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18/03/2024 alle 14:39

I santi di oggi 18 marzo:

I santi di oggi 18 marzo:

nome San Cirillo di Gerusalemme- titolo Vescovo e dottore della Chiesa- nascita 314, Gerusalemme- Elezione

347-350- morte 18 marzo 386, Gerusalemme- ricorrenza 18 marzo- Attributi bastone pastorale- Nacque in Gerusalemme nell'anno 314. Dopo aver appreso i primi rudimenti della letteratura e delle scienze profane, studiò Sacra Scrittura, con tanto ardore e profitto, da diventare un intrepido difensore della fede. Fatto adulto, S. Massimo, vescovo di Gerusalemme, lo consacrò sacerdote. S. Cirillo si dedicò specialmente alla predicazione. Scrisse pure quelle meravigliose catechèsi, nelle quali la dottrina cristiana è esposta con limpidezza ammirabile, e i dogmi della fede solidamente difesi dagli attacchi degli Ariani. Morto il santo vescovo Massimo, il Signore dispose che a suo successore venisse eletto S. Cirillo. Il suo episcopato fu assai fortunoso. Dovette sostenere persecuzioni, ingiurie ed accuse da parte degli Ariani. Per sottrarsi alle violenze dei nemici, che in un conciliabolo lo avevano dichiarato decaduto dalla sua sede, dovette riparare a Tarso di Cilicia, presso il Vescovo di quella città. Morto l'imperatore Costanzo, Giuliano l'Apostata, suo successore, permise a tutti gli esuli il rimpatrio. S. Cirillo ritornò sollecito tra il suo gregge, dove con zelo apostolico si diede a confutare errori, correggere vizi, sopprimere abusi e rimettere nuovamente in vigore il vero culto cristiano. Un secondo sacrificio chiese Dio a questo suo servo fedele, quando dovette nuovamente riprendere la via dell'esilio. Ritornò sotto l'imperatore Teodosio il Grande. Due grandi avvenimenti illustrarono l'episcopato di S. Cirillo. Giuliano l'Apostata voleva smentire la profezia di Gesù Cristo circa la distruzione di Gerusalemme. E poichè questa infelice città aveva già sentito in tutto il suo rigore il peso della spada di Roma, Giuliano s'accinse a riedificarla. S. Cirillo tentò di distogliere l'empio imperatore da un tale disegno e gli mosse severi rimproveri. Ma la sua parola non fece breccia sul cuore dell'Apostata. Sappiamo ciò che avvenne: terremoti, folgori e fiamme distrussero le mura riedificate, incutendo spavento indicibile nei partigiani dell'imperatore e apportando allo stesso grande confusione. Il secondo avvenimento è l'apparizione di una croce, che dal Calvario si estendeva fino al monte Oliveto, tanto splendente da vincere la luce del sole. Già vecchio S. Cirillo intervenne al Concilio Ecumenico di Costantinopoli, dove fu condannata l'eresia di Macedonio e nuovamente l'ariana. Ritornato quindi fra il suo gregge quasi ottuagenario, si addormentò nel Signore nell'anno 386.

PRATICA. Ascoltiamo e mettiamo in pratica la parola di Dio. PREGHIERA. Dacci, te ne preghiamo Dio onnipotente, per intercessione del beato vescovo Cirillo, di avere di te, solo vero Dio, e di Colui che mandasti, Gesù Cristo, una tale conoscenza, che meritiamo di essere perpetuamente annoverati nelle pecorelle che ascoltano la sua voce. MARTIROLOGIO ROMANO. San Cirillo, vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa, che, dopo avere sofferto molti oltraggi dagli ariani a causa della fede ed essere stato più volte scacciato dalla sua sede, spiegò mirabilmente ai fedeli la retta dottrina, le Scritture e i sacri misteri con omelie e catechesi.

