@Vitupero

16/01/2024 alle 08:58

I santi di oggi 16 gennaio:

I santi di oggi 16 gennaio:

nome San Marcello I

titolo 30º papa della Chiesa cattolica

nascita III secolo, Roma

morte 16 gennaio 309, Roma

ricorrenza 16 gennaio

Elezione novembre/dicembre 306

Insediamento 27 maggio 308

Fine pontificato 16 gennaio 309

Santuario principale Chiesa di San Marcello al Corso

Nei primi tre secoli del Cristianesimo, non tutte le persecuzioni furono uguali. Da Nerone a Diocleziano, fu un alto e basso, un incrudelire e un blandire. Qualche Imperatore, come Decio, mirò più a fare apostati, cioè rinnegati, che Martiri, cioè « testimoni ». L'ultima persecuzione, prima che Costantino accogliesse come insegna la Croce, fu quella del vecchio Diocleziano, e fu la più lunga e cruda. Ebbe inizio nel 303. Distrutte le chiese, bruciati i libri sacri, i Cristiani che si rifiutavano di sacrificare agli dèi erano considerati peggio di schiavi, I nobili, se cristiani, perdevano i loro titoli; gli ufficiali, i loro gradi; i funzionari, i loro uffici; i mercanti, i loro averi. Ma a queste persecuzioni morali si aggiunsero presto anche quelle materiali. Accusati d'aver bruciato il Palazzo imperiale i Cristiani vennero arsi, affogati, decapitati, crocifissi, sbranati. Città intere restarono spopolate; l'esercito decimato. Dinanzi a questo vero e proprio « terrore », molti Cristiani cedettero: abiurarono e apostatarono. Non tutti furono capaci di reggere, specialmente alla persecuzione civile, e per conservare, non tanto la loro vita, quanto la loro dignità, i loro gradi, i loro uffici, i loro averi, caddero nell'apostasia. Vennero chiamati lapsi, cioè caduti; e relapsi quando erano ricaduti più di una volta nell'apostasia.

Per questi suoi figli infelici, la Chiesa devastata, smembrata, prese il lutto, e alla morte del Papa Marcellino si ebbe un lungo periodo di vacanza della sede apostolica. In questo momento difficilissimo, anzi, addirittura tragico, s'alzò la figura di San Marcello, presbiterocapo della Chiesa Romana. Nei calendari e negli elenchi dei Pontefici, gli viene dato il titolo di Papa, trentunesimo della serie Apostolica. Ma forse egli non fu Papa, ma soltanto « Presbiterocapo », cioè primo tra i sacerdoti romani. In ogni modo, il suo pontificato ebbe inizio quattr'anni dopo la morte del suo predecessore, e fu di breve durata. La Chiesa, dopo la persecuzione e l'assenza di un capo, mostrava le piaghe dell'infedeltà e le cicatrici del tradimento. San Marcello fu severo coi lapsi, ai quali impose gravi penitenze; severissimo coi relapsi. Duro con coloro i quali, addirittura, avevano formato una specie di partito « lassista », che tentava di giustificare, se non addirittura difendere, l'operato dei cristiani rinnegati. E la durezza di San Marcello era santa e salutare, perché se i deboli possono destare pietà, i traditori compiaciuti e i protervi non possono suscitare che la riprovazione e la condanna. Con la morte di Diocleziano e la successione di Massenzio, che doveva essere poi l'avversario sconfitto da Costantino, la persecuzione parve placarsi. La Chiesa romana si riorganizzò sotto la guida inflessibile di San Marcello, finché anche l'Imperatore Massenzio, insospettitosi, mandò in esilio il Pontefice, o « Presbiterocapo », della Chiesa Romana. E in esilio morì, nel 309, per quanto le leggende, e anche il Martirologio accennino ad una fine diversa e più colorita. Narrano infatti come Marcello celebrasse nella casa che una ricca matrona, Novella, aveva lasciato alla Chiesa, convertendosi al Cristianesimo, e che si trovava sulla via Lata. L'Imperatore, avrebbe fatto trasformare quella casachiesa in una stalla per i cavalli dei corrieri imperiali; e San Marcello, dopo essere stato battuto con le verghe, fu condannato a servire come stalliere. Nel qual servizio, conclude la Leggenda, dopo molti anni di fatiche e di strapazzi, si riposò in pace », cioè morì. Ecco perché San Marcello, presbitero-capo e Papa, viene venerato come Patrono degli stallieri e protettore delle scuderie, men duro forse verso le bestie che con i relapsi compiaciuti e protervi! MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria Nuova, deposizione di san Marcellino I, papa, che, come attesta san Damaso, vero pastore, fieramente osteggiato dagli apostati che rifiutavano la penitenza da lui stabilita e disonorevolmente denunciato presso il tiranno, morì esule scacciato dalla patria.

