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18/05/2024 alle 12:53

I santi di oggi 18 maggio:

I santi di oggi 18 maggio:

nome San Giovanni I- titolo 53º papa della Chiesa cattolica e martire- nascita 470, Toscana- Elezione 13 agosto 523- Fine pontificato 18 maggio 526, (2 anni e 278 giorni)- morte 18 maggio 526, Ravenna- ricorrenza 18 maggio, 27 maggio- Santuario principale Basilica di San Pietro in Vaticano- Originario della Tuscia e figlio di un certo Costanzo secondo il Liber Pontilicalis, fu eletto papa succedendo a Ormisda il 13 agosto 523. Non si hanno notizie sicure su questo papa prima della sua elezione, a causa della frequente attestazione del nome Giovanni nelle fonti del VI sec. (tre papi portano questo nome). È stata tuttavia avanzata l'ipotesi dell'identificazione di questo pontefice con il diacono Giovanni, amico di Severino Boezio, che gli dedicò tre dei suoi scritti; era favorevole al partito filoorientale dell'antipapa Lorenzo, anche se nel 506 fece atto di sottomissione al papa legittimo Simmaco. Tale ipotesi di identificazione sarebbe corroborata dalla straordinaria accoglienza che gli fu riservata in occasione del suo viaggio a Costantinopoli, e dal fatto che Giovanni, divenuto papa, fece adottare a Roma su consiglio del monaco Dionigi il Piccolo il computo pasquale alessandrino, già motivo di accese controversie tra Lorenzo e Shrunaco e segno evidente di atteggiamento proorientale. Il Liber Pontificalis riporta che egli fece eseguire importanti lavori di restauro nelle basiliche cimiteriali dei martiri Nereo e Achilleo sull'Ardeatina e dei SS. Felice e Adautto sull'Ostiense e poté inoltre abbellire le principali basiliche cittadine, grazie alla munificenza dell'imperatore Giustino I. Tutta la sua attività a Roma si svolse prima del suo viaggio a Costantinopoli, che fu l'avvenimento più importante del suo pontificato, ma anche l'ultimo, poiché gli costò la vita. Se i rapporti di Giovanni con l'imperatore d'Oriente furono buoni, assai meno lo furono quelli con l'anziano re goto Teodorico. Questi era allarmato per le leggi rimesse in vigore dall'imperatore Giustino nei suoi territori contro gli eretici e in particolare contro gli ariani; convocò Giovarmi a Ravenna sul finire dell'anno 525 e gli intimò di guidare una delegazione a Costantinopoli con il difficile compito di ottenere la fine della persecuzione. Preoccupato per le sorti dei cattolici d'Occidente in caso di suo rifiuto, acconsenti di portare all'imperatore le richieste di Teodorico. Era la prima volta che un pontefice si recava a Costantinopoli; fu ricevuto con i massimi onori dall'imperatore, che si prosternò davanti al vicario di san Pietro. Giovanni celebrò le funzioni della Pasqua del 526 a S. Sofia secondo il rito romano e stando al Liber Pontificalis procedette alla reincoronazione di Giustino. La delegazione ottenne alcune concessioni, non quella che gli ariani convertiti potessero ritornare alla loro fede. Nonostante il successo dell'ambasciata, al rientro a Ravenna, Giovanni fu vittima della politica di Teodorico, a cui la notizia dell'accoglienza trionfale e del successo personale ottenuto da Giovanni a Costantinopoli, provocò ostilità e gelosia tanto che costrinse Giovanni a trattenersi a Ravenna, dove, provato dai trattamenti subiti, morì il 18 maggio 526. Secondo l'Anonimo di Valois intorno al corpo di Giovanni si verificarono miracoli e fu oggetto di venerazione popolare. Successivamente le spoglie del pontefice furono traslate a Roma dove furono inumate a S. Pietro alla data del 27 maggio. Il suo epitaffio conservato in due manoscritti lo ricorda come vittima per Cristo. MARTIROLOGIO ROMANO. San Giovanni I, papa e martire, che, mandato dal re ariano Teodorico a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino, fu il primo tra i Romani Pontefici a celebrare in quella Chiesa il sacrificio pasquale; tornato di lì, fu vergognosamente arrestato e gettato in carcere dal medesimo Teodorico, cadendo a Ravenna vittima per Cristo Signore.

