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01/06/2024 alle 14:16

I santi di oggi 1 giugno:

I santi di oggi 1 giugno:

nome San Giustino- titolo Martire- nascita II secolo, Sichem- morte II secolo, Roma- ricorrenza 1 giugno- Attributi palma, libro- Patrono di filosofi- San Giustino Martire, nato a Flavia Neapolis in Samaria (oggi Nablus), è riconosciuto come il più eminente degli Apologisti greci. Questa antica città, luogo di importanti eventi biblici, tra cui l'apparizione di Dio ad Abramo e l'incontro tra Gesù e la Samaritana, fu fondata come colonia romana in onore di Vespasiano. Giustino stesso ci informa che suo padre, Prisco, portava un nome latino, mentre il nonno, Baccheio, aveva un nome ebraico, suggerendo una famiglia di coloni stabilitisi in Palestina dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Educato secondo la tradizione greca, Giustino non conosceva l'ebraico e percorse un lungo cammino filosofico, passando attraverso varie scuole come lo Stoicismo, l'Aristotelismo, il Pitagorismo e il Platonismo. Nel prologo del suo «Dialogo con Trifone», narra di come l'eroismo dei martiri e gli ammonimenti di un anziano cristiano (forse San Policarpo di Smirne) lo portarono alla conversione al cristianesimo. Questo avvenimento cruciale della sua vita ebbe luogo a Efeso. Dopo la conversione, Giustino si dedicò all'insegnamento e alla difesa della fede cristiana, indossando il pallium, simbolo dei filosofi. La sua duplice formazione, palestinese per origine e greca per educazione, gli permise di confrontarsi con la cultura biblica giudaica nel «Dialogo con Trifone» e con la filosofia greca nelle sue Apologie. Attraverso queste opere, Giustino dimostrò che Gesù era il Messia atteso e l'incarnazione storica del Logos. Le due Apologie di Giustino sono tra le sue opere più importanti. La Prima Apologia, scritta intorno al 150 d.C., è indirizzata all'imperatore Antonino Pio e a Marco Aurelio, il "filosofo", e cerca di difendere il cristianesimo davanti all'autorità imperiale. La Seconda Apologia, scritta pochi anni dopo, è indirizzata al Senato romano. Queste opere offrono un prezioso spaccato della vita ecclesiale dei primi secoli e delle accuse mosse contro i cristiani dai pagani. Giustino si trasferì a Roma intorno al 148 d.C., dove fondò una scuola filosofica. Visse presso le «Terme di Mirtino» fino al suo martirio. Secondo Taziano, discepolo di Giustino, il martirio fu causato da una denuncia del filosofo cinico Crescente. "Ho studiato tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente seguiti ho trovato la verità" rispose al prefetto che lo interrogava. E poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata, venne condannato a morte.L'esecuzione fu eseguita nel 165 d.C., sotto il prefetto Giunio Rustico, durante il regno di Marco Aurelio. Giustino e i suoi compagni furono decapitati. La tomba di Giustino è probabilmente situata nelle catacombe di Santa Priscilla, in un loculo che reca l'iscrizione in greco MZOY∑TINO∑, dove la M iniziale del nome potrebbe significare «Martire». La sua vita e le sue opere continuano a essere una fonte di ispirazione, con il Concilio Vaticano II che ha richiamato il suo insegnamento nei documenti fondamentali "Lumen gentium" e "Gaudium et spes". MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.

nome Sant'Annibale Maria Di Francia- titolo Sacerdote, Fondatore- nome di battesimo Maria Annibale Di Francia- nascita 5 luglio 1851, Messina- morte 1 luglio 1927, Messina- ricorrenza 1 giugno- Beatificazione Roma, 7 ottobre 1990 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Roma, 16 maggio 2004 da papa Giovanni Paolo II- Santuario principale Basilica del Sacro Cuore (Sant'Antonio), Messina- Annibale Maria Di Francia nacque a Messina il 5 luglio 1851 da una famiglia della nobiltà cittadina. Circa diciottenne sentì la vocazione al sacerdozio, che egli stesso definì «improvvisa, irresistibile, sicurissima». Tale chiamata crebbe nella consapevolezza della primaria importanza della preghiera per le vocazioni, ispirata al comando di Gesù La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe (Mt 9, 37-38 e Le 10, 2). Ancora diacono, incontrò un mendicante che lo portò alla scoperta del quartiere più povero e degradato di Messina, chiamato Avignone, dove ottenne di stabilirsi dopo l'ordinazione sacerdotale e dove iniziò le opere di soccorso e di educazione dell'infanzia e della gioventù fondando gli Orfanotrofi Antoniani (1882). Tali istituti, nati per accogliere, soccorrere e formare «civilmente e religiosamente» i più bisognosi, svilupparono collegi, scuole di arti e mestieri e di ogni altro tipo, centri di formazione professionale, colonie agricole. Considerò «operai della messe» non soltanto i sacerdoti, ma anche tutti coloro che sono chiamati a impegnarsi in attività a beneficio del prossimo e il Rogate (la preghiera per le vocazioni) divenne il programma della sua vita. Attratti dal suo carisma, uomini e donne si unirono a lui: Annibale fondò così le Figlie del Divino Zelo nel 1887 e, dieci anni più tardi, i Padri Rogazionisti. Vissuto nel crescente esercizio delle virtù cristiane, morì a Messina l'1 giugno 1927. Il suo carisma ha trovato la massima rispondenza ecclesiale nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, istituita da Paolo VI nel 1964. La Chiesa ha proclamato Annibale Di Francia «insigne apostolo della preghiera per le vocazioni» e Giovanni Paolo II, beatificandolo il 7 ottobre 1990, lo ha riconosciuto «autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale». Il 16 maggio 2004 è stato canonizzato dallo stesso Giovanni Paolo Il. MARTIROLOGIO ROMANO. A Messina, sant’Annibale Maria di Francia, sacerdote, che fondò le Congregazioni dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e delle Figlie del Divino Zelo per pregare il Signore di rendere la sua Chiesa feconda di santi sacerdoti; si adoperò con particolare dedizione per gli orfani distendendo a tutti i poveri le mani misericordiose di Dio.

