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I santi di oggi 12 maggio:
nome Ascensione di Gesù- titolo Ascesa corporea di Gesù al cielo- ricorrenza 12 maggio e 9 maggio data variabile- Gesù dopo la risurrezione, nei 40 giorni che rimase ancora in terra, confortò gli Apostoli e con diverse prove li convinse di essere veramente risuscitato. Li istruì intorno al regno di Dio, sul modo di governare la Chiesa, d'amministrare i Sacramenti, di salvare le anime. Avvicinandosi il giorno dell'addio: «Bisogna che me ne vada, disse, perchè se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore». Ordinò quindi agli Apostoli che dalla Galilea si recassero a Gerusalemme. Il momento solenne era vicino. Fece con essi il banchetto d'addio, durante il quale apri loro maggiormente le menti, mostrando ad essi come la Sacra Scrittura parla di Cristo, della sua passione, morte e risurrezione. Comandò di predicare il Vangelo, diede loro il potere di rimettere i peccati e li mandò ad annunziare il regno di Dio a tutte le genti. Finita la sua istruzione si incamminò, seguito dagli Apostoli e Discepoli, al monte dell'ascensione. Giunto alla vetta, diede l'addio alla Madre, alle pie donne, a tutti i presenti, e alzando il braccio li benedisse. Mentre li benediceva, per propria virtù si alzò verso la maestà dei cieli davanti a quegli occhi che meravigliati lo guardavano, finchè una nube lo nascose. Quei Giudei stavano ancora inginocchiati a braccia aperte e con gli occhi rivolti al cielo meravigliati e commossi, quando comparve un Angelo giulivo in volto e dall'aspetto maestoso dicendo: «O uomini di Galilea, che state a guardar in cielo? Quello stesso Gesù che fu tolto a voi, ritornerà nella stessa gloria con cui salì». Gli Apostoli a quell'avviso ritornarono a Gerusalemme comprendendo le parole che Gesù aveva detto: «Vado a preparare un luogo per voi. Vi manderò il Consolatore». Oggi la Chiesa celebra una delle sue feste più belle facendo riflettere ai Cristiani quale sia la loro patria. Gesù non salì al cielo solo per ricevere la corona della virtù, ma anche per preparare un posto per noi. Cristiani, il cielo è la nostra patria, non questa misera terra! Alziamo gli occhi, contempliamo come è meraviglioso quel cielo! Lassù Gesù sale per prepararci un posto. Egli ci attende: non badiamo alle difficoltà, ma ricordiamo che non i pigri ma i violenti lo rapiscono, cioè quelli che lottando vincono se stessi. Il cielo s'acquista combattendo le nostre passioni, la nostra carne, la malvagia inclinazione al male. Nei momenti in cui ci sembrerà di esser sopraffatti dal male, quando intorno a noi sarà buio, alziamo gli occhi e le mani al Cielo, chiedendo aiuto a Colui che è la luce che rischiara le tenebre, a Colui che è nostro Re, nostro Salvatore, nostro Avvocato e nostro Mediatore; egli ci libererà. PRATICA. Pensiamo sovente alla nostra vera, eterna patria, il paradiso. PREGHIERA. Deh! concedi, Dio onnipotente, che come crediamo che il tuo Unigenito, nostro Redentore, è asceso al cielo, così anche noi con la mente abitiamo in cielo. MARTIROLOGIO ROMANO. Solennità dell’Ascensione del Signore nostro Gesù Cristo, in cui egli, a quaranta giorni dalla risurrezione, fu elevato in cielo davanti ai suoi discepoli, per sedere alla destra del Padre, finché verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti.
