@Vitupero

30/09/2024 alle 23:51

I santi di oggi 30 settembre:

I santi di oggi 30 settembre:

nome San Girolamo- titolo Sacerdote e dottore della Chiesa- nascita 347, Stridone, Dalmazia- morte 30 settembre 420, Betlemme- ricorrenza 30 settembre- Attributi Clessidra, crocifisso, galero cardinalizio, leone, libro, teschio- Patrono di Cadecoppi (MO), Pantana (RI), Castel Cellesi (VT), Cittanova (RC), Nervesa della Battaglia (TV),Ortezzano (FM), Torre de' Roveri (BG), Ca' degli Oppi (VR); Rota (RM); archeologi, bibliotecari, dotti, librai, pellegrini, traduttori e studiosi in genere- È il Santo che pose tutta la sua vasta erudizione a servizio della Sacra Scrittura. Nacque nel 347 a Stridone in' Dalmazia, da famiglia patrizia e cristiana. Giovane di natura irrequieta, venne a Roma per approfondirsi negli studi, per i quali sentiva innata attrattiva. Quantunque cattolico praticante, si lasciò sedurre dallo studio dei classici pagani, pei quali nutriva grande venerazione. Amante della cultura fu nelle Gallie, a Costantinopoli, ad Antiochià, ecc., apprendendo il greco, il latino, l'ebraico, il siriaco e il caldaico. Papa Damaso gli chiese di tradurre in latino il Vecchio Testamento, e rivedere il Nuovo. Girolamo accettò l'arduo compito, e per soddisfarvi meglio stimò opportuno fissare la dimora nella Giudea. Si stabili a Betlemme in una grotta presso quella dove nacque il Salvatore, e quivi consacrò tutta la vita e la sua vasta erudizione alla traduzione e commento delle Sacre Scritture. Tentato a desistere dall'impresa e ad abbandonare la solitudine, riuscì a vincersi mediante prolungati digiuni, assidua preghiera e pene corporali, tanto che poteva scrivere più tardi: « Serbi per sè Roma i suoi tumulti, scorra il sangue nelle sue arene, risuoni il circo delle grida insensate,' siano riboccati di lussuria i suoi teatri... Qui noi pensiamo solamente quanto sia salutare rimanere uniti con Dio e mettere in Lui tutta la nostra speranza, affinchè un giorno possiamo scambiare la nostra povertà col regno dei cieli... ». Il rigore morale di Girolamo, lo rendeva decisamente favorevole all'introduzione del celibato ecclesiastico e all'eradicazione del fenomeno delle cosiddette agapete, vergini cristiane che consacravano la propria vita a Dio con un voto di castità e conducevano vita in comune, non era ben visto da buona parte del clero, fortemente schierato su posizioni giovinianiste. In una lettera ad Eustochio, Girolamo si esprime contro le agapete nei seguenti termini: «Oh vergogna, oh infamia! Cosa orrida, ma vera! Donde viene alla Chiesa questa peste delle agapete? Donde queste mogli senza marito? E donde in fine questa nuova specie di prostituzione?» Superate difficoltà d'ogni genere e sopportate con pazienza le critiche, dopo un lungo ed estenuante lavoro, terminava finalmente l'opera monumentale della traduzione della Sacra Scrittura. I dotti del tempo la stimarono un prodigio, ed ancor oggi la traduzione di S. Girolamo è ufficiale nella Chiesa. Combattè vigorosamente tutti quelli che snaturavano il dogma o spargevano scissioni nel gregge di Cristo: le sue lettere immortali ne sono prova. Benchè infermo e ridotto a pelle e ossa, non risparmiò mortificazione alcuna al suo corpo, ripetendo che intendeva consumare il sacrificio della sua vita sulla vetta del Golgota. Si spegneva nel Signore il 30 settembre 420, dopo una lunga vita di lotta, di lavoro e di preghiere. La Chiesa riconobbe in lui uno dei più fermi e sicuri testimoni della verità, e ornò la sua fronte coll'aureola dei Dottori.

