@Vitupero
I santi di oggi 11 dicembre:
nome San Damaso I- titolo 37º papa della Chiesa cattolica- nascita 305 circa, Spagna- Elezione 1º ottobre 366- Fine pontificato 11 dicembre 384 (18 anni e 71 giorni)- morte 11 dicembre 384, Roma- ricorrenza 11 dicembre- Santuario principale Basilica di San Lorenzo in Damaso- Patrono di archeologi- San Damaso nacque nella Spagna; ma la sua educazione la compì in Roma, dove si era recato ancor givanissimo. Per la sua aperta intelligenza e per la sua sentita pietà, gli vennero conferiti molto presto gli ordini sacri e fu ritenuto presso Papa Liberio, che allora governava la Chiesa. Quando poi questi venne esiliato a Berea dall'imperatore Costanzo, Damaso lo seguì e con lo zelante Papa s'occupò del buon andamento della Chiesa. Alla morte di Liberi°, avvenuta nel 366, fu eletto a succedergli per unanime consenso, contando sessant'anni di età. Durante i suoi vent'anni di pontificato ebbe a sostenere prove durissime. Si sa che la dignità papale, fin d'allora, era circondata .di tanto splendore che lo stesso Pretestato, senatore pagano, disse a Damaso che si sarebbe fatto cristiano se lo evessero fatto vescovo di Roma. Non deve far meraviglia quindi se Ursicino, prete ambizioso, stizzito per l'elezione di Damaso, sollevò contro il suo rivale il popolo ed ottenne di essere eletto anche egli vescovo di Roma. Ma il Signore punì questo orgoglio, facendolo esiliare nelle Gallie con sette dei suoi più fanatici partigiani.
Damaso si mise con grande ardore a riformare la Chiesa secondo gli ideali apostolici, mirando soprattutto alla formazione del clero, al quale scopo bandì un decreto che obbligava i chierici ed i monaci a condurre vita in comune. Sotto il suo pontificato si tennero due concili: l'uno nel 365 contro l'eresia di Ano, l'altro subito dopo contro gli errori di Apollinare. Ma l'opera imperitura di Damaso è specialmente quella di aver incaricato S. Girolamo, che allora teneva presso di sè in qualità di segretario, di tradurre in lingua latina tutti i libri della Sacra Scrittura. San Girolamo parla sovente nelle sue opere di Damaso, e fa risaltare soprattutto gli aiuti e gli incoraggiamenti che ricevette da lui. Circa la Sacra Scrittura Damaso definì l'elenco dei libri santi divinamente ispirati. Molto noti di lui sono i cosiddetti Carmina che si leggono nelle Catacombe sulle tombe dei Martiri. Ne scrisse molti e bellissimi, per cui è ritenuto celeberrimo poeta, e se ora conosciamo il nome e qualche cosa della vita di tanti martiri lo si deve a papa Damaso. Per la sua pietà fu riputato l'ornamento e la gloria di Roma, e S. Girolamo lo chiama Virgo Virginis Ecclesiae Doctor, cioè vergine dottore della Chiesa Vergine. Morì nel 384 in età di 80 anni. PRATICA. Tutto quello che facciamo, indirizziamolo a Dio, e ne avremo il premio. PREGHIERA. Esaudisci, o Signore, le nostre preghiere, e, per intercessione del tuo beato confessore e Pontefice Damaso, accordaci benignamente il perdono e la pace. MARTIROLOGIO ROMANO. San Damaso I, papa, che, nelle difficoltà dei suoi tempi, convocò molti sinodi per difendere la fede nicena contro gli scismi e le eresie, incaricò san Girolamo di tradurre in latino i libri sacri e onorò i sepolcri dei martiri adornandoli di versi.
