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I santi di oggi 1 settembre:
nome Sant'Egidio- titolo Eremita e Abate- nascita 640 circa, Atene, Grecia- morte 720 circa, Languedoc, Francia- ricorrenza 1 settembre- Santuario principale Chiesa di Sant'Egidio (Tolfa, Italia)- Attributi freccia; pastorale; cerva- Patrono di fabbri; allattamento; disabili; epilettici; foreste; eremiti; cavalli; lebbrosi; poveri; pecore; sterili; Altavilla Silentina; Camerata Nuova; Latronico; Avigliano Umbro ;Giuncarico; Staffolo- Nato da nobile famiglia in Atene, questo santo passò i primi anni della sua vita nel paese natio. Di ingegno profondo, colto, amante della pietà, ben presto si cattivò la benemerenza del popolo e dei prìncipi e con essa gli onori del mondo. Ma sprezzante di tutto, Egidio fuggì da Atene, e si recò in Francia, ritirandosi in un luogo deserto presso la foce del Rodano, per attendere con più fervore al servizio di Dio. Poco tempo dopo passò in una foresta e vi stabilì la sua dimora, vivendo in preghiera, fra austerità e digiuni. Si nutriva di erbe, di radici, di frutti selvatici, dormiva su nuda terra, e suo guanciale era un sasso. Il Signore ebbe pietà di lui in quel luogo deserto e gli mandò una cerva che gli forniva giornalmente il latte. Scoperto durante una partita di caccia da Flavio re dei Goti, entrò nelle grazie di quel sovrano, e per i molti miracoli operati fu conosciuto in tutta la Francia sotto il nome di « santo taumaturgo ». Spinto da tutto il popolo e pregato dallo stesso re ad abbandonare quel romitaggio per recarsi alla corte, non cedette, ma ottenne che il re gli donasse quella selva. Acconsenti il re e vi fabbricò un monastero che regalò ad Egidio. Lì accorse gran numero di giovani desiderosi di vivere sotto la sua direzione. Il Santo prese a dirigerli nella via della santità colle regole di S. Benedetto. Con essi potè incivilire quella regione,. dissodò campi, fertilizzò terreni fino allora incolti, aprì vie di commercio e specialmente predicò Gesù a quei popoli, convertendo i peccatori e inducendoli a penitenza. Crescendo sempre più la fama di lui, molti si stabilirono vicino al monastero così da formare una città che ora porta il suo nome. Pieno di anni e di meriti S. Egidio verso la fine del secolo VIII volò al cielo a ricevere la corona dei Beati. Più tardi, quando cioè i calvinisti profanavano con vandalico odio i santuari della Linguadoca, le preziose reliquie di S. Egidio vennero religiosamente trasferite a Tolosa ove si conservano con grandissimo onore, e la sua tomba è una fonte perenne di grazie e di miracoli. PRATICA. Che vale all'uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima sua? PREGHIERA. Deh! Signore, ci renda accetti l'intercessione del beato abate Egidio, affinché quel che non possiamo coi nostri meriti, lo conseguiamo col suo patrocinio. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Nîmes nella Gallia narbonense, ora in Francia meridionale, sant’Egidio, da cui poi prese il nome la cittadina fiorita nella regione della Camargue, dove si tramanda che egli costruì un monastero e pose termine al corso della sua vita mortale.