PRATICA. Procuratevi una copia del S. Vangelo e leggetelo. PREGHIERA. O Dio, che ti sei degnato provvedere la tua Chiesa del beato Girolamo confessore, Dottore Sommo nell'esporre le Sacre Scritture, fa', ti preghiamo, che per sua intercessione e col tuo aiuto possiamo praticare quello che egli insegnò colla parola e coll'esempio. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell'odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un'età avanzata, riposò in pace.

nome Santa Sofia- titolo Martire- nascita III Secolo, Italia- morte 304 dopo Cristo, Roma- ricorrenza 30 settembre- Attributi Palma del martirio, libro, abbeveratoio, spada- Patrona di intelletto, malattie contagiose, tumori, Albanella, Pisciotta, Tertenia, già di Gioia del Colle, Piano Vetrale di Orria, Poderia- Santa Sofia, martire romana del II secolo, visse al tempo dell’imperatore Adriano sotto al quale, insieme alle sue tre figlie, fu fatta martire. Contrasse matrimonio con un giovane e ricco senatore, di nome Filandro, e dalla loro unione nacquero tre figlie: Fede, Speranza e Carità. Dopo la morte del marito Sofia decise di lasciare Milano e dopo aver distribuito tutte le sue ricchezze ai poveri partì per Roma. A Roma si recò spesso presso le prigioni dove erano rinchiusi molti fedeli cristiani e si mise al servizio di questi confessori. Il suo atteggiamento non passò inosservato agli occhi dell’imperatore Adriano il quale chiamò dinanzi al suo tribunale sia Sofia che le sue tre figlie. Le quattro donne professarono ciascuna la loro immensa fede in Cristo Salvatore, non rinnegarono la fede che avevano ricevuto grazie al Battesimo e si dichiararono disposte a sopportare qualunque tortura. Non temettero nulla e nonostante le incalzanti minacce da parte del giudice continuarono a confessare la loro fede. Questo loro atteggiamento gli costò il martirio. Sofia, dopo essere stata privata dei suoi abiti, fu ricoperta con il marchio dell’infamia e successivamente fustigata. Dopo aver torturato la madre le figlie furono interrogate separatamente e il giudice agì nella speranza di far perdere loro la fede in Cristo Salvatore. Prima venne interrogata Fede, di 12 anni, che non rinnegò la fede ricevuta nel Battesimo. Fede venne denudata, fustigata, privata di un seno e per ultimo decapitata. Toccò poi alla piccola Speranza, di 10 anni. Anche Speranza, così come la madre e la sorella maggiore, non rinnegò la sua immensa fede in Cristo Salvatore e per questo venne gettata in una fornace e successivamente decapitata. Infine toccò a Carità, di soli 9 anni: la sua sorte fu identica a quella delle sue sorelle. La madre Sofia, ritrovatasi costretta ad assistere alle sofferenze di tutte le figlie, ne recuperò i corpi seppellendoli fuori dalle mura della città. La mamma morì solo 3 giorni dopo di crepacuore, dopo aver pianto disperatamente sulle tombe delle sue figlie. PRATICA Siamo ogni giorno capaci di professare la nostra fede, agendo per Cristo Salvatore. PREGHIERA O Dio fa che come Sofia e le sue figlie possiamo essere ogni giorno capaci di professare in te la fede, nonostante le avversità. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma santa Sofia Vedova, madre delle sante Vergini e Martiri Fede, Sperànza e Carità.

nome Santa Rachele- titolo Seconda moglie di Giacobbe- nascita Paddan, Mesopotamia- morte Efrata, Israele- ricorrenza 30 settembre- Patrona di madri che hanno perso un figlio- Nacque Rachele in Mesopotamia figlia minore di Labano e seconda moglie di Giacobbe che incontrò per la prima volta vicino ad un pozzo nella terra di Carran e tra i due vi fu un'immediata attrazione. Giacobbe, infatti, sin dal primo momento colpito da Rachele, la aiutò ad abbeverare il bestiame. Giacobbe, che si era recato in Mesopotamia per prendere come sua sposa una donna appartenente alla sua famiglia, si innamorò di Rachele e per poterla avere decise di prestare sette lunghi anni di lavoro al padre Labano. Venne però indotto con l'inganno a contratte matrimonio con Lia, la sorella maggiore di Rachele, con la quale ebbe quattro figli e si ritrovò costretto a lavorare per ulteriori sette anni prima di sposarsi con la donna amata. A differenza della sorella minore, però, Rachele era sterile. Un giorno disse al marito Giacobbe: “Dammi dei figli se no muoio”. Di fronte all'impossibilità di poter avere con lei dei figli Giacobbe reagì con tono molto duro e le rispose che la vita è un dono divino. Dinanzi a tale situazione Dio si ricordò di Rachele e decise di renderla feconda. La donna rimase incinta una prima volta e diede alla luce Giuseppe che fu poi venduto come schiavo in Egitto, ed una seconda volta mettendo al mondo Beniamino. Rachele, però, morì dopo pochi minuti dalla nascita del suo secondogenito a causa del travaglio molto complicato. Santa Rachele, è ad oggi venerata come patrona delle mamme che hanno perso un figlio. PRATICA Apprezziamo quotidianamente il dono della vita PREGHIERA O Dio fa quotidianamente possiamo ringraziarti per la vita che ci hai donato

