@Vitupero

21/01/2024 alle 08:06

I santi di oggi 21 gennaio:

I santi di oggi 21 gennaio:

nome Sant'Agnese- titolo Vergine e martire- nascita III Secolo, Roma- morte IV Secolo, Roma- ricorrenza 21 gennaio- Santuario principale Basilica di Sant'Agnese fuori le mura, Roma- Attributi agnellino, palma, lunghi capelli, spada- Patrona di vergini, fidanzate, medici tricologi, soggetti affetti da calvizie, Olginate, giardinieri, Figlie di Maria, Ordine della Santissima Trinità, Almo Collegio Capranica- Fra le innumerevoli vergini che hanno sacrificato la vita per la fede di Gesù Cristo, emerge quale fiore Sant'Agnese.

Nacque a Roma da genitori cristiani, appartenenti ad illustre famiglia patrizia, verso la fine del III secolo. Giovanetta consacrò al Signore la sua verginità e riuscì a portare il giglio intatto dinanzi al suo Sposo Divino. Giunta all'età di dodici anni le sue ricchezze e la sua avvenenza indussero molti giovani delle più nobili famiglie romane a domandarla in sposa. Agnese però, fedele alla sua decisione rifiutò sempre ogni proposta di matrimonio, adducendo che ad un altro Sposo molto più ricco e nobile di loro aveva dato il suo cuore: alludeva a Gesù Cristo. Anche il figlio del Prefetto si innamorò della giovane nobile romana Agnese, le offrì gioielli, ma lei respinse anche lui. Questi suoi rifiuti però fecero capire che era cristiana e giacché infuriava in quei tempi la persecuzione di Diocleziano, fu accusata ed arrestata. L'umile ma forte vergine in quella tenera età fu condotta al prefetto, che, per impressionarla e indurla a rinunciare alla fede di Gesù Cristo, la fece incatenare e le minacciò i più spietati tormenti. Agnese non si scompose. Dalle minacce dei tormenti il prefetto passò alle carezze e alle lusinghe, credendo forse che queste potessero fare qualche breccia nell'animo di quella tenera fanciulla. Riuscito inutile anche questo tentativo, l'inumano prefetto ordinò che fosse denudata e condotta in un luogo di prostituzione. Agnese, compresa del pericolo, ma sicura della grazia di Dio, con dolce arguzia, rivolta al prefetto, gli disse: « Non è il nostro Cristo così poco amante dei suoi servi, che stia per dimenticarsi di me e per abbandonarmi in questo cimento. Egli stesso è pronto a soccorrere quelli che amano la pudicizia, né permetterà che io perda il dono della verginale integrità ». Sperimentò infatti quanto Gesù l'amasse, poiché un giovane che osò imprudentemente guardarla, fu colpito da tale sprazzo di luce che cadde a terra accecato. Per questo Agnese è la protettrice delle vergini. Il prefetto, avuto notizia del miracolo, la condannò alla iugulazione proprio come si faceva con gli agnelli (per questo nell'iconografia è raffigurata spesso con un agnello, simbolo del candore e del sacrificio). Fu mandata al rogo, ma la tradizione vuole che le fiamme si divisero sotto il suo corpo senza neppur lambirlo ed i suoi capelli crebbero tanto da coprire la sua nudità, da qui la sua protezione per coloro che soffrono per la perdita di capelli. Il carnefice che non aveva cuore di eseguire la sentenza, usò tutte le lusinghe possibili per rimuoverla dal suo santo proponimento; ma Agnese generosamente rispondeva che non avrebbe mai tradita la fede che aveva giurata al suo Sposo Celeste. Dopo ciò, si pose per un poco a pregare, indi chinò la testa. Il carnefice tremò: tuttavia sguainò la spada, l'abbassò con forza e recise alla casta giovane la testa, mentre l'anima volò agli eterni amplessi del suo Sposo celeste. Il suo corpo fu sepolto vicino a Roma, sulla via Nomentana. Ai tempi di Costantino il Grande, nel luogo della sepoltura, fu innalzata una basilica che Papa Onorio II fece restaurare nel settimo secolo e che tuttora sussiste, dove innumerevoli turbe si recano ogni anno ad onorare la grande Santa. PRATICA. Quanto più uno si diletta e gode della castità, tanto più egli è custodito e guardato dagli Angeli, i quali si compiacciono di conversare coi casti, perchè li riconoscono simili ad essi (S. Ambrogio). PREGHIERA. Dio onnipotente ed eterno che scegli le cose deboli del mondo per abbattere le forti, concedi a noi la grazia di una santa vita quale fu quella della tua martire Agnese, per venire poi un giorno a goderti in Paradiso. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma la passione di sant'Agnèse, Vergine e Martire, la quale, sotto Sinfrónio, Prefetto della città, gettata nel fuoco, e questo estintosi per le sue orazioni, fu percossa con la spada. Di lei così scrive il beato Girólamo: « Con gli scritti e con le lingue di tutte le genti, specialmente nelle chiese, fu lodata la vita di Agnèse; la quale vinse e l'età e il tiranno, e col martirio consacrò la gloria della castità». - Nel giorno di Sant'Agnese è tradizione in Vaticano fare la benedizione degli agnelli, questi due piccoli ovini vengono ornati con fiori bianchi in onore alla verginità della Santa e poi offerti al Papa per la creazione dei famosi palli (paramenti liturgici usati nella Chiesa cattolica, costituiti da una striscia di stoffa di lana bianca avvolta sulle spalle). Dopo la benedizione i due piccoli amici vengono trasportati nel monastero delle benedettine di Santa Cecilia in Trastevere dove ricevono le migliori cure per poter essere poi tosati pochi giorni prima della Pasqua e usati per la tessitura dei palli. Infine il 29 giugno vengono consegnati agli arcivescovi metropoliti il 29 giugno, nella solennità dei santi Pietro e Paolo.

