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I santi di oggi 19 settembre:
nome San Gennaro- titolo Vescovo e martire- nascita 21 aprile 272, Benevento- Ordinato presbitero III secolo- Consacrato vescovo III secolo- morte 19 settembre 305, Pozzuoli- ricorrenza 19 settembre- Santuario principale Duomo di Napoli- Attributi abito vescovile, bastone pastorale, palma del martirio, ampolle contenenti il suo sangue, leoni del circo- Patrono di Napoli, Afragola, Caroniti, Cercola, Folignano, Gorga Cilento, Notaresco, San Gennaro Vesuviano, Somma Vesuviana, Torre del Greco, Trecase, Vettica Maggiore, Little Italy, Cervinara, orafi, donatori di sangue- Incarichi ricoperti Vescovo di Benevento- S. Gennaro nacque nella seconda metà del secolo III molto probabilmente a Benevento anche se alcune fonti dicono che sia venuto alla luce a Napoli. Di famiglia nobile e molto cristiano, predilesse fin dalla sua giovinezza la vita ecclesiastica. A trent'anni era sacerdote e vescovo di Benevento, quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano. Grande era la sua amicizia col diacono Sosio, che consultava sovente circa gli affari della diocesi, trovando in lui molto sapere e conforto spirituale. Un giorno, mentre Sosio leggeva il Vangelo nella chiesa, il Vescovo vide scintillare sopra il suo capo una fiamma che conobbe essere preannunzio del martirio. Pieno di giubilo per tanta grazia, baciò il capo di colui che doveva patire per amore di Gesù Cristo e ne rese grazie al Signore, rimanendo in attesa che si compisse la volontà di Dio. Difatti. poco dopo, per ordine del giudice Draconzio, il santo diacono fu chiuso in prigione. Ciò saputo Gennaro andò a visitarlo, ed entrato nel carcere: « Perché, esclamò, quest'uomo di Dio è tenuto prigioniero senza alcun motivo? ». Riferite queste parole a Timoteo, prefetto della Campania, questi fece arrestare anche Gennaro. Il nostro Santo, gettato in una fornace ardente, ne uscì illeso. Pertanto il prefetto preso da sdegno, ordinò di stirare il corpo del Martire, fino a rompergli le articolazioni. Frattanto un altro diacono, Sisto, ed il lettore Desiderio, presi e incantenati furono trascinati, insieme col Vescovo, davanti al carro del prefetto, fino a Pozzuoli e gettati nella medesima prigione ove erano detenuti Sosio e Proculo ed i cristiani Eutiche e Ponzio già condannati alle belve. Il giorno dopo furono tutti esposti alle fiere nell'anfiteatro; ma queste, dimentiche della loro naturale ferocia, si accovacciarono ai piedi di Gennaro. Intanto il prefetto, attribuendo ciò a incantesimi, pronunciò contro i martiri di Cristo la sentenza capitale, e divenuto cieco sull'istante, non ricuperò la vista che per le preghiere del Santo. A questo miracolo quasi cinquemila uomini abbracciarono la fede di Cristo. Tuttavia l'ingrato giudice non convertito dal beneficio, anzi sdegnato per la moltitudine delle conversioni e fanatico osservatore dei decreti imperiali, ordinò che il santo Vescovo coi compagni fossero uccisi di spada il 19 settembre. I Napoletàni, dietro avviso celeste, accorsero a raccogliere in ampolle parte del sangue del martire San Gennaro e trasportarono il corpo prima a Benevento, poi a Montevergine e infine nella cattedrale di Napoli, ove fu eletto a patrono principale della città. Napoli attribuì alla sua protezione la grazia di essere stata liberata da molteplici e violenti eruzioni del Vesuvio, e dalle armi di molti nemici che avevano giurato la sua rovina. Nella cappella del Tesoro della cattedrale si conserva il capo e due ampolle di sangue del santo Vescovo: quivi da sedici secoli si ripete il miracolo detto di S. Gennaro. Tale portento venne studiato da dotti di ogni secolo e d'ogni fede e tutti furono d'accordo nell'attribuirlo ad un intervento soprannaturale. Infatti, allorché nella ricorrenza del suo martirio e della sua consacrazione episcopale si pone il capo del Santo martire, racchiuso in una preziosa custodia, alla presenza del suo sangue raggrumato e contenuto in due ampolle di cristallo, senza l'intervento di alcun agente esterno, la massa del sangue del martire passa dallo stato solido allo stato liquido e lo si vede bollire. PRATICA: Facciamo oggi un piccolo sacrificio per la nostra fede. PREGHIERA. O Dio, che ci rallegri coll'annua solennità dei tuoi santi martiri Gennaro e compagni, concedi che come siamo rallegrati dai loro meriti, così siamo infiammati dai loro esempi. MARTIROLOGIO ROMANO. San Gennaro, vescovo di Benevento e martire, che in tempo di persecuzione contro la fede, a Pozzuoli vicino a Napoli subì il martirio per Cristo.
