@Vitupero

13/03/2024 alle 08:26

I santi di oggi 13 marzo:

I santi di oggi 13 marzo:

nome San Rodrigo di Cordova- titolo Sacerdote e martire- nascita VIII secolo, Cordova, Spagna- morte 837, Cordova, Spagna- ricorrenza 13 marzo- Nei primi secoli della dominazione mussulmana della penisola iberica visse e morì martire San Rodrigo, accanto a molti altri cristiani intransigenti nella loro fede e troppo zelanti nel loro apostolato.

L'avvento dei Mussulmani segnò infatti, in Spagna, una dolorosa divisione tra popolazione cristiana e popolazione maomettana; una divisione che spesso si insinuava fin nell'interno delle famiglie, dando luogo a situazioni incresciose, e talvolta addirittura grottesche. Nella famiglia di Rodrigo, per esempio, un fratello era acceso mussulmano; un altro, fervente cristiano. Rodrigo stesso, poi, era stato ordinato sacerdote cristiano. La convivenza, perciò, non era facile, e un giorno, in occasione di un alterco più violento del solito tra i due fratelli, Rodrigo si interpose come paciere, finendo per buscarne dall'uno e dall'altro. Ridotto privo di sensi, il fratello mussulmano gli giuocò il tiro più subdolo, caricandolo su una barella e portandolo in giro per le strade di Cordova, proclamando a gran voce che il fratello, già sacerdote cristiano, si era finalmente convertito alla fede del Profeta. Ignaro di tutto ciò, quando si fu rimesso in sesto, Rodrigo riprese a esercitare il sacerdozio, e quando scoppiò una delle periodiche persecuzioni contro i cristiani, si allontanò da Cordova per ritirarsi in una località vicina. Venne presto arrestato, non tanto perché cristiano, quanto come rinnegato. Se era vera infatti, come il fratello aveva proclamato, la sua conversione al Corano, il ritorno all'antica fede appariva come un vero e proprio tradimento, a meno che Rodrigo non si piegasse a rinnegare pubblicamente, davanti al Cadì, cioè al giudice arabo, la religione cristiana.

E poiché San Rodrigo non volle piegarsi, venne condannato al carcere, dove incontrò quel Salomone il quale viene oggi festeggiato, ma sul cui conto, fino a quel punto, non abbiamo notizia alcuna. Si sa soltanto che tutti e due, Rodrigo e Salomone, si esortarono a vicenda nella fede, preparandosi al prossimo martirio. Furono infatti decapitati ambedue nell'anno 837, diventando, per così dire, fratelli di sangue, uniti in una famiglia che non conosce discordie né rivalità. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cordova, nella Spagna, i santi Martiri Ruderico Prete e Salomone.