nome Santi Nereo e Achilleo- titolo Martiri- ricorrenza 12 maggio- Santuario principale Catacombe di Domitilla, Roma- Attributi palma del martirio- Sono due martiri gloriosi, molto venerati dal popolo cristiano. Da un frammento dell'epigrafe composta dal Papa S. Damaso e posta sulla tomba dei martiri si sa che i erano pretoriani di Nerone ed eseguivano le uccisioni che il tiranno loro imponeva. Dice l'epigrafe: «Nereo ed Achilleo martiri si erano ascritti alla milizia ed esercitavano l'ufficio crudele di attendere gli ordini del tiranno, pronti ad eseguirli, perché il terrore ve li costringeva. Miracolo della fede! Essi depongono all'istante il furore, si convertono, abbandonano il campo dello scellerato loro duce, gettano via gli scudi e le corazze, i dardi insanguinati e confessano la fede di Cristo, si rallegrano di testimoniare il trionfo... Apprendete quanto possa la gloria di Cristo!». I loro atti ci dicono che furono convertiti da S. Pietro: difatti i pretoriani ebbero più volte relazioni con gli Apostoli. Probabilmente il martire Nereo è quello stesso che S. Paolo nella lettera ai Romani (c. XXI, 15) dice di salutare. Appena convertiti, dal servizio dall'imperatore passarono a quello di Flavia Domitilla, nobile vergine romana, nipote del console Flavio Clemente, anch'egli martire per la fede e parente dell'imperatore Domiziano. E con essa i due dopo le faccende domestiche s'intrattenevano nella preghiera e in discorsi spirituali. Scoperti cristiani, furono mandati in esilio con la nobile loro padrona nell'isola di Ponza, ove continuarono la pratica della penitenza e della preghiera. Si fabbricarono tre cellette in attesa del martirio che presentivano non lontano. Salito al trono Traiano, questi richiamò a Roma molti cristiani esiliati da Domiziano, tra cui S. Domitilla e Nereo ed Achilleo suoi domestici, per costringerli a sacrificare agli dei. Ma la matrona romana e i due servi ricusarono. Perciò furono condannati a morte e subirono il martirio a Terracina, Nereo e Achilleo furono decapitati e Flavia arsa viva. I loro corpi furono trasportati nel cimitero della via Ardeatina a mezzo miglio da Roma nei possedimenti di Flavia Domitilla. PRATICA. Dice S. Gregorio Magno in un panegirico: «Questi santi... hanno disprezzato il mondo perchè aspiravano a beni migliori ed eterni». Imitiamoli se vogliamo giungere alla felicità eterna. PREGHIERA. La confessione dei tuoi santi martiri Nereo, Achilleo deh! Signore, ti riesca gradita e ci renda degni del tuo servizio. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi Néreo e Achílleo, martiri, che, come riferisce il papa san Damaso, si erano arruolati come soldati e, spinti da timore, erano pronti ad obbedire agli empi comandi del magistrato, ma, convertitisi al vero Dio, gettati via scudi, armature e lance, lasciarono l’accampamento e, confessando la fede in Cristo, godettero del suo trionfo. In questo giorno a Roma i loro corpi furono deposti nel cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina.
nome San Pancrazio- titolo Martire- nascita Sinnada, Frigia, Asia Minore- morte 12 maggio 304, Roma- ricorrenza 12 maggio- Santuario principale<br /> Basilica di San Pancrazio a Roma- Attributi Rappresentato come un giovane o nelle vesti di soldato e il suo emblema è la palma del martirio- Patrono di San Pancrazio Salentino, Montichiari e numerose altre località, bambini, invocato contro i crampi, mal di testa e le false testimonianze- La memoria di questo Santo è segnata oggi sul Calendario universale della Chiesa, anche se a titolo facoltativo, accanto a quella dei Santi Nereo e Achilleo, Martiri. San Pancrazio è il più celebre tra i due soli Martiri che ripetono questo nome: un nome abbastanza diffuso, nonostante l'insolito significato. Il «pancrazio», infatti, presso i Greci e poi presso i Romani, era un violento esercizio sportivo, che riuniva in sé le caratteristiche del pugilato e della lotta. Il nome, significava « combattimento completo », e lo stesso significato conserva il nome proprio di Pancrazio. San Pancrazio, come abbiamo detto, fu Martire, e quindi, in senso metaforico, fece onore al proprio nome di combattente per la fede. Ma fu un lottatore in erba, di immatura forza fisica, anche se di fermissima energia morale. Secondo la tradizione, infatti, aveva soltanto 