nome San Giovanni Battista Scalabrini- titolo Vescovo di Piacenza e fondatore degli Scalabriniani- nome di battesimo Giovanni Scalabrini- nascita 1839, Fino Mornasco, Como- Ordinato diacono 20 settembre 1862- Ordinato presbitero 30 maggio 1863 dal vescovo Giuseppe Marzorati- Nominato vescovo 13 dicembre 1875 da papa Pio IX- Consacrato vescovo 30 gennaio 1876 dal cardinale Alessandro Franchi- morte 1905, Piacenza- ricorrenza 1 giugno- Beatificazione Piazza San Pietro, 9 novembre 1997 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Piazza San Pietro, 9 ottobre 2022 da papa Francesco- Incarichi ricoperti Vescovo di Piacenza (1875-1905)- Giovanni Scalabrini nacque a Fino Mornasco vicino a Como l'8 luglio 1839, terzo degli otto figli nati a Luigi Scalabrini e a Colomba Trombetta. Il padre, Luigi, era un commerciante di vino e la coppia godeva di un'ottima stima nella località. Luigi provvide alacremente all'educazione cattolica dei figli e i compagni di classe di Giovanni ricordavano come egli trascorresse molte ore nello studio e nella preghiera. Dopo aver completato le scuole elementari nella sua città natale, fu inviato a una scuola superiore di Como. Ivi sviluppò l'amore per l'eucarestia e la devozione per la passione di Cristo e per l'Addolorata. I genitori si compiacquero quando Giovanni espresse il desiderio di studiare per il sacerdozio. Entrò nel seminario minore di Sant'Abbondio e proseguì gli studi nel seminario di teologia, dove ebbe l'incarico di prefetto di disciplina insieme con l'amico Luigi Guanella (24 ott.). Continuò gli studi nel seminario maggiore, divenendo il primo della classe sia negli studi che nella disciplina. Fu ordinato dal vescovo di Bergamo il 30 maggio 1863. Nei primi anni di ministero fu prima professore e poi rettore del Sant'Abbondio. Divenne in seguito parroco di San Bartolomeo a Corno, dove si impegnò nella pastorale dei giovani e degli operai, in particolare del settore tessile. Fondò un asilo per i bambini, per i quali scrisse il suo primo catechismo, che dedicò alla memoria di sua madre, morta nel 1865. Nel 1875, all'età di trentasei anni, fu consacrato vescovo di Piacenza. Diede prova di essere un pastore instancabile e assiduo compiendo, durante i suoi ventinove anni di vescovado, cinque visite pastorali in tutte le trecentosessantacinque parrocchie affidate alla sua cura, metà delle quali potevano essere raggiunte solo a piedi o a cavallo di un mulo. Organizzò e diresse tre sinodi diocesani e si operò per riportare l'eucarestia alla posizione centrale nella pietà popolare dell'epoca, spesso superstiziosa, dedicando duecento chiese durante la realizzazione di questo progetto. Ristrutturò i seminari diocesani e impiegò la sua perizia teologica per riformare i corsi di studi. Ovunque si recava amministrava i sacramenti, insegnava la fede e creava programmi educativi. Incoraggiò la devozione alla persona del papa, mentre nell'Italia appena riunificata si era diffuso l'anticlericalismo. Allo stesso tempo consigliò papa Pio DC (1839-1878) di operare per una riconciliazione tra Chiesa e Stato in modo che i cattolici potessero giocare un ruolo nella volubile politica di quel tempo, senza essere gettati in dilemmi morali. La sua carità era sia abbondante che discreta: servì le vittime del colera, visitò i malati e i carcerati, aiutò sia le famiglie povere che quelle nobili, che avevano perduto il loro benessere; vendette le sue proprietà e trasformò la residenza vescovile in dispensario, servendo i contadini e gli operai malati. Fondò un istituto per coloro che avevano difficoltà di udito e di parola; organizzò la protezione per le giovani donne impiegate nei campi di riso, che erano spesso soggette sia allo sfruttamento sessuale che economico; stabilì società di mutuo soccorso, associazioni lavorative, casse rurali, cooperative