nome Beati Giovanni Battista Turpin du Cormier e 13 compagni- titolo Martiri di Laval- ricorrenza 21 gennaio- All'inizio del 1794 si accese una nuova fiammata di persecuzione religiosa nella città di Laval, nella zona di Mayenne in Francia. Fin dall'inizio della Rivoluzione francese, nel 1789, erano state emanate leggi oppressive e misure restrittive contro sacerdoti, religiosi e laici, ma ciò che accadde nel gennaio del 1794 segnò il passaggio a una repressione attiva e davvero crudele. Una commissione rivoluzionaria cominciò ad accusare e processare persone a motivo della fede professata: nel giro di un mese furono condannati a morte trecentocinquantanove uomini e centodue donne, tra cui ventidue preti, tre religiosi e un seminarista. I processi ebbero luogo in mezzo a una grande confusione e senza procedure regolari; agli accusati non fu permesso difendersi e spesso fu loro ordinato di rispondere alle domande semplicemente con un si o un no. I giudici sembravano intenzionati a far ritrattare il numero più alto possibile di preti e religiosi, ma quando risultò che nessuno degli accusati era disposto a rinnegare la fede e giurare la Costituzione civile del clero, li condannarono a morte: all'emissione della sentenza, decine di condannati salirono il palco della ghigliottina con una dignità che si impose alla folla.<br /> In un solo giorno furono giustiziati quattordici preti, l'ultimo dei quali, Giovanni Battista Turpin du Cormier, mentre saliva sul patibolo recitò il Te Deum e baciò il punto in cui era caduto il sangue degli altri. Era il 21 gennaio. Il 17 ottobre dello stesso anno, un altro sacerdote, Giacomo Bitrin, fu ucciso dai soldati perché conduceva un apostolato segreto tra la gente. Una pia donna, Francesca Mézière, che insegnava in una scuola parrocchiale, fu giustiziata in febbraio, due suore della Congregazione della Carità di Chapelle-au-Riboul (oggi conosciute come suore di Nostra Signora della Carità di Évron) in marzo, mentre un'agostiniana, che stava lavorando in un ospedale, fu giustiziata in giugno. Il culto per questi martiri cominciò immediatamente e le loro tombe divennero meta di pellegrinaggi (all'inizio privati, poi, finita la Rivoluzione, anche pubblici). Le reliquie furono in seguito trasferite in un luogo più appropriato e nel 1839 si diede il via a un processo canonico, primo passo verso la canonizzazione. Ma i tempi non erano ancora maturi: si avvertì subito che un tale processo avrebbe solo causato ulteriori problemi per il risveglio di inimicizie e rancori, e si decise di non proseguire l'iter. Ripreso nel 1917 e presentato ufficialmente a Roma nel 1944, si concluse nel 1955 con la beatificazione di diciannove martiri. Costoro furono selezionati tra le centinaia di persone che morirono durante la persecuzione intorno a Laval, dopo rigorose indagini sulle circostanze della loro morte, per assicurarsi che le esecuzioni non potessero essere attribuite a nessun motivo politico. I nomi dei martiri sono: Giovanni Battista Turpin du Cormier (1732-1794), parroco e decano rurale di Laval; Giammaria Gallot (1747-1794), assistente parroco e cappellano delle benedettine; Giuseppe Pellé (1720-1794), cappellano delle clarisse; Renato Ambroise (1720-1794), prete assistente; Francesco Duchesne (1736-1794), prete della collegiata; Giuliano Morvin de la Gérar-dière (1733-1794), prete assistente presso una parrocchia locale; Giovanni Battista Triquerie (1737-1794), francescano conventua-le; Giacomo André (1743-1794), curato; Andrea Duliou (1727-1794), parroco; Luigi Gastineau (1727-1794), cappellano; France-sco Migoret-Lamberdière (1728-1794), parroco; Giuliano Moulé (1716-1794), parroco; Agostino Philippot (1716-1794), parroco; Pietro Thomas (1729-1794), cappellano d'ospedale; Giacomo Bu-rin (1756-1794), parroco. Le religiose erano Francesca Tréhet e Giovanna Véron (suore di Nostra Signora d'Évron), e Maria Lhuillier (agostiniana). MARTIROLOGIO ROMANO. A Laval in Francia, beati Giovanni Battista Turpin du Cormier e tredici compagni1, sacerdoti e martiri, che per la loro tenace fedeltà alla Chiesa cattolica durante la rivoluzione francese morirono ghigliottinati.