nome San Francesco Borgia- titolo Sacerdote- nome di battesimo Francisco de Borja y Aragón- nascita 20 ottobre 1510, Gandia, Spagna- morte 30 ottobre 1572, Roma- ricorrenza 30 settembre, 10 ottobre messa tridentina- Beatificazione 23 novembre 1624 da papa Urbano VIII- Canonizzazione 20 giugno 1670 da papa Clemente X- Patrono di compatrono di Napoli; dal 1756- protettore contro i terremoti in Portogallo- Francesco Borgia, duca di Gandia, terzo generale della Compagnia di Gesù, era figlio primogenito di Giovanni Borgia e di Giovanna d'Aragona, principi di Spagna. Nacque nell'anno 1510, il 20 ottobre. Il Signore gli diede una natura dolce e affabile, inclinata alla pietà, nella quale andò sempre più crescendo per la buona educazione che ricevette dai suoi genitori. All'età di 18 anni fu mandato alla corte di Carlo V, presso il quale, come pure presso l'imperatrice Isabella, incontrò tanto favore, che gli diedero in moglie una delle più nobili donne di corte, Eleonora di Castro, e gli conferirono la carica di primo cavallerizzo dell'imperatrice. A corte Francesco serbò sempre il suo cuore buono e religioso. Leggeva libri devoti, e soprattutto il S. Vangelo, che portava sempre con sè. Aveva le sue ore per l'orazione, ed i tempi destinati alla frequenza deí Sacramenti ed agli esercizi di pietà. Con questi mezzi si preservò dai vizi del gioco, dal lusso e dalla dissolutezza, tanto facili nelle grandi corti. La morte improvvisa di Isabella spezzò in quel nobile cuore i fili che lo tenevano ancor legato al mondo. Ebbe l'incarico di accompagnarne la salma a Granata, dove, aperta la cassa per fare la ricognizione del cadavere, ebbe modo di vedere quel volto sfigurato, quella bellezza divenuta preda della morte, che faceva orrore a chiunque la rimirava; a quella vista concepì un totale aborrimento delle cose umane. Per circostanze di famiglia, non potendo abbandonare subito il mondo, dovette accettare di essere duca di Gandia e vicerè di Catalogna. Non contava ancora trentasei anni, quando la morte gli rapì la consorte Eleonora. A tale perdita non esitò più: era libero dal vincolo che lo teneva legato al mondo e potè quindi darsi tutto al suo Dio. Non potendo subito entrare nella Compagnia di Gesù come desiderava, S. Ignazio gli ottenne dal Pontefice la facoltà di fare privatamente i voti religiosi, e di rimanere ancora quattro anni nell'amministrazione della famiglia e dei suoi stati. In questo tempo, si comportò come, un vero religioso. Regolate le faccende di casa, abbracciò la nuova vita con volontà indomita. Nella Compagnia di Gesù salì di grado in grado fino al generalato: contribuì alla fondazione del Collegio Romano, favorì le missioni, e datosi alla predicazione, tutta la Spagna udì la sua voce innumerevoli e memorabili le conversioni ottenute. Ricusò per tre volte la porpora, dicendo che doveva coprirsi del sacco dei peccatori e non ornarsi di porpora. Era già in età avanzata quando Pio V lo inviò come suo delegato con la missione di radunare la crociata dei principi cristiani contro i Turchi. Al ritorno in Roma sentì approssimarsi l'ora della morte; ricevette con straordinaria devozione i Ss. Sacramenti e si riposò nel Signore all'età di 62 anni. PRATICA. Leggiamo ogni giorno una pagina di Vangelo.bPREGHIERA. O Signore Gesù Cristo, modello e ricompensa dei veri umili, noi ti preghiamo perchè, come hai santificato il beato Francesco, così anche noi possiamo imitarne le virtù per essergli poi compagni nella gloria.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Francesco Borgia, sacerdote, che, morta la moglie, dalla quale aveva avuto otto figli, entrò nella Compagnia di Gesù e, lasciati gli onori terreni e rifiutati quelli ecclesiastici, eletto preposito generale, restò celebre per austerità di vita e spirito di preghiera.