nome San Giosuè- titolo Patriarca- nascita XII secolo a. C., Egitto- morte XII secolo a. C., Timnat-Serach- ricorrenza 1 settembre- Il nome di Giosuè in ebraico suona yehélshua` che significa «JHWH è salvezza». Come Abramo e Mosè anche Giosuè oltre a essere un personaggio della storia è soprattutto un simbolo, l'eroe che ha conquistato la terra promessa. In realtà la conquista fu un fatto che richiese almeno un paio di secoli, spesso fu solo una lenta infiltrazione tra le popolazioni cananee, con le quali in buona parte gli israeliti si fusero formando quello che poi si chiamerà il popolo d'Israele. Qui tracceremo il profilo dell'eroe come ce lo propone la tradizione biblica. Nei libri del Pentateuco Giosuè vive nella gloria di Mosè. Il suo ruolo è decisamente secondario ma non privo di rilievo. Appena conclusa l'alleanza, Mosè sale sul Sinai per ricevere la legge di Dio. Il popolo resta giù, alle falde del monte, sotto la guida di Aronne e Cur; Giosuè invece accompagna Mosè fin sulla montagna. Scendendo di lì sente in lontananza lo schiamazzo del popolo e lo interpreta come grido di guerra. È lui che guida Israele contro Amalek mentre Mosè sul colle prega. Assegnato alla custodia della tenda della Dimora, vigila al suo interno quando Mosè s'intrattiene con Dio. Geloso delle prerogative profetiche del suo capo, vorrebbe impedirne l'allargamento ad altri. Insieme a Caleb e ad altri è inviato come esploratore del Canaan, ma solo lui e Caleb ne esaltano le buone qualità e dimostrano fede nella possibilità di ereditare il dono di Dio. Per questo meriteranno, essi soli, di entrarvi. Alle dipendenze di Mosè, il giovane Giosuè fa il suo tirocinio nella guida del popolo. Accumula esperienza e conoscenza. Il testo biblico lo dice un uomo «pieno dello spirito di saggezza» e questo per l'imposizione delle mani di Mosè, ma si capisce bene che molto ha ricevuto dal contatto con il capo in tempi di estrema difficoltà. Per questa sua maturità umana e per l'attaccamento e la docilità dimostrata al maestro, Giosuè merita di ereditarne l'autorità e lo spirito per farsi ubbidire dall'intero popolo e introdurlo nella terra promessa. Con il libro di Giosuè inizia l'opera di direzione e conduzione d'Israele da parte di Giosuè. I suoi compiti sono molteplici. Nel passaggio del Giordano e nella conquista di Gerico, Giosuè dirige il popolo come farebbe un sacerdote in una celebrazione liturgica. Il passaggio del Giordano è infatti presentato come una «liturgia». Protagonisti i sacerdoti e i leviti. Portando l'arca dell'alleanza essi aprono la processione, il popolo si terrà a debita distanza per sottolineare l'inaccostabilità di Dio «presente» nell'arca. Come per ogni gesto liturgico il popolo si dovrà «santificare», dovrà lavarsi e astenersi dai rapporti sessuali. Appena i piedi dei sacerdoti toccano le acque del Giordano, queste si dividono per lasciare snodare la processione all'asciutto. Arrivati in mezzo al guado i sacerdoti si fermano lasciando passare tutto il popolo per poi rimontare e permettere alle acque del Giordano di defluire. Di tutta questa scena Giosuè è come il regista e il grande pontefice. La riuscita dell'operazione lo consacra capo indiscusso. Altrettanto si può dire della presa di Gerico. Anche qui protagonisti i sacerdoti con l'arca. Per sei giorni essi aprono la processione di tutto il popolo intorno alle mura della città. Nel settimo la processione gira per sette volte. Al termine del settimo giro i sacerdoti danno fiato alle trombe, le mura di Gerico crollano, la città è a disposizione d'Israele: ognuno l'assale e fa strage della popolazione. Del bottino si fa offerta a JHWH. Anche questa operazione si conclude con la conferma delle capacità direttive di Giosuè, «la cui fama si sparse in tutto il mondo». Questi due episodi della conquista dimostrano a sufficienza una tesi teologica. La promessa della terra è attuata ad opera di Dio. Essa è davvero un dono di Dio. E Giosuè ne è stato lo strumento. La presa di Ai e la battaglia contro i cinque re coalizzati del Sud (Gs 10) danno la misura di un Giosuè condottiero. Nella presa di Ai predomina l'astuzia dell'orientale che gioca un brutto scherzo agli abitanti della città; nella battaglia dei cinque re la tempestività dell'azione alle prime luci dell'alba, dopo aver marciato per tutta una notte, risulta vincente su forze più