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27/03/2024 alle 10:14

I santi di oggi 27 marzo:

I santi di oggi 27 marzo:

nome Mercoledì Santo- titolo Il tradimento di Giuda- ricorrenza 26 marzo (data variabile)- Nel terzo giorno della Settimana Santa, il mercoledì, si ricorda una triste vicenda, il tradimento di Gesù da parte di uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota, si approfondisce questa parte del Vangelo già accennata il giorno precedente. Il brano in questione recita “In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: -Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?”- E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.” Mentre sono a cena tutti assieme, Gesù annuncia l'imminente tradimento da parte di uno di loro, e risponde a chi gli chiede chi sia : “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?” Gli rispose: “Tu l’hai dettoquasi come a lasciargli una scelta, la possibilità di ripensarci. Ma cosa ha portato Giuda a questa decisione? Che Gesù non abbia accettato le sue critiche su quanto successo giorni prima, la sua osservazione sullo spreco che fa la donna dell'olio profumato che ha usato per lavargli i piedi. La tristezza di questo tradimento è resa dalle parole “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto” perché questo è un gesto che indica espressione di intimità e fiducia. Il racconto serve a ricordarci che chiunque di noi potrebbe comportarsi come Giuda, chiunque, pur affermando di amare il Signore, potrebbe tradirlo con le proprie azioni, i compromessi. Ma nonostante tutto, l'amore di Gesù supera il tradimento e la negazione, perché è immenso e gratuito, non dipende cioè da quello che facciamo per lui. Questa è la sua grandezza.

nome San Ruperto- titolo Vescovo- nascita VII secolo, Salisburgo- morte 27 marzo 718, Salisburgo- ricorrenza 27 marzo- Attributi Barile o secchio pieno di salgemma- Patrono di Salisburgo- Ruperto nacque in una nobile famiglia di origini irlandesi imparentata con i Merovingi, alla fine del VII secolo. Dopo aver ricevuto un'educazione monastica, operò per l'evangelizzazione della Baviera ancora idolatra. Fu primo vescovo itinerante, di Salisburgo, di cui oltretutto promosse lo sviluppo delle saline. Fu vescovo di Worms e poi di Ratisbona. Svolse il suo apostolato nel monastero da lui fondato, attorno al quale nacque poi e si sviluppò la città di Salisburgo «in tedesco borgo del sale» in riferimento all’attività principale della zona: l’estrazione di sale dalle miniere delle vicine montagne. Morì il 27 marzo dell'anno 718. Le sue reliquie sono oggi venerate nella cattedrale di Salisburgo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Salisburgo in Baviera, nell’odierna Austria, san Ruperto, vescovo, che, abitando dapprima a Worms, su richiesta del duca Teodone giunse in Baviera e costruì a Salisburgo una chiesa e un monastero, che governò come vescovo e abate, divulgando da lì la fede cristiana.