nome San Leandro di Siviglia- titolo Arcivescovo- nascita 534, Cartagena, Spagna- morte 13 marzo 600, Siviglia, Spagna- ricorrenza 13 marzo- Attributi bastone pastorale- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Siviglia- La Spagna, nonostante si trovasse alla periferia dell'impero romano, sembrava attirare dentro di sé e intensificare tutti i fermenti presenti nel centro. Il IV e il V secolo videro dipanarsi nell'estremità occidentale del mondo mediterraneo l'antagonismo tra ariani e cattolici, barbari e romani, bizantini e goti. Leandro, vescovo di Siviglia, con la forza della fede e della saggezza, fu in grado di risolvere alcuni dei conflitti e di portare alla Spagna un periodo di pace durante il quale il cattolicesimo poté radicarsi più in profondità e fiorire. Leandro era originario di una famiglia nobile ariana: suo padre era uno dei grandi del regno visigoto, un duca o un governatore della provincia orientale (con capitale Cartagena). Alla metà del vi secolo un nobile di nome Atanagildo richiese l'intervento dei bizantini per aiutare i cattolici perseguitati dagli ariani. I greci conquistarono la costa e posero la loro base a Cartagena, così che la famiglia di Leandro dovette fuggire a Siviglia. Là la madre si convertì al cattolicesimo ed educò i figli nella stessa fede: furono dei modelli di santità e Fulgenzio divenne vescovo di Ecija, Isidoro (4 apr.) succedette a Leandro come vescovo di Siviglia e la sorella Fiorentina divenne suora. Una leggenda parla di un'altra sorella sposa del re ariano Leovigildo, ma non si hanno prove sicure. Già da ragazzo Leandro possedeva un fascino particolare e un'ottima dialettica; scelse però di entrare in un monastero, dove trascorse tre anni in intensa preghiera e studio. Alla morte del vescovo di Siviglia, nel 578 circa, la popolazione si recò al monastero, portò Leandro alla cattedrale di S. Vincenzo e lo insediò sul trono episcopale. La sua preoccupazione maggiore come vescovo fu quella di combattere l'eresia ariana. La provvidenza gli fu propizia: re Leovigildo aveva due figli, Ermenegildo e Recaredo. Nel 576 Ermenegildo sposò Tndegonda, la figlia cattolica di Sigeberto d'Australia e Brunechilde. Goswinta, la regina, ariana convinta, disprezzava e maltrattava la cognata, così Leovigildo mandò Ermenegildo e la sua sposa a Siviglia, per amministrare la regione. Là egli conobbe Leandro, che lo accolse nella Chiesa cattolica. Leovigildo, infuriato per la cosa, ordinò a suo figlio di tornare a Toledo, ma Ermenegildo si rifiutò e cercò piuttosto di ottenere l'aiuto militare dell'imperatore di Bisanzio. Leovigildo scatenò una persecuzione indirizzata soprattutto contro i vescovi e si stabilì un clima di terrore. Perseguitò Ermenegildo, assediando Siviglia per due anni, e quando la città capitolò, gli risparmiò la vita ma non senza condannarlo all'esilio con tutta la famiglia. Il figlio fuggì a Cordova e organizzò un esercito ribelle, conducendolo poi contro il padre, ma venne sconfitto. Questa volta fu decapitato e in seguito venerato come martire (13 apr.). Leandro lasciò la Spagna nel 583 e si recò a Costantinopoli, con un'ambasciata per l'imperatore. L'esito della visita non è conosciuto, ma sappiamo che là incontrò Gregorio Magno (3 set.) e strinse con lui una profonda amicizia. Fu dietro richiesta di Leandro che Gregorio mise per iscritto i commenti che aveva fatto al libro di Giobbe per i monaci che lo accompagnavano. Li mandò in seguito a Leandro, dopo numerose revisioni, con una dedica e una copia della sua Regola Pastorale. Re Leovigildo morì nel 586. Il racconto di una sua conversione sul letto di morte e dell'affidamento del figlio Recaredo a Leandro sembra infondato, mentre può essere che il giovane nutrisse già segretamente sentimenti di simpatia per i cattolici mentre suo padre era ancora vivo. In ogni caso, il ritorno di Leandro a Siviglia e la chiara adesione al cattolicesimo del nuovo re significarono l'inizio di un nuovo periodo. I due lavorarono insieme per una Spagna cattolica: in particolare tennero una serie di concili, mirati a una restaurazione dell'ortodossia e un rinnovamento della moralità. Recaredo era presente al primo concilio, detto Toledo III. Leandro lo presiedette e pronunciò un sermone di ringraziamento, De triumpho Ecclesiae, pervenutoci. Con la forza delle sue argomentazioni Leandro persuase molti vescovi ariani a abiurare e tornare alla fede ortodossa, aiutato indubbiamente da Recaredo che depose i meno malleabili. In quello stesso concilio fu deciso di inserire nella Messa la recita del credo niceno, per rinforzare la fede del popolo e tale pratica si diffuse poi in tutta la Chiesa occidentale. Leandro lavorò anche per convertire gli svevi, le tribù della Galizia convertite al cattolicesimo da S. Martino da Braga (20 mar.) e poi corrotte da Leovigildo. Gregorio, allora papa, scrisse una lettera affettuosa a Leandro, congratulandosi con lui per i doni ottenuti, grazie al Signore, per la Chiesa di Spagna, e gli mandò il pallium. L'unico altro scritto di Leandro che ci è pervenuto è il De institutione virginum, scritto per la sorella Fiorentina, chiamato anche La regola di vita monastica. Sebbene dipendente da Cassiano e da altri scrittori monastici, il suo approccio pratico è di un'immediatezza che lo rende ancora valido. Leandro morì verso il 600, le sue reliquie sono conservate in una cappella della cattedrale di Siviglia. In Spagna è venerato come un dottore della Chiesa.<br /> Solitamente viene rappresentato con il cuore infiammato o un triangolo in una mano a ricordo della sua predicazione contro l'arianesimo. Gregorio gli fece dono di un'immagine della Vergine, e a volte è ritratto con essa. MARTIROLOGIO ROMANO. A Siviglia in Spagna, san Leandro, vescovo, che, fratello dei santi Isidoro, Fulgenzio e Fiorentina, con la sua predicazione e il suo attivo impegno convertì dall’eresia ariana alla fede cattolica i Visigoti, con l’aiuto del loro re Reccaredo.