nome San Mariano di Evaux- titolo Eremita- nascita V secolo, Bourges, Francia- morte VI secolo, Évaux, Francia- ricorrenza 19 settembre, 19 agosto- Attributi caverna, croce, libro- Patrono di Évaux- Mariano proveniva da un'importante famiglia di Bourges, in Francia; poco si sa della sua vita prima della vocazione, se non che fosse sposato e probabilmente che avesse almeno un figlio. In seguito lasciò la famiglia e la moglie e decise di consacrarsi totalmente a Dio, abbracciando una vita di penitenza. Visse per sei anni in un monastero, poi si ritirò in completo eremitaggio nel Berry. Mariano visse in solitudine per ben 44 anni, durante i quali si dedicò totalmente alla contemplazione di Dio e si nutriva esclusivamente di frutti selvatici e miele. Marioni così si ritirò ad Épineuil dove passò il primo periodo del suo eremitaggio, durante il quale ricevette la visita del vescovo Tetradio, che benedisse la piccola grotta ove risiedeva e lo invitò invano a prendere i voti. Successivamente, quando la sua fama era già notevole, si spostò a Évaux, dove ogni giorno si recavano da lui numerosi fedeli in cerca di consigli e miracoli. Un giorno Mariano non fu trovato nel suo solito rifugio: lo si trovò, serenamente defunto, sotto un melo poco distante. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Bourges in Aquitania, in Francia, san Mariano, eremita, che non si nutriva che di frutti selvatici e miele reperito per caso.
nome Sant'Emilia Maria Guglielma de Rodat- titolo Vergine- nascita 6 settembre 1787, Druelle ,Rodez, Francia- morte 19 settembre 1852, Villefranche-de-Rouergue, Francia- ricorrenza 19 settembre- Maria Guglielma Emilia de Rodat, nata nel bel castello di Druelle, vicino a Rodez, il 6 settembre 1787, non aveva ancora compiuto due anni che fu affidata alla nonna materna che viveva nel chíiteau di Ginals, vicino a Villefranche-de-Rouergue, un luogo remoto, dove rimase al sicuro per tutta la Rivoluzione. Sembra sia stata una bambina normalmente vivace, con un forte, anche se non esagerato sentimento religioso. All'età di circa sedici anni, dopo aver mosso i primi passi nella vita di società, il suo entusiasmo per la religione si raffreddò un po', e si sostiene che abbia cercato un altro confessore, perché il suo era troppo severo, e di aver dedicato il minor tempo possibile alla preghiera. Questo comportamento, che alcuni definirebbero normale per una bambina di sedici anni, non fu approvato dalla nonna,. e poiché Emilia rifiutava la compagnia di «monache e donne pie» a Villefranche, fu costretta a condurre una vita austera e monotona a Ginals, dove allora vivevano i suoi genitori. Sembra che gradualmente si sia calmata, e abbia scoperto quello che cercava veramente. Durante la festa del Corpus Domini nel 1804, ebbe una definitiva esperienza spirituale che la convinse della costante presenza di Dio, e non ebbe più ripensamenti. Nella primavera dell'anno successivo, Emilia, ora diciottenne, andò ad aiutare le monache alla Maison Saint-Cyr a Villefranche, dove aveva frequentato la scuola lei stessa, occupandosi dei bambini durante la ricreazione, preparandoli alla prima comunione, e insegnando loro la geografia (anche questo era un insegnamento edificante, giacché doveva raccontare le vite dei santi in relazione ai nomi di luogo che gli allievi segnavano sulle cartine geografiche). Ovviamente aveva sperato di trovare posto nella congregazione, ma fu delusa, giacché le monache provenivano da vari conventi dispersi durante la Rivoluzione. 11 fatto che ora si trovassero riunite sotto un unico tetto non era sufficiente a formare una congregazione; inoltre nessuna di loro era giovane e non tutte accolsero di buon grado Emilia e il suo entusiasmo, come avrebbero potuto fare. Quest'ultima, a ogni modo, ebbe un amico importante, il cappellano della scuola, l'abate Antonio Marty, e con il suo permesso partì per tre volte nel periodo di undici anni di permanenza in quel luogo, per tentare la sua vocazione altrove (con le Dame di Nevers a Figeac, le Sorelle Picpus a Cahor, e le Suore della Carità a Moissac), ma ogni volta tornava a Villefranche delusa, inquieta, e rimproverandosi per l'insicurezza. Poi, in un giorno di primavera del 1815, durante una visita a una donna malata della parrocchia, trovò un gruppo di vicini che discutevano sulle loro difficili condizioni di vita, causate dalla povertà, sull'impossibilità di fornire un'istruzione adeguata ai loro figli, e improvvisamente Emilia ebbe l'idea di istruirli lei stessa. Mise a conoscenza l'abate Marty della sua decisione, che si dichiarò favorevole, e in alcune