nome San Salvatore da Horta- titolo Professo Francescano- nascita 1520 l, S. Coloma, Spagna- morte 18 marzo 1567, Cagliari- ricorrenza 18 marzo-Beatificazione 15 febbraio 1606 da papa Paolo V- Canonizzazione 17 aprile 1938 da papa Pio XI- Santuario principale Chiesa di Santa Rosalia- Salvatore nacque a S. Coloma, nella diocesi di Gerona in Spagna. I suoi genitori erano poveri e lavoravano entrambi all'ospedale locale, assegnati al turno notturno, ricevendo i malati indigenti. Il figlio era conosciuto dai suoi compagni di scuola semplicemente come "Salvatore ospedale". Perse entrambi i genitori quando era ancora bambino e andò a vivere a Barcellona, lavorando come ciabattino. di vent'anni divenne francescano nel convento di S. Maria a Barcellona. Durante il giorno lavorava nella cucina, dove la sua umiltà e la sua devozione alla preghiera testimoniavano un profondo desiderio di intimità con Dio; di notte cercava intensamente quest'intimità nella preghiera. Dopo la professione venne mandato nel convento di S. Maria del Gesù di Tortosa, dove fu cuoco, portinaio e mendicante. Le cure che prestava durante i suoi giri per la questua presto lo resero noto all'intera popolazione della città: ogni giorno tantissime persone si radunavano intorno al convento chiedendo la sua intercessione, tanto che i superiori lo mandarono sotto falso nome in una comunità sperduta tra le montagne, non lontano dalla città di Horta. Là Salvatore trascorse la maggior parte dei suoi ventisette anni di vita religiosa, ma non nell'anonimato che era stato previsto per lui. Una folla di persone, avvertite non si sa come della sua presenza, si radunarono al convento e chiesero di vedere il frate. Secondo il suo solito egli li invitò ad andare a confessarsi e a fare la comunione; poi li benedisse e molti furono sanati. Più di duemila pellegrini arrivavano ogni settimana. Di nuovo i frati si lamentarono per il disturbo causato dall'affluenza di gente, e ancora una volta Salvatore venne mandato in un'altra casa, questa volta a Reus. Alla fine tornò nel primo convento di Barcellona, dove i miracoli continuarono. Una volta un amico lo mise in guardia dal pericolo della vanagloria, ma Salvatore rispose: «Non sono che un sacco di paglia, il cui valore rimane lo stesso sia che si trovi nell'attico, nelle fondamenta o nella stalla!». Per quanto fosse diventato assai famoso e molte persone, nobili o del popolo, andassero a incontrarlo, dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Francia, Salvatore non cambiò: continuò a camminare scalzo, si flagellava ogni giorno e digiunava rigorosamente. Era devoto particolarmente alla Vergine e a San Paolo, che si dice gli sía apparso in diverse occasioni e sicuramente sul letto di morte. Salvatore venne mandato dai suoi superiori in Sardegna, dove si ammalò gravemente. Morì a Cagliari nel 1567, all'età di quarantasette anni. Venerato come un santo durante la sua vita, venne canonizzato nel 1938. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cagliari, san Salvatore Grionesos da Horta, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che si fece umile strumento di Cristo per la salvezza dei corpi e delle anime.

