@Carlous_Rex
Il Grande Gioco episodio 1: " I primi giocatori"
Nonostante Wilson avesse avvertito i suoi connazionali del pericolo russo nel 1817 e Conolly coniato il termine 12 anni più tardi, il Grande Gioco ebbe inizio nel 1810. La situazione in Europa allora era assai diversa: Napoleone aveva sconfitto tutti, pure la Russia, e l'Europa era sotto il suo dominio. Gli inglesi temevano che adesso il condottiero francese volesse invadere l'India per strapparla dalle loro mani mentre già circolavano voci su una possibile alleanza franco-russa contro l'impero britannico. D'altro canto lo zar non se la passava meglio e a Mosca circolavano voci su un possibile attacco francese alla madrepatria. Mentre tutti gli occhi del mondo erano puntati verso Parigi, da tutt'altra parte stava accadendo qualcosa di strano. Nushki era una città situata nel Belucistan settentrionale, regione oggi corrispondente al Pakistan sud-orientale, al confine con l'Afghanistan e il Canato di Kalat. Era una giornata di inizio primavera, il tempo sembrava presagire che da lì si sarebbe scatenata una tempesta, quando in città arrivò un mercante tartaro. Lui si era dichiarato così alle autorità che, non avendo mai visto un europeo, avevano poco da dubitare. Ad accompagnarlo c'era il suo fratello più piccolo. Il compito del primo era quello di andare ad Herat per cercare dei cavalli di razza pura per il suo padrone, un ricco mercante indù che viveva in India; il secondo aveva lo stesso incarico, ma la sua destinazione era Kerman, in Persia. Prima di dividersi, i due decisero di salutarsi per un'ultima volta nella casa che avevano affittato a Nushki. Ma se un abitante di quella città avesse origliato la loro conversazione, si sarebbe meravigliato e non di poco. Quei stranieri non erano né dei mercanti di cavalli, né dei tartari e neppure fratelli! I loro nomi erano Charles Christie ed Henry Pottinger, entrambi parte del 5th Bombay Native Infantry, ed erano stati scelti dal generale Malcom per una missione pericolosa in quelle terre sconosciute dagli inglesi. I due decisero un luogo e un certo arco di tempo in cui si sarebbero incontrati dopo aver svolto la loro missione. Se uno dei due non c'è l'avesse fatta, l'altro sarebbe dovuto andare a Teheran ad avvertire Malcom, che si trovava lì per una missione diplomatica, della situazione di pericolo. Il 22 marzo Christie partì per Herat, ma il giorno dopo a Pottinger giunsero delle notizie terribili da parte di alcuni suoi amici che si era fatto durante il suo "viaggio". Il Khan di Kalat, potente sovrano di un Canato che i due inglesi avevano percorso per arrivare a Nushki, si era reso conto che quei stranieri erano delle spie europee e aveva mandato una squadra di polizia per avvertire le autorità locali riguardo "impostori". Pottinger partì subito per la sua meta, augurando al suo compagno, ignaro di tutto, buona fortuna.
Christie aveva ingaggiato un gruppo di uomini armati per scortarlo verso la sua destinazione. Herat si trovava nel Nord-Ovest dell'Afghanistan che in quel momento versava in una sanguinosa guerra civile ed era pericoloso avventurarsi da soli, soprattutto per uno straniero come lui. Appena superato il confine, ed essersi messi in salvo dal Khan di Kalat senza saperlo, ecco che davanti all'inglese si nascondevano i primi pericoli: un pastore benevolo lo aveva avvertito che un gruppo di afghani lo stava seguendo da dietro per depredarlo al momento giusto. Inoltre, la tempesta che si era addensata nei giorni precedenti scoppiò e bagnò tutti gli abiti degli uomini di Christie che dovettero trovare un rifugio al più presto. Tuttavia, l'avventuriero in seguito si sarebbe riferito a questo avvenimento come "un colpo di fortuna", poiché secondo lui la pioggia aveva allontanato i predoni che volevano rapinarlo. Dopo di ciò, Christie cambiò le sue spoglie, passando da essere un mercante di cavalli a un pio pellegrino di ritorno dalla Mecca. Se questo travestimento lo aiutò a scollarsi da dosso il pericolo di attirare i predoni, alla fine non riuscì ad evitare alcuni inconvenienti. Come quella volta in cui incontrò un mullah e quest'ultimo iniziò una discussione teologica con lui. L'inglese se la cavò