nome Sant'Antonino di Piacenza- titolo Militare Martire- nascita 270 circa, Egitto- morte 303, Piacenza- ricorrenza 30 settembre- Santuario principale Basilica di Sant'Antonino- Patrono di Piacenza, Sant'Antonino, Travo e Triuggio- Secondo la tradizione Sant'Antonino da Piacenza sarebbe nato in Egitto tra il 270 e il 275 d.C. da una famiglia cristiana. Arruolato nella legione tebea, milizia scelta creata da Diocleziano, durante una campagna mentre si trovava in Svizzera fu costretto a fuggire con alcuni compagni allorquando il tetrarca Massimiano diede l'ordine della persecuzione contro i cristiani. Giunto in Italia attraversò la Lombardia e si stabilì a Piacenza, presso la locale comunità cristiana, tra il 302 e il 303. Ma la pace durò poco, infatti anche l'imperatore Diocleziano diede il via ad una nuova ondata di persecuzioni, durante la quale Sant'Antonino fu catturato e decapitato. Sempre secondo la tradizione il suo corpo, invece di essere abbandonato come accadeva a tutti i perseguitati, venne raccolto da alcuni uomini devoti e trasportato a Piacenza, seppellito poi appena al di fuori delle mura. Su questa tomba in seguito è sorta la chiesa di Santa Maria in Cortina, ma successivamente le sue spoglie furono spostate nella chiesa di San Vittore dopo che a Savino, vescovo di Piacenza, apparve in sogno l'indicazione del luogo esatto della tomba in cui si trovavano i resti di Sant'Antonino. Sono raccontati anche tre miracoli che avvennero nel momento della traslazione: il primo afferma che quando il corpo fu sollevato ne uscì del sangue fresco, il secondo che le reliquie furono accompagnate da sei vescovi apparsi improvvisamente, in realtà angeli, il terzo che le ossa presenti nel reliquiario a San Vittore si ritirarono per fare posto a quelle del santo. Ma secondo un manoscritto conservato nell'archivio capitolare, altri miracoli gli furono riconosciuti dopo il 1360, come quello di aver spento un incendio grazie all'implorazione di alcuni uomini a guardia di un suo altarino su una torre; o di aver salvato un ragazzo moribondo a letto dopo che la madre, moglie di un medico, glielo aveva raccomandato, e alcuni altri accadimenti strani a lui attribuiti. MARTIROLOGIO ROMANO. A Piacenza, sant’Antonino, martire.