numerose. Nella seconda parte del libro di Giosuè si parla della ripartizione della terra conquistata tra le tribù sulla base della loro grandezza numerica. In realtà la penetrazione del Canaan fu un fenomeno lento che si estese fino ai tempi di 21 Davide. Nell'attività di distribuzione non mancarono le contestazioni. Non tutti potevano essere contenti del proprio territorio. Le due tribù della casa di Giuseppe erano particolarmente numerose. La terra assegnata loro non bastava. Giosuè pensò bene di assegnare una regione boscosa da trasformare in terra fertile. Anche questo era compito di Giosuè, dirimere difficoltà di assestamento e risolvere i sempre rinascenti problemi. A sigillo dell'opera della conquista del Canaan e della sua ripartizione, il libro pone come ultimo atto di Giosuè l'alleanza di tutte le tribù israelitiche con JHWH a Sichem. Stando all'attuale testo, l'operazione dà l'impressione di essere una cerimonia di rinnovamento nel Canaan dell'alleanza sinaitica. In realtà fu un'abile manovra di Giosuè con la quale propose la fede del suo gruppo in JHWH a tutte le tribù che in un modo o nell'altro sentivano di appartenersi. L'elemento religioso fu il catalizzatore dell'unificazione e della coscienza nazionale delle differenti tribù, alcune delle quali non avevano fatto l'esperienza dell'Egitto e del Sinai. Fu un'operazione lunga, ma gli autori del libro l'attribuiscono totalmente a colui che gli dette inizio. Come Mosè giganteggia in Egitto e nel deserto, Giosuè occupa tutti i ruoli dell'operazione Canaan. A fianco dell'uno e dell'altro, presente e operante, la potente mano di JHWH, Dio d'Israele. La festa di Giosuè si celebrava in Gerusalemme il 2 settembre. Il Martirologio Romano lo ricorda il primo settembre. Nell'iconografia Giosuè viene rappresentato come un guerriero; interi cicli sono dedicati alle sue gesta. Gli episodi più frequentemente raffigurati sono il passaggio del Giordano, la caduta delle mura di Gerico, la conquista di Ai, l'arresto del sole nella battaglia contro gli Amorrei.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Giosuè, figlio di Nun servo del Signore, che, con l’imposizione delle mani da parte di Mosè, fu riempito dello spirito di sapienza e, dopo la sua morte di Mosè, condusse mirabilmente il popolo d’Israele lungo il corso del Giordano nella terra promessa.
nome Madonna di Montevergine- ricorrenza 1 settembre- In Campania, nella provincia di Avellino, a Mercogliano, si trova un grande Santuario, dedicato alla Madonna di Montevergine, conosciuta anche come Mamma Schiavona o Madonna Bruna. Il nome particolare è dato dal fatto che l'Icona qui venerata rappresenta una Maria dalla pelle scura, cosa che in passato era associata alla gente di basso ceto che lavorava nei campi, agli schiavi, appunto. Secondo gli studi effettuati sul quadro esso fu opera di Pietro Cavallino dei Cerroni che lo dipinse tra il 1270 e il 1325, anche se per molto tempo la leggenda lo attribuiva addirittura a San Luca. Mamma Schiavona è conosciuta come “colei che tutto può e tutto perdona” perché secondo una storia risalente al 1256, due amanti omosessuali, che furono scoperti in atteggiamenti intimi, uno scandalo per l'epoca, vennero legati ad un albero destinati a morire di stenti, e furono liberati dalla Madonna che ne ebbe pietà. Attestato il miracolo la popolazione lo considerò come un segno di tolleranza soprannaturale e da allora i femminielli divennero devotissimi della Madonna di Montevergine. Per questo il 2 febbraio giorno della Candelora si tiene una processione interamente costituita da femminielli che vanno in pellegrinaggio in onore della Madonna loro amica. Il culto associato a questo luogo non è legato, come invece di consueto, a nessuna apparizione, ma è dovuto unicamente alla fede di una persona, tal Guglielmo da Vercelli, monaco eremita che volendo dedicare la propria vita alla preghiera tramite appunto il culto di Maria, durante uno dei suoi viaggi decise di fermarsi tra questi monti per erigere un tempio alla Vergine, al posto di quello pagano esistente in antichità dedicato alla Dea Cibele. Guglielmo fondò anche un ordine monastico che chiamò Congregazione Verginiana. I suoi resti sono conservati nella cripta in un urna d'argento, e nelle due basiliche, la vecchia e la nuova, si trovano le tombe di principi, nobili ed ecclesiastici.