nome San Felice da Cantalice- titolo Cappuccino- nome di battesimo Felice Porri- nascita 1513 circa, Cantalice, Rieti- morte 18 maggio 1587, Roma- ricorrenza 18 maggio- Beatificazione 1º ottobre 1625 da papa Urbano VIII- Canonizzazione 22 maggio 1712 da papa Clemente XI- Santuario principale Chiesa cappuccina dell'Immacolata Concezione di Roma- Attributi Gesù bambino- Patrono di Cantalice, Diocesi di Rieti, Cerreto, San Felice di Capriglia fraz. Capriglia Irpina, bachicultori, bambini- Felice nacque nell'anno 1513 a Cantalice, piccola terra della Sabina ai confini dell'Abruzzo, da poveri ma pii genitori; i quali gli insegnarono a amar Dio sino dalla fanciullezza. A 12 anni si accomodò con un contadino benestante di Civita Ducale, il quale lo destinò a lavorare la terra. Passando la maggior parte del tempo in campagna, visse in una mirabile semplicità ed innocenza, pensando spesso a Dio, a cui offriva tutte le fatiche e i disagi del suo mestiere, e facendo frequenti orazioni, per implorare l'aiuto e la grazia di Dio. Siccome non sapeva leggere cercava con ogni studio di ascoltare la parola di Dio quanto più gli era permesso, e di leggere libri spirituali, e specialmente le vite dei Santi. Un giorno si sentì ispirato d'imitare le penitenze e le austerità, che udiva essere state praticate dai Santi Eremiti, per acquistare il regno dei cieli; e a questo fine risolvette d'abbracciare l'istituto dei religiosi di San Francesco, chiamati Cappuccini. Felice all'età di 30 anni si portò dal Guardiano dei Cappuccini di Civita Ducale, il quale, prima di riceverlo, lo condusse in chiesa, e mostrandogli un' immagine del Crocifisso, gli disse: vedi Colui che tu devi imitare e seguire. Indi lo inviò a Roma dal Provinciale dell'ordine, il quale l'accolse benignamente. Felice intraprese la carriera della penitenza e dell'osservanza regolare con gran fervore di spirito, senza mai rallentare, anzi facendovi sempre nuovi progressi. Ubbidiente ai comandi dei superiori, gli bastava un solo cenno per eseguir tutto quello che gli veniva ordinato, duro e difficile che fosse. Era vigilante nel custodire i suoi sentimenti, e particolarmente gli occhi, in modo da non osservare oggetti pericolosi o vani. Amava in modo particolare l'orazione, che è la sorgente di tutte le grazie celesti: e siccome era analfabeta, e non sapeva leggere; così soleva dire che egli non studiava se non sei lettere, cinque rosse a una bianca, e che queste sole gli bastavano, per divenir dotto nella scienza de' Santi. Per le cinque lettere rosse intendeva le cinque piaghe, e la passione di Gesù Cristo, ch'era il soggetto ordinario delle sue meditazioni, da cui apprendeva la pratica di tutte le più sublimi virtù. La lettera bianca significava la parità illibata di Maria Madre di Dio, della quale era divotissimo, studiandosi d'imitare le eccelse sue virtù, e specialmente la purità, la quale sopra ogni altra virtù rende le anime care ed accette alla santissima Vergine. Per conservare più facilmente questa virtù della purità, e per meritare insieme la protezione della Vergine, macerava la sua carne con penitenze e austerità: e non contento di quelle che prescriveva la regola di San Francesco osservata letteralmente da' Padri Cappuccini, ne aggiungeva delle altre più rigorose. Fu destinato ad accattare il pane per i suoi religiosi nella città di Roma, dove visse per più di 40 anni, esercitando in tutto questo tempo tale uffizio faticoso di cercare in questa grande città con tale modestia, semplicità e carità che divenne l'oggetto dell'ammirazione e della venerazione di ogni sorta di persone, anche delle più illuminate e tra le altre di S. Carlo Borromeo e di San Filippo Neri, i quali facevano grande stima di lui. Prendeva due o tre ore al più di sonno sulle nude tavole, tenendo per capezzale un fascio di sarmenti. Faceva continui e rigorosi digiuni, contentandosi per lo più di pane ed acqua in poca quantità. Soleva chiamare sè medesimo il giumento del convento, e il suo corpo Frate Asinello sì per disprezzarsi ed avvilirsi, sì per significare, che ad altro non tendevano le sue brame, se non a faticare, a mortificarsi, e a ricevere mali trattamenti. Si degnò il Signore Iddio onorare il suo Servo del dono dei miracoli e della profezia, e di altri favori celestiali, tra quali si annovera quello di avere ricevuto il bambino Gesù fra le sue braccia in una visione, in cui apparve la Ss.ma Vergine. Finalmente si compiacque di esaudire i suoi ardenti desideri, chiamandolo a sè con una morte preziosa il 18 di maggio dell'anno 1587 in età di anni 74. MARTIROLOGIO ROMANO. A Spalato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, san Felice, martire durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.