nome Santa Cristina- titolo Martire in Persia- morte 15 marzo 559, Persia- ricorrenza 13 marzo- Attributi<br /> Palma del martirio, Croce- Secondo lo storico Abel Della Costa in "The Faithful Witness": "Tutto inizia con un'iscrizione in una menologia greca, che, tradotta in latino da Pietro Canisio nel XVI secolo, colloca oggi Santa Cristina di Persia con i seguenti termini : "In questo giorno, Cristina, fatta martire dalla confessione di Cristo davanti ai persiani, è emigrata al Signore". Il Martirologio romano di Baronio, composto da quegli stessi anni, riprende la notizia in questi termini: "In Persia, santa Cristina, vergine e martire". I bollandisti hanno già osservato che non c'è motivo di classificarla come vergine, e, anzi, quell'aspetto dell'elogio non compare più nell'attuale Martirologio. Successivamente, la migliore conoscenza del "Sinassario costantinopolitano" mostra che per il 13 o 14 marzo (la data varia a seconda dei codici) è iscritta la nostra santa, con l'aggiunta che è stata punita con frustate. Nella Biblioteca Laurentina di Firenze è stato rinvenuto nel XVII secolo un certificato di martirio in greco, che i Bollandisti considerano scritto da un contemporaneo della santa, che parla di Santa Sira, una giovane donna morta sotto la frusta tortura prima di essere uccisa, sotto il regno di Cosroe I, cioè tra gli anni 531 e 579. Per vari motivi interni gli assegnano l'anno 559, e poiché la santa non compare in nessun'altra fonte, la iscrissero provvisoriamente alla data di 18 maggio, per il quale danno lunghe ragioni. Ora, nonostante il ritrovamento dei Bollandisti, Santa Sira non fu mai iscritta nel catalogo dei santi, ma in seguito il Martirologio Romano adottò per la nostra Santa Cristina i dati cronologici di Santa Sira, unendo i due in uno, da cui proviene martire di oggi ”. MARTIROLOGIO ROMANO. In Persia, santa Cristina, martire, che, percossa con le verghe, ricevette la corona del martirio sotto il regno di Cosroe I di Persia.

nome Sant'Ansovino di Camerino- titolo Vescovo- nascita inizio IX secolo, Camerino, Marche- morte 13 marzo 868, Roma- ricorrenza 13 marzo- Santuario principale Chiesa di Sant'Agostino a San Severino Marche- Patrono di Camerino- Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Camerino- Ansovino nacque a Camerino, nelle Marche. Dopo l'ordinazione sacerdotale si ritirò in un luogo solitario a Castel Raimondo, vicino a Torcello e si conquistò la reputazione di uomo santo e autore di miracoli. Durante un soggiorno in Italia l'imperatore Luigi il Pio lo scelse come confessore, e approvò la sua elezione a vescovo di Camerino. Ansovino accettò l'incarico, a condizione di venire esonerato dall'obbligo di procurare soldati per l'esercito imperiale, cosa che considerava inopportuna per un vescovo e contraria alla legge della Chiesa. Si dimostrò un pastore saggio e prudente, generoso con i poveri e ottimo amministratore dei suoi beni, tanto che in tempo di carestia aveva sempre qualcosa da dare ai bisognosi. Era anche un taumaturgo. Si trovava a Roma quando venne colto da una febbre improvvisa, che si rivelò fatale. Nonostante le proteste dei suoi amici, insistette per ritornare a casa e poter morire tra la sua gente a Camerino, dove impartì un'ultima benedizione e ricevette il viatico prima di morire.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Camerino nelle Marche, sant’Ansovino, vescovo.