nome San Patroclo- titolo Martire- nascita Troyes, Francia- morte Troyes, Francia- ricorrenza 21 gennaio-Santuario principale Cattederale di san Patroclo a Soest- Attributi un pesce in mano- Patrono di Soest contro i demoni e la febbre- Patroclo potrebbe essere un'altra vittima della breve ma dura persecuzione che portò alla morte di Fruttuoso e dei suoi compagni. Era un illustre cristiano di Troyes e venne arrestato mentre un governatore di nome Aureliano, o forse l'imperatore Aureliano stesso, stava tenendo dei processi in questa città (nel primo caso si individuerebbe come anno del martirio il 259, nel secondo caso invece una data successiva, intorno al 275).<br /> Difese la sua fede senza paura e venne condannato a morte; il primo tentativo di ucciderlo, affogandolo nella Senna, fallì perché fuggì; venne però ripreso e quindi decapitato. Fu sepolto a Troyes, o forse nei dintorni, e sulla sua tomba fu edificato un piccolo santuario. Sarebbe forse caduto nell'oblio o il suo ricordo sarebbe rimasto comunque molto circoscritto, in mancanza dell'evento registrato dall'agiografo S. Gregorio di Tours (17 nov.) circa tre secoli dopo. Secondo il suo racconto la persona incaricata della custodia si era recata dal vescovo di Troyes dandogli un documento che sosteneva essere la copia degli Atti di S. Patroclo. Diceva infatti di aver offerto cibo e alloggio a un forestiero di passaggio che gli aveva chiesto ospitalità, e che gli aveva detto di essere in possesso degli Atti del martirio di S. Patroclo. Egli aveva allora chiesto in prestito il documento e aveva passato tutta la notte a copiarlo; l'indomani mattina, prima che il forestiero ripartisse, gli aveva restituito l'originale consegnando poi la copia al vescovo. Non essendo costui incline a prestar fede a qualsiasi cosa, e sapendo benissimo che l'invenzione di Atti di Martiri era un'attività diffusa (e probabilmente anche redditizia), pare avesse sgridato e schiaffeggiato l'interlocutore, dicendogli in sostanza che era un mistificatore e accusandolo di aver inventato tutta la storia del viaggiatore e del manoscritto. Sono però le eccezioni a confermare la regola: S. Gregorio racconta infatti che qualche tempo dopo un gruppo di soldati venne mandato in spedizione militare in Italia; al ritorno alcuni dei militari recavano con sé un documento contenente la passi() di S. Patroclo, il cui contenuto si dimostrò identico al testo copiato dal lettore. Il risultato finale di tutto ciò fu una forte ripresa della devozione al martire. Successivamente le sue reliquie furono portate a Soest in Vestfalia, dove si trovano tuttora. MARTIROLOGIO ROMANO. A Troyes nella Gallia lugdunense, nell’odierna Francia, san Patroclo, martire.