nome San Tiziano di Oderzo<br /> titolo Vescovo<br /> nascita Eraclea<br /> morte 16 gennaio 632, Oderzo, Veneto<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Canonizzazione prima dell'875<br /> Santuario principale Cattedrale di Ceneda a Vittorio Veneto<br /> Tiziano nacque a Eraclea, ma fu educato a Oderzo alla corte del vescovo Floriano, che lo ordinò poi diacono con l'incarico di occuparsi delle opere caritative della sua diocesi. Poi il vescovo Floriano dovette partire per una lunga e difficile missione diplomatica. Si convenne allora che se egli non fosse ritornato entro l'anno, Tiziano sarebbe stato eletto a succedergli nella cattedra episcopale. E così avvenne. Ma Floriano fece ritorno solo un paio di mesi più tardi. Poteva nascere tra i due rivalità, invece, per fortuna, gli opitergini assistettero a una vera ed edificante gara di umiltà: l'uno che lo pregava di riprendere la sua funzione di pastore, e l'altro che insisteva perché il discepolo vi rimanesse perché ritenuto più degno. «Vinse» Floriano, e Tiziano rimase vescovo compiendo la sua missione con saggezza e spirito paterno, condividendo con il suo popolo le pene e le angustie provocate dalle invasioni dei barbari che più volte distrussero la città. Il santo vescovo morì sullo scadere del VI secolo e le sue reliquie, salvate da un'ennesima distruzione di Oderzo, vennero portate a Ceneda (oggi inclusa in Vittorio Veneto), diventata nuova sede episcopale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Oderzo in Veneto, san Tiziano, vescovo.