e centri dell'Azione cattolica. Le sue visite pastorali gli mostrarono che l'emigrazione, in particolare dalle parrocchie rurali, si stava trasformando in un esodo: i giovani abbandonavano la regione in gran numero, lasciando dietro di loro villaggi popolati solo da anziani e fanciulle. Divenne un appassionato propugnatore del benessere degli emigranti. Ispirato dalla vista di viaggiatori che stipavano la stazione di Milano, pronunciò un discorso a Piacenza nel 1887 nel quale disse: «L'ampia sala di attesa era occupata da trecento o quattrocento individui, miseramente vestiti [...] segnati da rughe premature contratte per le privazioni: erano emigranti, stavano partendo, appartenevano alle varie province dell'Italia settentrionale e stavano attendendo [...] il treno per il Mediterraneo [...] da dove si sarebbero imbarcati per le Americhe 1...1 per trovare una fortuna meno ostile». Dal 1887 al 1892 effettuò ricerche, diede conferenze e scrisse opuscoli sul fenomeno dell'emigrazione, introducendolo sulla scena del dibattito nazionale. Operò e fu in corrispondenza con molte altre grandi figure coinvolte in questa e in altre questioni sociali, compresi don Bosco (31 gen.), Luigi Orione (12 mar.), il cardinal Andrea Ferrari di Milano (2 feb.), il futuro papa Pio X (1903-1914; 21 ago.), e Francesca Saverio Cabrini (22 dic.), che egli persuase a operare negli Stati Uniti piuttosto che partire per l'Estremo Oriente. Il vescovo Scalabrini vide la necessità di un corpo organizzato per la cura dei bisogni pastorali degli espatriati e fondò i Missionari di S. Carlo, che sarebbero stati «emigranti con gli emigranti», La comunità fu formalmente riconosciuta, nel novembre 887, da Leone XIII (1878-1903), il quale sostenne alacremente i suoi scopi. Otto anni più tardi Scalabrini, insieme con p. Giuseppe Marchetti, fondò un istituto parallelo per le donne, le Suore missionarie di S. Carlo. Negli ultimi dieci anni della sua vita fece due visite pastorali ai suoi missionari. Dapprima si recò negli Stati Uniti orientali dal 3 agosto al 12 novembre 1901. L'itinerario di tre mesi fu riferito per esteso sia dalla stampa italiana che da quella americana, e le sue visite ai ghetti degli immigranti italiani condussero i giornalisti all'interno di quartieri che precedentemente erano noti solo a motivo della criminalità. Da un suo resoconto, reso a New York durante un'intervista, i viaggi avevano condotto Scalabrini a New Haven, Boston, Utica, Siracusa, Buffalo, Cleveland, Detroit, Canada, Chicago, St Paul, Kansas City, St Louis, Cincinnati, Columbus e Washington D.C., dove era stato ricevuto dal presidente Teodoro Roosevelt. Il tour era stato organizzato dall'arcivescovo John Ireland di St Paul e diede a Scalabrini l'occasione di parlare apertamente contro l'ingiustizia nei confronti degli immigrati italiani e di perorare la loro difesa di fronte al presidente della Repubblica. La seconda visita internazionale fu alle missioni in Brasile, iniziata il 13 giugno 1904. Anche qui fu ricevuto come inviato personale di papa Leone, e negli ultimi anni avrebbe riferito di queste visite al cardinal Merry del Val, segretario di stato di Pio X, chiedendo di incoraggiare il papa a stabilire una commissione o una congregazione pontificia per la cura pastorale degli immigranti. Tutte le sue attività erano nutrite da una profonda devozione a Cristo nell'eucarestia e alla Beata Vergine, come testimoniano le sue omelie e i suoi pellegrinaggi. Morì all'alba dell'i giugno 1905, nel quale cadeva la festa dell'Ascensione. Le sue ultime parole furono indicative di una vita spesa per gli altri e al servizio di Dio: «I miei sacerdoti, dove sono i miei sacerdoti? Fateli entrare; non lasciateli attendere troppo a lungo [...] sia fatta la volontà di Dio!». Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997.