nome Madonna della Cintura- titolo Devozione alla Sacra Cintola- ricorrenza 1 settembre- La prima domenica dopo il 28 agosto viene celebrata la Madonna della Cintura, che anticamente era chiamata Madonna della consolazione. La devozione verso questa figura ha due diverse origini, la prima riguarda l'apostolo Tommaso che, a quanto si racconta, fece aprire il sepolcro nel quale si trovava il corpo della Madonna per contemplarne le spoglie ma trovò solo la Sua cintura, divenuta poi oggetto di venerazione. La seconda tradizione vuole che il culto della Madonna della Cintura nasca grazie a Santa Monica, madre di Sant'Agostino, la quale, rimasta vedova, le avrebbe chiesto come poterla imitare non solo nei modi ma anche nelle vesti. Secondo il Manuale di Filotea di Giuseppe Riva “La B. Vergine non tardò a compiacerla. Le apparve poco dopo coperta di un’ampia veste che dal collo le andava ai piedi. Ma di stoffa così dozzinale, di taglio così semplice, di colore oscuro che non saprebbe immaginare abito più dimesso e penitenziale. Ai lombi era stretta da una rozza cintura di pelle che scendeva fin quasi a terra, al lato sinistro della fibbia che la rinfrancava. Indi slacciandosi di propria mano la cintura, la porse a Santa Monica, raccomandandole di portarla costantemente, e di insinuare tale pratica a tutti i fedeli bramosi del suo speciale patrocinio”. E fu proprio Sant'Agostino a utilizzarla per primo, nacquero così i cinturati i quali “sono chiamati a vivere una vita di penitenza di cui è simbolo la cintura, indicando con essa il disprezzo del mondo e di tutto ciò che allontana da Dio.” La cintura dunque come valore simbolico a indicare un legame di sottomissione che comportava una protezione da parte della Madonna nella forma del Patrocinio. Nell'iconografia classica si ritrae la Vergine in alto, con il Bambino in braccio, tra santa Monica e Agostino in atto di donare la propria cintura.