nome Sant'Edoardo II- titolo Re d'Inghilterra e martire- nascita 962 circa, Corfe Castle, Inghilterra- morte 18 marzo 978, Corfe Castle, Inghilterra- ricorrenza 18 marzo- Canonizzazione 1001 da papa Silvestro II- Attributi corona, palma, pugnale- Patrono di Corfe Castle, ciechi- Edoardo era il figlio di re Edgardo il Pacifico e della sua prima moglie, Etelfleda, che morì pochi anni dopo la sua nascita. Venne battezzato da S. Dunstan (19 mag.), all'epoca arcivescovo di Canterbury e primo ministro del re. Quando Edgardo morì, alcuni cavalieri che covavano del malcontento (probabilmente una fazione antimonastica, a giudicare dagli eventi successivi) tentarono di far salire al trono Etclredo, di soli dieci anni, figlio del re e della seconda moglie, Elfrida. Dunstan si oppose alla manovra, favorendo Edoardo, il primogenito, che incoronò egli stesso. Edoardo era solo un ragazzo, ma aveva già un temperamento vile e una inclinazione alla violenza che non lo rendevano gradito agli altri. Sebbene Dunstan avesse appoggiato Edoardo con il proprio prestigio e lo guidasse nel governo, i sentimenti di opposizione verso il re persistettero. Alfero di Mercia insieme ad altri attaccò i monasteri, disperse i monaci e danneggiò quel lavoro di Dunstan che Edoardo aveva aiutato e sostenuto; fu questa una reazione alle continue alleanze tra la corona e l'arcivescovo di Canterbury e una rappresaglia dovuta al timore di un monachesimo emergente troppo presente a corte e di conseguenza troppo potente rispetto ai cavalieri.<br /> Secondo il biografo S. Osvaldo di Worcester (28 feb.), fu tramato un complotto per uccidere il re e tre anni dopo essere salito al trono, Edoardo venne assassinato, come riferiscono tutti i cronachisti dell'epoca. Guglielmo di Malmesbury e la biografia di Osvaldo sono ancora più espliciti: il secondo attribuisce il fatto genericamente ai sostenitori di Etclredo, il primo specifica che fu la madre, Elfrida. Considerata l'ostilità di Alfero di Mercia e il suo sostegno a Etelredo piuttosto che a Edoardo, la cospirazione dovette aver avuto basi più ampie. In ogni caso, l'occasione per compiere l'assassinio si presentò nella cornice del castello di Corfc-Gap nel Dorset, dove Elfrida abitava con il figlio. Edoardo fu chiamato al castello dopo una battuta di caccia per incontrare il fratellastro ma recatovisi a cavallo, senza scorta, fu accolto, su segnale di Elfrida, da una pugnalata di un servo. Edoardo spronò il cavallo, ma un piede gli scivolò dalla staffa e cadde di sella; rimasto legato alla cavalcatura con l'altro piede, fu trascinato dalla bestia e la morte fu inevitabile. Nessuno venne mai incriminato per l'accaduto, ma si dice che Elfrida entrò nel convento di Wherewell per espiare la colpa. Edoardo fu un martire solo nel senso generico di una persona uccisa ingiustamente mentre stava compiendo il suo dovere. Tuttavia il culto, basato su racconti di miracoli avvenuti sulla sua tomba a Shaftesbury, dove le sue reliquie vennero traslate, si diffuse presto. Viene ritratto con un pugnale nella mano sinistra. È festeggiato nella diocesi di Plymouth, mentre alcune sue reliquie sono conservate in una chiesa ortodossa a Brookwood nel Surrey.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Presso la cittadina di Wareham in Inghilterra, sant’Edoardo, che, re degli Angli, fu ucciso ancora giovane con malvagio inganno dai sicari della sua matrigna.

nome Sant'Alessandro di Gerusalemme- titolo Vescovo e martire- nascita Cappadocia- morte 250 circa, Gerusalemme- ricorrenza 18 marzo- L'Alessandro odierno, uno dei molti santi che portano questo nome, fu vescovo in Cappadocia finché, durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, fu indotto dalla popolazione e dal vescovo a rimanervi come coadiutore e poi successore dell'anziano vescovo Narcisso. A quanto si conosce fu il primo trasferimento di un vescovo da una sede all'altra e la prima nomina a vescovo coadiutore. Grazie a Eusebio, l'antico storico della Chiesa cristiana, abbiamo alcune informazioni sul nostro santo, che fondò un'importante biblioteca a Gerusalemme, usata dallo stesso Eusebio. Alessandro era un convertito dal paganesimo e aveva studiato ad Alessandria sotto la guida di Panteno e Clemente prima di essere consacrato vescovo in Cappadocia. Nel 212 i vescovi di Palestina ratificarono il suo trasferimento a Gerusalemme. Origene dice che superava tutti i chierici per la delicatezza e la forza di attrazione delle sue omelie. Protesse Origene invitandolo a insegnare quando ancora era laico e poi lo ordinò sacerdote, incorrendo nelle ire di Demetrio, vescovo di Alessandria. Un altro dei risultati dell'azione di Alessandro fu la fondazione di una scuola catechetica. La persecuzione di Decio lo colse in età molto avanzata: fatta una seconda confessione pubblica di fede (la prima risaliva al tempo della persecuzione di Severo, 202-203, molti anni prima in Cappadocia) fu condannato a morte. Fu gettato in pasto alle belve a Cesarea ma esse, così vuole la tradizione, si rifiutarono di attaccarlo: riportato allora in prigione morì in catene. Come molti altri che soffrirono la medesima sorte, fu venerato come martire sia dalla Chiesa d'Occidente che da quella d'Oriente. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di sant’Alessandro, vescovo e martire, che, venuto a Gerusalemme dalla Cappadocia, accettò la cura pastorale della Città Santa, dove fondò una preziosa biblioteca e istituì una scuola; più tardi, giunto ormai in avanzata età dopo una vita longeva, condotto a Cesarea durante la persecuzione dell’imperatore Decio, subì il martirio per la sua fede in Cristo.