nome San Procolo di Bologna- titolo Martire- nascita III secolo- morte 304 circa, Bologna- ricorrenza 1 giugno- Procolo "il Soldato" era un tempo il patrono principale di Bologna, e la sua vicenda venne confusa con quella di un vescovo con lo stesso nome che visse quasi due secoli e mezzo dopo. La leggenda vuole che il Procolo soldato, ufficiale nell'esercito dell'imperatore Diocleziano, fosse martirizzato nel 304. Questa tradizione dice che fu decapitato ma S. Paolino di Nola (22 giu.), nel tardo IV secolo o all'inizio del V , scrive in una composizione poetica che fu crocifisso. Il Procolo chierico invece nacque a Bologna dove fu consacrato vescovo nel 540 e martirizzato dai goti due anni più tardi. Alla fine del XIV secolo i benedettini costruirono una chiesa a Bologna, dove furono poste le reliquie dei due santi (anzi i resti di entrambi furono posti nella stessa tomba). La chiesa fu dedicata a S. Procolo o Proclo, e li commemorava entrambi. In Italia sono conosciuti come "S. Proclo Soldato" e "S. Proclo vescovo", per distinguerli, e il culto si è diffuso in altre città. Padre Delehayc sostiene che S. Procolo di Pozzuoli e S. Procolo di Ravenna si possano identificare con il soldato e S. Procolo di Terni con il vescovo. Qualche volta sono raffigurati insieme in dipinti della scuola bolognese. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, san Procolo, martire, che per la verità cristiana fu trafitto con dei chiodi da trave.

nome San Teobaldo Roggeri- titolo Umile servitore- nome di battesimo Teobaldo Roggeri- nascita 1100 circa, Vicoforte, Cuneo- morte 1150, Alba, Piemonte- ricorrenza 1 giugno- Canonizzazione 31 gennaio 1429- Santuario principale a Vicoforte- Patrono di Vicoforte, ciabattini, facchini, mendicanti- La devozione per Teobaldo Roggeri ha il suo centro a Vicoforte (detta allora semplicemente Vico), vicino a Mondovì, dove nacque, e ad Alba, dove trascorse la maggior parte della sua vita. In tutto il Piemonte è venerato come il patrono di calzolai e facchini. L'unico racconto conosciuto della sua vita fu pubblicato nel 1626 da Passoni, il quale affermava di basarsi su documenti autentici, che però non furono mai resi noti al tempo della pubblicazione e neppure in seguito vennero alla luce. Secondo il racconto del Passoni la famiglia di Tcobaldo era moderatamente ricca ed egli ricevette una buona educazione, ma in cuor suo sentì che un cristiano doveva vivere semplicemente e umilmente. Si trasferì ad Alba dove fece apprendistato presso un ciabattino. Imparò così bene il mestiere che in fin di vita il suo maestro gli chiese di sposarsi con sua figlia e rilevare il commercio. Teobaldo, che aveva già fatto voto di castità, non volle addolorare il suo maestro e temporeggiò fino a funerale avvenuto, poi diede tutti i suoi guadagni alla vedova, chiedendole di distribuirli ai poveri, e lasciò Alba, senza un soldo, per andare pellegrino a San Giacomo di Compostela. Il nostro santo non aveva ambizione di successo mondano, neanche come ciabattino, e di ritorno dal pellegrinaggio abbandonò il commercio e lavorò come facchino, caricando sacchi di grano e altre materie. Dava in elemosina i due terzi del suo guadagno, dormiva per terra e si sottoponeva ad altre austerità. Questo tipo di vita lo mise in contatto con molti malati e poveri che egli amò. Una volta lanciò una maledizione, non sappiamo né contro chi né perché, ma in espiazione si assunse l'impegno di fare il sagrestano nella cattedrale di S. Lorenzo per il resto della sua vita. I commentatori non sono del tutto convinti di questo racconto a causa delle incoerenze delle fonti documentarie del Passoni, ma la storia è così semplice, così puntuale e così priva di quelle leggende stravaganti che spesso troviamo aggiunte alle Vitae dei santi medievali, che può avere effettivo fondamento storico. Si dice che le reliquie siano state scoperte ad Alba nel 1429. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Alba in Piemonte, beato Teobaldo, che, spinto dall’amore per la povertà, rimise tutti i suoi averi a una vedova e divenne per spirito di umiltà facchino, per portare su di sé i pesi altrui.