settimane cominciò a insegnare. La stanza alla Maison Saint-Cyr, dove cominciò a lavorare, era piccola, ma Emilia riuscì ad accogliervi quaranta bambini, oltre a tre giovani donne che l'assistevano, dando perciò inizio a ciò che diventò in seguito la Congregazione della Sacra Famiglia (detta "di Villefranche" per distinguerla dalle altre numerose congregazioni con lo stesso nome). I primi mesi, non andò tutto liscio: i genitori della sedicenne Eleonora Dutriac, una delle assistenti, minacciarono di agire legalmente per riavere indietro la figlia; alcuni membri della congregazione della Maison Saint-Cyr erano apertamente scortesi, ed Emilia e le sue amiche dovettero sopportare le critiche e la derisione anche dei sacerdoti, oltre che dei laici. Emilia perseverò nonostante questo, incoraggiata dall'abate Marty, e nel maggio 1816 fu in grado di aprire una sua scuola gratuita, in un'area presa in affitto. Subito dopo, la congregazione della Maison Saint-Cyr si sciolse, ed Emilia, che aveva già pronunciato i voti pubblicamente e viveva con otto compagne, e con più di cento studenti, prese possesso della proprietà. Nel 1819, proprio quando Emilia era riuscita a comprare un monastero disabitato con una cappella e un giardino, avvenne qualcosa che rischiò di porre fine al progetto intero: a partire da Eleanor Dutriac, alcune suore morirono improvvisamente, e inspiegabilmente secondo i dottori, facendo pensare alla presenza del diavolo. Emilia stessa decise che la morte era semplicemente dovuta al fatto di non essere la persona giusta per fondare un monastero e pensò di far entrare le consorelle nell'Ordine delle Figlie di Maria, recentemente istituito da Adèle de Batz Trenquelléon, ma le suore di Villefranche non ne vollero sapere e il progetto continuò come previsto. Nei successivi sette anni, Emilia soffrì prima di un cancro al naso e poi di un disturbo indefinito (forse la malattia di Mèniere) che le lasciò un ronzio auricolare permanente. Ad Aubin, dove si era recata per farsi visitare da un dottore, le fu offerta la possibilità di fondare una casa figlia, ed anche se per questioni legali l'abate Marty non era totalmente a favore del progetto, Emilia in ogni caso lo portò avanti. Seguì poi un periodo di crisi, in cui si rimproverò della mancanza di disciplina nella questione della fondazione, e perse l'appoggio diretto dell'abate Marty quando fu nominato vicario generale della diocesi di Rodez. La nuova congregazione, tuttavia, continuò a fiorire, istituendo case in cui si osservava la clausura, oltre a quelle aperte in cui le suore, spinte da Emilia, conducevano rigorosamente una vita semplice, ora come infermiere ora come insegnanti. Successivamente inclusero nelle loro attività la visita delle prigioni, e nel 1847 aprirono il loro primo ricovero femminile, tutte attività sostenute dalla preghiera delle suore di clausura. Esisteva un lato della personalità d'Emilia che non scendeva a compromessi (ostinazione secondo alcuni) e che occasionalmente portava a fraintendimenti, anche con quelli che, come l'abate Marty, fondamentalmente erano dalla sua parte. Si abituò a ricevere lettere ingiuriose, e di volta in volta circolarono calunnie sul suo conto, ma con lo stupore della sua segretaria, trovava sempre la forza di rispondere cortesemente alle critiche. Secondo alcune testimonianze, era seria, decisa, e in un certo modo austera, sottilmente arguta. I suoi tentativi di superare ciò che considerava come il suo vizio inveterato, vale a dire il peccato dell'orgoglio, la portò in età avanzata, secondo alcuni, a un rifiuto esagerato delle apparenze, specialmente riguardo ai vestiti. Tutti quelli che la incontravano erano colpiti dalla forza della sua vita interiore e all'autenticità della sua preghiera; affermava sempre che il suo debito più grande verso l'abate Marty era l'aiuto offertole nel comprendere la continua presenza dello Spirito Snto. Nell'aprile 1852, il suo occhio sinistro si ammalò di cancro, e accorgendosi che non le restava probabilmente più molto da vivere, si ritirò dall'incarico di superiora generale della congregazione, e nei successivi cinque mesi sopportò la malattia con pazienza, diventando sempre più debole giorno dopo giorno. La sera del 18 settembre disse alle consorelle: «Il muro sta crollando», il giorno seguente morì, e nel 1950 fu canonizzata. MARTIROLOGIO ROMANO. A Villefranche nel territorio di Rodez in Francia, santa Maria Guglielma Emilia de Rodat, vergine, che fondò la Congregazione delle Suore della Santa Famiglia per la formazione della gioventù femminile e l’assistenza ai poveri.