nome San Daniele lo Stilita- titolo Sacerdote- nascita 410, Samosata, Turchia- morte 490, Costantinopoli, Turchia- ricorrenza 11 dicembre- Attributi colonna- Dopo S. Simeone stilita l'Anziano (1 set.), Daniele è il più noto dcgli stiliti siriani, in altre parole degli eremiti che vissero su una colonna, il cui stile di vita strano divenne una delle caratteristiche della Chiesa orientale nel v secolo. Gli stiliti vivevano in uno stato d'ascetismo estremo, cercando di condividere le stesse sofferenze di Cristo, e allo stesso tempo testimoniando al massimo la fede. Il carattere penitenziale e la santità delle loro vite erano evidenti a tutti; gli stiliti dipendevano dai discepoli per quanto riguarda le provviste che questi issavano sulla colonna usando delle funi o delle scale. I visitatori talvolta potevano salire la scala per ricevere un consiglio o un rimedio; inoltre spesso attraevano folle di veggenti e di pellegrini. La biografia di Daniele, scritta da un contemporaneo più giovane, probabilmente uno dei discepoli, è confermata, per quanto riguarda l'accuratezza dei particolari, da altre fonti che raccontano la storia di quel periodo. La storia comincia con un bambino promettente, nativo di Maratha, vicino a Samosata, dedicato a Dio prima della nascita dai genitori devoti. Probabilmente conobbero la storia dei sette martiri di Samosata (9 clic.), uccisi quasi un secolo prima. All'età di dodici anni, Daniele si recò in un monastero delle vicinanze e chiese di essere accolto dall'abate, che tuttavia gli disse che sarebbe stato incapace di sopportare la disciplina della vita monastica. Il ragazzo rispose: «So bene di essere giovane e debole, ma ho fede in Dio e nelle vostre sante preghiere». Gli fu permesso di restare, con grande gioia dei genitori, e a tempo debito diventò monaco. Alcuni anni dopo, accompagnò l'abate in un viaggio ad Antiochia, e lungo la strada alloggiarono nel monastero di Telanissos (Dai r Sem'an), dove Simeone stilita aveva intrapreso il tirocinio della vita monastica. Nacque una discussione tra i monaci di Telanissos e quelli della Mesopotamia, sul valore della testimonianza di Simeone. I monaci del luogo parlarono con rispetto delle difficoltà di quello che stava sopportando «per amore del Signore», ma quelli della Mesopotamia protestarono che era «un procedimento vanaglorioso», affermando che le pratiche ascetiche per compiacere Dio potevano essere svolte tranquillamente dentro il monastero, senza necessariamente vivere in cima a una colonna. Furono persuasi a far visita a Simeone, e rimasero molto impressionati da ciò che scoprirono: «Quando arrivarono in quel luogo, e videro le condizioni selvagge del sito e l'altezza della colonna, oltre al calore infuocato del sole, e la sopportazione del santo, che dava il benvenuto agli stranieri, e l'amore che mostrava loro, furono stupefatti». Simeone chiese di porre la scala in un punto e li invitò a salire, ma i monaci avevano vergogna e cercarono delle scuse per non farlo; allora Daniele chiese il permesso di salire, Simeone lo accolse, lo benedisse e gli disse che avrebbe sofferto molto per la fede. L'abate di Daniele morì dopo poco tempo, e i monaci avrebbero voluto Daniele come successore, ma questi respinse l'offerta e tornò a far visita a Simeone, fermandosi quattordici giorni nel monastero vicino alla colonna. Poi partì per la Terra Santa, ma a causa delle guerre che infuriavano in quella zona, raggiunse invece Costantinopoli, dove si costruì un eremo in un tempio abbandonato a Filempora, in cui visse per nove anni, sotto la protezione del patriarca S. Anatolio (3 lug.). Simeone morì nel 459, lasciando il suo prezioso mantello all'imperatore Leone I, ma al suo discepolo Sergio fu impedito di consegnarlo di persona, perciò lo diede a Daniele, che probabilmente aveva più di cinquant'anni a quel tempo. Egli decise di seguire lo stile di vita di Simeone: scelse un luogo a una certa distanza da Costantinopoli, dove alcuni amici gli fornirono una colonna «alta circa come due uomini» con una balaustra. (Non esiste notizia di stiliti precipitati dalle colonne: molti si astenevano dal dormire, sonnecchiando appoggiati alla balaustra). Su quella colonna Daniele cominciò la cosiddetta statio, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione. La terra su cui la colonna era stata eretta apparteneva all'amministratore dell'imperatore Leone, che ordinò a Daniele di andarsene, ma dopo aver assistito alla guarigione di un ragazzo posseduto dal demonio, avvenuta grazie alla potenza delle sue orazioni, si convinse della sua santità e fece costruire una colonna più alta con una piattaforma più ampia, dove lo stilita accettò di trasferirsi. Poi l'amministratore tornò a Costantinopoli e «raccontò ogni dettaglio all'imperatore