nome Sant'Eric IX- titolo Re di Svezia- nascita 1120, Svezia- morte 18 maggio 1161, Gamla Uppsala, Svezia- ricorrenza 18 maggio- Santuario principale Cattedrale di Uppsala- Attributi spada e bandiera svedese- Patrono di Svezia- Eric IX, eletto re di Svezia nel 1150, ebbe una parte determinante nel consolidamento della fede cristiana nel suo paese e contribuì alla sua diffusione in Finlandia. In quest'ultima impresa fu sostenuto validamente dall'inglese S. Enrico di Finlandia (19 gen.). Nella vecchia Uppsala portò a termine la costruzione della cattedrale, che pur non essendo un edificio particolarmente grande offre un bel colpo d'occhio ed è, come Jelling in Danimarca, circondata da tumuli che contengono i resti dei primi re pagani. La vecchia Uppsala era il centro politico e religioso del regno svedese; secondo alcuni la cattedrale costruita da Eric sorgeva sui resti di un tempio pagano. Durante il suo regno Eric si adoperò nel collezionare e codificare le antiche leggi. Come i suoi predecessori fu coinvolto in numerose guerre e in una di queste — condotta contro una coalizione di danesi, finlandesi e svedesi ribelli — trovò una morte violenta a Uppsala, dove fu poi costruita una nuova cattedrale in sua memoria. Sua guida spirituale era S. Enrico, consacrato vescovo di Uppsala da un legato pontificio inglese, Niccolò Breakspear, divenuto poi papa con il nome di Adriano IV (1154.1159), l'unico papa inglese della storia. Conosciamo pochi particolari del regno di Eric e qualcosa di più della sua morte. Dal 1152 aveva intrapreso una guerra contro i finlandesi che facevano scorrerie in territorio svedese; durante le sue spedizioni punitive offriva ai nemici la pace se si fossero convertiti al cristianesimo (questa sua politica ricorda quella di Carlo Magno con i sassoni pagani): essi però rifiutarono e furono sconfitti definitivamente in battaglia. S. Enrico rimase per alcuni anni in Finlandia, e qui fu ucciso nel 1156. Pochi anni dopo Eric dovette affrontare le forze ostili danesi, guidate dal principe Magnus di Danimarca e appoggiate da ribelli svedesi forse scontenti del forte sostegno che il re dava alla politica della Chiesa nella costruzione di nuovi edifici (che comportava, tra l'altro, l'imposizione di una "decima", come avveniva in altre parti d'Europa). Nel giorno della festa dell'Ascensione del 1160 andò a Messa nella chiesa situata dove ora sorge l'attuale cattedrale di Uppsala. Mentre si trovava là uno dei suoi uomini gli disse che i nemici erano alle porte della città e bisognava mettere mano alle armi. Eric rispose che preferiva ascoltare in pace la Messa di quella grande festa. Dopo la Messa, indossata l'armatura, si recò con i suoi pochi seguaci ad affrontare la folta schiera assiepata fuori della città. Fu subito attaccato da soldati danesi che lo disarcionarono da cavallo e lo ferirono. Catturato fu torturato, irriso e poi decapitato. In un primo tempo fu sepolto nell'antica chiesa di Uppsala, che egli aveva aiutato a costruire. Subito dopo la sua morte gli vennero attribuiti molti miracoli, posti in connessione sia con il suo corpo che con una sorgente scaturita nei pressi dell'attuale cattedrale. Il 24 gennaio 1273 le sue reliquie, conservate in un reliquiario a forma di piccola chiesa gotica, furono traslate dalla vecchia alla nuova cattedrale. Il reliquiario fu fuso durante la Riforma ma i resti di S. Eric furono conservati intatti e nel 1580 re Giovanni III li pose in una teca d'argento, successivamente dorata, del peso di trentaquattro chilogrammi, che può essere ancora ammirata nella cattedrale di Uppsala. Contiene gran parte delle ossa di Eric, la spada che lo uccise e la corona reale, fatta di rame dorato, decorata con pietre rosse, verdi e blu: è la più antica corona svedese giunta fino a noi. Un'altra testimonianza su Eric è costituita dalla serie di affreschi del xv secolo che si trovano nella cattedrale. Le celebrazioni per uno dei più importanti re medievali svedesi sono un notevole ricordo del culto e del pellegrinaggio a S. Eric che si svolgeva quando la Svezia era un paese cattolico. Benché non sia mai stato formalmente canonizzato dalla Santa Sede, il suo culto si diffuse e alla fine fu tacitamente approvato. Il vessillo di Eric veniva frequentemente portato in battaglia ed egli fu presto considerato il patrono principale della Svezia fino alla Riforma. MARTIROLOGIO ROMANO. A Uppsala in Svezia, sant’Eric IX, re e martire, che durante il suo regno si prodigò nel governare con saggezza il popolo e nel tutelare i diritti delle donne; mandò in Finlandia il vescovo sant’Enrico per diffondervi la fede di Cristo e, infine, aggredito mentre partecipava alla celebrazione della Messa, cadde pugnalato per mano dei suoi nemici.