nome Sant'Albano Roe- titolo presbitero e Martire- nascita 1583 circa, Suffolk, Inghilterra- morte 1642 circa, Tyburn, Londra, Inghilterra- ricorrenza 21 gennaio- Beatificazione 15 dicembre 1929 da papa Pio XI- Canonizzazione 25 ottobre 1970 da papa Paolo VI- Albano Roe nacque nel Suffolk in Inghilterra da genitori protestanti, studiò a Cambridge. Si convertì al cattolicesimo grazie alle risposte di un cattolico imprigionato che voleva convertire all'anglicanesimo. Lasciato la sua terra natale e si laureò in Teologia presso il Collegio Inglese di Douai in Francia. Nel 1612 entrò nel monastero benedettino di Dieuleward (ora Ampleforth) con il nome di Albano e fu ordinato sacerdote. Tornato in patria, fu presto arrestato. Dopo cinque anni di prigione, fu rilasciato nel 1623 grazie alla mediazione dell'ambasciatore spagnolo, ma fu esiliato. Non si arrese e dopo pochi mesi tornò in Inghilterra. Fu tradito e, quindi, fu nuovamente imprigionato, dove esercitò il suo ministero sacerdotale tra i suoi compagni di disavventure. Dopo qualche tempo gli fu concesso il permesso di uscire liberamente dal carcere, e ne approfittò per continuare l'apostolato. Fu scoperto e condannato a morte. Martire a Tyburn, Londra. Nel monastero di Downside viene conservato un panno bagnato del suo sangue. Fu canonizzato il 25 ottobre 1970 da Papa Paolo VI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, sant’Albano Roe, dell’Ordine di San Benedetto, e beato Tommaso Green, sacerdoti e martiri: sotto il re Carlo I, il primo dopo aver passato diciassette anni in carcere e l’altro quattordici, ormai vecchi, insieme furono sospesi per Cristo al patibolo a Tyburn.