nome San Gregorio Illuminatore- titolo Vescovo, Apostolo degli Armeni- nascita 257 circa, Armenia- morte 332 circa, Armenia- ricorrenza 30 settembre, 20 febbraio nella diocesi di Nardò- Gallipoli- Patrono di<br /> Armenia, Nardò, diocesi di Nardò-Gallipoli e compatrono di Napoli- I racconti di come e per merito di chi il cristianesimo giunse per la prima volta in Armenia variano, specialmente a livello locale, dove abbondano le leggende. Ciò che ora sembra certo è che fu introdotto durante il u o il III secolo, probabilmente da missionari che provenivano dalla Siria e dalla Persia, a ogni modo, Gregorio di Ashtishat, "l'Illuminatore", è venerato dagli armeni come santo e patrono nazionale. Secondo le notizie a disposizione, che è attendibile solo a tratti, nacque in Armenia nel 260 circa, quando il paese fu occupato dai persiani, ma non si sa dove o in che circostanze. Esiste una tradizione piuttosto incerta che sostiene fosse figlio di un principe dei parti di nome Anak, che uccise Cosroe I d'Armenia, e che fu salvato, come Mosè, a Cesarea in Cappadocia, quando il re sul letto di morte ordinò lo sterminio della sua famiglia. Sembra che sia stato battezzato e sia cresciuto a Cesarea, dove si sposò ed ebbe due figli, i SS. Aristachio e Vardano. Quando Tiridate, figlio di Cosroe, ritornò dall'esilio con un esercito per rivendicare il trono del padre, fu affidato a Gregorio, che a questo punto probabilmente era già stato ordinato sacerdote, un incarico a corte, ma, in ogni caso, si alienò presto le simpatie del re, per il suo zelo nel convertire la gente e il suo complessivo appoggio ai cristiani armeni. Una volta che Tiridate cominciò attivamente a perseguitare i cristiani, Gregorio fu uno dei primi a subire il martirio, ma quando anche il figlio del re si convertì (è venerato come santo) la situazione cambiò. Nel 314, al momento della consacrazione di Gregorio come vescovo, il cristianesimo fu dichiarato religione ufficiale dell'Armenia, che perciò diventò il primo stato cristiano. Gregorio fu consacrato vescovo a Cesarea, ma poi si trasferì molto presto ad Ashtishat, che scelse come sua sede, e dove, a quanto pare, era necessario partire da zero, cosa che fece con grande energia ed entusiasmo. Il clero non esisteva, perciò scelse alcuni giovani uomini, impartì loro una buona istruzione di base per quanto riguardava la Scrittura e la moralità cristiana, e insegnò loro il greco e il siriaco; nel frattempo, con l'aiuto di missionari greci e siriani organizzò la sua Chiesa e si dedicò a istruire i conversi. Al concilio di Nicea del 325, Gregorio mandò il figlio Aristachio come suo rappresentante e subito dopo lo consacrò vescovo al suo posto. La sede, in effetti, era ereditaria fino al secolo successivo, quando S. Isacco (9 set.) ordinò che i sacerdoti sposati non potevano diventare vescovi. Nel 330 circa, Gregorio stesso si ritirò in eremitaggio sul monte Manyea, dove fu trovato senza vita da un pastore tra il 330 e il 332; fu poi seppellito a Thortan. Le leggende su Gregorio abbondano: esiste una raccolta importante contenuta in una "storia" che sembra sia stata scritta da un segretario di Tiridate di nome Agathangelos, sebbene in realtà risalga alla seconda metà del V secolo, in base alla quale, dopo aver suscitato lo sdegno di Tiridate, Gregorio fu torturato, poi rinchiuso in una prigione o un pozzo fetido per quindici anni, dimenticato da tutti eccetto che da una vedova gentile, che lo aiutò a mantenersi in vita. In seguito, dopo il martirio di Hripsime, Tiridate fu tramutato in un cinghiale, perciò Gregorio fu fatto uscire dal pozzo, perché le sue preghiere erano necessarie per farlo ritornare uomo. Dopo aver digiunato, pregato e predicato per settanta giorni, Gregorio ebbe una visione a Valarsharpat, vicino al monte Ararat, in cui gli si chiedeva di costruire la chiesa cattedrale d'Armenia in quel luogo (questa storia fu probabilmente ideata al fine di sostenere la richiesta della Chiesa armena di essere indipendente da Cesarea.) Gli armeni celebrano liturgicamente questi eventi come i Dodici Tormenti, la Prigionia del Pozzo, la Liberazione dal Pozzo, e la Visione, oltre alle altre feste del santo. È probabile che la storia del cinghiale sia meno fantastica di quanto sembri. Si dice che Tiridate si sia convertito al cristianesimo, dopo che Gregorio lo guarì da una malattia grave, forse identificata con la licantropia, un disturbo mentale per cui il malato crede di essere un lupo o qualche altra bestia selvaggia. S. Gregorio è talvolta venerato come martire, ma è un errore. Esistono prove di un culto nell'Italia meridionale, dove probabilmente fu introdotto per merito di "coloni" armeni. Una chiesa a Napoli afferma anche di custodire una parte delle sue reliquie, ma è improbabile persino che siano state portate fuori dell'Armenia. S. Gregorio è commemorato nel canone della Messa armena. MARTIROLOGIO ROMANO. In Armenia, san Gregorio, detto l’Illuminatore, vescovo, che dopo grandi fatiche si ritirò in una grotta alla confluenza dei rami del fiume Eufrate e qui riposò in pace, dopo essersi guadagnato la fama di apostolo degli Armeni.