nome Santa Maria de Cervellon- titolo Vergine Mercedaria- nascita 1 dicembre 1230, Barcellona, Spagna- morte 19 settembre 1290, Barcellona, Spagna- ricorrenza 19 settembre- Canonizzazione 15 febbraio 1692 da papa Innocenzo XII- La storia di Maria de Cettvellón, o Maria de Socos (Maria del Soccorso), com'era ed è ancÒra conosciuta in Spagna, è stata alterata dalle consuete contraffazioni usate per registrare ufficialmente l'inizio dell'Ordine Mercedariano. Una breve Vita in latino, di Juan de Laes e Guillermo Vives, è dunque inattendibile nei dettagli, in particolare quando si raccontano miracoli e meraviglie. Sembra certo, a ogni modo, che Maria nacque a Barcellona l'1 dicembre 1230, e i genitori, entrambi nobili spagnoli senza figli fino ad allora, attribuirono la sua nascita alle preghiere del fondatore dell'Ordine mercedariano, S. Pietro Nolasco (25 dic.), e offrirono alla figlia, che si suppone sia stata molto bella e altrettanto dotata, una salda istruzione religiosa. Non sorprende perciò che un'omelia del priore mercedariano a Barcellona, Bernardo de Corbera, la ispirò a consacrare la sua vita a Dio, e più in particolare agli schiavi cristiani che stavano soffrendo per mano degli arabi e dei saraceni. Alla morte del padre nel 1260, tuttavia, Maria restò a casa per altri cinque anni a far compagnia a sua madre, ma alla morte di quest'ultima nel 1265, si unì a una congregazione di monache che vivevano sotto la guida di Bernardo e appoggiavano l'attività dei mercedariani con la preghiera. Fu la preghiera costante e la generosità nel far del bene agli altri che le fecero guadagnare il titolo di Maria de Socos. Morì a Barcellona nel 1290, e si disse che avvennero dei miracoli sulla sua tomba, mentre il culto fu confermato nel 1692; inoltre è patrona dei navigatori, specialmente dei naufraghi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Barcellona nella Catalogna in Spagna, santa Maria de Cervellón, vergine dell’Ordine della Beata Maria della Mercede, che fu comunemente chiamata Maria del Soccorso per l’aiuto che offriva a chiunque lo invocasse.
nome San Teodoro di Canterbury- titolo Vescovo- nascita 602, Tarso,Turchia- Nominato arcivescovo prima del 26 marzo 668 da papa Vitaliano- Consacrato arcivescovo 26 marzo 668 da papa Vitaliano- morte 19 settembre 690, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 19 settembre- Incarichi ricoperti Arcivescovo metropolita di Canterbury (668-690)- Attributi Mitra, bastone pastorale- Greco, nato (come S. Paolo) a Tarso e cresciuto ad Atene, Teodoro fu l'ultimo dei primi arcivescovi di Canterbury a essere nato all'estero, e anche uno dei maggiori. Quando papa S. Vitaliano (657-672; 27 gen.) lo nominò arcivescovo aveva circa sessantacinque anni ed era monaco da molti anni. Alla morte del suo predecessore, S. Deusdedit lug.) nel 664, Oswiu, re di N orthumbria (641-670), ed Egberto, re del Kent (664-673), inviarono un sacerdote di nome Wighard a Roma, con l'idea di fargli ricevere la consacrazione e la nomina per quella sede dal papa. Wighard morì mentre si trovava in Italia, perciò il papa conferì l'ufficio a un monaco di nome Adriano, abate di un monastero vicino a Napoli e di origine africana, ben qualificato in ogni aspetto, ma talmente ansioso per l'incarico affidatogli che il papa accolse le sue dimissioni, a patto che suggerisse un successore. Il primo candidato suggerito da Adriano fu un monaco che dovettero scartare per problemi di salute, il secondo fu Teodoro, che il papa accettò a condizione che Adriano, che aveva già viaggiato per la Francia due volte, lo accompagnasse in Gran Bretagna, e lo proteggesse. Giunto in Inghilterra Teodoro divenne abate del monastero di Sant'Agostino a Canterbury. Giacché non era un sacerdote, Teodoro fu immediatamente ordinato al suddiaconato, poi (dettaglio interessante che suggerisce la sua identità di monaco di rito orientale) attese per quattro mesi che gli crescessero i capelli, per ricevere la tonsura secondo lo stile romano. Alla fine, il papa lo ordinò sacerdote e lo consacrò vescovo, poi lo presentò a S. Benedetto Biscop (12 gen.), durante una delle sue diverse visite a