nome Beato Agnello da Pisa- titolo Francescano- nascita 1194 circa, Pisa- morte 13 marzo 1235, Oxford, Inghilterra- ricorrenza 13 marzo- Beatificazione da papa Leone XIII il 4 settembre 1892- Agnello, il fondatore della provincia francescana d'Inghilterra, venne ammesso nell'ordine dallo stesso S. Francesco (4 ott.) durante una sua visita a Pisa, probabilmente nel 1211. In quell'occasione venne aperto un convento nella città e Agnello si trovò trascinato dalla corrente del primo fervore francescano. Nel capitolo generale del 1217 fu deciso che un gruppo di frati si recasse in Francia. Anche Francesco partì con loro, ma lungo il cammino incontrò il cardinale Ugolino, il futuro papa Gregorio IX (1227-1241), che lo convinse a rimanere in Italia. Francesco volle però che la spedizione continuasse come deciso e ne nominò responsabile Agnello, allora diacono. Nella regione di Parigi l'abate di SaintDenis diede ai fratelli una casa e, in pochissimo tempo, furono aperti altri conventi attorno, di cui Agnello fu il custos (custode) per alcuni anni. La decisione più importante presa da Agnello a Parigi fu di dare vita a una comunità che raccogliesse i francescani studenti all'università, indicando lo stretto legame tra i francescani e i centri d'educazione più influenti del Medio Evo. Sette anni dopo il suo arrivo in Francia, nel 1224, Francesco nominò Agnello a capo di un altro gruppo di otto fratelli, diretti in Inghilterra. Tra di loro vi erano tre inglesi, uno dei quali, Riccardo di Ingworth, era sacerdote. La compagnia venne accolta cordialmente dai monaci di Fécamp, sulla costa francese del canale della Manica, che pagarono loro anche il viaggio per Dover, dove il gruppo sbarcò il 10 settembre 1224. Procedettero per Canterbury, dove vennero alloggiati nell'ospizio per preti indigenti, in un edificio che di giorno era adibito a scuola: durante le lezioni i frati dovevano stare in una stanzetta sul retro e solo dopo che gli alunni erano andati a casa potevano uscire e accendere il fuoco. Era inverno e dovettero sopportare non pochi disagi, considerato anche che il loro unico sostentamento erano pane e birra diluita. La loro allegria e il loro fervore suscitarono l'ammirazione di Stefano Langton, arcivescovo di Canterbury, che vedeva in essi l'incarnazione dell'autentico spirito degli apostoli e li chiamava i Fratelli dell'Ordine degli Apostoli. Agnello infine ricevette in dono un terreno dal direttore dell'ospizio e qui, sebbene fosse paludoso e umido, vi costruirono delle capanne nelle quali vissero per circa cinquant'anni. I due frati inglesi, Riccardo di Ingworth e Riccardo di Devon, insieme con due italiani, partirono immediatamente per Londra, dove vennero caldamente accolti dai domenicani, che li alloggiarono per una quindicina di giorni, fino a quando affittarono una casa a Cornhill. I due inglesi poi andarono a Oxford, mentre Agnello si stabilì a Londra. L'anno seguente i frati di Cornhill traslocarono in una angusta casa in Stinking Lane, che sarebbe stata allargata nel 1229 per accogliere le numerosissime vocazioni.<br /> Agnello era totalmente impregnato dell'ideale di povertà di S. Francesco: egli non permetteva ai frati di accettare più terreno di quello strettamente necessario e più tardi, quando nel convento di Oxford venne costruita un'infermeria, fece fare i soffitti così bassi che vi era appena spazio per un uomo di media statura. Nonostante che lo scopo primario dell'espansione a Oxford fosse quello di raccogliere nuovi frati, fu la scuola di teologia che Agnello fondò là ad assumere nel tempo un'importanza immensa per la provincia inglese e per l'università della città. Agnello, di per sé, non era uno studioso e neanche S. Francesco era un sostenitore entusiasta dello studio, preoccupato che i suoi frati potessero perdere la loro semplicità, seguendo vuote ambizioni. La cultura era apprezzata se non spegneva lo spirito della preghiera e non ostacolava l'azione dello Spirito Santo. La provincia inglese assorbì tutte le energie di Agnello e, sebbene la sua posizione accademica fosse la più elevata nell'ordine, l'amore che nutriva per la povertà rimase una sua caratteristica dominante. Aimone di Faversham, un inglese che era entrato nell'ordine a Parigi, guidava il gruppo che si oppose e che destituì frate Elia, l'osteggiato superiore generale la cui mancanza di povertà era di scandalo alla maggior parte dei frati: la provincia inglese mantenne un solido equilibrio durante i conflitti che seguirono all'interno dell'ordine e venne citata a esempio nei capitoli generali. Giovanni Buralli auspicò che «quella provincia potesse essere posta al centro del mondo perché tutti ne seguissero l'esempio».<br /> Anche a Cambridge l'avvento dei frati contribuì alla fondazione della facoltà di teologia nella città, ma questa nel mondo francescano non raggiunse mai l'importanza della prima. I nomi degli studiosi di Oxford legati ai francescani testimoniano un'era splendida; Roberto Grossatesta, che Agnello mise come professore fin dalla nascita della scuola, diede il contributo maggiore alla fama dell'università e fu seguito da altri quattro rettori appartenenti all'ordine. Tra i nomi più celebri vi furono Adamo Marsh, Tommaso di York, Riccardo Rufus di Cornovaglia, Giovanni del Galles e giganti intellettuali come Ruggero Bacone, Duns Scoto (8 nov.) e Guglielmo di Ockham. Agnello non poteva certo prevedere l'alto livello intellettuale che avrebbe caratterizzato la provincia inglese e nemmeno l'influenza spirituale che avrebbero esercitato così tanti uomini fedeli ai valori di S. Francesco. Egli però visse quegli ideali in prima persona, mostrando ai giovani frati inglesi che ricevette nell'ordine un esempio vibrante di ciò che significava essere francescani. La sua fama di santità era molto diffusa anche tra i laici: era amico di re Enrico III e fu scelto per la sua cortesia e il suo tatto per negoziare con il ribelle conte di Marshall. La sua salute venne compromessa dagli sforzi per questa causa e da un ultimo travagliato viaggio in Italia. Al ritorno a Oxford soccombette a un attacco di dissenteria e morì all'età di quarantun anni, dopo aver gridato per due giorni: «Vieni, Gesù dolcissimo». Il suo culto è stato confermato nel 1892. MARTIROLOGIO ROMANO. A Oxford in Inghilterra, beato Agnello da Pisa, sacerdote, che, mandato da san Francesco prima in Francia e poi in Inghilterra, vi istituì l’Ordine dei Minori e promosse lo studio delle scienze sacre.