14 anni quando ebbe la testa recisa, a Roma, sotto Diocleziano, nell'anno 304. Nato in Frigia, e restato orfano in tenera età, il ragazzo era stato affidato alle cure di uno zio, di nome Dionisio, il quale lo condusse a Roma. Qui, zio e nipote vennero battezzati, proprio negli anni in cui infieriva l'ultima persecuzione imperiale. Lo zio morì di lì a poco di morte naturale, ma Pancrazio subì il martirio con una fermezza e una maturità da stupire anche i vecchi. La sua Passione riporta alcune delle risposte che il giovane Martire avrebbe dato allo stesso Imperatore il quale, commosso dalla tenera età dell'accusato, cercò invano di farlo abiurare. Quelle risposte confermarono la maturità spirituale del giovane Pancrazio, e resero inevitabile la sua condanna a morte, quale cristiano confesso e impenitente. La sentenza venne eseguita sulla via Aurelia, e lungo quella stessa strada il corpo del Martire venne piamente sepolto da una matrona cristiana, Ottavilla. Nel Medioevo, il culto del giovane lottatore cristiano fu popolarissimo, e il suo nome si diffuse in tutti i paesi, spesso sotto la forma di Brancas o, in Italia, di Brancaccio. Le reliquie di San Pancrazio acquistarono una curiosa fama. Si disse che avessero il potere di smascherare gli imbrogli e le false dichiarazioni. Per dimostrare se una testimonianza era falsa o vera, sarebbe stato così sufficiente portare il teste davanti a un altare contenente le reliquie del Santo. Se non diceva il vero, sarebbe caduto fulminato all'istante! Per questo le reliquie di San Pancrazio si moltiplicarono a dismisura. L'intero corpo avrebbe dovuto essere in almeno venti chiese; la testa, in almeno dieci città. Le ossa singole, poi, non si contavano e naturalmente soltanto una piccola parte di queste reliquie potevano essere autentiche. Forse per questo, nel Medioevo, la giustizia commetteva tanti errori! MARTIROLOGIO ROMANO. San Pancrazio, martire, che, si dice sia morto ancora adolescente per la fede in Cristo a Roma al secondo miglio della via Aurelia; presso il suo sepolcro il papa san Simmaco innalzò una celebre basilica e il papa Gregorio Magno vi convocò frequentemente il popolo, perché da quel luogo ricevesse testimonianza del vero amore cristiano. In questo giorno si celebra la sua deposizione.
nome San Leopoldo Mandic- titolo Sacerdote cappuccino- nascita 12 maggio 1866, Castelnovo di Cattaro, Montenegro- morte 30 luglio 1942, Padova- ricorrenza 30 luglio e 12 maggio- Beatificazione Roma, 2 maggio 1976 da papa Paolo VI- Canonizzazione Roma, 16 ottobre 1983 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Santuario di San Leopoldo Mandic (Padova)- Patrono di Malati oncologici- Nacque il 12 maggio 1866 in Dalmazia, a sedici anni entrò tra i Cappuccini di Venezia e collaborò alla riunificazione con la Chiesa ortodossa. Questo suo desiderio però non si realizzò, perché gli furono affidati altri incarichi. Dal 1906 a Padova si dedicò al ministero della Confessione. Le sue erano confessioni semplici: poche parole, anche a causa del suo parlare non fluido; l'esortazione ad avere fede; un fermo e chiaro richiamo quando proprio occorreva, e l'assoluzione... Morì il 30 luglio 1942 e la sua tomba, aperta dopo ventiquattro anni, rivelò il corpo completamente intatto. San Leopoldo era un disabile. Alto un metro e quaranta, artrite alle mani, difficoltà nel parlare, occhi arrossati: davvero un poveretto da compatire e martire della confessione. San Giovanni Paolo II lo ha canonizzato nel 1983. Con decreto 6 gennaio 2020 della Congregazione per il Culto Dito e la Disciplina dei Sacramenti, San Leopoldo Mandic è stato dichiarato patrono dei malati di tumore. Normalmente un santo si ricorda nel giorno della morte, ma nel caso di san Leopoldo è stato chiesto, dopo la canonizzazione, la festa nel giorno non della morte ma della nascita, il 12 maggio. Al suo santuario, a Padova, numerosi sono i pellegrini e tra essi tante persone con difficoltà della comunicazione. Ivi si radunano periodicamente i soci del Movimento Apostolico Sordi, per la preghiera del santo rosario. MARTIROLOGIO ROMANO. A Padova, san Leopoldo (Bogdano) da Castronuovo Mandic, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che arse di zelo per l’unità dei cristiani e dedicò tutta la vita al ministero della riconciliazione.