nome San Venanzio di Camerino- titolo Martire- nascita Camerino, Marche- morte 18 maggio 250, Camerino, Marche- ricorrenza 18 maggio- Santuario principale Basilica di San Venanzio a Camerino- Patrono di Camerino, Raiano, San Venanzo- Questo simpatico giovanetto fornito di tutte le doti di natura e di grazia, nacque a Camerino. Geloso della sua innocenza e della buona educazione ricevuta, guardò sempre di non imbrattarla con colpa nè grave nè veniale. Visse in tempi di corruzione e di persecuzione. Perciò, scoperto quale cristiano, egli seppe ribattere le insidie, sgominare i disegni del tiranno, sostenere con gioia le catene, la fame, il fuoco, e rendere impotenti, per miracolo, i denti dei leoni. Tutto sopportò pur di non offendere il suo Gesù. E fu l'amore a Gesù, anzi Gesù medesimo che in lui parlò e combatté per confondere l'empietà e la stoltezza dei pagani. Le persecuzioni infierivano. Venanzio quindicenne vede che tanti timorosi cedono alle insidie e alle lusinghe dei pagani: ne è addolorato e vorrebbe incoraggiare e fortificare tutti.. catturato e condotto davanti ad Antioco preside di Camerino sotto Decio imperatore. — È dunque vero che tu segui la setta dei Cristiani? — Sì, professo la mia fede — egli risponde — e credo di essere nel mio diritto. Invano il persecutore cerca convincerlo con cavilli, perchè il santo giovanetto dicendo quanto lo Spirito di Dio gli suggerisce in quel momento, risponde a tutto sapientemente e con meraviglia di tutti. Venne sferzato e messo in prigione, ma fu liberato da un Angelo. Poscia venne appeso ad una trave col capo all'ingiù, ma il Signore che, vegliava su di lui, inviò per la seconda volta l'Angelo, che lo avvolse in una nube celeste e fu visto camminare in candida veste sul fumo. Vedendo questo, Anastasio Corniculario, segretario del prefetto, si convertì e fu battezzato con la sua famiglia da Porfirio prete, e lo seguì subito dopo nella gloria. Intanto Venanzio fu nuovamente imprigionato e tentato a rinnegare la fede. Il preside gli fece rompere i denti e le mascelle, lasciandolo semivivo. Ma subito rialzato da un Angelo, stette ritto innanzi al giudice, il quale mentre ancora parlava, fu sbalzato dal seggio gridando: «Il Dio di Venanzio è il vero Dio; abbattete i nostri dèi», e così spirò. Allora il preside ordinò che il Santo venisse gettato ai leoni, ma essi dimentichi della naturale ferocia gli lambivano le piaghe, mentre egli insegnava la dottrina cristiana al popolo. Maggiormente infuriato il preside lo fece rimettere in carcere per la terza volta, ma per la terza volta l'Angelo venne a liberarlo. Dopo essere stato trascinato tutto il giorno per le vie, il dl seguente fu ricondotto alla presenza del persecutore che lo fece gettare da una rupe. Ma anche questa volta rimasto salvo per disposizione divina, fu nuovamente trascinato e condotto in una vicina valle. Quivi egli fece il segno di croce su una lapide in cui aveva lasciato l'impronta delle sue ginocchia e subito ne sgorgò acqua miracolosa. A quel nuovo portento molti credettero in Cristo, e subirono il martirio col grande atleta di Gesù. I Cristiani seppellirono con onore i corpi di S. Venanzio e degli altri Martiri, che ancora si conservano nella chiesa di Camerino dedicata al Santo. PRATICA. - Impariamo a praticare la fede senza rispetto umano. PREGHIERA. - O glorioso Venanzio, ottienici la grazia di calpestare il rispetto umano, di fortificare' nella fede, per confessarla apertamente dinanzi agli uomini, affinchè Gesù confessi noi davanti al Padre. MARTIROLOGIO ROMANO. A Camerino san Venanzio Martire, il quale, all’età di quindici anni, sotto l’imperatore Décio ed il Preside Antioco, insieme con altri dieci, compì il corso del glorioso combattimento con la decapitazione.