nome Beato Federico Albert- titolo Sacerdote e fondatore- nome di battesimo Federico Albert- nascita 16 ottobre 1820, Torino- morte 30 settembre 1876, Lanzo Torinese, Torino- ricorrenza 30 settembre- Beatificazione Piazza San Pietro, 30 settembre 1984 da papa Giovanni Paolo II- Federico nacque il 16 ottobre 1820 a Torino, dove il padre prestava servizio come alto ufficiale dell'esercito di Sardegna. In veste di figlio maggiore si stava preparando a entrare nell'Accademia Militare della città, quando un giorno si recò a pregare presso il sepolcro del 13. Sebastiano Valfré (30 gen.), il cosiddetto "apostolo di Torino". Qualsiasi cosa sia successa quel giorno, abbandonò l'idea d'entrare nell'esercito e intraprese invece gli studi per il sacerdozio. Dopo l'ordinazione sacerdotale avvenuta il 10 giugno 1843, il suo primo incarico, che svolse per nove anni, fu quello di cappellano del re. Può sembrare strano che questo posto sia stato affidato a una persona così giovane, ma Federico chiaramente non si lasciò intimidire. Nel 1852, in un'occasione diventata famosa, Vittorio Emanuele II, accompagnato dalla famiglia e da tutta la corte, fu presente a una delle omelie quaresimali di Federico. Il testo dell'omelia scelto per quel giorno era il racconto di Giovanni che concerneva la donna colta in adulterio. Federico non moderò le parole, e ci fu un mormorio pieno d'ansia tra i cortigiani allarmati, tutti a conoscenza dei peccati commessi dal re in questo campo, ma quest'ultimo ammirò la sua onestà e disse mentre stava partendo: «Grazie, mi hai sempre detto la verità». Un breve discorso pronunciato nella parrocchia torinese di S. Callo spinse Federico a prendere la decisione di non rimanere a corte per tutta la vita. Chiese e ricevette il permesso di partire, e gli fu così affidata una parrocchia estesa, molto popolata, e bisognosa a Lanzo Torinese, sulle montagne vicino alla città. Il contrasto tra la sua vita precedente e quell'attuale fu totale, e per un momento trovò la vita difficile, tuttavia perseverò, a iniziare dalla chiesa, che era caduta in un grave degrado. Assistito dai suoi parrocchiani, che formavano con lui una catena umana per portare le grosse pietre sulla montagna, raccogliendole dal letto asciutto di un ruscello stagionale nella valle, si mise al lavoro per restaurarla. Non vi è dubbio che porre il restauro della chiesa al primo posto nei suoi interessi, fu un modo per venire a contatto e conoscere i suoi parrocchiani, ed era interessato a qualcosa di più che gli edifici della chiesa. Grazie alle sue notevoli qualità di predicatore, guidò gli esercizi spirituali sia per i laici che per il clero, e organizzò missioni pubbliche, durante le quali, che talvolta duravano un mese, trascurava le sue necessità fisiche per dedicare tutte le sue energie al benessere spirituale del popolo. Dopo aver deciso di fondare una scuola per ragazzi, si rivolse al suo caro amico, S. Giovanni Bosco (31 gen.) per avere un aiuto pratico. Per fornire rifugio e cure agli orfani e ad altri poveri, costruì l'ospizio di Maria Immacolata e successivamente istituì la Congregazione delle suore vincenziane di Maria Immacolata (conosciute come albertine) che lo gestisse. Nel 1873, con suo gran rammarico, fu eletto vescovo di Pinerolo, a sud est di Torino, e dopo molte preghiere e suppliche riuscì a persuadere papa Pio IX (1846-1878) a nominare qualcun altro al suo posto. Fu così grato di questo risultato fortunato che decise di recarsi in pellegrinaggio a Roma, per ringraziare personalmente il papa (finché, in pratica, il suo confessore affermò che era un lusso per un sacerdote di una parrocchia così popolata e occupatissima non avrebbe potuto permettersi). La vita di Federico fu recisa bruscamente nel 1876, prima di compiere cinquantasei anni. Era impegnato nel creare un insediamento agricolo (una sorta di comune per dare lavoro ai giovani che avrebbero coltivato le terre della chiesa), quando, mentre stava pitturando il soffitto della cappella (un compito che aveva deliberatamente scelto di svolgere personalmente per non mettere in pericolo i giovani collaboratori) perse l'equilibrio e si schiantò al suolo. Per due giorni, durante i quali soffrì pene insopportabili, Giovanni Bosco e un altro salesiano, il B. Michele Rua (6 apr.), si unirono a quelli che lo assistettero, ma purtroppo non ci fu nulla da fare, e il 30 settembre morì, assai compianto dai suoi parrocchiani. Il popolo lo ricordava soprattutto per la sua instancabile carità pratica, l'approccio tollerante e compassionevole verso la gente, e il suo carattere paziente ed equanime. La causa fu iniziata a livello diocesano nel 1929, e infine fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Lanzo vicino a Torino, beato Federico Albert, sacerdote: da parroco, fondò la Congregazione delle Suore di San Vincenzo de’ Paoli dell’Immacolata Concezione per assistere in ogni modo i più poveri.