e a tutta la corte». L'imperatore inviò un messaggio, chiedendo a Daniele di pregare affinché l'imperatrice Verena potesse concepire un figlio; successivamente, quando la donna partorì, l'imperatore si recò a fargli visita, ricevette il permesso di salire sulla colonna, e «cominciò a salire verso il servo di Dio, chiedendogli di potergli toccare i piedi». Quando vide quanto erano gonfi, si stupii della capacità di sopportazione di Daniele. L'imperatore fece costruire per lui due colonne, ancora più alte, collegate da una serie di ponti fatti con assi di legno tenute assieme da pali di ferro. Una colonna costituiva la sua statici, e dall'altra avrebbe potuto benedire le folle che giungevano in pellegrinaggio. La struttura era semplice, evidentemente, giacché durante un temporale violento, i sostegni furono divelti e la base frantumata. Idiscepoli di Daniele «erano tremanti e spaventati, chinavano la testa da una parte all'altra per seguire le oscillazioni della colonna [...] ma il servo di Dio non rispose a nessuno, e continuò a pregare Dio e a invocare aiuto». Quando l'imperatore apprese di quest'incidente, rese più sicure le colonne, e minacciò di giustiziare l'architetto; ma Daniele implorò di non fargli del male, così quello fu perdonato. Daniele non aveva un riparo dagli agenti atmosferici: era esposto a tempeste, venti forti, al sole bruciante e al gelo estremo. Una volta il vento forte gli strappò la tunica di pelle e fu costretto a giacere nella neve per tutta la notte. «Assomigliava a un pilastro di sale L...i i suoi discepoli videro i suoi capelli e la barba incollati alla pelle dai ghiaccioli, e il volto coperto di ghiaccio, come se fosse stato di vetro [...] ed egli non riusciva a parlare, né a muoversi.» I discepoli portarono acqua calda e spugne, e gradualmente lo liberarono dalla morsa del ghiaccio. A questa notizia, l'imperatore sali la scala un'altra volta, e chiese a Daniele il permesso di costruirgli un riparo di ferro; Daniele non accolse l'idea di buon grado, poiché sapeva che Simeone non ne aveva mai avuto uno, ma l'imperatore affermò che Dio gli aveva dato un incarico da compiere, e che non faceva parte del piano divino che si suicidasse. Il riparo fu costruito e Daniele visse sulla sua colonna fino all'età di ottantaquattro anni. Considerato il grado di difficoltà del loro stile di vita, gli stiliti erano trai più longevi. I rapporti di Daniele con Gennadio, patriarca di Costantinopoli, non erano facili; all'inizio Gennadio consigliò al braccio destro dell'imperatore di scacciare Daniele dalla sua terra, affermando che non aveva nessun diritto di occuparla. Successivamente, quando ricevette l'ordine dall'imperatore di «andare dal santo e onorarlo come un sacerdote», Gennadio temporeggiò, facendo infuriare l'imperatore. Quando alla fine gli fece visita con un gruppo di chierici, Daniele gli negò il permesso di salire sulla scala, dichiarando che non gli avrebbe rivolto la parola, se non per chiedergli la benedizione. Era una giornata caldissima, la folla si accalcava intorno alla colonna, impaziente per il caldo soffocante e per l'ansia dell'attesa, e alla fine il patriarca lesse le orazioni dell'ordinazione ai piedi della colonna. Allora Daniele gli chiese di salire la scala, «tenendo in mano il calice con il santissimo corpo e il prezioso sangue di Gesù Cristo, nostro Dio». Deve esser stato un viaggio rischioso; forse Gennadio benedisse Daniele, ma non vi è nessun cenno nella Vita. Entrambi si scambiarono un bacio in segno di pace e ricevettero la comunione uno dalle mani dell'altro. La folla che attendeva fu soddisfatta e l'imperatore altrettanto. Daniele divenne una delle meraviglie dell'impero. Si narra che predisse un incendio a Costantinopoli, nel 465, e il popolo corse a frotte fino alla colonna, dove il santo aprì le braccia e pregò per loro. Quando il re del popolo dei lazi della Colchide giunse per rinnovare la sua alleanza con i romani, Leone lo accompagnò a far visita a Daniele. Il re dei barbari si prostrò davanti alla colonna, e il santo fu testimone del trattato stipulato dai due principi. I malati venivano spesso portati sotto la sua colonna e alcuni innalzati fino in cima, per consentire a Daniele di benedirli o amministrare i sacramenti. La gente numerosa si affollava attorno alla sua colonna per ascoltare le sue spiegazioni semplici sull'amore di Dio, la misericordia verso i poveri, l'amore fraterno, l'umiltà e l'obbedienza. Scese dalla colonna solo una volta, quando, alla morte di Leone I, Basilisco usurpò il trono imperiale e sostenne gli eretici di Eutichiano. Il patriarca di Costantinopoli chiese aiuto a Daniele, e il vecchio eremita scese «con difficoltà, a causa del dolore ai piedi, e fu accolto con gioia ed eccitazione dalla folla che lo