nome San Germano- titolo Patriarca di Costantinopoli- nascita 635 circa, Costantinopoli- Elezione 11 agosto 715<br /> Fine patriarcato 730- morte 12 maggio 733, Costantinopoli- ricorrenza 12 maggio- S. Germano nacque a Costantinopoli verso il 635 dal patrizio Ciustiniano ufficiale alla corte di Eraclio e Costante II. Avendo perduto il padre, entrò nel clero e ne fu uno dei principali ornamenti. Fu vescovo dl Cizico al principio del secolo VIII. Nel 715 per la sua pietà e per il suo sapere, fu eletto patriarca di Costantinopoli ove non solo attese a reprimere il vizio, ma difese con generoso coraggio la fede contro gli errori dei Monoteliti. La sua principale gloria è legata all'energica difesa del culto delle immagini contro gli iconoclasti. Il popolo di Oriente, che già aveva preso parte alle più rilevanti questioni teologiche, veniva ora scosso fortemente dalla lotta intorno all'uso e al culto delle immagini di Cristo e dei Santi. Gli Ebrei, ancora numerosi a Costantinopoli, odiavano le immagini: alcuni califfi vi avevano scatenato contro la persecuzione. Tutto questo finì col suscitare un partito iconoclasta, a cui aderirono purtroppo anche alcuni vescovi. L'imperatore Leone II, PIsaurico, più zelante di tutti, si propose di fare distruggere tutte le immagini persuadendo il popolo; visto che si andava a rilento diede mano ai decreti: ma il patriarca Germano vi si oppose gagliardamente, dichiarandosi pronto a dar la vita per esse. L'imperatore tutto mise in opera per guadagnarlo: promesse e minacce furono vane. Germano in questa lotta venne sostenuto dal Papa Gregorio III e da S. Giovanni Damaseeno. Alla fine gli eretici ebbero un'apparente vittoria, poiché costrinsero Germano a lasciare la sua sede ed a ritirarsi a Platanio, presso i propri parenti: ciò avveniva nel 730. Dal suo ritiro il Santo gemeva e pregava per i mali che affliggevano la Chiesa e ripeteva spesso con S. Giovanni Crisostomo: «Quando avessi da morire mille volte al giorno, e soffrire anche per qualche istante le pene dell'inferno, tutto questo io stimerei un nulla, purchè vegga Gesù Cristo nella sua gloria». Pieno di meriti morì in pace il 12 maggio 733 alla età di 98 anni. S. Germano è ricordato in modo speciale per i discorsi tenuti in onore di Maria SS.ma. In essi sviluppa di preferenza due idee: l'incomparabile purità di Maria, Madre di Dio, e la sua universale mediazione nella distribuzione dei beni soprannaturali. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Germano, vescovo, insigne per dottrina e virtù, che con il coraggio della fede rimproverò l’imperatore Leone l’Isaurico per aver promulgato l’editto contro le sacre immagini.
nome Beata Imelda Lambertini- titolo Vergine- nome di battesimo Maria Maddalena Lambertini- nascita 1320 circa, Bologna- morte 12 maggio 1333, Bologna- ricorrenza 12 maggio- Beatificazione 1824 da papa Leone XII- Patrona di prima comunione- Il culto di Imelda, santa bambina, fu confermato dalla Santa Sede nel 1826, quasi cinquecento anni dopo la sua morte. Imelda era nata a Bologna dal conte Egano e da Castora Galluzzi, e come altri bambini si dilettava ad adornare un angolo tranquillo della casa con fiori e pitture sacre. All'età di nove anni entrò nel monastero domenicano di Valdipietra, dove mostrò una grande devozione all'eucarestia e il vivo desiderio di ricevere la santa comunione, che in quei tempi era negata ai bambini. Nel giorno della solennità dell'Ascensione accadde che, alla presenza delle consorelle, ciò che sembrava essere una sacra particola rimase sospesa in aria sul capo di Imelda inginocchiata in preghiera davanti al tabernacolo. Il cappellano raccolse la particola con una patena e le diede la comunione. Questa doveva essere la sua prima e ultima comunione poiché spirò immediatamente. Durante i primi anni del XX secolo, quando papa S. Pio X (21 ago.) incoraggiò sapientemente la comunione frequente e la sua amministrazione in età precoce, il culto per Imelda ricevette un nuovo impulso come patrona dei bambini che si accostano alla prima comunione. Fin dal 1582 le sue reliquie sono collocate nella chiesa di S. Sigismondo a Bologna. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, beata Imelda Lambertini, vergine, che, accolta fin da piccola come monaca nell’Ordine dei Predicatori, ancor giovinetta, dopo aver ricevuto l’Eucaristia con straordinaria devozione, d’un tratto emise il suo spirito.