nome San Simeone di Siracusa- titolo Eremita- nascita X secolo, Siracusa- morte 1 giugno 1035 Treviri, Germania- ricorrenza 1 giugno- Canonizzazione 1041 da papa Benedetto IX- Una Vita di Simeone giunta fino a noi fu scritta subito dopo la sua morte dall'amico Eberwino, abate di Tholey e di S. Martino a Treviri, dietro richiesta dell'arcivescovo Poppone di Treviri; in questo modo siamo ben informati sulle circostanze avventurose della vicenda del nostro santo. Nato a Siracusa da padre greco, all'età di sette anni fu condotto a Costantinopoli per essere educato. Fattosi adulto decise di abbracciare la vita eremitica: recatosi in pellegrinaggio in Terra Santa vi si stabilì. Condusse vita solitaria nei pressi del fiume Giordano e in seguito entrò in un monastero vicino al Monte Sinai. Con il permesso dell'abate trascorse due anni in solitudine in una grotta vicina al Mar Rosso e qualche tempo in un eremo sulla sommità del Sinai. Ritornato al monastero gli fu assegnata una missione che cambiò il corso della sua vita: con un altro monaco fu incaricato di andare in Normandia per riscuotere un tributo dal duca Riccardo II (la comunità aveva urgente bisogno della somma). I due monaci partirono, ma la loro imbarcazione fu catturata dai pirati che uccisero l'equipaggio e i passeggeri. Simeone si salvò lanciandosi dalla nave e nuotando fino a riva. Raggiunse a piedi Antiochia, dove incontrò Riccardo, abate di Verdun, ed Eberwino, abate di S. Martino, che stavano tornando in Francia, dopo essere stati pellegrini in Palestina. I tre divennero amici e si accordarono per proseguire insieme, ma a Belgrado si dovettero separare: ai pellegrini francesi fu permesso di continuare mentre Simeone e il monaco Cosma, che si era unito al gruppo, furono arrestati. Una volta liberati dovettero affrontare un lungo e periglioso viaggio attraverso il terreno montuoso dell'attuale Bosnia, affrontando briganti e altre difficoltà prima di raggiungere la costa e imbarcarsi per l'Italia. Alla fine giunsero a Roma donde in fretta intrapresero il cammino per il sud della Francia. Là Cosma morì. Attraversata la Francia Simeone giunse in Normandia e apprese che il duca Riccardo II era morto e i suoi figli Riccardo III (1026-1027) e Roberto I (1027-1035), padre di Guglielmo il Conquistatore, si rifiutavano di pagare il tributo. Simeone aveva percorso quasi tremila chilometri per portare a termine la sua missione ed erano trascorsi diversi anni da quando aveva lasciato il Sinai. Andò a consultare i suoi amici Riccardo, abate di Verdun, ed Eberwino, abate di Trevíri. A Treviri fu presentato all'arcivescovo Poppone, che stava per intraprendere un pellegrinaggio in Palestina, e questi gli chiese di fargli da guida. Così, questa volta in compagnia e ben protetto, tornò in Terra Santa. Non sapeva se ritornare o no al suo monastero ma quando Poppone rientrò a Treviri andò con lui. Là trovò quella solitudine che desiderava dopo anni di viaggi. Gli fu permesso di vivere da eremita in una torre della città vicino alla Porta Nigra, e lo stesso arcivescovo presiedette la cerimonia della sua reclusione. Trascorse il resto della vita in penitenza, preghiera e contemplazione. Non furono però anni senza prove: non mancarono le tentazioni e a volte subì gli attacchi della popolazione locale. Una volta fu assalito da gente inferocita che scagliava contro di lui pietre e altri oggetti accusandolo di praticare la magia nera. Con l'andar del tempo però venne ritenuto un santo. Quando egli morì l'abate Eberwino gli chiuse gli occhi e l'intera popolazione del luogo partecipò ai suoi funerali. Porta Nigra da allora divenne la porta di S. Simeone. L'arcivescovo Poppone scrisse la sua biografia e promosse la sua causa a Roma; fu canonizzato nel 1042, solo sette anni dopo la morte. Generalmente si considera quella di S. Ulrico, vescovo di Augusta (4 lug.), la prima canonizzazione in forma solenne, celebrata da papa Giovanni XV; quella di Simeone è la seconda e fu presieduta da papa Benedetto IX. MARTIROLOGIO ROMANO. A Treviri in Lorena, oggi in Germania, san Simeone, che, nato a Siracusa da padre greco, dopo aver condotto vita eremitica presso Betlemme e sul monte Sinai e avere a lungo peregrinato, morì infine recluso nella torre della Porta Nigra in questa città.

