chiesa era conservata un'urna di argento contenente le reliquie di Mildburga e documenti che localizzavano il suo sepolcro vicino a un imprecisato altare; esso venne trovato solo quando i monaci consultarono S. Anselmo (21 apr.) e di fronte alla sua indicazione delle rovine di una chiesa precedente cominciarono a scavare: due ragazzi che stavano giocando caddero in un'intercapedine e al suo interno furono ritrovate le ossa della santa. Nel 1102, un anno dopo la scoperta, Ottone, cardinale e vescovo di Ostia, descrisse la vicenda ed essa divenne subito ampiamente nota. Egli narrò inoltre di guarigioni miracolose avvenute sul luogo, tra cui quelle di lebbrosi e di chi soffriva di qualcosa di simile al "verme solitario". Le furono dedicate cinque chiese; la sua festa era commemorata in molte località: fu per questo inserita nel Martirologio Romano. I resti di Mildburga vennero nuovamente sepolti con una solenne cerimonia il 26 maggio 1501, ma andarono ancora una volta perduti all'epoca dello scioglimento dei monasteri. MARTIROLOGIO ROMANO. A Wenlock in Inghilterra, santa Mildburga, vergine e badessa del monastero del luogo, della stirpe dei re di Mercia.

nome Beata Giovannina Franchi- titolo Fondatrice delle Suore Infermiere dell'Addolorata- nascita 24 giugno 1807, Como- morte 23 febbraio 1872, Como- ricorrenza 23 febbraio- Beatificazione 20 settembre 2014 da papa Francesco- Nacque a Como in una famiglia dell'aristocrazia, suo padre era magistrato di corte del regno longobardo del Veneto. Nel 1814, come era consuetudine dell'epoca, entrò nel monastero di S. Carlo delle Visitandine di Como e lì svolse la sua formazione intellettuale e sociale. Nel monastero, da cui non potette partire per dieci anni, conobbe la spiritualità del fondatore San Francesco di Sales, e il suo progetto (non portato a termine) di fondare una famiglia religiosa, senza chiusura, dedita alla cura dei malati a casa e per il sollievo di tutti i tipi di malattie. A 18 anni tornò alla casa dei genitori e si è dedicato all'insegnamento del catechismo nella sua parrocchia e partecipò a diverse associazioni cattoliche dedite alle opere caritatevoli, mostrando sempre grande attenzione alle esigenze degli altri. Ricevette una proposta di matrimonio da un uomo molto più grande di lei, accettò, perché quella era la strada che ogni donna, del suo status sociale, seguiva nella vita, ma il suo fidanzato morì di malattia. Dopo questo breve corteggiamento, nel 1846, quando Giovannina aveva 33 anni, decise di consacrarsi totalmente a Cristo. Il suo direttore spirituale, il canonico Giovanni Crotti, la incoraggiò a dare un nuovo senso alla sua vita e così, nel 1853, dopo la morte dei suoi genitori e l'eredità di un immenso patrimonio, iniziò il suo percorso di totale dedizione ai malati che soffrono.<br /> Giovannina si spogliò delle sue ricchezze lasciandole a disposizione dei più bisognosi e con altre tre compagne fondò la Pia Unione delle Sorelle Infermiere della Carità e che oggi è la Congregazione del Sorelle infermiere della Dolorosa. Aprì in via Vitani, in uno dei quartieri più poveri di Como, la prima casa di cura per malati e convalescenti, e fornì anche assistenza domiciliare a chi non poteva essere accolto nel sanatorio cittadino. Per concessione di Pio IX avevano il permesso di avere un oratorio privato. Si recarono nei luoghi più disagiati di Como per portare aiuto ai malati nelle loro case, affrontando con coraggio ogni difficoltà. Ripongono la loro fiducia nella protezione della Vergine Addolorata. Nella Pasqua del 1858, Giovannina Franchi, sarebbe stata la prima tra le sue sorelle a indossare l'abito religioso della Pia Unione, secondo il progetto di San Francesco di Sales, per i Salesiani assistevano i malati a casa e le donne nel carcere di San Donnino. La Beata compose per le sue sorelle "Il Metodo di Vita", approvato nel 1862 dal Vescovo di Como. Tutto il suo carisma può essere riassunto in una delle sue espressioni: "La carità verso il prossimo sia nelle Suore un amore universale che abbraccia tutti il Signore e non escludere nessuno” (“Metodo di vita”, n. 1). Un'epidemia di vaiolo nero colpì i comaschi, e in quei momenti le suore furono esempi viventi di amore e di esemplare pietà evangelica. Questa immolazione della sua stessa vita per amore dei malati e dei diseredati portò la fatale conseguenza che Giovannina fu infettata dal vaiolo quando visitò un malato a casa, e per questo morì all'età di 64 anni il 23 febbraio 1872. Nel biglietto che le suore scrissero informando della sua morte si legge: "Oggi, 23 febbraio, cade un seme che è stato il sostegno di tutte noi e di tutti i poveri della città". È stata beatificata il 20 settembre 2014 a Como, durante il pontificato Papa Francesco.