nome San Domenico della Calzada- titolo Eremita- nome di battesimo Domingo Garcìa- nascita XI secolo, Villoría, Spagna- morte 12 maggio 1109, Santo Domingo de la Calzada, Spagna- ricorrenza 12 maggio- Domenico, nativo di Villoría nei paesi baschi, tentò più volte ma senza successo di diventare monaco benedettino, venendo ripetutamente respinto per l'ignoranza, le sue deformità e l'aspetto goffo. Andò allora a vivere in un eremo che si era costruito con le proprie mani, nutrendosi di ciò che produceva l'orto annesso all'eremo che egli stesso coltivava. Si dice che abbia accompagnato S, Gregorio di Ostia (cardinale benedettino e legato pontificio nel nord della Spagna, tuttora venerato in Navarra e in La Rioja il 9 mag.), ma la cronologia dei due santi rende questo viaggio quasi impossibile. Dopo la morte di Gregorio (1044?) Domenico, alla ricerca della propria vocazione, si trasferì nella foresta di Bureba, sulla strada del santuario di S. Giacomo (25 lug.) di Compostella. In quel luogo costruì una piccola casa e un oratorio di legno, tagliò alberi .e rese sicura la strada. Presto si unirono a lui compagni che lo aiutarono a costruire un ponte sul fiume Oja e un ostello per pellegrini. Alla morte fu sepolto nel sepolcro che lui stesso si era preparato; nelle vicinanze si andò presto sviluppando un centro abitato per la risonanza dei miracoli che erano avvenuti. La città divenne grande a sufficienza per essere sede vescovile, ed è tuttora conosciuta con il nome di S. Domenico della Calzada. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella Castiglia in Spagna, in una località poi insignita del suo nome, san Domenico, detto della Calzada, sacerdote, che costruì ponti e strade ad uso dei pellegrini di Santiago di Compostela e provvide con amore alle loro necessità nelle celle e nella foresteria che in questo luogo aveva fatto costruire.
nome Beata Giovanna di Portogallo- titolo Domenicana- nascita 6 febbraio 1452, Lisbona, Portogallo- morte 12 maggio 1490, Aveiro, Portogallo- ricorrenza 12 maggio- Beatificazione 31 dicembre 1692 da papa Innocenzo XII- Patrona di Aveiro- La vita della principessa Giovanna è un mirabile esempio delle difficoltà e dei risultati che incontra chi cerca coerentemente di seguire la chiamata religiosa. Nacque a Lisbona, figlia di re Alfonso V del Portogallo. Con una madre morta in giovane età e un fratello di salute cagionevole, pareva che ella sarebbe diventata infine regina. Benché su di lei venissero esercitate forti pressioni perché si preparasse al matrimonio, praticò una vita austera dall'età di sedici anni: digiuni, taglio della chioma, lunghe veglie notturne in preghiera. Il padre non le permise di farsi suora ma acconsentì che conducesse una vita appartata nel palazzo. Nel 1471 re Alfonso e il principe Giovanni mossero guerra agli arabi in Nord Africa, lasciando Giovanna reggente; al loro ritorno, dopo la vittoriosa campagna militare, ella chiese di nuovo il permesso di ritirarsi in convento. Rinunciò ai suoi beni personali ed entrò nel convento delle bernardine a Odivellas, primo passo per raggiungere la sua meta, la casa delle domenicane di Aveiro (Beira Litoral, tra Coímbra e Oporto), città più importante di Odivellas. Poté entrare in quel monastero nel 1472, ma la sua famiglia non le permise di prendere i voti e di rinunciare alle proprietà. Per qualche tempo non ricevette neppure l'abito ma visse in semplicità come religiosa in mezzo