nome Beato Giovanni Storey- titolo Laico coniugato, martire- nascita 1504 circa, Inghilterra- morte Tyburn, Londra, Inghilterra- ricorrenza 1 giugno- Nato intorno al 1504, studiò giurisprudenza a Oxford e dopo la laurea ottenne un incarico universitario in legge. Era conosciuto come «il civilista e canonista più famoso del suo tempo». Divenne il primo regio professore di diritto civile a Oxford e per due anni fu rettore di Broadgates Hall, l'attuale Pembroke College. Sottoscrisse il Giuramento di Supremazia di Enrico VIII (forse, come molti altri chierici e accademici, sperava che la disputa tra re e papa si sarebbe ricomposta) ma era molto a disagio per le rivendicazioni del re e per la sua rottura con il papato. Nel 1537 rassegnò le dimissioni dal suo incarico accademico che lo poneva in una posizione preminente e vulnerabile se fosse stato considerato un dissidente. Si sposò, fu ammesso ai Doctor's Commons e cominciò a svolgere la professione di avvocato. Fu eletto nel primo Parlamento di Edoardo VI quale rappresentante di Hindon nel Wiltshire ma si oppose energicamente all'Atto di Uniformità del 1549 e al nuovo Libro delle preghiere comuni. La Camera dei Comuni manifestò irritazione per i suoi discorsi e Giovanni fu rinchiuso nella Torre di Londra per tre mesi. Rilasciato si rifugiò a Lovanio, dove si erano insediati molti oppositori del nuovo regime. L'ascesa al trono di Maria Tudor nel 1553 risollevò le sue sorti. Poté tornare in Inghilterra e fu nominato cancelliere delle diocesi di Oxford e Londra e decano di Arches, i massimi incarichi giuridici all'interno della struttura della Chiesa. In un primo momento il ritorno della popolazione al cattolicesimo avvenne in modo pacifico ma quando, nel 1554, Maria sposò Filippo II di Spagna le violenze contro i protestanti raggiunsero il livello di quelle esercitate precedentemente dai protestanti stessi contro i cattolici: Latimer, vescovo di Worcester, e Ridley, vescovo di Londra, furono condannati come eretici e mandati al rogo nel 1555, e poco dopo Tommaso Cranmer, arcivescovo di Canterbury, subì la stessa sorte. Edmondo Bonner, che era stato rinominato vescovo di Londra, durante il regno di Edoardo VI era stato incarcerato nelle prigioni di Marshalsea e non ebbe nessuna pietà verso quelli che lo avevano perseguitato. Lo Storey, in quanto capo dell'ufficio legale, ebbe una parte importante nel perseguire quelli che rifiutavano di abbandonare la fede protestante e fu anche Procuratore della regina nel processo contro Cranmer. Si stima che tre o quattrocento persone furono mandate al rogo. Se, con l'ascesa al trono di Elisabetta I, molti cattolici fuggirono sul continente, Giovanni rimase in Inghilterra. Era ancora membro del Parlamento e si oppose al nuovo Atto di Supremazia alla Camera dei Comuni. Fu arrestato e rinchiuso dapprima nel Fleet, poi a Marshalsea, donde riuscì a fuggire. Tornato a Lovanio cadde sventuratamente in povertà, tanto da ottenere una pensione dal re di Spagna e un impiego alla dogana del porto di Anversa, dove controllava le navi inglesi alla ricerca di merci di contrabbando e libri eretici. Questo lavoro fu la sua rovina poiché, mentre ispezionava la stiva di una nave inglese, l'equipaggio chiuse i boccaporti e la nave salpò immediatamente per l'Inghilterra. A Yarmouth, Storey fu arrestato e accusato di tradimento. Edmondo Campion (1 dic.) assisté tra la gente (sotto mentite spoglie essendo egli stesso ricercato) al suo processo a Westminster Hall. Storey si rifiutò di rispondere alle accuse affermando di non essere più un cittadino inglese ma suddito del re di Spagna, inoltre rivendicò di aver salvato la vita di numerosi protestanti, per esempio quando, con l'abate di Westminster, evitò che ventotto persone fossero condannate al rogo dimostrando al legato papale, il cardinal Pole, che gli accusati non sapevano che cosa stavano facendo. Tutti insieme andarono dalla regina che li perdonò, eccetto «una anziana donna che risiedeva a Paul's Churchyard; ella non volle convertirsi e perciò fu bruciata». Giovanni continuò: «Fu mio intendimento che non ci fossero più roghi a Londra, perché vidi bene che non sarebbero serviti a convincere i protestanti, e perciò ci limitammo ad allontanarli e trasferirli in campagna». Non c'è nessuna ragione per dubitare di quest'affermazione: la violenza e la barbarie delle due parti in conflitto furono così spaventose da atterrire anche quelli che, data la loro posizione, furono coinvolti loro malgrado. Ma la posizione di Storey durante il regno della regina Maria fu così preminente che la sua petizione non ebbe effetto alcuno. Fu condannato a morte e la sentenza fu eseguita al Tyhurn. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beato Giovanni Storey, martire, che, esperto di diritto, fu fedelissimo al Romano Pontefice; dopo il carcere e l’esilio, per la sua fede cattolica fu condannato a morte e, impiccato a Tyburn, migrò alle gioie della vita eterna.