nome San Giovanni Theristi- titolo Monaco- nascita 995 circa, Palermo- morte 1054 circa, Stilo, Calabria- ricorrenza 23 febbraio- Nacque a Palermo da genitori calabresi di nobile famiglia, perché sua madre fu trasferita sull'isola come schiava dai Saraceni, dopo che uccisero suo padre. Giovanni nacque in schiavitù ma crebbe nella fede cristiana. Quando aveva 14 anni fu mandato dalla madre nella nativa Calabria per ricevere il battesimo. Il vescovo locale Giovanni, perplesso da questo giovane vestito da arabo, lo sottopose a dure prove, che riuscì a superare, e lo battezzò dandogli il proprio nome. Voleva imitare San Giovanni Battista e sentiva l'attrazione sempre più forte per la vita eroica che i monaci conducevano nelle grotte vicino a Stilo, soprattutto di due asceti basiliani, Ambrogio e Nicola, che vivevano in una laura sul Monte Consolino. Inserito nella Comunità, si distinse per virtù religiose e contemplative, al punto che dopo qualche tempo i monaci lo vollero come abate. Brillava di umiltà, spirito di abnegazione e amore per la mortificazione e la preghiera. La sua singolare dedizione nell'aiutare i contadini gli valse il nome di "Theristi", cioè di "Mietitore". Secondo la leggenda, trovandosi in mezzo a un gruppo di contadini disperati da una terribile tempesta che si stava avvicinando, e che non avevano avuto il tempo di raccogliere il grano Giovanni si raccolse in intensa preghiera e Dio ascoltò lui e davanti agli occhi attoniti dei contadini, mandò un angelo che in poco tempo compì la miracolosa raccolta dei campi. Morì a Stilo, in Calabria, e grazie alle offerte dei fedeli e alla generosità dei Normanni, la chiesa e il monastero furono ampliati e portarono il suo nome. Stilo lo ha dichiarato suo mecenate e protettore. MARTIROLOGIO ROMANO. A Stilo in Calabria, san Giovanni, che, divenuto monaco secondo le regole dei Padri d’Oriente, meritò di essere chiamato Theristis, Mietitore, perché, mosso da somma carità verso i bisognosi, era solito prestare aiuto ai mietitori.