nome San Giuseppe Vaz<br /> titolo sacerdote missionario <br /> nascita 21 aprile 1651, Sancoale, Goa<br /> morte 16 gennaio 1711, Kandy, Sry Lanka<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Beatificazione 21 gennaio 1995 da papa Giovanni Paolo II<br /> Canonizzazione 14 gennaio 2015 da papa Francesco<br /> Giuseppe Vaz, nacque nel 1651 a Sancoale (Goa) da famiglia cattolica. Fin dalla giovinezza si distinse per il suo zelo evangelico. Le sue doti furono ripetutamente riconosciute da compagni e superiori, i quali gli affidarono ruoli di responsabilità. Viveva nell'India soggetta al cattolico Portogallo ma le vessazioni patite dai cattolici sotto il dominio Corona olandese nella vicina isola di Ceylon, l'odierno Sri Lanka, stimolavano il suo pensiero di partire in loro aiuto. In effetti la Corona non risparmiava mezzi per annichilire ogni parvenza di lealtà verso il Portogallo. Presto il Beato Giuseppe chiese di essere liberato dalle sue responsabilità in India per poter recare sostegno ai cattolici dello Sri Lanka. Permesso accordato, arrivò nella penisola di Jaffna e resosi conto di persona della tragicità della situazione, fu subito costretto a nascondere alle autorità la sua identità di sacerdote cattolico. Agendo sotto le spoglie di un mendicante o un santone indiano; si spostava frequentemente per sfuggire alla cattura, e riuscì a consolidare la fede dei cattolici. Le regioni centrali del paese, con capitale Kandy, costituivano un regno indipendente, libero dal controllo olandese. San Giuseppe decise di stabilire là il suo quartier generale, ma fu presto sospettato di essere una spia portoghese ed imprigionato. I cattolici, tuttavia, riuscirono ad avvicinarlo anche in prigione, e lui continuò il suo lavoro come San Paolo. Varie circostanze, alcune piuttosto miracolose, riuscirono a conquistargli il favore del sovrano. La libertà gli fu restituita. I suoi superiori, conosciuto il successo della sua missione, gli mandarono rinforzi. Ci fu pure chi, da Roma, propose l'erezione della diocesi di Ceylon sotto la sua guida, come vescovo. Lui, tuttavia, li dissuase dal seguire tale progetto. Paradossalmente, la repressione olandese ha sortito in Sri Lanka risultati opposti a quelli sperati. L'eredità portoghese, legata a doppio filo con il cattolicesimo, resta profondamente innestata nella vita del paese, e non solo a livello religioso: il cibo, il modo di vestire, l'architettura abitativa, la musica, le abitudini quotidiane, addirittura il vocabolario delle lingue locali, portano segni evidenti del passaggio portoghese. Tali contributi sono stati saggiamente integrati nel patrimonio culturale locale, senza stridore né forzature. Della presenza olandese, lunga ed amministrativamente più capillare, restano invece pochissime vestigia. Dopo la morte, la beatificazione di p. Giuseppe Vaz si arenò su questioni di formalità canoniche, e per vari decenni cadde nell'oblio. Fu solo in tempi recenti che i vescovi dello Sri Lanka ebbero successo: Papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 21 gennaio 1995 a Colombo, nella terra che anche per merito suo continua a godere della presenza e dell'azione di un vibrante cattolicesimo. È stato canonizzato da Papa Francesco il 14 gennaio 2015 durante il suo viaggio apostolico nello Sri Lanka. MARTIROLOGIO ROMANO. A Kandy nello Sri Lanka, nell’Oceano Indiano, san Giuseppe Vaz, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio: percorrendo con mirabile ardore faticosi sentieri tra i campi confermò instancabilmente nella fede i cattolici dispersi e nascosti, predicando con zelo il Vangelo della salvezza.

nome Beato Giuseppe Tovini<br /> titolo Laico cattolico, terziario francescano<br /> nome di battesimo Giuseppe Antonio Tovini<br /> nascita 14 marzo 1841, Cividate Camuno, Brescia<br /> morte 16 gennaio 1897, Brescia<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Beatificazione 20 settembre 1998, da papa Giovanni Paolo II<br /> Giuseppe nacque a Cividate Camuno in Lombardia, in una famiglia modesta. Voleva fare il sacerdote ed entrò in seminario a Verona, ma la morte del padre lo costrinse ad aiutare la sua famiglia rinunciando alla sua vocazione missionaria. Studiò giurisprudenza a Padova, dove conseguì il dottorato. Dopo aver lavorato come stagista per un avvocato e come insegnante, nel 1867 si trasferì a Brescia. Nel 1875 si sposò con Emilia Corlobani, figlia del socio in azienda. Ebbe dieci figli, che crebbe cristianamente. Nel 1881 entrò come Terziario Francescano, vivendo intensamente la sua spiritualità. Fu sindaco della sua città per diversi anni e consigliere comunale a Brescia. Come politico cattolico, sostenne fermamente il diritto dei cattolici di avere le proprie scuole e che il corso di religione fosse offerto nella scuola pubblica. Partecipò attivamente alla fondazione e alla gestione del quotidiano cattolico "Il Cittadino di Brescia" e alla formazione del Comitato diocesano dell'Opera dei Congressi, di cui fu presidente e vicepresidente del Comitato regionale lombardo. Sostenne molte iniziative sociali, come le casse di risparmio comunali, e contribuì alla fondazione del Banco Ambrosiano a Milano. Collaborò alla fondazione dell'Unione degli studenti cattolici Leone XIII, radice della FUCI. Fondò la rivista "Scuola italiana moderna", e anche il "Bollettino delle Terziarie Francescane", e lanciò l'idea di un'università cattolica. Promosse la creazione di associazioni operaie cattoliche. Morì a Brescia. È stato beatificato il 20 settembre 1998 da Papa San Giovanni Paolo II. MARTIROLOGIO ROMANO. A Brescia, beato Giuseppe Antonio Tovini, che, maestro, aprì molte scuole cristiane e fece costruire opere pubbliche, dando sempre, in ogni sua attività, testimonianza di preghiera e di virtù.