nome Santi Teodoto, Tecusa, Alessandra, Claudia, Faina, Eufrasia, Matrona e Giulitta- titolo Martiri- ricorrenza 18 maggio- Il bollandista. II Delehaye considera gli Acta di questi martiri, nella forma abbreviata o estesa, niente più di un romanzo pio basato su una storia di Erodoto, i cui episodi vengono falsamente attribuiti a un certo Nilo, presunto compagno e testimone oculare dei santi. La vicenda è situata ad Ancira (Turchia) e racconta in modo verosimile di come l'oste Teodoto abbia recuperato le reliquie di S. Valente, traendole in salvo da un fiume; incontrato poi un gruppo di fedeli e sedutisi sull'erba, essi si erano radunati con il prete Frontone. Ammirato dalla bellezza di quel posto solitario per costruirvi una cappella a custodia delle reliquie dei martiri, Teodoto diede al presbitero il suo anello come promessa di procurare alcune reliquie. Di lì a poco, l'oste si trovò coinvolto in un altro evento: la celebrazione di una festa in onore di Diana e Minerva, le cui statue dovevano essere lavate in un laghetto da un gruppo di sacerdotesse a ciò addette. Sette giovani cristiane però, che avevano rifiutato di divenire sacerdotesse delle dee, erano state spogliate e gettate in acqua con una pietra legata al collo. Teodoto anche questa volta recuperò i corpi ma fu tradito e decapitato. Venutolo a sapere, Frontone si recò ad Ancira sul suo asino, portò alcuni otri di vino e li offrì ai soldati posti di guardia al corpo di Teodoto fino a ubriacarli; poté così prendere il corpo del martire, metterlo sul dorso dell'asino e dileguarsi con il favore delle tenebre. Tornato a Malos costruì una cappella, realizzando il desiderio di Teodoto e ponendovi come reliquie i suoi resti, in modo tale che il sacerdote gli poté rimettere al dito l'anello avuto in pegno. Questa narrazione è stata per lungo tempo considerata autentica; attualmente, invece, persino l'esi-stenza stessa dei santi è messa in discussione. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Ankara in Galazia, nell’odierna Turchia, santi martiri Teódoto e Tecúsa, sua zia, Alessandra, Claudia, Faina, Eufrasia, Matrona e Giulitta, vergini; queste ultime furono dapprima costrette dal governatore alla prostituzione e poi immerse in una palude con dei massi legati al collo.