Roma. Il papa incaricò Benedetto di accompagnare Adriano e Teodoro, come guida e interprete, nel loro viaggio in Gran Bretagna, perciò il 27 maggio 668 partirono, giungendo a Parigi in tempo perché Teodoro potesse trascorrere l'inverno con S. Agilberto (11 ott.), già vescovo del Wessex e appena nominato arcivescovo della città, ricavando preziose informazioni sulla situazione della Chiesa in Gran Bretagna, oltre a intraprendere lo stu dio dell'inglese. Quando re Egberto apprese che il nuovo arcivescovo da lui nominato si era recato fino a Parigi, mandò il suo funzionario ad accoglierlo, ma il viaggio in Inghilterra dovette essere differito, dato che Teodoro s'ammalò mentre si trovava nel porto di Quentavic (l'attuale Saint-Josse-sur-Mer), anche se alla fine viaggiò in compagnia di Benedetto Biscop e occupò la sua sede il 27 maggio 669, trascorso un anno dalla sua partenza da Roma. Come vescovo metropolitano di tutta l'Inghilterra, Teodoro si recò a visitare il maggior numero, possibile di chiese di quel paese, facendosi accompagnare da Adriano in funzione d'interprete, dove fu ben accolto e riuscì a guadagnare molto terreno (confermando il sistema romano di fissare la data della Pasqua, introducendo nel divino Ufficio il canto fermo, fino allora cantato solo nelle chiese del Kent, e nominando molte sedi vacanti). Per quanto riguardava la formazione delle diocesi e la nomina dei vescovi la sua politica fu di unificare gli elementi disparati della Chiesa, e nel creare nuove diocesi si assicurò che non vacillassero tra due o più regni diversi. In Northumbria dovette affrontare la questione di una disputa tra S. Vilfrido (12 ott.) e S. Chad (2 mar.), che si contendevano la nomina di arcivescovo di York. La questione aveva avuto inizio perché, mentre Vilfrido veniva consacrato in Gallia, Oswiu aveva nominato in quella sede Chad, di origine irlandese; ma Teodoro, poiché credeva che Chad non fosse stato consacrato propriamente, e anche per consolidare la politica romana contro gli clementi celtici in Northumbria, considerava Vilfrido il candidato migliore, tuttavia fu colpito dalle qualità di Chad («un uomo estremamente mite» secondo Eddio, e «un vero servo di Dio») e lo nominò vescovo di Lichfield appena la sede fu vacante. Si recò anche fino a Lindisfarne, un caposaldo celtico, dove consacrò la chiesa di S. Pietro. Teodoro fu presidente del primo sinodo della Chiesa anglosassone, che si svolse a Hertford nel 672, con il duplice scopo di porre fine alle dispute giurisdizionali tra vescovi, in particolare per favorire l'armonia tra i due raggruppamenti, "romano" e "celtico" all'interno della Chiesa, oltre a quello gallico, al fine di formare un unico intero, e di assicurare la stabilità e una certa autonomia per i monasteri, I decreti del sinodo si basarono sui canoni, approvati al concilio di Calcedonia, che Teodoro considerava assai importanti per l'Inghilterra, e che includevano l'accettazione del sistema romano di calcolare la data della Pasqua (già concordato al sinodo di Whitby), la conformità al sistema diocesano della Chiesa, e la partecipazione a un sinodo episcopale annuale, oltre all'indissolubilità del matrimonio. Sette anni dopo, nel 679, Teodoro convocò un secondo sinodo a Hatfield, che fu importante perché confermò la posizione ortodossa della Chiesa inglese, specialmente rispetto alla controversia monotelita, in cui Teodoro aveva svolto una parte importante durante il soggiorno a Roma. La sola occasione in cui non riuscì a portare unità fu riguardo alla questione della diocesi di York. Nel 678, ci fu uno scontro tra Egfrido, re di Northumbria (670-685), e Vilfrido, che, in veste di vescovo di York, aveva appoggiato il desiderio della moglie del re, S. Eteldreda (23 giu.), di entrare in convento. La diocesi di York era enorme, ed erano state avanzate delle critiche sull'amministrazione di Vilfrido, perciò Teodoro decise che era il momento di esercitare la sua autorità nelle zone settentrionali, creando tre nuove sedi, ricavandole quasi tutte dalla diocesi di York (Northumbia) e, insieme a Egfrido, nominando altrettanti vescovi. Vilfrido comprensibilmente sentì