nome San Simone di Crepy- titolo Monaco- nascita 1048, Crépy-en-Valois, Francia- morte 30 settembre 1082, Roma- ricorrenza 30 settembre- Simone era ben conosciuto quando era in vita, e esistono molti elogi contemporanei delle sue qualità. Le informazioni su di lui si basano su queste fonti e su una Vita anonima scritta subito dopo la sua morte. Nato nel castello di Crépy, vicino a Senlis, nel 1048, con il titolo di conte di Crépy-en-Valois, era imparentato con Matilda, moglie di Guglielmo di Normandia, detto "il Conquistatore" (1035-1087), alla corte del quale fu allevato dopo la morte della madre. La sua famiglia, che affermava di discendere da Carlo Magno, era tra le più potenti di Francia, e alla morte di suo padre, Raoul III, nel 1072, divenne proprietario di vaste zone nel territorio di Amiens, Bar-sur-Aube, Crépy, e del Vexin. Filippo I di Francia (1060-1108), approfittando della giovane età del suo vassallo, tentò di annettere queste terre alle sue proprietà, ma Simone, con l'aiuto di Guglielmo, riuscì a contrastarlo, ma nonostante ciò, oltre al fatto di aver combattuto per Guglielmo contro Filippo per mantenere il possesso normanno del Vexin, la vera aspirazione di Simone era di diventare monaco. Si narra che persuase la sua fidanzata, una delle figlie d'Ildeberto, conte d'Alvernia, a diventare monaca e pianificò la loro fuga dalle rispettive case proprio prima del matrimonio, fatto che non si sa se sia vero o no; ciò che è certo è che a un certo punto Guglielmo distrusse la speranza di Simone di intraprendere la vita monastica, chiedendogli di sposare sua figlia, Adele. Non volendo comunicare di persona il suo rifiuto a Guglielmo, Simone partì per Roma nel 1077 con il pretesto di informarsi se la proposta di matrimonio fosse stata nei termini di legge (Adele era in un certo senso imparentata con lui) e di trattare alcuni affari di suo padre che erano rimasti in sospeso dopo la sua morte. Durante il viaggio si fermò all'abbazia di Saint-Claude a Condat nel Giura, dove ricevette l'abito monastico. Anche se quest'evento precluse la possibilità del matrimonio, non rifiutò di ricevere parenti e amici che venivano a chiedergli consigli e a chiedergli di usare la sua autorità in loro favore. S. Ugo di Cluny (29 apr.) lo mandò presso il re di Francia per recuperare alcune terre che erano state sottratte al monastero; ebbe il ruolo di mediatore tra Guglielmo di Normandia e i suoi figli; inoltre durante la controversia sull'investitura appoggiò papa S. Gregario VII (25 mag.) nelle trattative con Roberto il Guiscardo: quando furono concluse con buone risultati ad Aquino nel 1080, Gregorio chiese a Simone di restare a Roma in veste di consigliere. Nel 1082 Simone morì a Roma, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti da Gregario stesso. Fu sepolto nella Basilica di S. Pietro, con epitaffio composto da Oddone di Chàtillon (futuro papa Urbano II, 1088-1099), e i resti furono successivamente trasferiti nell'abbazia di Saint-Claude. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Simone, monaco, che, già conte di Crépy in Francia, rinunciando alla patria, al matrimonio e a tutti i suoi averi, scelse di ritirarsi a vita prima monastica e poi eremitica sul massiccio del Giura; chiamato spesso a intervenire come legato per riconciliare tra loro i principi in guerra, morì a Roma e fu sepolto presso san Pietro.