alle altre. Devolse la maggior parte delle sue rendite al riscatto dei cristiani schiavi di musulmani. La sua famiglia continuava a insistere perché si sposasse, suggerendo i nomi di Massimiliano di Francia o Riccardo III d'Inghilterra come possibili pretendenti; i parenti erano inoltre preoccupati per la sua salute e durante un'epidemia di peste sollecitarono che lasciasse Aveiro. La sua costanza fu infine premiata: nel 1485 pronunziò i voti solenni, essendo stata frattanto assicurata la successione al trono del Portogallo. Come aveva tanto a lungo desiderato poté trascorrere gli ultimi anni della sua vita come suora domenicana. Morì per una febbre contratta bevendo acqua avvelenata offertale, al ritorno da una visita a corte, da una donna che aveva espulsa da Aveiro. Il culto di Giovanna fu confermato nel 1693. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Aveiro in Portogallo, beata Giovanna, vergine, che, figlia del re Alfonso V, rifiutate più volte le nozze, preferì servire nell’Ordine dei Predicatori, divenendo rifugio per i poveri, gli orfani e le vedove.
nome Santa Rictrude- titolo Sposa, badessa- nascita 612 circa, Guascogna- morte 678 circa- ricorrenza 12 maggio- Rictrude, nata in Guascogna da una famiglia ricca ma devota, in giovane età fu diretta spiritualmente da S. Amando (6 feb.), esiliato in quella regione da re Dagoberto, del quale, come il già menzionato Modoaldo, aveva condannato la condotta licenziosa. S. Amando, in quel periodo, viveva nella casa della famiglia di Rictrude; da questo lugo egli, che era un franco, intraprese l'evangelizzazione della Guascogna. Un altro nobile franco, Adabaldo, giunse in seguito in quella casa e si guadagnò il favore del re Clodoveo II. Nonostante l'opposizione dei nobili guasconi Adabaldo chiese la mano e sposò Rictrude. Insieme andarono a vivere a Ostrevant (Fiandre) ed ebbero quattro figli. Amando era solito far loro visita: essi conducevano una vita devota e lieta, come la descrive, con amabilità, il suo biografo. Tuttavia questa esistenza serena non era destinata a durare: Adabaldo fu ucciso dai guasconi, presumibilmente a motivo della loro perdurante ostilità riguardo al matrimonio con Rictrude, benché fossero trascorsi ormai sedici anni. A causa della morte del marito ella espresse il desiderio di farsi monaca ma Amando le consigliò di attendere, almeno finché suo figlio Mauronto (5 mag.) fosse diventato abbastanza adulto per essere introdotto a corte. Ma Clodoveo II aveva altri progetti su di lei desiderando che andasse sposa a uno dei suoi protetti. Amando però riuscì a persuadere il re a lasciarla libera, ed ella poté felicemente recarsi a Marchiennes, dove aveva fondato un monastero maschile e uno femminile. Fu badessa del monastero per molti anni, e le sue due figlie maggiori, Adalsinda e Clotsinda, si unirono a lei; la stessa cosa fece più tardi anche il figlio Mauronto. Adalsinda morì giovane, Clotsinda invece succedette alla madre come badessa, quando costei morì all'età di sessantasei anni. L'ultima figlia Eusebia visse con la nonna; marito, moglie e i quattro figli furono venerati come santi. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Marchiennes vicino a Cambrai in Austrasia, nel territorio dell’odierna Francia, santa Rictrude, badessa, che, dopo la morte violenta di suo marito Adalbaldo, su consiglio di sant’Amando prese il sacro velo e con grande rettitudine governò le vergini consacrate.