nome San Villigiso- titolo Arcivescovo di Magonza- nascita 940 circa, Hildesheim, Germania- Consacrato vescovo 975- morte 1011 circa, Magonza, Germania- ricorrenza 23 febbraio- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Magonza- Di umili natali e proveniente dalla città di Hildesheim o dalle immediate vicinanze, nei pressi di Hannover, nel Nord della Germania, Villigiso fu grande statista ed eminente uomo di Chiesa; la sua brillante intelligenza lo contraddistinse già in giovane età, e dopo aver intrapreso gli gruli per il sacerdozio divenne canonico a Hildesheim. Poiché a quel tempo gli imperatori germanici esercitavano un'effettiva influenza sul papato, quando Villigiso fu raccomandato da Wolkold, maestro del coro dell'imperatore Ottone II, e quindi nominato cappellano imperiale e cancelliere, gli si aprì la via per un ruolo importante nella Chiesa universale. Nel 975, quattro anni dopo, Ottone lo nominò arcivescovo di Magonza. Nel 976 l'Italia meridionale subì l'attacco dei musulmani, che già avevano invaso la Sicilia; Ottone, proclamandosi "imperatore dei romani", assunse l'incarico della difesa e nel 983 a Capo Colonne in Calabria, benché vittoriosi, i musulmani dovettero battere in ritirata a causa della morte del loro capo, Abul Kasim. Nello stesso anno, però, moriva a Roma a soli ventotto anni d'età anche Ottone, per una febbre e fu Villigiso a incoronare ad Aquisgrana il figlio, che non aveva ancora quattro anni, con il nome di Ottone III. Il diritto di incoronare gli imperatori, conferitogli da papa Benedetto VII (974-985), lo rese uno dei più importanti personaggi del sacro romano impero ed egli, in effetti, governò insieme all'imperatrice Adelaide. Ottone III, un giovane dalla vita austeramente ascetica e religiosa, coltivò l'amicizia di austeri riformatori tra cui Romualdo (19 giu,) e Adalberto da Praga (23 apr.); insieme all'amico Gerberto di Aurillac, da lui stesso eletto papa (Silvestro II), intraprese un'opera di rinnovamento spirituale dell'impero, additando se stesso come il nuovo Costantino e il papa come il nuovo Silvestro. Poiché l'imperatore risiedeva permanentemente a Roma e il papa era in posizione subordinata, la situazione generò disapprovazione sia nei germani che nei romani. Villigiso tentò di convincere Ottone ad abbandonare l'Italia per concentrare interessi e forze a nord delle Alpi, ma i suoi sforzi sembrarono vanificarsi quando l'imperatore morì nel 1002, all'età di ventidue anni, senza lasciare eredi; si accese una dura lotta per la successione al trono che infine si risolse a favore del duca Enrico di Baviera, che forte dell'appoggio di Villigiso fu da quest'ultimo incoronato come re Enrico II a Paderborn insieme alla consorte Cunegonda (entrambi in seguito riconosciuti santi: 13 lug. e 3 mar.). Villigiso, ormai personalità politica di primo piano, fu servitore fedele del nuovo monarca. Non fu tuttavia il ruolo politico a motivarne la canonizzazione: egli condusse infatti una vita esemplare di preghiera, lavoro, carità e studio. Recitava l'Ufficio fino a mezzogiorno, quindi si occupava di questioni politiche, dedicando però ogni più piccolo momento libero allo studio della Scrittura; invitava quotidianamente alla sua tavola i poveri e fu strumento fondamentale per la diffusione del cristianesimo nello Schleswig-Holstein, in Danimarca e in Svezia. Villigiso fondò e consacrò celebri chiese; ricostruì la cattedrale di Magonza, per vederla bruciare il giorno stesso della consacrazione; fece quindi incominciare subito i lavori di ricostruzione, ma non visse sufficientemente a lungo per vedere l'opera completata. Grande patrono delle arti, aveva come motto "Dall'arte alla conoscenza e al servizio di Dio". Si trovò poi coinvolto, soprattutto a causa dei complotti orditi da una certa suor Sofia, una delle sorelle di Ottone III, in una lunga discussione con S. Bernardo, vescovo di Hildesheim (20 nov.) in merito alla proprietà del convento e della chiesa di Gandersheim, situati al confine tra i territori di Hildesheim e Magonza. Per tutta la durata della disputa S. Bernardo tenne un comportamento impeccabile; quando infine essa si risolse a suo favore, Villigiso cessò immediatamente dalle proprie pretese, consegnando il suo pastorale in segno di fratellanza e di buona fede. Questo atteggiamento colpì a tal punto il biografo di Bernardo da fargli notare che Villigiso morì «ricco di anni e di opere buone». Venerato come santo subito dopo la morte, fu seppellito nella chiesa di S. Stefano di Magonza, dove veniva celebrata una Messa nell'anniversario di morte. Si sostiene che alcuni dei suoi paramenti sacri siano tuttora esistenti, ma il calice che in passato si riteneva fosse suo si è rivelato risalente a un periodo posteriore. MARTIROLOGIO ROMANO. A Magonza nella Franconia in Germania, san Villigiso, vescovo, insigne per lo zelo pastorale.

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