nome Santi Fruttuoso, Augurio ed Eulogio- titolo Martiri- ricorrenza 21 gennaio- Fruttuoso era vescovo di Tarragona, allora capitale della Spagna Romana. Dei primi anni della sua vita non sappiamo nulla. Gli Atti del martirio suo e di due suoi diaconi, al contrario di quelli di S. Agnese, sono riconosciuti come autentici. La persecuzione di Dccio, culminata nella morte di S. Fabiano, aveva ceduto il passo a un periodo di calma durato fino al 257, quando il suo successore Valeriano (253-260), sotto pressioni politiche ed economiche, promulgò un editto in cui si obbligavano vescovi, preti e diaconi a offrire sacrifici agli dei, e in cui si proibiva loro, pena la morte, di celebrare la Messa o tenere assemblee. Fruttuoso e i suoi compagni avrebbero patito molto per questa legge, il cui obiettivo era l'eliminazione completa dei capi delle comunità cristiane, in modo da ridurre in modo considerevole l'insieme dei cristiani a un'entità irrilevante. Essi morirono lo stesso anno in cui Valeriano cadde in mano ai persiani e morì prigioniero; il suo successore, il figlio Gallieno, arrestò la breve e dura ondata persecutoria, giungendo addirittura a confermare i diritti di culto e di proprietà delle comunità cristiane. Fruttuoso e i suoi diaconi, Augurio ed Eulogio, vennero arrestati domenica 16 gennaio 259 e il venerdì successivo furono condotti davanti al governatore Emiliano per essere interrogati. Alla sua domanda se fossero al corrente dell'ordine dell'imperatore di adorare gli dèi romani, Fruttuoso rispose: «Io adoro l'unico Dio, il Dio che ha creato il cielo e la terra». Emiliano allora chiese al vescovo se sapesse dell'esistenza degli dei, e la risposta fu semplicemente: «No». Il governatore dunque spiegò che la questione politica consisteva nel fatto che se non si adoravano gli dèi, allora nemmeno le immagini dell'imperatore potevano essere oggetto di adorazione; poi, rivolgendosi ai diaconi, li avvisò di ignorare le risposte di Fruttuoso. Augurio però dichiarò che il Dio da lui adorato era lo stesso di Fruttuoso; Emiliano, che forse aveva sentito male la risposta, o forse l'aveva volutamente mal interpretata, chiese a Eulogio se anche lui adorava Fruttuoso; la risposta fu: «No, però adoro colui che anch'egli adora». Il governatore allora, rivolgendosi a Fruttuoso, gli chiese: «Sei un vescovo?» Rispose «Sì, lo sono», e la controreplica sarcastica fu: «Intendi dire che lo eri», e ordinò che fossero immediatamente bruciati vivi. Sia i pagani che i cristiani mostrarono la loro simpatia per i martiri durante il tragitto verso il luogo dell'esecuzione; alcuni offrirono loro vino drogato, per alleviare le loro imminenti sofferenze, ma Fruttuoso replicò scherzosamente che per lui non era ancora giunto il momento di interrompere il suo digiuno (del venerdì). A un cristiano chiamato Felice, che gli aveva chiesto di pregare per lui, rispose di essere tenuto a pregare per tutti i cristiani, sia in Occidente sia in Oriente; una precisazione che S. Agostino interpretò come l'ammonizione a Felice perché restasse fedele alla Chiesa tutta. Fruttuoso assicurò a un altro cristiano che la comunità non sarebbe restata a lungo senza pastore e che l'ora della sofferenza sarebbe stata breve, cosa che in effetti si rivelò vera: la persecuzione terminò quell'anno stesso. Dopo aver legato i tre a dei pali, venne acceso il fuoco, che subito bruciò le corde che legavano le loro mani, così che essi furono in grado di inginocchiarsi e pregare con le braccia tese. L'autore dei loro Atti afferma che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano presenti al rogo e riferisce che due servi cristiani dell'imperatore videro i cieli aprirsi per ricevere le anime dei tre martiri, una visione negata al governatore, che pure era stato chiamato a vederla. I fedeli radunatisi dopo la loro morte spensero le braci con del vino e cominciarono a portare a casa le spoglie; pare però che in quella Fruttuoso sia apparso, chiedendo che fossero deposte tutte nello stesso luogo. Prudenzio (348 ca. 410) cantò le lodi di Fruttuoso nella sua raccolta di inni Peristephanon, il che mostra anche che conosceva gli Atti, noti anche a S. Agostino (28 ago.), come si evince da un panegirico da lui predicato nell'anniversario del martirio di Fruttuoso. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tarragona nella Spagna Citeriore, passione dei santi martiri Fruttuoso, vescovo, Augurio ed Eulogio, suoi diaconi: sotto gli imperatori Valeriano e Gallieno, dopo aver confessato la loro fede al cospetto del procuratore Emiliano, furono condotti nell’anfiteatro, dove, rivolta a chiara voce dal vescovo verso i fedeli presenti una preghiera per la pace della Chiesa, portarono a compimento il loro martirio gettati tra le fiamme e pregando in ginocchio.