nome Sant'Eldrado di Novalesa- titolo Abate- nascita Provenza- morte 842 circa, Novalesa- ricorrenza 13 marzo- Santuario principale Abbazia di Novalesa- Eldrado nacque in Provenza da una famiglia nobile e benestante; ereditò da giovane una grande fortuna, che per la maggior parte donò in beneficenza: fece costruire una chiesa e un ospizio, dove chiunque veniva accolto senza dover pagare nulla, e fece piantare un bellissimo giardino i cui prodotti erano a disposizione di tutti. Infine decise di liberarsi completamente di tutto il denaro, sentendo di essere a esso troppo legato: parte lo diede alla Chiesa e il resto lo regalò ai poveri. Poi partì alla ricerca di un monastero che seguisse una regola molto rigida. Percorse tutta la Provenza, l'Aquitania e la Spagna, per arrivare alla fine in Italia. Lì udì parlare di Novalesa, un monastero di cinquecento monaci, amministrato con vigore dal santo abate Ambolfo. Eldrado fu accolto nell'abbazia, e presto conobbe in profondità la Regola di S. Benedetto, i detti di S. Colomba e gli scritti di S. Basilio. Non molto prima di ricevere l'abito fu incaricato della cura della vigna e in seguito si occupò dei giovani monaci. Dopo la morte di Ambolfo, fu nominato abate Ugo, figlio di Carlo Magno, ma egli era spesso assente e, se non fosse stato per Eldrado, l'abbazia avrebbe sofferto molto della sua mancanza. Eldrado amministrò con tale successo il monastero che, alla morte di Ugo, venne eletto abate. Fece molto per il monastero: costruì una torre all'interno della zona fortificata, la cui parte superiore serviva da punto di osservazione e quella inferiore conteneva il tesoro del convento e la famosa biblioteca, che egli curava in modo particolare. Il monastero sorgeva sul monte Cenis, ma Eldrado eresse un altro ospizio sul passo Lautaret, divenuto oggi il monastero di BrianQon.<br /> S. Eldrado morì verso 1'842. Godeva di tale venerazione che le sue reliquie furono trasportate a lungo in processione nella valle novalese a Rogationtide. Il suo culto venne approvato nel 1903. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Novalesa ai piedi del Moncenisio in val di Susa, sant’Eldrado, abate, che, appassionato del culto divino, riformò il salterio e promosse la costruzione di nuove chiese.

Oggi ricorre l'undicesimo anniversario dell'elezione dell'attuale Sommo Pontefice Francesco. Era il 13 marzo 2013 e dopo 5 scrutini, iniziati nella giornata precedente, alle ore 19:05 minuto più minuto meno, i fedeli presenti in Piazza San Pietro poterono assistere alla "fumata bianca", che dal comignolo della Cappella Sistina annunciava l'elezione del nuovo Papa. Circa un ora dopo, alle 20:12 dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro il cardinale Jean Louis Tauran, in quanto cardinale protodiacono pronunciò la formula dell'"Habemus Papam" annunciando al mondo il nome del nuovo successore dell'apostolo Pietro, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, che fece la sua prima apparizione poco dopo, impartendo la sua prima benedizione Urbi et Orbi. Una settimana dopo con la consegna del Pallio da parte del cardinale decano Angelo Sodano e dell'anello del pescatore da parte del cardinale protodiacono Jean Louis Tauran, Papa Francesco ha inaugurato il suo ministero petrino.

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OP

@Vitupero

6 mesi fa

Errata corrige: il protodiacono consegna il pallio e il decano l'anello piscatorio.

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