portò sulle spalle». Basilisco si recò dal santo, presentandosi come un «semplice soldato» e promettendo di annullare gli ordini emessi a favore dell'eresia. Daniele lo rimproverò severamente e ritornò sulla sua colonna. Alcuni mesi dopo, l'imperatore Zenone ritornò con un esercito, e Basilisco scappò; una delle prime cose che fece il primo fu di far visita a Daniele sulla sua doppia colonna. A ottantaquattro anni, dopo aver celebrato la Messa a mezzanotte sul suo pilastro, si accorse che stava morendo. Fu mandato a chiamare il patriarca Eufemio, e Daniele morì, poi fu sepolto nell'oratorio ai piedi della colonna dove aveva vissuto per trentatré anni e tre mesi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Daniele, detto Stilita, sacerdote, che, dopo aver condotto vita monastica e superato molte difficoltà, seguendo l’esempio di vita di san Simeone, alloggiò sull’alto di una colonna per trentatré anni e tre mesi fino alla morte, imperterrito davanti all’impeto del freddo, del caldo o dei venti.
nome Santa Maria Maravillas de Jesus- titolo Religiosa, fondatrice- nome di battesimo María Maravillas Pidal y Chico de Guzmán- nascita 4 novembre 1891, Madrid, Spagna- morte 11 dicembre 1974, Aldchuela, Spagna- ricorrenza 11 dicembre- Beatificazione 10 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 4 maggio 2003 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Madrid il 4 novembre 1891. Fin dall'infanzia desiderò consacrarsi a Dio e dedicò la sua gioventù all'aiuto dei bisognosi. Attratta dalla spiritualità di santa Teresa di Gesù e di san Giovanni della Croce e mossa dal suo amore per la Vergine Maria, entrò nel Carmelo dell'Escorial il 12 ottobre 1919. Nel 1924 fondò un monastero di Carmelitane Scalze. Durante la persecuzione religiosa brillò per la sua fortezza, serenità e fiducia nel Signore. Morì nel Carmelo di La Aldchuela, 1'11 dicembre 1974. Fu beatificata da Giovanni Paolo II l'11 maggio 1998 e proclamata santa il 4 maggio 2003.MARTIROLOGIO ROMANO. Nella cittadina La Aldehuela nella regione di Madrid sempre in Spagna, santa Mirabilia di Gesù Pidal y Chico de Guzmán, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, che fondò molti monasteri in Spagna e in India, unendo la vita contemplativa a una operosa carità.
nome Beato Franco da Siena- titolo Eremita carmelitano- nome di battesimo Franco Lippi- nascita secolo XIII, Grotti, Siena- morte 11 dicembre 1291, Siena- ricorrenza 11 dicembre- Franco Lippi, nato a Grotti, vicino a Siena, si convertì in modo degno di nota, all'età di cinquant'anni; da giovane era violento, insubordinato e pigro, e la sua condotta peggiorò persino, dopo la morte del padre. Per evitare un processo per omicidio si unì a un gruppo di banditi che conducevano una vita pericolosa ed empia. A cinquant'anni Franco perse la vista, e lo shock di questa improvvisa menomazione lo trasformò completamente. Si confessò e partì in pellegrinaggio per San Giacomo di Compostella, dove guarì, mantenendo però la capacità d'introspezione. Si narra che abbia fatto anche un altro pellegrinaggio, a piedi nudi, da Compostella a Roma, una distanza superiore a milleseicento chilometri. Mentre pregava in una chiesa carmelitana, ebbe una visione della Madonna, che gli disse di pentirsi pubblicamente dei crimini passati: si vestì con una tela di sacco e girò per le strade cittadine, frustandosi. Alla fine chiese di essere ammesso nell'Ordine carmelitano, ma l'età avanzata (a quel tempo aveva sessantacinque anni) e la sua spaventosa reputazione, rendevano dubbiosi i frati, incerti su un simile postulante. Sebbene non lo escludessero completamente, gli dissero di ritentare cinque anni dopo, cosa che fece: questa volta fu accettato come frate laico. Visse per dieci anni nel Carmelo, e sia i confratelli carmelitani sia i cittadini erano stupefatti del suo fervore e della veemenza della sua penitenza. Alcuni strumenti di penitenza (una maglia di rete, una fascia da portare sul capo, un collare, una catena, e una pallina che teneva in bocca per ricordare la penitenza) sono conservati a Siena. Alla sua morte, tutti concordarono che si trattava di un penitente molto devoto; il culto fu confermato da papa Clemente X, nel 1670. Nel 1590, il domenicano Gregorio Lombardelli pubblicò La vita del B. Franco Sanese da Grotti, in cui sembra aver confuso la vita di Franco con quella di un servita, B. Franco di Siena, morto nel 1328, abile predicatore e martire. Altri autori hanno seguito Lombardelli in questa confusione. Uno è sepolto a Cremona e l'altro a Siena, ma nelle esumazioni ufficiali non si è riusciti a distinguere le reliquie.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Siena, beato Franco Lippi, eremita dell’Ordine dei Carmelitani, insigne per la grande austerità di vita.