nome Beata Marta Le Bouteiller- titolo Religiosa- nascita 2 dicembre 1816, Percy, Francia- morte 18 marzo 1883, St. Sauveur-le-Vicomte, Francia- ricorrenza 18 marzo- Beatificazione 4 novembre 1990 da papa Giovanni Paolo II- Marta nacque nel villaggio di Percy in Francia il 2 dicembre 1816 ed entrò nella piccola comunità di S. Maria Maddalena Postel (16 lug.) nel 1841, all'età di venticinque anni. Non aveva doti particolari, ma era di costituzione sana, desiderosa di lavorare e di servire Dio con tutto il suo cuore. La postulante ricevette l'abito il 14 settembre 1842, prendendo il nome di Marta, poiché la sua vita sarebbe stata di servizio alla comunità e ai suoi ospiti nella gestione quotidiana della casa. Durante il noviziato venne mandata ad aiutare il piccolo gruppo di sorelle nel santuario di Maria a La Chapelle-sur-Vire. Là, mentre stava lavando le lenzuola, cadde nel fiume ghiacciato. Le sue gambe rimasero così ferite che poteva camminare a fatica e soffri in silenzio per un anno intero. Fece la professione nel 1844, e passò a lavorare prima nella cucina, poi nel giardino e nella fattoria e infine nelle oscure cantine dove controllava il sidro e le altre provviste, prendendo il soprannome di "sorella Sidro". Durante la guerra franco-prussiana i bambini vennero allontanati e il convento aprì le porte ai soldati francesi, specialmente ai feriti. In un qualche modo Marta riuscì a sfamare tutte le bocche in più per almeno sei mesi. La relazione particolare tra Placida Viel, la madre superiora, e Marta fu una fonte di forza per la prima, ma per Marta, che si accollava ora anche i pesi dell'altra, significò un grande aumento di sofferenza. Gli anni di reggenza di suor Maria (v. B. Placida Viel, 4 mar.), la mancanza di comprensione di alcuni e la costante assenza della superiora, furono una fonte di dolore per suor Marta. Ella istintivamente comprendeva l'operato di madre Placida e con l'intuito che la caratterizzava colse ciò che gli altri non potevano vedere. Quando madre Placida fu sul letto di morte, non riuscì a unirsi alle altre sorelle per darle l'estremo saluto. Fu forse il suo solo momento di debolezza, se così si può definire. La sua morte seguì sei anni dopo nel 1883. Stava lavorando quando svenne, ricevette l'estrema unzione e morì in uno dei parlatori vicini. Come madre Placida, Marta aveva assorbito pienamente lo spirito evangelico della congregazione dalla sua fondatrice. Non portò a termine nulla in senso esteriore, visse semplicemente la sua vita come progettato da S. Maria Maddalena Postel e raggiunse vertici di santità amando Dio e il suo prossimo. Il suo fu un esempio radioso di fedeltà vissuta in semplicità, un modello alla portata di tutti. Venne beatificata da Giovanni Paolo II il 4 novembre 1990. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel cenobio di Saint-Sauveur-le-Vicomte nella Normandia in Francia, beata Marta (Amata) Le Bouteiller, vergine delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, che, confidando fortemente in Dio, si dedicò sempre con pazienza ai servizi più umili.