nome Santa Verena di Zurzach- titolo vergine- nascita III secolo, Alto Egitto- morte IV secolo, Zurzach, Svizzera- ricorrenza 1 settembre- Attributi<br /> orciuolo e pane; doppio pettine e brocca- Patrona di pescatori, casalinghe, infermiere, mugnai e comandanti di navi- Verena appartiene al gruppo di santi di cui non si sa nulla, eccetto il semplice fatto della loro esistenza. E menzionata nel Martirologio Romano, in base a cui morì ad Aquae Durae vicino a Costanza, come confermato dalle aggiunte apportate al Martirologio Geronimiano e nel Martirologio di Monaco del ix secolo, ma sappiamo solo questo. I dettagli sono offerti in due Vite, una Vita I scritta da Attone III, abate di Reichenau, nel 888 circa, e una Vitali, ricostruita tra il 1000 e il 1010, entrambe "ispirate" dal culto nato sulla tomba di una donna di Zurzach, un paese sul Reno, a nord ovest di Zurigo, descritto in Miracula Sanctae Verenae, comparso nel 1010. Come affermano i biografi, Verena si spostò in continuazione, e sebbene sia impossibile datare le informazioni, è probabile che sia vissuta nel iv secolo. Secondo la leggenda, proveniva dall'Egitto, ed essendo diventata cristiana, trascorse un periodo nella Tebaide sotto la guida di S. Vittore, suo parente. In base alla Vita I, si arruolò nella Legione Tebana (S. Maurizio, 22 set.), seguendola in Italia, dove si fermò, evitando perciò il massacro di Agaunum. Quando udì quello che era successo ai soldati cristiani della legione, si recò ad Agaunum per venerare le loro reliquie e cercare Vittore, poi si trasferì a Solothurn, dove trascorse un periodo in casa di un uomo del posto, non si sa se cristiano; in entrambi i casi, i biografi non riescono a spiegare perché per tutte le donne che la conobbero, Verena rimase un modello di castità e di abnegazione. Il popolo in seguito continuò a indicare la grotta dove visse, e che lasciava per le sue innumerevoli visite caritatevoli tra i contadini del luogo (si diceva che si occupasse in particolare della loro pulizia personale). È la Vita II che narra dei suoi spostamenti da Solothurn a Coblenza, e da lì a Zurzach, dove fu costruita una cella speciale per lei, e in cui, secondo quello che si diceva, alla fine si stabilì, assistendo i poveri e i malati, specialmente quelli di lebbra. Dopo la morte, avvenuta presumibilmente a Zurzach, nacque un culto intorno alla sua tomba, e il monastero che vi fu costruito sopra, nel X secolo, divenne meta di pellegrinaggio. Oltre alla sua associazione, sia nella tradizione scritta che in quella orale, con la Legione Tebana, Verona è anche connessa alla fase iniziale dell'introduzione del cristianesimo in Svizzera; è tra i santi più venerati in Svizzera, e molte devozioni sopravvivono fino a oggi. In arte, è di solito raffigurata come una donna matura che regge una brocca e del pane, o successivamente un pettine, tutti simboli della sua carità. MARTIROLOGIO ROMANO. A Zurzach sul Reno nel territorio di Zurigo, nell’odierna Svizzera, santa Verena, vergine.
nome Beata Giovanna Soderini da Firenze- titolo Serva di Maria- nome di battesimo Giovanna Soderini- nascita 1301, Firenze- morte 1 settembre 1367, Firenze- ricorrenza 1 settembre- Beatificazione 1º ottobre 1828 da Papa Leone XII- Le informazioni tramandate su Giovanna sono inattendibili, per-ché non sono contemporanee e perché possono essere state altera-te per equipararla a S. Giuliana Falconieri (19 giu.). La seconda edizione degli Annales dell'Ordine dei serviti, pubblicati nel 1719, fa riferimento a un testo agiografico considerato inattendibile intitolato Giornale e Ricordi. Non sappiamo in che misura fosse diffu-so, ma probabilmente riflette la tradizione del XVI secolo che ri-guarda il culto di Giovanna. I vari elementi furono messi assieme nel Chronicon di Michele Poccianti (1567), usato come fonte principale da tutti coloro che scrissero su Giovanna da