nome Beato Girolamo da Sant'Angelo in Vado- titolo Religioso Servo di Maria- nome di battesimo Girolamo Ranuzzi- nascita XIV secolo, Sant’Angelo in Vado, Pesaro-Urbino- morte 1455, Sant’Angelo in Vado, Pesaro-Urbino- ricorrenza 11 dicembre- Beatificazione 1775 da papa Pio VI- Girolamo Ranuzzi, studioso e contemplativo, nacque verso la fine del XIV secolo a Sant'Angelo in Vado, una cittadina vicino a Urbino. Vado fu uno dei primi luoghi ad avere un convento di monache dell'Ordine servita, e prima dei vent'anni, Girolamo diventò frate servita. Dopo la professione, fu inviato all'università di Bologna, dove conseguì il dottorato in teologia e fu ordinato sacerdote; ricevette poi l'incarico d'insegnante in vari centri di studio serviti in Italia. Dopo alcuni anni, ottenne il permesso di ritirarsi per un certo periodo nel priorato della sua città natale, dove si mise in luce come valido consigliere. Federico da Montefeltro, duca di Urbino, chiese alle autorità dell'Ordine servita di avere i suoi servigi come teologo e guida personale; nonostante la riluttanza di Girolamo a entrare a far parte della vita di corte, fu costretto ad accettare quell'incarico per obbedienza. Non si sa quanto tempo rimase alla corte di Federico, tuttavia condusse negoziati con la Santa Sede e altre questioni di Stato, con soddisfazione del duca, così, alla fine gli fu permesso di ritornare a Sant'Angelo, dove condusse una vita di solitudine e preghiera. Girolamo morì improvvisamente nel 1455, e la devozione popolare fu così grande che il suo corpo, anziché essere seppellito nel cortile, fu collocato in un sepolcro post6 su un altare nella chiesa dei serviti a Sant'Angelo. Il culto fu confermato da papa Pio VI nel 1775. Si dice che alcuni scrittori serviti abbiano confuso questo Girolamo con un altro servita con lo stesso nome che visse assai prima e morì in un'altra zona d'Italia, di conseguenza si hanno a disposizione poche notizie che possano essere attribuite con certezza a Girolamo Ranuzzi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sant’Angelo in Vado sempre nelle Marche, beato Girolamo, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, che nella solitudine e nel silenzio raggiunse la sapienza della santità.
nome Beato Ugolino Magalotti da Fiegni- titolo Eremita- nome di battesimo Ugolino Magalotti- nascita 1300 circa, Fiegni, Macerata- morte 11 dicembre 1373, Camerino, Macerata- ricorrenza 11 dicembre- Beatificazione 1856 da papa Pio IX- Si hanno poche informazioni sulla vita di questo santo, festeggiato dai frati minori. Nato vicino a Camerino all'inizio del XIV secolo, rimase orfano da giovane, donò il patrimonio ai poveri e diventò terziario francescano, scegliendo di andare a vivere come eremita in un luogo remoto. Si dedicò al lavoro manuale, alla contemplazione e alla penitenza, e presto la fama della sua santità attirò molti devoti alla sua cella, spesso infermi che cercavano di guarire. Morì l'11 dicembre 1373, e il corpo fu seguito in processione da una folla numerosa fino al luogo della sepoltura, nella chiesa parrocchiale di Fiegni. Papa Pio IX approvò il culto nel 1856.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Camerino nelle Marche, beato Ugolino Magalotti, eremita del Terz’Ordine di san Francesco.