nome Beata Blandina Merten- titolo Vergine Orsolina- nascita 10 luglio 1883, Düppenweilcr, Germania- morte 18 maggio 1918, Treviri- ricorrenza 18 maggio- Blandina, nata a Düppenweilcr (Germania), nona figlia di una famiglia religiosa, ancor giovane decise di consacrarsi al Signore entrando nell'Ordine insegnante delle orsoline. Si distinse per la totale dedizione ai bambini a lei affidati, nel contesto di un apostolato di esempio e sofferenza quasi invisibile. La sofferenza, seria e prolungata, ridusse la sua vita religiosa a soli undici anni e quella naturale a trentacinque. Morì verso la fine della prima guerra mondiale e fu beatificata nel 1987. La Scrittura, la Messa e la preghiera erano il centro della sua vita. «Chi ama Dio — era solita dire — non ha bisogno di fare eccezionali imprese, è sufficiente amare.» Durante la sua vita non fece nulla di straordinario, ma compì il suo dovere quotidiano eccezionalmente bene. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mergentheim in Germania, beata Blandina (Maria Maddalena) Merten, vergine dell’Ordine di Sant’Orsola, che unì alla vita contemplativa l’impegno nella formazione umana e cristiana delle ragazze e degli adolescenti.

nome Beato Guglielmo da Tolosa- titolo Sacerdote- nascita Tolosa, Francia- morte 18 maggio 1369, Tolosa, Francia- ricorrenza 18 maggio- Beatificazione 1893 da papa Leone XIII- Guglielmo in giovane età divenne membro dell'Ordine degli Eremiti di S. Agostino a Tolosa e dopo l'ordinazione presbiterale fu mandato all'università di Parigi, che allora godeva di grande reputazione per gli studi superiori. Divenne famoso come predicatore e direttore spirituale; possedeva anche qualità non comuni di, esorcista e gli vennero persino accreditate visioni di spiriti maligni. Considerò la sua professione come un'esplicita consacrazione alla Santa Trinità: obbedienza al Padre, povertà per amore del Figlio che si fece povero, e castità per lo Spirito Santo "sposo" di Maria e di tutte le anime devote. Una volta una ricca signora gli chiese di pregare per i suoi defunti ed egli pronunciò queste parole: «L'eterno riposo dona loro o Signore... riposino in pace». La donna fu delusa poiché si aspettava preghiere più lunghe data la consistenza della sua offerta, una intera borsa d'oro. Allora Guglielmo mise per iscritto la preghiera e mise la carta e l'oro su una bilancia: la carta pesava più dell'oro! Il suo culto fu per lungo tempo non ufficiale, diffondendosi a partire da quella che era divenuta la seconda città di Francia e venendo poi confermato dalla Santa Sede nel 1893. La chiesa conventuale e gli edifici monastici degli Eremiti di S. Agostino sono conservati nel Musée des Augustins, che raccoglie dipinti, sculture ed esemplari di architettura medievale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tolosa sulla Garonna in Francia, beato Guglielmo, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino.

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4 commenti

@Kaishetornatadaunvideogoreinalbania

8 mesi fa

San giovanni vestito come se giocasse nella salernitana

+1 punto

@piccolo_GRANDE_anonimo

8 mesi fa

Amen

+1 punto