di essere stato prevaricato da Teodoro, e s'appellò a Roma, mentre il secondo, nel frattempo, lo ignorò e perseverò nella nomina dei vescovi. Papa S. Agatone (678-681; 10 gen.) si dichiarò a favore di Vilfrido, che si era recato a Roma per presentare il suo caso di persona, e ordinò che fosse reintegrato nella sua sede e assistito da vescovi suffraganti. Egfrido rifiutò di accettare la decisione del papa, perciò Vilfrido si recò in esilio. In base alle informazioni tramandate, Teodoro non fece niente per contrastare il comportamento arbitrario di Egfrido, e nel 685 consacrò S. Cutberto (20 mar.) come vescovo di Lindisfarne nella cattedrale di York, ma successivamente espiò ogni ingiustizia che poteva aver compiuto. Alla presenza di S. Erconvaldo (13 mag.), incontrò Vilfrido a Lonra, e giunsero a un accordo in base a cui Vilfrido sarebbe stato reintegrato nella carica di vescovo di York, ma con incarichi minori. Si prese anche il disturbo di scrivere a Efleda, badessa di Whitby, a Etelredo, re di Mercia (674-704), e a Adfridth, re di Northumbria (685-704), che si erano tutti opposti a Vilfrido, raccomandandolo a loro. La scuola che Teodoro fondò a Canterbury fu famosa per l'ampiezza dell'istruzione che offriva, e molti futuri vescovi inglesi vi compirono gli studi, che non comprendevano solo latino e greco, in quanto Teodoro ed Adriano, che continuavano ad aiutarli, insegnavano loro anche scienze, in particolare astronomia e aritmetica, diritto romano, esegesi biblica (secondo la scuola letteraria antiochena), le regole della composizione e del metro latino, e la musica. Poche opere certamente scritte da Teodoro sono state conservate (è improbabile che sia l'autore del cosiddetto Penitential of Theadore). In ogni caso, a dispetto della sua erudizione, le sue doti erano prammatiche e organizzative: al suo arrivo in Inghilterra, aveva trovato una Chiesa missionaria, lacerata dai dissensi, e senza coesione. Alla sua morte, ventuno anni dopo, il 19 settembre 690, lasciò una Chiesa ben organizzata, divisa in diocesi con una sede metropolitana a Canterbury. Fu sepolto vicino al primo arcivescovo di Canterbury, S. Agostino (27 mag.), nella chiesa dell'abbazia di SS. Pietro e Paolo. La prima prova della nascita di un culto è contenuta nel calendario di S. Villibrordo (7 nov.), ma Teodoro non ha mai goduto la sorta di popolarità caratteristica dei santi fautori di miracoli, tuttavia il suo tentativo d'unificare la Chiesa d'Inghilterra fu il contributo individuale più importante del periodo che va dall'arrivo di S. Agostino alla conquista normanna. 11 verdetto di Beda è vero oggi come allora: «Le chiese inglesi prosperarono di più durante il pontificato (di Teodoro) di quanto non avessero mai fatto prima». MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury in Inghilterra, san Teodoro, vescovo, che, monaco di Tarso, elevato all’episcopato dal papa san Vitaliano e mandato quasi settuagenario in Inghilterra, governò con forza d’animo la Chiesa a lui affidata.
nome Santa Pomposa di Cordova- titolo Martire- nascita IX secolo, Cordova, Spagna- morte 19 settembre 853, Cordova, Spagna- ricorrenza 19 settembre- Cittadina di Cordova, abbracciò con tutta la famiglia la vita religiosa nel monastero di Penamelana. Desiderosa del martirio sull'esempio dell'amica S.Colomba, si presentò davanti al giudice confessandosi cristiana e maledicendo Maometto. Condannata a morte per decapitazione, subì la sentenza il 19 settembre 853. Le sue spoglie, gettate nel fiume, furono raccolte da alcuni soldati e sepolte nella sabbia. Dopo venti giorni vennero dissotterrate da alcuni monaci e trasferite nella basilica di S.Eulalia, dove rimasero presso la tomba di S.Colomba.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Córdova nell’Andalusia in Spagna, santa Pomposa, vergine e martire, che, durante la persecuzione dei Mori, fuggì di nascosto dal monastero di Peñamelaria dopo avere appreso del martirio di santa Colomba; giunta a Córdova, professò impavida davanti al giudice la sua fede in Cristo e, decapitata senza indugio con la spada davanti alle porte del palazzo, ottenne la palma del martirio.