nome Beata Celestina Donati- titolo Fondatrice- nome di battesimo Maria Anna Donati- nascita 28 ottobre 1848, Marradi, Firenze- morte 18 marzo 1925, Firenze- ricorrenza 18 marzo- Beatificazione 30 marzo 2008 da papa Benedetto XVI- Nacque a Marradi in Toscana, in una famiglia della borghesia. Fin da piccola voleva avere una vita religiosa ma suo padre si oppose con forza. Il suo direttore spirituale era lo Scolopio Celestino Zini. Quando sua madre morì, prese la decisione irrevocabile di consacrarsi a Dio. Voleva formare intorno a sé alcune donne per collaborare con lei nell'educazione delle ragazze povere e abbandonate. Così su raccomandazione del suo direttore spirituale, fondò nel 1889 la congregazione delle Povere Figlie di San Giuseppe Calasanzio meglio conosciute come Calasanziane. Estese la fondazione ai figli di coloro che sono detenuti nelle carceri. Quando nel 1889 fondò la nuova Congregazione, Maria Anna prese il nome di Celestina della Madre di Dio; i suoi compagni cominciarono a chiamarla affettuosamente "madrina" ed è così che i Calasanziani continuano a chiamarla oggi quando parlano della loro Fondatrice. Nello stesso anno Leone XIII consacrò personalmente padre Zini come vescovo nella Basilica di San Pietro, nominandolo Arcivescovo di Siena e così anche altri Scolopi cominciarono a sostenere la nascente Congregazione: Mario Ricci, Giovanni Giovanozzi, Alfonso ML Mistrangelo.<br /> Monsignor Zini diresse numerosi scritti alle suore Calasanziane. Dopo la sua morte, Madre Celestina li strutturò e completò preparando un prezioso libro dal titolo "Manuale Calasanziano", che fu come un ampio commento spirituale alle prime Costituzioni. In questo libro, la Madre Fondatrice descrive così il carisma del suo Istituto: "Le Povere Figlie di San Giuseppe Calasanzio, raccolte all'ombra del Tabernacolo, unite tra loro con il sacro vincolo della carità, avendo un cuore unico e un anima sola, considerano sacro dovere edificare chi si avvicina a loro, santificarsi personalmente e dedicarsi con zelo all'educazione delle fanciulle bisognose affidate loro dal Signore, unendo le ricchezze della contemplazione a quelle di una santa dedizione ". Celestina era una vera anima contemplativa dedita a fare del bene ai piccoli, come Gesù. Scrisse un libro di meditazioni sulla Passione del Signore recentemente ripubblicato, e scrisse pagine di grande ricchezza spirituale nel citato "Manuale" , in un altro libro per le sue monache dal titolo "Devote pratiche giornaliere" e in numerose lettere. Nel 1900 istituì, nella chiesa della casa madre di Firenze, l'adorazione eucaristica quotidiana come forma di preghiera calasanziana continua per le sue suore e le sue ragazze. Un secolo dopo, questa preghiera a Gesù Eucaristico continua quotidianamente, esposta sull'altare maggiore, ai lati del quale sono rispettivamente sepolti Madre Celestina e Monsignor Zini. Celestina governò l'Istituto con saggezza e prudenza, diffondendolo in tutta Italia. Soffrì molto per la mancanza di aiuti finanziari che lo aiutassero a proseguire. Ma con fede, superò tutti i guai a pieni voti. Soffriva di molti disturbi che sapeva sopportare con integrità. Morì a Firenze. È stata beatificata il 30 marzo 2008 da Benedetto XVI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, la Beata Celestina della Madre di Dio (Maria Anna) Donati, vergine, fondatrice della Congregazione delle Figlie Povere di San Calasanzio, per l'educazione dei bambini poveri, e figli e figlie dei carcerati.