nome Santi Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuto<br /> titolo Protomartiri dell'Ordine dei Frati Minori<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Santuario principale Chiesa di Sant'Antonio di Padova, Terni<br /> Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto furono i primi cinque martiri francescani. S. Francesco (4 ott.), che si rendeva sempre più conto della vocazione missionaria dei suoi confratelli, era convinto che ci dovesse essere un modo migliore delle crociate per convertire i musulmani. Egli stesso si recò a predicare in Egitto, più o meno nello stesso periodo in cui inviava i cinque missionari nel regno moresco di Siviglia, dal quale essi furono espulsi per lo zelo esibito nella loro predicazione. Salparono allora per il Marocco, dove cercarono di proporsi come cappellani per i mercenari cristiani assoldati dal sultano. Questi allora ordinò loro di non predicare o di tornarsene in Spagna, ma i cinque si rifiutarono di obbedire. Così il 16 gennaio 1220, a Marrakech, il sultano tagliò loro le teste con la sua scimitarra. Si dice che S. Francesco, sentendo le notizie che gli annunciavano la loro morte, abbia esclamato: «Ora posso veramente dire di avere cinque frati minori!» Il capitolo Di coloro che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli, inserito nel 1221 nella Regola francescana, era frutto della loro morte e del viaggio di Francesco in Egitto. Il martirio per Cristo divenne l'aspirazione suprema dei missionari francescani, ed era visto come "il massimo della perfezione". I cinque vennero canonizzati nel 1481. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso la città di Marrakesch nell’odierno Marocco, passione dei santi martiri Berardo, Ottone, Pietro, sacerdoti, Accorsio e Adiuto, religiosi, dell’Ordine dei Minori: mandati da san Francesco ad annunciare il Vangelo di Cristo ai musulmani, catturati a Siviglia e condotti a Marrakesch, per ordine del capo dei Mori furono trafitti con la spada.

nome Beata Giovanna Maria Condesa Lluch<br /> titolo Vergine, Fondatrice delle Ancelle di Maria Immacolata <br /> nascita 20 marzo 1862, Valencia, Spagna<br /> morte 16 gennaio 1916, Valencia, Spagna<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Beatificazione 23 marzo 2003 da papa Giovanni Paolo II <br /> Giovanna Maria Condesa Lluch nacque a Valencia (Spagna) il 30 marzo 1862. Aveva appena 18 anni quando scopri che la volontà di Dio sulla sua vita era che desse tutta se stessa alla causa del Regno, per mezzo dell'evangelizzazione e del servizio alla donna operaia. Nel 1884, superati vari ostacoli posti dal suo arcivescovo, che la reputava troppo giovane per fondare una congregazione religiosa, ottenne il permesso di aprire una casa che accogliesse, formasse e ridesse dignità alle operaie. Alcuni mesi dopo, in questa stessa casa si inaugurò una scuola per le figlie delle operaie. Ottenne l'approvazione diocesana per l'istituto nel 1892: nel 1895 pronunciò la professione temporanea e nel 1911 la professione perpetua. Il 16 gennaio 1916 passò a contemplare il volto di Dio per tutta l'eternità. Giovanni Paolo II la beatificò il 23 marzo 2003. MARTIROLOGIO ROMANO. A Valencia in Spagna, beata Giovanna Maria Condesa Lluch, vergine, che con sollecito spirito di carità e di sacrificio si dedicò ad assistere in umile laboriosità i poveri, i fanciulli e le giovani operaie, per la cui tutela e istruzione fondò la Congregazione delle Ancelle dell’Immacolata Concezione Protettrici delle Operaie.<br />