nome Sant'Onorio di Canterbury- titolo Vescovo- nascita VI secolo, Roma- Nominato arcivescovo 627 da papa Onorio I- Consacrato arcivescovo 627 dal vescovo Paolino di York- morte 30 settembre 653, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 30 settembre- Incarichi ricoperti Arcivescovo metropolita di Canterbury (627-653)- Santuario principale Abbazia di Sant'Agostino- Attributi Bastone pastorale, mitra- Onorio, romano per nascita, fu il quinto arcivescovo di Canterbury; monaco a S. Andrea al Celio a Roma, fu notato da papa S. Gregorio Magno (3 set.), che cercava missionari che si recassero a convertire il popolo inglese. Onorio probabilmente fece parte non del primo gruppo partito con S. Agostino (26 mag.), ma del secondo. Alla morte del quarto arcivescovo, S. Giusto (10 nov.) nel 627, Onorio fu scelto come successore e consacrato nella cattedrale di Lincoln dal vescovo di York, S. Paolino (10 ott.). Insieme al pallium inviato da papa Onorio I (625-638) ai «due metropolitani, Onorio e Paolino», vi era una lettera in cui il papa stabiliva, in effetti, una condizione di parità tra le due sedi. A entrambi fu data facoltà «di ordinare le persone debitamente elette», nel caso che le due sedi rimanessero vacanti. Questa delega era dovuta, in base a quanto spiegava il papa, per «la grande distanza tra noi e voi». Il principale contributo d'Onorio fu di consolidare l'attività dei suoi predecessori: occupò la sede di Canterbury per venticinque anni, durante i quali si aggiunsero molti nuovi conversi per tutto il paese. In questo senso, una delle sue decisioni più importanti fu di mandare S. Felice di Dunwich (8 mar.), che proveniva dalla Borgogna per nascita ed educazione, a evangelizzare l'Anglia orientale. Quando Paolino fu costretto a scappare dopo la battaglia di Hatfield Chase (634), in cui re Edwin di Northumbria morì combattendo contro i penda, popolo pagano della Mercia e il suo alleato cristiano del Galles, Cadwallon, gli affidò la sede vacante di Rochester.<br /> Alla morte di Paolino, Onorio consacrò il primo vescovo d'origine inglese, S. Itamaro (10 giu.), che proveniva dal Galles, come successore. Non si hanno informazioni sulla vita privata o sulla personalità d'Onorio, che morì il 30 settembre 653, e che fu seppellito nella chiesa abbaziale dei SS. Pietro e Paolo (successivamente chiamata S. Agostino) a Canterbury, che divenne il centro del suo culto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury nel Kent in Inghilterra, sant’Onorio, vescovo, che, monaco romano, fu mandato dal papa san Gregorio Magno ad evangelizzare l’Inghilterra come compagno di sant’Agostino, al quale succedette poi nell’episcopato.

nome Transito di Santa Teresa- titolo Passaggio alla vita eterna- ricorrenza 30 settembre- Questa bellissima foto ritrae Teresa di Lisieux subito dopo la sua dolce morte, avvenuta il 30 settembre del 1897, dopo una terribile agonia. Teresa aveva appena ventiquattro anni. Alle 19 e qualche minuto, poiché la Priora aveva congedato la comunità, Teresa sospirò: ‭« Madre! Non è ancora l’agonia?… Non sto morendo?… ». ‭« Sì, povera piccola, è l’agonia, ma il buon Dio vuole prolungarla di qualche ora! ‭». Ella riprese con coraggio: ‭« Va bene!… Avanti!… Avanti!… ‭» E guardando il suo Crocifisso: ‭« Oh! Io l’amo!… Dio… ti amo!… ‭» Improvvisamente, dopo aver pronunciato queste parole, cadde dolcemente all’indietro, con la testa inclinata a destra. La Priora fece velocemente suonare la campana dell’infermeria per chiamare la comunità. ‭« Aprite tutte le porte ‭», disse nel contempo. Queste parole avevano un tono solenne e mi fecero pensare che in Cielo anche Dio le dicesse ai suoi angeli. Le sorelle ebbero il tempo di inginocchiarsi intorno al letto e furono testimoni dell’estasi della piccola santa morente. Il volto aveva ripreso il colore del giglio che aveva in piena salute, gli occhi erano fissi in alto, brillanti di pace e di gioia. Faceva certi graziosi movimenti con la testa, come se Qualcuno l’avesse divinamente ferita con una freccia d’amore e poi la ritirasse per ferirla ancora. Suor Maria dell’Eucaristia si avvicinò con una candela per vedere più da vicino il suo sublime sguardo. Alla luce della fiamma, non apparve nessun movimento sulle palpebre. Questa estasi durò all’incirca lo spazio di un Credo e poi Teresa rese il suo ultimo respiro. Erano le 19,20 circa del 30 settembre 1897. « Io non muoio: entro nella vita », aveva scritto il 9 giugno precedente a Maurizio Bellière. Quel giovedì sera Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo entrava veramente nella vita. Aveva inizio « il tempo delle sue conquiste ». Dal cielo cominciava a far scendere la « pioggia di rose » promessa. Dopo la morte, conservò il suo celeste sorriso. Era di una bellezza che rapiva. Teneva così stretto il Crocifisso che bisognò strapparglielo dalle mani per seppellirla. Suor Maria del Sacro Cuore ed io compimmo questo ufficio insieme a suor Amata di Gesù e rilevammo allora che non dimostrava più di dodici o tredici anni. Questi sono gli ultimi momenti della vita di Teresa di Lisieux, entrata nella Vita il 30 settembre del 1897 poco dopo le 19. A raccontarli, è la sorella, madre Agnese di Gesù. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lisieux in Francia, anniversario della morte di santa Teresa di Gesù Bambino, la cui memoria si celebra domani.

+3 punti

Nessun commento

Non ci sono ancora commenti. Perchè non inizi tu la conversazione?