dicendo di essere un musulmano di fede sunnita, al contrario del suo interlocutore che era sciita. Ma ormai era a pochi giorni di distanza da Herat, città che si trovava al confine con la Persia Nord-orientale e che era il crocevia delle rotte carovaniere dell'Asia centrale. Ma per i britannici essa aveva un'importanza più inquietante: Herat era stata in passato una delle rotte di conquista storiche dell'India, in quanto essa era equidistante dai passi Bolan e Khyber, le chiavi d'accesso per un'invasione del subcontinente indiano, e sorgeva in una valle ricca e fertile in grado di poter sostenere un intero esercito in guerra. Il compito di Christie era accertare se ciò fosse vero. Il 18 aprile egli varcò le porte dalla città e ritornò ad essere un mercante di cavalli, poiché aveva con sé delle lettere da consegnare ad un mercante indù che risiedeva proprio lì. Christie restò lì per un mese, annotando tutto ciò che vedeva con i suoi occhi e sentiva con le sue orecchie. La città di Herat, osservò, sorgeva su una valle circondata da alte montagne. Questa era lunga una cinquantina di chilometri e larga venticinque, attraversata da un fiume e intensamente coltivata, tanto che sorgevano diversi villaggi intorno alla città principale. Herat era circondata da mura massicce e da un fossato e nella sua estremità settentrionale vi era una cittadella di mattoni, con torri ad ogni angolo e un secondo fossato all'esterno, seguito da un altro muro e un terzo fossato. Per quanto spettacolare poteva sembrare la vista, l'inglese scrisse che non era niente di insuperabile per un esercito moderno come quello francese e russo. Invece egli rimase stupito della prosperità del luogo che permetteva una base ottima per un esercito invasore. Il 18 maggio, convinto che non ci fosse più nulla da osservare, lasciò Herat per andare a Mashhad, città santa persiana, per fare "un pellegrinaggio" prima di acquistare i cavalli per il suo padrone. Ma una volta messo piede in Persia, al tempo alleata del Regno Unito, Christie tirò un sospirò di sollievo e si strappò di dosso le sue mentite vesti. Ormai salvo, cambiò rotta e si diresse verso Isfahan, dove secondo i suoi calcoli doveva essere già arrivato Pottinger.
(Viaggio di Christie e posti nominati)<br /> <br /> Anche Pottinger aveva ingaggiato, oltre ad una guida, una scorta di uomini armati locali per essere aiutato nella sua impresa. La sua missione era quella di verificare se un esercito invasore avesse potuto entrare in India percorrendo la strada meridionale che lega la Persia e la regione del Belucistan. La prima tappa del suo viaggio fu il vasto deserto del Helmand, di cui attraversò la zona a sud. Il vento portava i granelli di sabbia negli occhi degli avventurieri, oltre a creare delle dune alte addirittura 7 metri. Il caldo e la privazione della fame e della sete era un handicap non di poco conto, tanto che gli uomini di Pottinger quando seppero che stavano per entrare nella regione di Makran, in totale preda all'anarchia, festeggiarono come se avessero trovato una miniera d'oro. Eppure l'inglese sapeva che i pericoli, soprattutto per lui, non erano finiti. La guida gli spiegò che il primo villaggio a cui avrebbero fatto tappa era Kullugan, guidato dal sirdar, di cui lui era genero. Incontrato il sirdar, il quale credeva che lo straniero fosse un devoto musulmano, quest'ultimo gli spiegò che in quella regione un forestiero era mal visto; inoltre lui era un mercante a servizio di un ricco indù, quindi rischiava ancora di più di essere depredato. Il capo villaggio gli propose di fingersi di essere un pellegrino di ritorno dalla Mecca ( a quanto pare Christie non era l'unico a pensare a questi escamotage) per sfuggire ad eventuali rapine. Questo travestimento, comunque, non evitò che Pottinger andasse in contro a situazioni imbarazzanti o pericolose. Una volta il sirdar e alcuni suoi funzionari si recarono nell'alloggio dell'inglese per discutere di argomenti teologici. Pottinger riuscì ad evitare di destare sospetti e convinse i suoi ospiti delle sue teorie. Successivamente lasciò Kullugan e si recò a Gull, dove fu accolto dal mullah locale che lo invitò a cena insieme ad altre 5 persone. Dopo aver