nome Sant'Alfonso de Orozco- titolo Sacerdote agostiniano- nascita 17 ottobre 1500, Oropesa, Spagna- morte 19 settembre 1591, Madrid, Spagna- ricorrenza 19 settembre- Beatificazione<br /> 15 gennaio 1882 da papa Leone XIII- Canonizzazione 19 maggio 2002 da papa Giovanni Paolo II- Alfonso (Alonso) de Orozco, nato a Oropesa nella diocesi d'Avila, il 17 ottobre 1500, prima di intraprendere gli studi di diritto all'università di Salamanca, ricevette la sua istruzione a Talavera e a Toledo, dove l'amore per la musica e l'arte crebbe al punto di diventare permanente. A Salamanca, dopo aver ascoltato alcune omelie dell'agostiniano S. Tommaso da Villanova (22 set.), allora giovane frate, che confermarono la sua convinzione, ritenuta sin dall'età di sei anni, di avere una vocazione per il sacerdozio, a ventidue anni, dopo aver finito gli studi legali, entrò nell'ordine agostiniano, insieme con un confratello anziano, Francesco. La morte di Francesco durante il noviziato fu un momento critico che durò a lungo, tuttavia Alfonso perseverò, nonostante qualche malattia, e a parte un incarico di priore della casa di Siviglia, trascorse gran parte dei suoi primi trent'anni di vita religiosa insegnando, predicando e confessando.<br /> Nel 1547, tentò di recarsi in Messico come missionario, ma l'artrite lo costrinse a tornare indietro, quando non aveva ancora oltrepassato le Isole Canarie. Il 13 marzo 1554, anno in cui Filippo II (1556-1598) sposò la regina Maria d'Inghilterra, Alfonso fu inviato come priore nel priorato agostiniano della città reale di Valladolid, un ruolo molto adatto, poiché, nonostante la sua austerità, era gentile e comprensivo. Due anni dopo, fu nominato predicatore di corte, ed ebbe una profonda influenza sulla sua congregazione raffinata, attratta dalla sua predicazione per la semplicità e la persuasione delle sue omelie. Era inoltre molto generoso con i poveri, cui donava il denaro che riceveva durante le omelie. Nel 1561, Filippo decise di stabilire la corte a Madrid, dove anche Alfonso si recò, scegliendo però di vivere nel monastero di S. Felice Ely Real, in una cella austera che contrastava enormemente con lo splendore della corte, che lasciava per svolgere un apostolato che lo portò a visitare conventi, ospedali, e prigioni, oltre alla corte, e a scrivere opere.<br /> Nel periodo in cui fu priore del monastero a Siviglia, ebbe una visione della Madonna che gli consigliò di mettere al servizio di Dio il suo talento nello scrivere, ed egli fedelmente obbedì: ogni anno produceva una nuova opera sulla Madonna stessa, insieme alle opere mistiche, devozionali, e d'altro genere. Verso la fine, i suoi superiori lo spinsero a scrivere un resoconto delle proprie esperienze mistiche, cosa che fece, chiamando l'opera Confessioni. Alla sua morte il 19 settembre 1591, l'intera corte mostrò il suo dolore sincero, seguendo la bara. Fu beatificato il 15 gennaio 1882. Dichiarato santo il 19 maggio 2002.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Madrid in Spagna, sant’Alfonso de Orozco, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che, predicatore ufficiale alla corte del re, si mostrò sempre austero e umile.
nome San Lamberto di Frisinga- titolo Vescovo- nascita Ebersberg, Germania- Nominato vescovo 28 agosto 938- morte 19 settembre 957, Frisinga, Germania- ricorrenza 19 settembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Frisinga (938-957)- Attributi un agnello- Patrono di due parrocchie della sua diocesi: a Milbertshofen-Am Hart (Monaco di Baviera) e a Lerchenfeld (Frisinga)- La storia del culto di questo S. Lamberto è interessante. Nel caso fosse esistita una Vita, è tuttavia andata perduta, e il santo non è menzionato dai bollandisti nel loro Acta Sanctorum. I pochi fatti certi attestano che diventò vescovo di. Frisinga nel 955, quando le campagne militari ungheresi in Occidente erano terminate e Ottone I il Grande (936-973), che sarebbe diventato poi il primo imperatore del sacro romano impero nel 962, stava consolidando il suo potere; inoltre si sa che morì il 19 settembre 957, che dall'XI secolo in poi in alcuni documenti ha il titolo di "santo", contrariamente ad altri in cui il suo nome è citato al 19 settembre, e che in quel momento non esisteva il culto liturgico. Nella leggenda si fa di tutto per colmare le lacune: per esempio, che Lamberto abbia digiunato persino da bambino rinunciando al latte della madre, e che le sue preghiere abbiano salvato la cattedrale di Frisinga quando la città fu attaccata dagli unni (sic) all'inizio del suo mandato biennale di vescovo. È anche stato ipotizzato che fosse benedettino, ma non esistono conferme. Alla sua morte, Lamberto fu sepolto nella cripta della cattedrale di Frisinga, e sembra che si sia sviluppato un culto formale dopo il 1350, al momento della traslazione delle reliquie, nello stesso momento in cui nacque la leggenda. Lamberto di Frisinga non dovrebbe essere confuso con il suo omonimo, S. Lamberto di Maastricht (17 set.), venerato a Frisinga dalla fine dell'vm secolo. Gradualmente il culto del Lamberto locale, in ogni modo, ebbe fine, e nel tardo XVII secolo a Frisinga era già stato completamente sostituito da quello di Lamberto di Maastricht.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Frisinga nella Baviera, in Germania, san Lantberto, vescovo.