nome Beato Francesco Faà di Bruno- titolo Sacerdote e militare- nascita 29 marzo 1825, Alessandria- morte 27 aprile 1888, Torino- ricorrenza 27 marzo- Beatificazione 25 settembre 1988 da papa Giovanni Paolo II- Patrono di Corpo degli Ingegneri dell'Esercito Italiano- Francesco Faà di Bruno nacque ad Alessandria il 29 marzo 1825, ultimo dei dodici figli di Ludovico e Carolina Sappa dei Milanesi, entrambi di origini nobili. Morì nel 1888, vivendo durante uno dei periodi più turbolenti della storia italiana, quando le forze liberali laiche, che avevano acquistato potere con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, cercavano di contrastare il papato e il potere temporale, di combattere la supremazia della Chiesa nel campo dell'educazione e di abolire i grandi e scandalosi privilegi ecclesiastici. Nessuno, e tanto meno un piemontese, poteva restare immune dall'angoscia che accompagnava la nascita dello stato moderno; lo stesso papa Pio IX inizialmente accolse con favore i moti risorgimentali, ma quando gli elementi antireligiosi e anticattolici guadagnarono la maggioranza cambiò politica. Francesco era un uomo di trentasei anni quando, nel 1861, l'Italia fu unificata. Nel periodo in cui fu ufficiale nell'Accademia Militare di Torino, re Vittorio Emanuele II rimase talmente colpito dalla finezza del suo carattere e dall'ampiezza delle sue conoscenze da nominarlo tutore dei suoi due figli. Per prepararsi all'incarico, Francesco andò a Parigi a perfezionare gli studi ma quando tornò nel 1852 per iniziare il lavoro, scoprì che i consiglieri del re gli avevano fatto annullare l'incarico. Vittorio Emanuele era salito sul trono piemontese scendendo a patti con i membri liberali della Camera dei deputati: fu obbligato a giurare fedeltà alla Costituzione del 1848 e messo in guardia dall'ostacolare il volere della Camera. Nel medesimo anno della promulgazione della Costituzione, i deputati approvarono una legge che riduceva il ruolo della Chiesa nell'educazione, passando allo stato il controllo dei curriculum e delle nomine degli insegnanti, ed era chiaro che avrebbero mal tollerato, come tutore dei principi, un uomo noto quale fervente cattolico. L'anno seguente Francesco lasciò l'esercito e fece ritorno a Parigi per conseguire un dottorato in matematica e astronomia. Pubblicò la sua dissertazione nel 1856, insieme ad altri scritti di musica, religione e vita ascetica. Nel 1857 tornò ad Alessandria, dove venne presentato come candidato per il partito cattolico conservatore e fu sconfitto dalla coalizione cavouriana al ballottaggio finale. Intraprese allora la carriera accademica, insegnando all'università di Torino topografia, trigonometria e geofisica. Sebbene l'insegnamento lo impegnasse molto, Francesco trovava tempo per compiere opere di carità: fondò la Pia Opera di S. Zita per cameriere e serve, aggiungendovi in seguito una sezione per apprendiste, future insegnanti e ragazze madri; costruì ospizi per anziani, poveri, donne malate e sacerdoti. Nel 1867 fece costruire una chiesa a Torino in memoria dei soldati che avevano offerto la loro vita per l'unificazione del paese. Su consiglio di S. Giovanni Bosco (31 gen.) decise di diventare sacerdote per allargare il suo ministero ai bisognosi. L'arcivescovo di Torino si oppose, ma l'intervento di Pio IX a favore delle vocazioni tardive cancellò le sue perplessità e Francesco a cinquantun anni divenne prete. Continuò però a insegnare e gli fu assegnata la cattedra di matematica e geometria superiore, che conservò fino alla morte. Francesco spese tutti i beni, le entrate e l'intera vita nella sua opera di carità. Nel 1877 organizzò un ricovero per il recupero delle prostitute e nel 1881, insieme a Giovanna Gonnella, fondò la Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio per portare avanti la sua opera. L'amore per Dio, nutrito costantemente con la preghiera, era il principio fondamentale di tutta la sua attività. Era solito dire: «Donarsi a Dio significa arrendersi a un'attività superiore, che ti trasporta verso Dio come un torrente in piena». Morì a Torino il 27 marzo 1888 e fu beatificato dopo cent'anni, nel 1988.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino, beato Francesco Faá di Bruno, sacerdote, che unì sempre alla sua competenza di matematico e fisico l’impegno nelle opere di carità.

nome Beato Pellegrino da Falerone-titolo Sacerdote- nascita XII secolo, Falerone, Fermo- morte 1240 circa, San Severino Marche, Macerata- ricorrenza 27 marzo- Beatificazione 1821 da papa Pio VII- Esiste una sola fonte reale delle informazioni su questo primo francescano, l'Actus beati Francisci et sociorum ejus, compilato in gran parte da Ugolino da Montegiorgio, che visse vicino a Falerone. Per il resto, dobbiamo basarci sui Fioretti di San Francesco, che non dicono quasi niente, a parte il fatto che il compagno di Francesco, Bernardo, descrisse Peregrino (Pellegrino) come «uno dei frati più perfetti del mondo». Pellegrino nacque a Falerone, a nord di Ascoli Piceno, verso la fine del XII secolo; era figlio del signore di Falerone, di cui si hanno poche notizie, e imparentato con varie famiglie nobili della zona. Oltre ad avere buone conoscenze, era dotato intellettualmente, e intraprese con successo un corso universitario a Bologna quando S. Francesco d'Assisi (4 ott.) giunse in quella città per predicare, probabilmente nel 1222. Pellegrino e un compagno di studi, il B. Rizzerio della Muccia (7 feb.), furono così colpiti da quello che avevano udito, che cercarono immediatamente di entrare nell'ordine dei frati minori. Francesco li accettò entrambi, ma disse a Pellegrino che, a dispetto della sua notevole erudizione, Dio voleva che diventasse un fratello laico: Pellegrino accettò e perseverò umilmente per tutta la vita. Non vi sono prove evidenti a sostegno dell'ipotesi che si recasse in Palestina. Gli furono attribuiti miracoli prima e dopo la morte, sopraggiunta nel 1240, e il culto fu confermato il 28 luglio 1821, mentre le reliquie sono conservate nella chiesa della Madonna dei Lumi, officiata dai cistercensi. I frati minori celebrano il B. Pellegrino assieme ai BB. Liberato (cfr. voce seguente) e Sante di Monte Fabri. Quest'ultimo, poiché aveva ucciso un uomo per autodifesa, diventò fratello laico nell'ordine e morì nel 1390, dopo aver condotto una vita molto santa; inoltre si disse che presso la sua tomba siano avvenuti dei miracoli. MARTIROLOGIO ROMANO. A San Severino Marche, beato Pellegrino da Falerone, sacerdote, che fu tra i primi discepoli di san Francesco e, recatosi pellegrino in Terra Santa, suscitò l’ammirazione degli stessi Saraceni.