nome Santi Vittorico e Fusciano- titolo Martiri- ricorrenza 11 dicembre- Il racconto di questi due martiri spiega che Fusciano e Vittorico erano missionari che giunsero in Gallia da Roma, nello stesso momento di S. Quintino (31 ott.) e che si dedicarono all'evangelizzazione dei morini. Vittorico stabilì il suo quartier generale a Boulogne, e Fusciano nel paese di Helfaut, vicino a Thérouanne, qualche chilometro nell'entroterra, dove costruì una piccola chiesa. Entrambi si scontrarono con l'opposizione dei pagani, galli e romani, ma ne riuscirono a convertire un certo numero. Dopo un po', si recarono insieme a far visita a S. Quintino nella città tra Arras e Reims che ora porta il suo nome. Durante il viaggio udirono che la persecuzione infuriava ad Amiens, perciò preferirono fermarsi a Sains, dove alloggiarono a casa di un vecchio chiamato Genziano, che pur non essendo cristiano, era ben disposto verso i cristiani. Da lui appresero che S. Quintino aveva subito il martirio sei settimane prima, e che avevano parlato insieme della fede. Quando il governatore romano giunse con una truppa di soldati per arrestarli, fu affrontato con la spada sguainata dal vecchio Genziano, che dichiarò di essere pronto a morire per il vero Dio e che fu giustiziato immediatamente. Questa storia, tuttavia, non è accettata dai compilatori del nuovo Martirologio Romano, che omettono il suo nome alla data di oggi; Fusciano e Vittorico furono incatenati e portati ad Amiens, torturati e decapitati poiché rifiutarono di rinnegare la loro fede. Alcune leggende che circondano la passio di questi santi sono completamente fantastiche, tuttavia la relazione con S. Quintino e la tradizione locale suggerisce che un martirio avvenne e non fu più commemorato nella Piccardia. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Amiens nella Gallia belgica, ora in Francia, santi Vittoríco e Fusciano, martiri.
nome Beati Martino Lumbreras Peralta e Melchiorre Sanchez Perez- titolo Sacerdoti agostiniani, martiri- ricorrenza 11 dicembre- Padre Martino Lumberas nacque a Saragozza ed entrò nell'Ordine agostiniano nel 1619 a ventitré anni; nel luglio 1622 s'imbarcò a Cadice per le Filippine con altri tredici missionari. Al loro arrivo fu mandato in un monastero a Manila, dove divenne sacrestano e maestro dei novizi. P. Melchiorre Sanchez veniva da Granada ed era entrato nell'ordine a diciannove anni; ne aveva ventidue quando fu inviato nelle Filippine, con un altro gruppo di frati per lavorare a Mindanao. Studiò le lingue filippine, incluso il tagalog, per dialogare con il popolo delle isole. Il ministero della predicazione nelle Filippine era relativamente sicuro, entrambi tuttavia sapevano che andare in Giappone avrebbe potuto significare il martirio. Il cristianesimo era stato vietato da una serie di editti a partire dal 1614 e i sacerdoti stranieri non potevano entrare nel paese, mentre i giapponesi non potevano compiere pratiche cristiane, pena la morte. C'erano stati molti martiri (vedi i Martiri del Giappone, 6 feb.). Decisi a testimoniare la loro fede a tutti i costi, entrambi s'imbarcarono per Nagasaki il 4 agosto 1632 su una nave cinese, ma erano in Giappone solo da alcune settimane quando furono arrestati. Le autorità giapponesi non volevano uccidere i missionari stranieri, ma il loro interesse principale era tenere lontane dal paese le influenze straniere. Il governatore di Nagasaki, perciò, chiese loro di ritrattare, in nome dell'imperatore del Giappone, screditando la loro religione, per scoraggiare altri a convertirsi. Al loro rifiuto, fu pronunciata la condanna a morte. Subirono un martirio molto lento e doloroso che impressionò a tal punto gli spettatori che ventidue mercanti portoghesi successivamente scrissero una testimonianza del loro martirio. I due martiri sono stati beatificati assieme da papa Giovanni Paolo Il il 23 aprile 1989. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nagasaki in Giappone, beati Martino Lumbreras Peralta e Melchiorre Sánchez Pérez, sacerdoti dell’Ordine di Sant’Agostino e martiri, che appena entrati in questa città furono arrestati e gettati in una oscura cella e, infine, mandati al rogo.