quel momento in poi. La storia che emerge è che Giovanna nacque nella nobile famiglia Soderini a Firenze nel 1301, e che in qualche modo era imparen-tata con Giuliana. È descritta in modo stereotipato come una figlia unica ben educata e devota, ed è facile che i racconti delle sue prime rivelazioni siano retrospettivi. Quando i genitori, secondo l'usanza del tempo, si accinsero a prendere accordi per il suo matrimonio, Giovanna annunciò che voleva diventare monaca. Dopo la loro riluttanza iniziale, i genitori alla fine diedero il consenso, facendola entrare nell'Ordine delle mantellate, il Terz'ordine ser-vita, recentemente istituito a Firenze da Giuliana Falconieri. Gio-vanna diventò subito famosa per la grande austerità e la devozione, la moderazione e l'allegria, oltre all'estrema disponibilità con cui partecipava al lavoro del convento, in special modo, all'assistenza degli infermi. Tra i suoi pazienti ci fu la stessa Giuliana Falconieri, che Giovanna assistette devotamente nel corso della sua ultima lunga e dolorosa malattia. Alla morte di Giuliana nel 1341, Giovanna assunse l'incarico di priora e, a dispetto di dure prove e tentazioni, servì la congregazione con lo spirito della sua amatissima maestra, fino alla morte, che avvenne, secondo Poccianti, il 1 settembre 1367. Fu seppellita nella chiesa dell'Annunziata a Firenze, e la sua tomba diventò immediatamente meta di pellegrinaggio. Non è chiaro quanto i dettagli e persino le date siano attendibili. La canonizzazione di Giuliana nel 1737 spinse un membro della famiglia Soderini a far approvare il culto di Giovanna. Nonostante la scarsità della documentazione, fu approvato da papa Leone XII (1823-1829) nel 1828. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, beata Giovanna, vergine del Terz’Ordine dei Servi di Maria, insigne per la preghiera e l’austerità di vita.
nome San Lupo di Sens- titolo Vescovo- nascita 573 circa- morte 623 circa, Briénon-sur-ArmeNon, Francia- ricorrenza 1 settembre- La prima Vita in latino di S. Lupo (o Loup, Leu), che originariamente si pensava fosse secolo, è oggi datata D( secolo. Dal momento che si ritiene inattendibile, tutto quello che si può dire di Lupo con certezza è che fu successore di S. Artemio (28 apr.) come vescovo di Sens quando quest'ultimo morì nel 609, e che divenne vittima delle lotte di potere, secolari ed ecclesiastiche, del tempo. Per colmare le lacune, la Vita afferma che era figlio di un nobile di Orléans, e un brillante studente, un uomo umile e devoto, che compì i suoi doveri pastorali con grande zelo; inoltre si diceva anche che avesse contribuito attivamente a mantenere l'ordine pubblico nei periodi politicamente instabili. Alla morte di Teodorico II di Borgogna e Orleans (595-613), che nell'ultimo anno di vita divenne re dell'Austrasia, Lupo sostenne il diritto del figlio, Sigeberto II, alla successione. I suoi guai iniziarono alla morte di Sigeberto in quello stesso anno, quando Clotario II (613-629) annesse la Borgogna per diventare re di tutti i franchi. Quando il ministro di Clotario, il duca Farulfo, marciò su Sens, il re e i suoi uomini si spaventarono allorché Lupo suonò la campana della chiesa; tuttavia quest'ultimo non si preoccupò di mettersi al sicuro da Farulfo, che immediatamente cominciò ad accusarlo falsamente e lo denunciò al re, aiutato e istigato da Medegislo, abate di Saint-Rémi a Sens, interessato al vescovado. Nonostante Medegislo non ottenesse ciò che voleva (la popolazione di Sens lo uccise nella propria chiesa per il suo tradimento), Clotario credette ai detrattori di Lupo, e mandò il vescovo ad Ausenne, un paesino sul fiume vicino a Blangy-sur-Bresle. Lupo cominciò subito a evangelizzare i pagani di quella zona, e persino il governatore e alcuni membri dell'esercito si convertirono, dopo la guarigione di un cieco. Questa notizia giunse a Clotario, che si accorse di