banchettato serenamente, gli venne chiesto di recitare una preghiera. Pottinger era imbarazzato da tale richiesta, ma si ricordò che prima di partire per la sua missione aveva imparato delle preghiere musulmane, ignaro che ciò lo avrebbe salvato in seguito. L'inglese si alzò e ne recitò una, cercando di far distinguere le parole Allah, Rasul ( il profeta) e shukr (grazie) il più possibile. Anche questa volta si salvò. Continuò il suo cammino fino ad arrivare nel villaggio di Puhra dove incontrò il khan locale. Mentre era dinanzi al suo cospetto, tuttavia, si alzò la voce di un ragazzino di 10-12 anni che non fece altro che sottolineare la somiglianza dello straniero ad un europeo di nome Grant. Il capitano Grant fu l'inglese che per primo visitò la regione del Makran, per studiare le coste, e questo giovinotto l'aveva incontrato nella vicina città di Bampur. Pottinger entrò nel panico, provò a contraddire l'accusa ma ormai il Kahn aveva capito il sotterfugio. Però, egli disse a Pottinger che se avesse rivelato la verità non gli avrebbero fatto nulla. In quel momento intervenne la guida che spiegò che quello straniero in realtà era un musulmano d'India a servizio di un ricco mercante che si era finto un pio pellegrino per cercare di non essere derubato. Ma Pottinger sputò il rospo e rivelò di essere un inglese. La guida, che non era a conoscenza della sua vera identità, andò su tutte le furie. Il khan inizialmente si divertiva a vedere i due bisticciare, ma poi chiese all'inglese perché si trovava in quella remota regione. L'avventuriero, che non poteva ovviamente dire la verità, disse che al momento era diretto verso Kerman per acquistare uno di quei famosi cavalli. Il khan gli credette e gli concesse il permesso d'alloggio per un breve periodo. Qualche giorno dopo l'inglese partì per attraversare l'ultimo tratto di quella regione, per lo più desertico.
(Viaggio di Pottinger) <br /> <br /> Sembrava fosse un miraggio quando da lontano scorse la città di Regan, simbolo che egli era arrivato in Persia. Finalmente non doveva più mentire e la sua missione stava per giungere al termine. Dopo un ultima traversata, arrivò finalmente a Kerman, dove potette riposarsi. Il suo compito era ormai giunto al termine, ma egli decise, spinto dalla curiosità, di annotare le usanze locali, come le esecuzioni pubbliche. Trascorse tre settimane in quella città, per poi partire alla volta di Isfahan. Era il 30 giugno del 1810. Si trovava nel palazzo riservato agli ospiti, quando fu informato che un uomo voleva parlargli. Scese al piano terra dove incontrò quest'estraneo. All'inizio non notò bene il suo interlocutore a causa del buio e della sua pelle insolitamente abbronzata, ma dalla voce lo riconobbe subito: quell'uomo era Christie. Christie appena era giunto ad Isfahan aveva appreso che un altro europeo era arrivato in città nei giorni precedenti. I due si abbracciarono contenti di essere sani e salvi. Erano passati più di tre mesi da quando si erano separati: Christie aveva percorso 3600 km, il suo collega 260 in più. Le loro esplorazioni in quelle terre selvagge e sconosciute li sarebbero vale la medaglia d'oro per l'esplorazione della Royal Geographical Society, se non fosse per il fatto che al tempo non esistesse ancora. Tuttavia i due furono premiati lo stesso. Pottinger scrisse un libro in cui raccontava il suo viaggio ed esso trovò molta fortuna in patria. Sfortunato, invece, fu Christie che morì due anni più tardi in un incidente tra Russia, Persia e Regno Unito. Ma a Londra l'alleanza con i russi non era sacrificabile, dato che nel 1812 le due nazioni si trovavano ad affrontare Napoleone. Se Wilson fu colui che fece iniziare il Grande Gioco de iure, Pottinger e Christie lo fecero de facto 7 anni prima.
(Ritratto di Pottinger)<br /> <br /> Mentre Wilson si batteva in patria per far aprire gli occhi ai suoi connazionali riguardo una potenziale minaccia russa, nel Caucaso un giovane soldato stava per entrare in scena. Egli avrebbe scavalcato le scale del potere dell'impero dello zar, diventando uno dei fautori della politica estera aggressiva in Asia. Ma soprattutto, egli sarebbe diventato il primo russo a partecipare al Grande Gioco.