nome Sant'Epifanio di Costanza di Cipro- titolo Vescovo- nascita 310 circa, Elcuteropoli, Palestina- morte 403, Mar Mediterraneo- ricorrenza 12 maggio- Attributi omoforio, rotolo di pergamena- Nato a Elcuteropoli in Palestina, nei suoi scritti Epifanio ci informa ampiamente sui movimenti non ortodossi dei primi quattro secoli di vita della Chiesa. Era un intransigente sostenitore dell'ortodossia, che però non brillava nella comprensione delle opinioni altrui: gli studiosi moderni giudicano i suoi scritti mal compendiati, scarsi di giudizi fondati e ricchi di posizioni rigide. In giovane età lasciò la Palestina per l'Egitto per amore dello studio ma anche per stare con gli eremiti, partigiani devoti di Atanasio (2 mag.) e della formula nicena "consustanziale". Durante la sua visita ai monasteri egiziani si imbatté anche in monaci seguaci dello gnosticismo e monache che conducevano una vita dissoluta. Epifanio denunciò la cosa e tutti costoro, uomini e donne, furono espulsi. Tornò poi in Palestina e fondò un monastero che diresse per trent'anni. Durante questo periodo fece visita a Eusebio di Vercelli (2 ago.) e Paolino di Antiochia, entrambi campioni dell'ortodossia. Nel 367 fu nominato vescovo di Salamina a Cipro; l'antico nome della sede era Costanza, situata a dieci chilometri a nord di Famagosta. Epifanio si dedicò alle necessità della diocesi e alla confutazione degli errori, occupandosi di problemi quali la data della Pasqua, lo scisma di Antiochia, la polemica contro le immagini sacre e soprattutto le deviazioni dell'origenismo. Univa una vasta erudizione (conosceva quattro lingue orientali e il latino) con un ingegno limitato e uno zelo eccessivo. Ampiamente riconosciuto come campione dell'ortodossia, verso la fine della vita fu coinvolto a fondo nella controversia con Giovanni, vescovo di Gerusalemme, e anche con S. Giovanni Crisostomo (13 set.), che incontrò nel 403. Abbandonò il sinodo "della quercia" (svoltosi nel 403 in un sobborgo di Costantinopoli conosciuto come "la Quercia", dove l'imperatore tentò di rimuovere Crisostomo dalla sede costantinopolitana) per far ritorno a Salamina, ma morì mentre era in viaggio per mare. Le sue opere principli sono il Panarion o «libro dei rimedi contro le eresie», e l' Ancoratus o «l'ancora buona della fede»; altre opere includono trattati sulle gemme, sui pesi e sulle misure. Un affresco nubiano dell'VIII secolo che lo ritrae si trova nel museo nazionale di Varsavia, in Polonia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Salamina sull’isola di Cipro, sant’Epifanio, vescovo, che, insigne per l’ampiezza di erudizione e la conoscenza della letteratura sacra, rifulse anche per la santità di vita, lo zelo per la fede cattolica, la generosità verso i poveri e il dono dei miracoli.
nome San Modoaldo- titolo Vescovo- nascita VI secolo, Auxerre, Francia- morte 640 circa, Treviri- ricorrenza 12 maggio- Modoaldo (Modovaldo o Romoaldo) nacque in Aquitania da una famiglia aristocratica. Trascorse la maggior parte della sua vita accanto ai re merovingi, le cui mancanze — come le descrive Gregorio di Tours (17 nov.) — a1 tempo stesso agevolarono e ostacolarono la carriera di Modoaldo. Era assegnato alla corte di re Dagoberto I, che lo nominò vescovo di Treviri in giovane età: ciò non gli impedì di rimproverare Dagoberto per l'immoralità sua e della corte. Non subito, ma alla fine della vita, Dagoberto si pentì e tentò di emendarsi. Prese Modoaldo come consigliere spirituale e gli donò generosamente terreni e denaro per la fondazione di monasteri. Conosciamo pochi particolari della vita di Modoaldo: sappiamo che prese parte al concilio di Reims nel 625. Ordinò prete il futuro martire S. Germano di Miinster-Granfel-den (21 feb.) che era stato suo discepolo, e fu in amicizia con S. Desiderio di Cahors (15 nov.). L'episcopato di Modoaldo durò probabilmente vent'anni. MARTIROLOGIO ROMANO. A Treviri nella Renania in Austrasia, nel territorio dell’odierna Germania, san Modoaldo, vescovo, che costruì e ornò chiese e monasteri, istituì molte comunità di vergini e fu sepolto accanto alla sorella Severa.