nome Beata Giuseppa Maria di Sant'Agnese- titolo Vergine Agostiniana- nome di battesimo Josefa María Albiñana Gomar- nascita 9 gennaio 1625, Benigànim, Spagna- morte 21 gennaio 1696, Benigànim, Spagna- ricorrenza 21 gennaio- Beatificazione da papa Leone XIII nel 1888- Era figlia di Luigi Albifiana e Vicenza Gomar e nacque nel 1625 in un villaggio vicino a Valencia, venendo battezzata con il nome di Inés, con il quale in Spagna è meglio conosciuta ancora oggi. Suo padre morì quando la figlia era ancora giovane; dovendo assumersi le responsabilità della famiglia, per un certo periodo Inés non poté realizzare il suo desiderio di diventare una religiosa. Alla fine però riuscì a entrare nell'eremo delle agostiniane scalze a Benigamin, assumendo il nome di Josefa-Maria-de-Santa-Inés (S. Agnese). Dedicò il resto della sua vita all'austerità, alla preghiera e alla cura del prossimo. Nonostante alcuni periodi di tentazione e di aridità, fece cospicui progressi nella vita spirituale, sviluppando una notevole capacità di consiglio per la quale, con suo grande imbarazzo, vennero a consultarla anche alcune persone tra le più importanti del paese. Morì a settantuno anni, nella ricorrenza della sua patrona, S. Agnese, e venne beatificata nel 1888. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Beniganim nel territorio di Valencia in Spagna, beata Giuseppa Maria di Sant’Agnese, vergine dell’Ordine delle Agostiniane Scalze.

nome Sant'Epifanio di Pavia- titolo Vescovo- nascita 438 circa, Pavia- morte 496 circa, Pavia- ricorrenza 21 gennaio- Santuario principale Duomo di Hildesheim- Attributi Bastone pastorale- Patrono di Regno d'Italia- Epifanio fu un vescovo straordinario in un periodo di estrema confusione e difficoltà per la Chiesa sia a livello politico che teologico. I barbari invadevano l'Italia da nord e la questione monofisita imperversava in Oriente; l'Italia era stata conquistata prima dal re germanico Odoacre (ca. 430-493) e dopo la sua morte dall'ostrogoto Teodorico il Grande (ca. 450-526), che l'avrebbe dominata fino alla sua morte. Le conquiste barbariche portarono gli abitanti locali a condizioni di estrema miseria, oppressi da tasse pesantissime e ridotti alla fame. Epifanio ricostruì Pavia dopo che era stata distrutta da Odoacre e fu un grande propugnatore dei diritti e del benessere del popolo; riuscì per esempio a far liberare molte persone imprigionate dagli eserciti invasori, e anche a far ammorbidire le leggi e le imposte più dure. Lottò perché un quarto delle entrate della Chiesa fosse distribuito ai poveri e fu inviato da più papi come loro emissario presso Odoacre e Teodorico (che essendo figlio di una cattolica, Eucleuva, era facile da convincere). Epifanio ebbe anche un ruolo nel quadro dell'evoluzione dei rapporti tra il papato e l'impero romano: essendosi susseguita a Bisanzio una serie di imperatori relativamente deboli, papa Felice II (483-492) e il suo energico successore, Gelasio I (492-496), riuscirono ad affermare l'indipendenza della Chiesa dal potere civile; Felice addirittura arrivò a scrivere all'imperatore Zenone: «L'imperatore è un figlio della Chiesa e non un vescovo. Quindi per quanto riguarda la fede, deve imparare e non insegnare». Epifanio si recò quindi in missione presso l'imperatore Antemio con la speranza di evitare una guerra e poi, con simili interventi, anche presso re Eurico di Tolosa. Svolse la sua ultima missione in Borgogna dove si era recato per ottenere la liberazione di alcune persone fatte prigioniere da nuovi invasori; colpito da violente febbri, morì al suo ritorno a Pavia. Osannato quando era ancora in vita per gli straordinari successi pastorali da lui ottenuti in un periodo turbolento, veniva chiamato con gli appellativi di "pacificatore", "gloria d'Italia", "luce dei vescovi". Ennodio, che gli successe come vescovo di Pavia, scrisse un suo panegirico in versi. Nel 963 le sue reliquie vennero traslate a Hildesheim, nella Bassa Sassonia, dove pare siano ancora custodite in una bara d'argento vicino all'altare principale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Pavia, sant’Epifanio, vescovo, che, al tempo delle invasioni barbariche, si impegnò molto per la riconciliazione dei popoli, per la liberazione dei prigionieri e per la ricostruzione della città distrutta.