nome San Caprasio di Lérins- titolo Abate- morte 430, Lérins, Francia- ricorrenza 1 giugno- Santuario principale Abbazia di San Caprasio- Caprasio fu la principale guida spirituale di S. Onorato di Arles (16 gen.). Rinunciò a grandi prospettive mondane per vivere da eremita nell'isola di Lérins (di fronte a Cannes nel sud della Francia). Là si recarono Onorato e Venanzio, suo fratello, due giovani che volevano imparare da lui. Quando i due fratelli sentirono in cuor loro di dover andare in Oriente, Caprasio li accompagnò. Nel viaggio si privarono di molte cose conducendo una vita molto dura, tanto che la loro salute ne soffrì e arrivati in Grecia Venanzio morì. Caprasio e Onorato fecero ritorno in Gallia e per qualche tempo vissero sulle montagne intorno al Fréjus, decidendo poi di recarsi a Lérins per vivere molto austeramente sull'esempio dei Padri del deserto. Presto altri si unirono a loro e, ispirandosi alla Regola di S. Pacomio (9 mag.), decisero di formare una comunità sul modello del monastero di Tabennesi in Egitto dove un gran numero di piccole case religiose erano organizzate sotto una regola comune e un unico superiore. Sembra certo che mai Caprasio sia diventato superiore di quella che divenne una famosa istituzione monastica. Può darsi che fosse troppo avanti negli anni oppure era Onorato a possedere i carismi necessari per l'amministrazione, ma Caprasio considerato il fondatore e primo abate di Lérins, forse perché continuò a essere la guida spirituale di Onorato e perciò indirettamente di tutto il monastero. Nella laudatio che S. Ilario di Arles (5 mag.) fece dopo la sua morte (questa è la nostra principale fonte d'informazione) loda Caprasio per la sua grande santità. S. Ilario stesso fu monaco a Lérins, collegato a Onorato e suo successore come vescovo di Arles. L'influenza che Lérins avrebbe esercitato attraverso la Gallia e la Chiesa celtica in Irlanda e Britannia deve molto all'esempio di Caprasio, sua prima guida spirituale. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Lérins in Provenza, in Francia, san Caprasio, eremita, che insieme a sant’Onorato si ritirò in questo luogo e vi diede inizio alla vita monastica.

nome San Vistano- titolo Re di Mercia e martire- nascita fine VIII secolo, Mercia, Inghilterra- morte 850 circa, Lichester, Inghilterra- ricorrenza 1 giugno- Santuario principale Monastero di Repton- Vistano (Wystan, Wiston) appartiene alla famiglia reale della Mercia, e poiché suo padre, Wigmund, morì nell'839, egli succedette sul trono al nonno Wiglaf nell'840. Essendo troppo giovane, per un certo periodo la reggenza fu affidata a sua madre EP fleda. Berhtic (Brifardo), membro della famiglia reale, voleva sposare Elfelda, ma Vistano si oppose per ragioni di consanguineità, essendo il pretendente suo parente e padrino, e forse anche sospettando che Berhtic celasse una grande ambizione e volesse impadronirsi del potere. Se la ragione era questa aveva visto giusto poiché nell'850 Ieerhtic lo uccise brutalmente; con lui morirono anche tre suoi cavalieri a Wistanstow (probabilmente Wistow nel Leicestershire), e si dice che al re fosse stata strappata la capigliatura. Fu sepolto nel monastero reale di Repton, dove già erano custoditi i corpi del padre e del nonno. Gli abati di Evesham si schierarono con il re Canuto e più tardi con i re normanni e, avendo il favore reale, poterono ottenere le reliquie dei santi anglosassoni. Nel 1019 l'abate Aelfweard, che poi divenne vescovo di Londra, chiese al re Canuto le reliquie di Vistano; il re le concesse ed esse furono trasferite da Repton. Nel 1075 un altro abate, Ethelwig, collaborò con i baroni normanni nel reprimere la rivolta dei "Tre Conti", e quattro anni dopo divenne giudice supremo di diverse contee: Shropshire, Herefordshire, Worcestershire, Staffordshire, Warwick shire, Oxfordshire e Gloucestershire. Benché la commissione istituita dall'arcivescovo Lanfranco per discernere la veridicità dei santi anglosassoni ne avesse aboliti molti, ai monaci di Evesham fu permesso di mantenere quasi tutte le loro reliquie; quelle di S. Egwin di Worcester (30 dic.) erano portate in giro per raccogliere denaro per la costruzione di una nuova abbazia. Una curiosa leggenda di Wistow racconta che nell'anniversario della morte di Vistano una luce illumina il luogo dove fu ucciso e dal terreno germoglia una capigliatura umana (molti tipi di funghi hanno infatti la sommità simile a capelli, bruni o biondi, e questa potrebbe essere la spiegazione naturale di quest'ultimo fenomeno). Si dice che Baldovino, arcivescovo di Canterbury, abbia mandato una commissione a Wistow per esaminare il fenomeno, ma questa verifica potrebbe essere stata molto difficile, poiché i "capelli" sono visibili in quell'occasione, una volta all'anno, solo per un'ora e poi scompaiono. Tre antiche chiese sono dedicate a Vistano e sono Wistow e Wigstow nel Leicestershire e Wistanstow nello Shropshire. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella campagna di Lichester in Inghilterra, san Vistano, martire, che, della stirpe dei re di Mercia, essendosi opposto al matrimonio incestuoso della madre reggente, fu trafitto con la spada del tiranno.