nome Santa Augusta di Serravalle- titolo Vergine e martire- morte 100 d. C.- ricorrenza 27 marzo, 22 agosto- Santuario principale Santuario di Santa Augusta di Serravalle- Attributi ruota dentata, denti e palma- Patrona di Serravalle- Gli “Atti” di s. Augusta, cioè le notizie sulla sua vita e martirio, furono redatte alla fine del XVI secolo da Minuccio de’ Minucci di Serravalle, protonotario apostolico e segretario di papa Clemente VIII (1592-1605). Questi “Atti” furono inviati agli editori dei volumi “De probatis sanctorum historiis” di Lorenzo Surio, certosino e agiografo tedesco (1522-1578) e furono inseriti nel vol. VII dell’edizione stampata a Colonia in Germania. Le notizie sono senz’altro leggendarie, come del resto accadde per molti martiri dei primi tempi del cristianesimo, oppure di martiri che molto tempo dopo la loro morte, si siano trovate le reliquie e quindi ci si è spesso inventati la vita. Secondo questi “Atti”, Augusta era figlia di Matruco, capo alemanno (Alemagna - Germania), che aveva conquistato e sottomesso il Friuli; questi risiedeva a Serravalle (attuale borgo antico della città di Vittorio Veneto) ed era un accanito nemico della religione cristiana. Augusta abbracciò la nuova fede segretamente, ma il padre ne venne comunque a conoscenza e la fece arrestare. Giacché si rifiutò di apostatare, fu gettata in un carcere e dopo varie torture, venne decapitata; il suo corpo fu ritrovato alcuni anni dopo sepolto su una collina, sovrastante Serravalle, che prese il suo nome; qui le fu dedicata dal V secolo, una chiesa molto frequentata dagli abitanti. L’epoca del suo martirio è circa il 100 d.C.; la santa è anche conosciuta come Augusta di Ceneda, (secondo nucleo di Vittorio Veneto, città posta ai piedi delle Prealpi Bellunesi, in provincia di Treviso). S. Augusta viene raffigurata con i simboli del suo martirio, una ruota dentata per la tortura, i denti che le furono strappati, la palma. Sulla collina di S. Augusta, vi sono ancora i resti del castello del truce padre Matruco, e la grande chiesa a lei dedicata. Il nome Augusto/a significa “consacrato”; esso fu premesso a parecchie città per onorare l’imperatore romano Augusto, come: Augusta Praetoria (Aosta), Augusta Taurinorum (Torino); Augusta Treverorum (Treviri), ecc. inoltre si chiamano così Augusta in provincia di Siracusa, la capitale del Maine negli U.S.A., Augusta in Georgia, Augsburg, importante città tedesca.