aver fatto un grande torto a Lupo, e, rispondendo a un appello di S. Venebaldo (8 mag.), abate di Troyes, e del popolo di Sens, chiese il perdono del vescovo e lo reintegrò nella sua diocesi; Lupo non mostrò risentimento, anzi continuò a governarla come se niente fosse accaduto. Lupo morì nel 623, sicuramente a Briénon-sur-ArmeNon, dove esiste ancora una fontana con il suo nome, poi fu seppellito, secondo la sua volontà, nella basilica di S. Colomba a Sens, che fu rinominata SS. Colomba e Lupo, attorno alla quale fu costruito un monastero; più di due secoli dopo, nel 853, le reliquie furono trasferite in una nuova basilica. È menzionato nei manoscritti più completi del Martirologio Geronimiano e nel Martirologio di Wandelbert (circa 850), e per un momento il culto, che è antico, fu esteso e popolare. In Francia, alcuni dei trenta toponimi che includono "Loup" o "Leu" sono connessi a un altro santo con lo stesso nome, S. Lupo di Troyes (29 lug.); nondimeno altri luoghi, incluso Saint-Loup-de-Naud (Seine-et-Marne) e Saint-Leu-d'Esseront, sono in relazione con il santo venerato oggi. In un contesto completamente diverso, Marcel Proust ha usato il nome per uno dei personaggi centrali (Robert de Saint-Loup) di Alla ricerca del tempo perduto. L'anello d'arcivescovo posseduto da Lupo, uno dei molti che nella leggenda si suppone siano stati gettati in acqua e recuperati nel ventre di un pesce, è conservato nel tesoro della cattedrale di Sens, insieme con un altro gioiello che si dice sia caduto miracolosamente nel calice mentre stava celebrando la Messa a Ordon (oggi Saint-Loup-d'Ordon). MARTIROLOGIO ROMANO. A Sens in Neustria, ora in Francia, san Lupo, vescovo, che patì l’esilio per avere coraggiosamente affermato davanti a un notabile del luogo che il popolo deve essere guidato dal sacerdote e obbedire a Dio piuttosto che ai príncipi.
nome San Regolo- titolo Vescovo e martire- ricorrenza 1 settembre- Santuario principale Duomo di Lucca- Patrono di Montaione, Vagli Sotto- Originario dell'Africa, Regolo era un arcivescovo costretto a fuggire in Italia a causa delle persecuzioni locali. La sua storia è strettamente legata a quella di altri santi esuli come Cerbone e Giusto, con i quali condivise il periodo di eremitismo a Populonia, nei pressi di Piombino. Una volta giunto in Italia, San Regolo e i suoi compagni si stabilirono a Populonia, dove abbracciarono una vita eremitica. Questo periodo fu caratterizzato da numerosi miracoli attribuiti ai santi esuli, i quali contribuirono a diffondere la fama di santità di Regolo nella regione. La comunità locale li accolse come guide spirituali e testimoni della fede cristiana, ammirando la loro devozione e la loro capacità di compiere prodigi. La crescente fama di San Regolo arrivò fino alle orecchie di Totila, re degli Ostrogoti. Impressionato dai racconti sui miracoli e la santità di Regolo, Totila inviò degli ambasciatori con l'incarico di portare l'arcivescovo alla sua corte. San Regolo, tuttavia, rifiutò l'invito del re, scegliendo di rimanere fedele alla sua missione spirituale e di continuare la sua vita di preghiera e servizio. L'agiografia riporta che Totila, offeso dal rifiuto, ordinò la decapitazione di Regolo. La leggenda narra che, dopo essere stato decapitato, San Regolo raccolse la propria testa e si trascinò per circa 300 metri prima di fermarsi. Nel luogo in cui si fermò, fu sepolto e in seguito venne edificata una chiesa a lui intitolata, diventando un luogo di venerazione e pellegrinaggio. Le reliquie di San Regolo non rimasero a Populonia. In seguito, furono traslate a Lucca, dove sono tutt'oggi conservate nella cattedrale di San Martino. San Regolo è venerato come patrono del Capitolo Metropolitano di Lucca, e la cattedrale stessa è un importante centro di culto per i devoti che vi si recano per rendere omaggio al santo e chiedere la sua intercessione.