nome San Braulio- titolo Vescovo- nascita 590 circa, Saragozza, Spagna- morte 651, Saragozza, Spagna- ricorrenza 18 marzo- Canonizzazione Pre canonizzazione- Attributi Mitra, bastone pastorale- Braulio nacque da una ricca famiglia nobile romanoispanica e crebbe nella casa del fratello Giovanni, vescovo di Saragozza. Portò a termine i suoi studi a Siviglia al collegio fondato da S. Isidoro (4 apr.), di cui divenne intimo amico e collaboratore. Quando il vescovo Giovanni morì nel 631, i prelati vicini elessero Braulio come successore. Il nuovo vescovo cercò di estirpare l'eresia ariana, che continuava a fiorire anche dopo la conversione di re Recaredo (v. S. Leandro, 13 mar.). Come pastore istruì e incoraggiò il suo popolo coscienziosamente. La sua eloquenza era tale che chi lo ascoltava sosteneva di vedere sulla sua spalla, mentre egli predicava, lo Spirito Santo nelle sembianze di colomba. Oltre a essere un predicatore facondo era anche un acuto polemista e Husciva a convincere gli interlocutori con la sua assoluta sincerità e logica. Prese parte al IV concilio di Toledo, presieduto dal suo amico S. Isidoro, così come al V e VI concilio. Quest'ultimo gli affidò il compito di scrivere a papa Onorio una lettera in difesa dei vescovi spagnoli che erano stati accusati di negligenza e Roma rimase impressionata dal suo atteggiamento fiero non meno che dal suo stile elegante. I concili di Toledo concernevano più i problemi dello stato che quelli della Chiesa, e non è sorprendente venire a conoscenza del fatto che Braulio avesse contatti epistolari anche con il re. Basti ricordare che fu lui a suggerire a re Chindaswinte di nominare suo figlio, Recceswintc, come successore così da evitare i tumulti che solitamente accompagnavano il consueto voto per la successione. Braulio odiava qualsiasi tipo di lusso: indossava abiti semplici e grezzi, mangiava cibi poco elaborati e conduceva una vita austera, ma la sua generosità verso i poveri non conosceva confini. Odiava l'adulazione: «Spesso l'opinione umana è errata: consideriamo un uomo malvagio come buono e viceversa [...]. So che io non sono come mi dipingete». Le sue numerose lettere di condoglianze lo rivelano come uomo dal cuore caldo e dalla fede profonda: mentre condivideva sinceramente il dolore del lutto, prontamente metteva in risalto la gioia del paradiso che era il premio per i morti in Cristo. Un dolore eccessivo per la morte di parenti o amici non è cristiano: «Dovete dimenticare il vostro dolore ora, perché è un'offesa verso un Dio buono». Egli stesso, alla fine dei suoi giorni, fu colpito da infermità e specialmente da problemi di vista, che devono essere stati una grande prova per un uomo così dedito allo studio. Braulio fu il più grande scrittore della Chiesa visigota in Spagna dopo S. Isidoro. Aiutò questi a compilare le sue Etimologie e in seguito le revisionò. I] suo vasto lavoro comprende una Vita di S. Emiliano (12 nov.), con una poesia in suo onore, gli Atti dei martiri di Saragozza (16 apr.) e una collezione di quarantaquattro lettere. Il suo affetto per S. Isidoro e il suo impegno per ampliare la già impressionante biblioteca sono evidenti da queste lettere. In esse mostra anche simpatia e comprensione verso la vita monastica, esprime la sua disapprovazione verso l'imposizione autoritaria di un superiore in una comunità a motivo dell'obbedienza artificiale che si genera, e si mostra severo verso un abate che prende il compito troppo alla leggera. Emergono anche gli aspetti della sua dottrina spirituale: giustizia e severità devono sempre essere temprate con pazienza e bontà. L'approccio di Braulio è, soprattutto, cristocentrico: ciò che è importante è l'amore e l'imitazione di Cristo. Con queste parole incoraggia la sorella Pomponia: «Che il nostro amore sia diretto verso Cristo, tutte le nostre energie canalizzate nel servizio a lui così che interiormente possiamo essere consolati da lui che soffrì per noi e che non ci lascerà mai abbandonati a noi stessi». La ricostruzione della vita di preghiera di S. Emiliano durante i quarant'anni del suo eremitaggio, è di fatto una riflessione sulla propria esistenza: ritmo respiratorio, preghiera giaculatoria e interiore, secondo la sua opinione, predispongono alla contemplazione. Braulio morì nel 651. Le sue reliquie vennero trasferite nella chiesa della Beata Vergine Maria del Pilar nel 1275. È il patrono di Aragona e uno dei santi spagnoli più famosi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Saragozza in Spagna, san Braulio, vescovo, che diede aiuto a sant’Isidoro, di cui fu grande amico, nel rinnovare la disciplina ecclesiastica in tutta la Spagna e ne fu degno successore per eloquenza e dottrina.