nome Sant'Onorato di Arles<br /> titolo Vescovo<br /> nascita 370 circa, Treviri<br /> Consacrato vescovo 426<br /> morte 16 gennaio 430, Arles, Francia<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Incarichi ricoperti Vescovo di Arles<br /> Onorato (in francese Honorat) proveniva da una famiglia consolare romana stabilitasi in Gallia. Pur avendo ricevuto una buona educazione pagana divenne cristiano e convertì anche il fratello maggiore Venanzio. Fu influenzato da S. Caprasio (Caprais, 1 giu.) che, forse ispirato dalla fama di S. Martino di Tours (t ll nov. 397), conduceva una vita da eremita sull'isola di Lérins, al largo della Costa Azzurra, di fronte alla moderna Cannes. Onorato e Venanzio cercarono di emulare questo modo di vivere, ma il loro padre tentò di ostacolare con ogni mezzo questa "fuga dal mondo". I due fratelli alla fine fuggirono dalla Gallia per attuare il loro piano lontano dall'influenza del padre. Presero con sé Caprasio e, partendo da Marsiglia, si recarono via mare in Grecia, in cerca di un deserto adatto. L'impresa sembra sia stata una sorta di disastro, almeno per le conseguenze fisiche: Venanzio presto si ammalò e morì, mentre Onorato venne costretto dalla malattia a tornare con la sua guida spirituale in Gallia. In seguito si ritirò sulle colline sopra Fréjus (al confine con Saint-Raphaél, sulla moderna Costa Azzurra) per realizzare la sua vita da eremita. In seguito, forse grazie ad alcuni discepoli di Martino di Tours, conobbe la Regola di S. Pacomio (9 mag.), fondatore del monachesimo cenobitico. Approssimativamente nel 405 tornò sulla costa e, insieme a Caprasio, fondò una comunità che nel giro di vent'anni si sarebbe sviluppata divenendo il grande monastero di Lérins, situato sull'isola dell'arcipelago di Lérins più lontana dalla costa (che adesso ha assunto in suo onore il nome di Saint-Honorat). La sua struttura era fortemente imperniata sulla Regola di Pacomio, con alcuni monaci che vivevano in maniera assolutamente comunitaria mentre altri erano anacoreti e abitavano in celle raggruppate intorno agli edifici principali. La sua fondazione inaugurò la seconda e più importante fase del monachesimo gallico. Onorato presto venne ordinato prete e rimase padre spirituale del monastero, fino a quando fu nominato vescovo di Arles (426). Ilario (di Arles, 5 mag.), che era suo parente, si fece monaco a Lérins e lo seguì ad Arles. Secondo quanto dice Ilario, che gli succedette come vescovo e ne scrisse un panegirico, Onorato morì tre anni dopo, stremato dalle fatiche apostoliche; questo panegirico fissava tra l'altro lo stile di tutta una serie di scritti agiografici che, dando minor rilievo al "miracoloso", si concentrava invece sulle virtù personali e sulla descrizione della morte. Le reliquie vennero portate a Lérins nel 1391 e la sua tomba, rimasta vuota, attualmente è situata sotto l'altare maggiore della chiesa di Arles che porta il suo nome. Giovanni Cassiano parlò del convento sull'isola di Lérins come di un ingens fratrurn coenobium, una "grande comunità di confratelli", e dedica a Onorato il secondo libro delle sue Conferenze spirituali. La sua fama era tale da attirare non solo moltissimi visitatori ma anche un gran numero di rampolli delle famiglie gallo-romane di alto ceto. Di conseguenza Lérins si differenziò molto dal monachesimo di Martino, infatti aveva come suo carattere fondamentale la povertà apostolica. T ,a forte influenza esercitata da Lérins sulla Chiesa locale del v secolo era dovuta principalmente al fatto che numerosi suoi monaci (forse perché grazie al loro retroterra familiare erano leaders nati, oppure semplicemente perché una tendenza orientale voleva come vescovi i superiori monastici) vennero assegnati a sedi episcopali in Gallia, diffondendo nei loro nuovi ambiti operativi i princìpi religiosi e teologici del monastero. Ilario intanto fondò ad Arles un altro monastero del genere, realizzando così un altro punto d'irradiazione dell'influenza di Lérins. Lo stesso vale per il monastero fondato da Giovanni Cassiano, situato nel luogo della chiesa di S. Vittore di Marsiglia. Da un altro monastero affiliato, che sorgeva a Lione, l'influenza di Lérins si diffuse in tutto il dipartimento del Giura dove, sotto S. Eugendo (1 gen.), nella grande abbazia di Condat i fratelli leggevano, insieme alle opere di Basilio, Pacomio e Cassiano, anche «quanto i santi padri di Lérins» avevano scritto. Due secoli dopo la sua influenza sbarcò in Inghilterra: S. Benedetto Biscop (12 gen.), che aveva ricevuto tra il 665 e il 668 la tonsura a Lérins, avrebbe inserito alcuni elementi della Regola di S. Onorato nei decreti di Wcarmoutli e Jarrow, anche se in quel tempo Lérins stava attraversando un periodo di disordine e necessitava di riforme. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arles nella Provenza, in Francia, sant’Onorato, vescovo, che fondò il celebre monastero sull’isola di Lérins e accettò il governo della Chiesa di Arles.