nome Sant'Abbone (o Goerico) di Metz- titolo Vescovo- nascita VI secolo, Aquitania- morte VII secolo, Metz, Francia- ricorrenza 19 settembre- Patrono di Épinal- La Vita medievale di questo santo, conosciuto anche con il nome di Abbone, è tipicamente inattendibile, e le informazioni disponibili sollevano alcuni problemi cronologici. Esistevano due famiglie cristiane importanti in Aquitania nel tardo vi secolo e nei primi anni del vii, gli Ansbertina e i Salvia: Goerico apparteneva alla prima e contava numerosi santi tra i suoi parenti. La data suggerita per la sua nascita varia dal 565 al 575, e le registrazioni originali della diocesi di Metz lo citano come trentesimo vescovo, dal 625 al 642-3. I problemi se si ipotizza l'inizio della sua carriera come ufficiale al palazzo di Dagoberto I, giacché quest'ultimo non salì al trono fino al 629, cioè dopo che Goerico era diventato vescovo di Metz. Sembra chiaro che Dagoberto conosceva e rispettava Abbone, poiché lo cita nel suo testamento del 636. A parte il problema della sua relazione con Dagoberto, la storia tramandata di Abbone può essere riassunta come segue: a un certo punto della sua distinta carriera, perse la vista e fu costretto a ritirarsi immediatamente, ma accettò con pazienza la nuova condizione, poi per risposta a ciò che riteneva un comando divino, decise di recarsi in pellegrinaggio alla chiesa di S. Stefano a Metz, dove lo zio, S. Arnolfo (18 lug.) era vescovo. Parti con le sue figlie, Pricia e Vittorina, perché lo guidassero, e raggiunta Metz andò direttamente alla chiesa, dove, mentre stava pregando, recuperò la vista. Come ringraziamento, decise di diventare sacerdote, e l'anno seguente, quando Arnolfo si ritirò, Abbone diventò vescovo di Metz. In tal veste, Abbone segui molto la linea di condotta di Arnolfo, che andava a trovare regolarmente nel suo ritiro a Remiremont. Alla morte di Arnolfo, Abbone portò il corpo a Metz (si dice che quest'evento fu accompagnato da diversi miracoli), inoltre fece costruire la chiesa di S. Pietro a Metz e fondò a Epinal un monastero femminile, nominando prima badessa sua figlia Pricia. Tenne una corrispondenza con Desiderio, vescovo di Cahors (15 nov.), di cui è stata conservata una parte. Fu costruita una chiesa in suo onore a Metz nel X secolo, e un Breviario pubblicato a Parigi nel 1535 contiene orazioni peculiarmente sue, a uso comune degli abati. MARTIROLOGIO ROMANO. Francia, san Goeríco o Abbone, vescovo, che succedette a sant’Arnolfo, il corpo del quale traslò con venerazione in questa città.
nome San Sequano- titolo abate- nascita VI secolo, Mesmont, Francia- morte VI secolo, Francia- ricorrenza 19 settembre- La Vita anonima di S. Seguano che è stata tramandata non ha molto valore storico, tuttavia questo santo è citato da Giona di Bobbio, che lo chiama Segonus, dal Geronimiano, con il nome di Sigon; e da S. Gregorio di Tours (17 nov.) e altri, che, come avviene in alcuni martirologi, lo chiamano Seguano, e tutti sembrano riferirsi alla stessa persona. Baroni° scelse di chiamarlo Seguano quando lo incluse nel Martirologio Romano, inoltre anche il Geronimiano lo cita come fondatore di un monastero a Saint-Seine-l'Abbaye (poi Sicaster o Segestre) nel VI secolo, a una ventina di chilometri da Digione, che si pensa abbia preso il suo nome durante il IX secolo. All'inizio del XIII secolo, la chiesa (che esiste ancora) fu ricostruita nello stile gotico della Borgogna, e durante i restauri del xv secolo, la leggenda di S. Seguano fu dipinta sulle pareti del transetto. Secondo la leggenda, S. Seguano nacque a Mesmont, una cittadina della Borgogna, e visse per un periodo come eremita in una capanna costruita a Verrey-sous-Drèc. Era ancora molto giovane (aveva sedici anni) quando il vescovo di Langres lo ordinò sacerdote, suscitando le proteste del clero locale, che cominciò a bersagliarlo. Dopo aver sopportato per un periodo questa situazione, si recò al monastero di Réome e si affidò alla guida dell'abate, e oltre a praticare la vita monastica, acquisì una profonda conoscenza della Scrittura. Alla fine partì per fondare un proprio monastero nella foresta di Segestre, vicino alle sorgenti della Senna. La disciplina regolare che stabilì e la sua reputazione di fautore di miracoli attrasse discepoli che presto si organizzarono in una congregazione fiorente. monaci avevano un effetto molto civilizzante sul popolo delle vicinanze, formato da presunti cannibali. Gli studiosi discordano sulla data della morte di Seguano: alcuni la collocano nel 540, mentre altri preferiscono il 580 circa. Si suppone che sia stato sepolto nel suo monastero, ma non vi è traccia, dal momento che le reliquie andarono disperse durante la Rivoluzione francese. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Sisteron presso Langres sempre in Francia, san Séquano, sacerdote e abate.