nome Beata Panacea De' Muzzi- titolo Vergine e martire- nascita 1368, Quarona, Vercelli- morte 1383, Quarona, Vercelli- ricorrenza 27 marzo- Beatificazione 1867, da papa Pio IX- Santuario principale Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, Ghemme- Attributi Raffigurata solitamente in ginocchio intenta alla preghiera; ha come emblema la palma del martirio e il giglio simbolo di purezza- La fonte più antica che possediamo riguardo la vita di Panacea è di carattere iconografico ed è costituita da tre affreschi che si trovano nell'antico oratorio di San Pantaleone situato in località Oro di Boccioleto, comune della Valsermenza, una delle numerose valli laterali della Valsesia. I dipinti furono eseguiti nel 1476 da Luca De Campis e ci presentano dei momenti significativi della vita della ragazza: la carità verso i poveri, il suo martirio e il trasporto del suo corpo (funerale o inventio delle reliquie?) alla presenza del vescovo del clero e dei fedeli. Questi episodi sono una sintesi della storia molto triste, che ha tutto il sapore di una di quelle favole che raccontavano le nostre nonne, ma che, al contrario di queste, è ben documentata da molte fonti storiche, che rivelano la profonda fede di cui è intessuta: una fede vissuta e testimoniata fino al sacrificio estremo della vita. Panacea (o Panaxia, Panasia) nacque a Quarona, oggi dinamica cittadina situata tra Borgosesia e Varallo, nel 1368, da Lorenzo Muzio, originario di Cadarafagno, e da Maria Gambino oriunda di Ghemme. La madre morì prematuramente ed il padre, per non far mancare un così importante riferimento alla bambina, si risposò con una certa Margherita di Locarno Sesia. Nella ricomposta famiglia non erano però molto felici e tra la matrigna, la sorellastra e Panacea iniziarono una serie di incomprensioni e divergenze che portarono le prime due a manifestare aperta ostilità nei riguardi della fanciulla, fatta oggetto di angherie ampiamente descritte dai biografi della beata dei secoli scorsi, tra cui va ricordato in particolare Silvio Pellico.<br /> Questa situazione degenerò, secondo la tradizione, in una sera di primavera del 1383, quando la matrigna, non vedendo rincasare la ragazza andò a cercarla personalmente. Si recò sul monte Tucri che sovrasta l'abitato e, poco oltre l'antichissima chiesa di San Giovanni, trovò Panacea in preghiera. Adirata Margherita la rimproverò e in un eccessivo scatto d'ira, forse senza volerlo, la percosse violentemente uccidendola; accortasi dell'accaduto la donna si gettò da un burrone in preda alla disperazione. La notizia si sparse subito nel paese e nel contado circostante e richiamò molta gente presso il corpo di Panacea che fu trasportato a Ghemme, per essere sepolto accanto a quello della madre, deposto nel cimitero adiacente la parrocchiale di Santa Maria. Il culto per la pastorella valsesiana, che ricevette conferma papale nel 1867, si sviluppò presto, già all'inizio del 1400 vennero edificati due oratori in sua memoria: uno sul luogo del martirio, Beata al Monte, e uno in paese dove venne accolta la salma, Beata al Piano.<br /> Vero centro però della devozione alla patrona della Valsesia è stata sempre la chiesa di Ghemme, all'interno della quale, in un grande scurolo opera di Alessandro Antonelli, sono ancora oggi conservate le sue reliquie, meta ogni anno, il primo venerdì di maggio, di numerosi fedeli provenienti dalla Valsesia e dal Novarese, tra cui i più numerosi i quaronesi che compiono a piedi il cammino. Lungo i secoli l'affetto popolare che circonda Panacea non venne mai meno, manifestandosi in più occasioni: come i trasporti o le peregrinazioni delle sue spoglie, e dando origine ad una ricca produzione iconografica, sia in valle, dove ogni località ne possiede traccia, sia oltre i confini della diocesi. Generalmente Panacea è presentata nel momento del martirio, con gli attributi tradizionali dei fusi, del gregge di pecore o del fascio di legna ardente,accesosi spontaneamente secondo la tradizione per avvertire i compaesani della sua morte, ma forse, più probabilmente, ricordo di falò celebrativi in sua memoria. La figura di questa ragazza valsesiana, la cui ricorrenza, attualmente, è fissata al 5 maggio per la diocesi di Novara, il primo venerdì dello stesso mese per il vicariato della Valsesia, è stata proposta dai vescovi come modello di santità laicale, una fede vissuta nel quotidiano, capace di superare avversità e incomprensioni, alimentata dalla preghiera e testimoniata nella carità, fino alla morte, al punto che il popolo ha sempre visto in lei la propria mediatrice ed in lei si è sempre identificato: una santa dalla fisionomia tipicamente valsesiana. MARTIROLOGIO ROMANO. A Quarona presso Novara, beata Panacea de’ Muzzi, vergine e martire, che, all’età di quindici anni, mentre pregava in chiesa, fu uccisa dalla sua matrigna, dalla quale aveva sempre subito vessazioni.

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