nome San Furseo<br /> titolo Abate<br /> nascita 567 circa, Lough Corrib, Irlanda<br /> morte 648 circa, Mezerolles, Francia<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Patrono di Péronne e di Lagny-sur-Marne<br /> Furseo, anche Fursay, Fursae o Fursu, nacque probabilmente vicino a Lough Corrib nella Contea di Galway, sulla costa occidentale dell'Irlanda, forse sull'isoletta di Inchiquin. Vantiamo la conoscenza di molti più elementi della sua vita che di quella della maggior parte dei primi santi irlandesi, e nella Storia Ecclesiastica di Beda, scritta entro un secolo dalla sua morte sulla base di racconti di testimoni oculari, gli viene dato un grande risalto. Le testimonianze non sono però sempre concordi: almeno per la prima parte della sua vita, pare abbia seguito lo schema "classico" del pellegrinaggio (S. Benedetto Biscop, 12 gen.), iniziato con l'abbandono di una condizione classica agiata. Il suo viaggio lo portò dapprima fuori dall'Irlanda, onde conseguire una migliore formazione, poi lo ricondusse in patria per fondare un monastero a "Rathmat" (nome che sembra inventato in una leggenda successiva), dove si affollavano novizi da tutta l'Irlanda. Dopo aver passato un periodo come predicatore itinerante, verso il 630 decise di andare con i confratelli S. Foillan (31 ott.) e S. Ultan (di Fosse, 2 mag.) in Inghilterra, dove si stabilì nell'Anglia orientale. Beda scrive: «Vive ancora un fratello molto anziano del nostro monastero, il quale è solito raccontare che un uomo pio e veritiero gli aveva detto di aver visto Fursa in persona nella terra degli angli orientali e di aver udito quelle visioni proprio dalla sua bocca. Le visioni riguardavano la lotta tra bene e male e includevano una delle prime testimonianze raccolte su visioni della vita dell'aldilà, in cui Fursa vide il paradiso e l'inferno, angeli e demoni, e quattro grandi fuochi destinati a bruciare chi si era macchiato di diversi tipi di peccato, tutti riuniti insieme per mettere alla prova ogni uomo secondo i meriti delle sue opere». Quello che si sa è che il re dell'Anglia orientale, Sigisberto (a sua volta venerato come un santo locale), lo ricevette cortesemente e affidò a lui e ai suoi compagni la vecchia fortezza di Cnohheresburg, a Burgh Castle, vicino a Great Yarmouth nella contea di Suffolk, perché vi costruissero un monastero. Tra il 640 e il 644 Fursa, dopo che Sigisberto era morto in battaglia contro Penda re di Mercia, si recò in Gallia, venendo ricevuto con tutti gli onori da re Clodoveo II. Costruì un monastero a Lagny-sur-Marne, sulla terra datagli da Ercinoaldo, governatore della Neustria, e morì verso il 648 o il 650 a Mezerolles, nella regione della Somme, mentre si trovava in viaggio. Le sue reliquie vennero successivamente traslate nel monastero irlandese di Péronne, in Piccardia, e nel 654 furono riposte in un «sacrario a forma di casetta», che si ritiene fosse stato forgiato da S. Eligio (1 dic.), un mastro ferraio. Nel 1056 i suoi resti furono spostati ancora una volta e la maggior parte venne preservata fino alla Rivoluzione francese; un reliquiario contenente la testa sopravvisse persino ai bombardamenti della guerra francoprussiana del 1870. La sua festività viene celebrata in Irlanda. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mézières presso il fiume Authie in Francia, san Fúrseo, abate dapprima in Irlanda, poi in Inghilterra, quindi in Francia, dove fondò il monastero di Lagny.