nome Sant'Anselmo II di Lucca- titolo Vescovo- nascita 1040 circa, Baggio, Milano- Creato cardinale 1062 da papa Alessandro II- morte 18 marzo 1086, Mantova- ricorrenza 18 marzo- Canonizzazione 1087 da papa Vittore III- Santuario principale Duomo di Mantova- Attributi Bastone pastorale- Patrono di Mantova- Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Lucca- Anselmo Nacque a Baggio, presso Milano, verso il 1040. Sotto la guida dello zio, il futuro papa Alessandro II, ricevette un'ottima formazione ed abbracciò la vita ecclesiastica, entrando nel monastero benedettino di Polirone, presso Mantova. Nel 1073 venne eletto vescovo di Lucca, pur avendo vari problemi a ricevere l'investitura causa l'ingerenza dell'imperatore di Germania Enrico IV, investitura che ebbe, comunque, da papa Gregorio VII, che lo teneva in grande considerazione. Dedito alla cura pastorale della sua diocesi, Anselmo svolse la sua azione politica e religiosa come consigliere di Matilde di Toscana. In seguito si trasferì a Mantova, dove mori il 18 marzo 1086. Canonizzato nel 1087, la sua festa ricorre il 18 marzo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mantova, transito di sant’Anselmo, vescovo di Lucca: fedelissimo alla Sede Romana, durante la lotta per le investiture ripose nelle mani del papa san Gregorio VII l’anello e il pastorale, che a malincuore aveva ricevuto dall’imperatore Enrico IV; scacciato dalla sua sede da parte dei canonici che rifiutavano la vita comune con lui, fu mandato come legato in Lombardia dal papa, al quale fu di grande aiuto.

nome San Frediano di Lucca- titolo Vescovo- nascita 500 circa, Ulster, Irlanda- Consacrato vescovo tra il 560 e il 566 forse da papa Giovanni III- morte 588 circa, Lucca- ricorrenza 18 marzo- Santuario principale Basilica di San Frediano a Lucca- Attributi bastone pastorale- Patrono di Arcidiocesi di Lucca (compatrono)- Incarichi ricoperti Vescovo di Lucca- Nacque in Ulster in Irlanda e sembra che fosse figlio di un re, ancora pagano. Andò a Roma come pellegrino e al suo ritorno fondò un monastero a Moville. Successivamente tornò a Lucca dove iniziò a condurre una vita eremitica. Ma ben presto i discepoli si radunarono intorno a lui e con loro fondò una chiesa dedicata a San Vincenzo, dando origine al nucleo originario di quella che sarebbe poi diventata la Congregazione dei Canonici Regolari di San Frediano, che Anselmo de Baggio, poi Papa Alessandro II, egli chiamerà a guidare i canonici di san Giovanni in Laterano, a Roma. Venne eletto vescovo di Lucca. Servì come episcopato per 20 anni e insegnò ai suoi fedeli a canalizzare il fiume Sercchio, organizzò anche una comunità di sacerdoti regolari sotto il dominio di Sant'Agostino e riconobbe la cattedrale che era stata bruciata dai Longobardi, alcuni dei quali riuscì convertire. San Gregorio Magno nei suoi " Dialoghi" (III, 9) diceva che era un pastore di virtù straordinarie, un vero uomo di Dio. Morì a Lucca dove è sepolto nella chiesa che porta il suo nome. Modello Lucca. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lucca, san Frediano, vescovo, che, originario dell’Irlanda, radunò dei chierici in monastero, per il bene del popolo deviò il corso del fiume Serchio rendendo fertile il territorio e convertì alla fede cattolica i Longobardi che avevano invaso la regione.

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10 mesi fa

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