nome San Meinrado di Einsiedeln- titolo Eremita e martire- nascita Sulichgau, Germania- morte 861 circa Einsiedeln, Svizzera- ricorrenza 21 gennaio- Santuario principale Abbazia territoriale Maria Einsiedeln- Nato da una famiglia di contadini liberi di Sulichgau, vicino a Wurtemberg in Germania, Meinrado entrò nel monastero benedettino di Reichenau in Svizzera, dove fu ordinato prete, venendo poi impiegato come insegnante nei pressi del lago di Zurigo. Desiderando una vita di solitudine, verso l'829 ottenne dai suoi superiori il permesso di farsi eremita e di sistemarsi in una vicina foresta. Divenuto famoso per la sua santità e austerità di vita, cominciò ad attirare molti visitatori; decise di trovarsi un posto ancora più isolato, vicino a Einsiedeln, dove rimase fino alla morte, giunta circa venticinque anni dopo in circostanze drammatiche: due rapinatori, convinti che Meinrado nascondesse un tesoro, andarono a trovarlo spacciandosi per pellegrini, venendo cortesemente ricevuti; non trovando però alcun tesoro, lo bastonarono a morte e poi si diedero alla fuga. Secondo la leggenda vennero catturati grazie a due corvi che, dopo averli inseguiti fino a Zurigo, avvertirono gracchiando le autorità che li catturarono e li misero al rogo. Il corpo di Meinrado, dopo essere stato ritrovato, venne riportato a Reichenau per essere sepolto con la dovuta solennità; seppur a rigor di termini non sia morto "per la fede", viene venerato come martire. Una quarantina di anni dopo, un prete chiamato Benno occupò l'eremo di Meinrado a Einsiedeln, proseguendo la sua tradizione eremitica. Venne convinto più tardi a diventare vescovo di Metz, ma tornò poi a Einsiedeln per fondarvi un monastero benedettino, che fino ai giorni nostri non è mai stato abbandonato. MARTIROLOGIO ROMANO. Tra i monti intorno al lago di Zurigo nell’odierna Svizzera, san Meinrado, sacerdote, che, dedito dapprima alla vita cenobitica, poi a quella eremitica, fu ucciso dai briganti.

nome San Publio di Atene- titolo Vescovo- nascita II secolo- morte II secolo, Atene, Grecia-ricorrenza 21 gennaio- Patrono di Malta, Floriana- La tradizione lo identifica con il capo dell'isola di Malta che fece amicizia con San Paolo dopo il suo naufragio (At 28,7), si dice che sia stato nominato vescovo di Atene e che sia morto martire durante la persecuzione di Traiano. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Publio, vescovo di Atene, che diede testimonianza a Cristo nel martirio.

+7 punti

Nessun commento

Non ci sono ancora commenti. Perchè non inizi tu la conversazione?