nome San Melas<br /> titolo Vescovo di Rhinocolura<br /> nascita Rinocorura, Egitto<br /> morte 390 circa, Rinocorura, Egitto<br /> ricorrenza 16 gennaio<br /> Melas nacque a Rinocorura (ora El'Arîsh), una piccola città dell'Egitto, vicino al confine con la Palestina, in una famiglia povera che gli diede un'educazione cristiana. Viveva da umile asceta quando fu eletto vescovo di Rinocorura. Con questo incarico importante conservò la sua semplicità, il suo amore per le mortificazioni e la vita nascosta. Si ritiene che sia stato consacrato da Sant'Atanasio. Durante i disordini causati dagli ariani, fu catturato ed esiliato, a causa del suo cattolicesimo, dall'imperatore ariano Valente. Quando vennero ad arrestarlo, gli inviati dell'imperatore lo trovarono nella sua chiesa, intento a pulire le lampade. Melas ignorò i loro ideali e li presentò alla casa episcopale servendo loro da mangiare. Alla fine disse loro: "Sono lo stesso che cercate". Pieni di rispetto e ammirazione, i commissari comunicarono gli ordini dell'imperatore e si offrirono di facilitare la sua fuga. Melas rifiutò e dichiarò che voleva essere trattato come gli altri prelati cattolici. Così andò in esilio, meno per la violenza dei suoi nemici che per l'ardore della sua carità. Il luogo in cui fu esiliato e cosa accadde durante i suoi ultimi anni sono sconosciuti. Alcuni hanno supposto che, essendo sopravvissuto a Valente, potesse essere riportato alla sua sede e morire in pace, sotto il governo dell'imperatore Teodosio.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Rinocorura in Egitto, san Melas, vescovo, che, dopo aver patito l’esilio per la retta fede sotto l’imperatore ariano Valente, riposò in pace.

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5 commenti

@Pali

un anno fa

Leobazio... 🤔

+1 punto

@Raining

un anno fa

@Io32 A LEOBAZIO

+1 punto