nome Beato Giovanni Pelingotto- titolo Terziario francescano- nascita 1240, Urbino- morte 1304, Urbino- ricorrenza 1 giugno- Beatificazione 13 novembre 1918 da papa Benedetto XV- Figlio di un facoltoso mercante di Urbino, fin dalla prima adolescenza Giovanni mostrò totale disinteresse per il successo mondano e per le ricchezze terrene. Avrebbe voluto farsi eremita ma incontrò l'opposizione risoluta dei suoi genitori. Decise allora di rimanere in casa ma di vivere una vita d'austerità e preghiera. Sentì poi la chiamata ad andare nel mondo a servire poveri e malati; con rammarico dei suoi genitori dava ai miseri gran parte del suo cibo, rinunciava ai suoi abiti e vagava affamato e coperto da un vecchio sacco. I genitori di Giovanni erano preoccupati dell'estremo grado di indegnità toccato dal loro figlio: una Domenica delle Palme si recò nella cattedrale della città con una corda attorno al collo, per significare che era il peggiore dei criminali. Caduto per ore in estasi (o in uno stato catatonico) fu riportato con fatica alla realtà. In un'altra occasione andò nella piazza del mercato e trascorse la giornata, che era particolarmente fredda, con una folla di mendicanti e di ladruncoli. Alla fine i suoi genitori lo recuperarono in condizioni fisiche assai debilitate. La sua situazione ebbe una svolta quando si fece terziario francescano: con l'aiuto spirituale della Regola francescana poté vivere una vita cristiana aiutando chi era più povero di lui. A Urbino era venerato come santo e profeta e il suo culto, sopravvissuto nei secoli, fu approvato nel 1918. MARTIROLOGIO ROMANO. A Urbino nelle Marche, beato Giovanni Pelingotto, del Terz’Ordine di San Francesco, che, mercante, arricchiva gli altri più che se stesso e, ritiratosi in una cella, ne usciva soltanto per aiutare i poveri e i malati.

nome Sant'Enecone- titolo Abate- nascita Spagna- morte 1060 circa, Oña, Spagna-ricorrenza 1 giugno- Enecone fu monaco dell'abbazia di San Giovanni de Pefia in Castiglia e patrono battesimale di S. Ignazio di Loyola (31 lug.). Secondo una tradizione dopo essere stato priore per qualche tempo poi sentì la chiamata per la vita solitaria, che aveva già praticato prima di entrare in monastero. Ebbe il permesso di vivere da eremita sui monti di Aragona dove meritò una diffusa fama di santità e austerità. Re Sancio di Castiglia, sostenitore della riforma cluniacense (l'aveva introdotta nei suoi territori) aveva deciso che Enccone dovesse prendersi cura del monastero di Oria, che il re voleva adeguare alla Regola di Cluny. Si diceva che il monastero, fondato intorno al 1010 dal suocero del re, il conte Sancio di Castiglia, fosse divenuto lassista nell'osservanza. Re Sancio aveva mandato monaci da La Peria per sostituire le suore e nominato un nuovo abate, Garcia, discepolo di S. Odilone di Cluny (1 gen.), ma Garda morì prima di aver portato a termine la sua opera. Così il re mandò suoi inviati a Enecone chiedendogli di succedere al suo posto. Il santo, attaccato alla sua vita solitaria, rifiutò, ma cambiò opinione solo dopo che il re Sancio si recò personalmente al suo eremo per tentare di convincerlo ad accettare. Una volta impegnatosi divenne un eccellente abate: la regola fu reintrodotta, aumentò il numero dei monaci, le controversie furono appianate, ed Enecone acquistò la fama, ben al di fuori delle mura del monastero, di uomo capace di superare le più gravi divisioni tra gruppi e individui. Sembra sia stato uomo molto tollerante e di carattere gentile, e si dice che alla sua morte anche gli ebrei e gli arabi espressero il loro dolore. Su di lui sono cresciute molte leggende locali. Enecone è citato nel calendario di Oria, un calendario franco-ispanico del xii secolo, e questo è una prova del suo culto. Si pensa sia stato canonizzato da papa Alessandro III (1159-1181), ma ci sono alcune incertezze sulla data. È certo che nel 1259 papa Alessandro IV garantì l'indulgenza ai pellegrini che visitavano la chiesa di Una «nella festa del Beato Enccone, confessore, già abate del suddetto monastero». MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Oña nel territorio di Burgos nella Castiglia in Spagna, sant’Enecóne, abate: uomo di pace, alla sua morte fu pianto anche dai Giudei e dai Mori.

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