@Vitupero
I santi di oggi 24 aprile:
nome Nostra Signora di Bonaria- titolo Maria Patrona massima della Sardegna- ricorrenza 24 aprile- Santuario principale Santuario di Nostra Signora di Bonaria, Cagliari- Patrona di Sardegna, naviganti, pescatori e persone legate al mare- Già dall’anno 1335 la comunità fondata dal mercedario fra Carlo Catalano aveva preso in consegna il tempio sul colle di Bonaria che divenne da allora sede della famiglia mercedaria a Cagliari. I religiosi, quindi, cominciarono ad occuparsi anche del decoro di questa casa di Dio. Il loro impegno fu talmente grande, da spingere molti a salire sulla collina, non solo per pregare la Vergine, ma per chiedere aiuti, consigli e lumi ai religiosi, specialmente a fra Carlo. Un giorno venne a far visita a fra Carlo un gruppo di genovesi, per ascoltarlo e raccomandarsi alle sue preghiere. Ad uno di essi, che gli chiedeva aiuti particolari, per risolvere alcuni suoi problemi importanti, il pio religioso rispose, parlando di una misteriosa Signora che presto sarebbe venuta ad insediarsi sul colle di Bonaria. Inizialmente le parole di fra Carlo sembravano sibilline, oscure. In seguito esse apparvero ben chiare, quando una misteriosa cassa approdò sulla spiaggia antistante Bonaria. Ciò accadde il 25 marzo 1370. Le parole di fra Carlo ebbero compimento proprio quel giorno. Il contenuto della misteriosa cassa era l’oggetto della sua profezia: un meraviglioso Simulacro di Madonna col Bambino tra le braccia. Una nave, proveniente probabilmente dalla Spagna, si dirigeva verso l’Italia quando, all’improvviso, fu colta da una terribile tempesta, che mise a repentaglio la vita dell’equipaggio e dei passeggeri. Pur essendo esperti di navigazione, nessuno dei marinai riuscì a portare l’imbarcazione al sicuro. Il capitano, in un ultimo tentativo di salvare almeno gli uomini, ordinò di gettare in mare tutto il carico della nave. Così fu fatto ma senza risultato alcuno. C’era anche una grande cassa, di cui s’ignorava il padrone e il contenuto. Fu gettata per ultima. All’improvviso, quasi per incanto, la tempesta cessò. Si cercò di riprendere la rotta prestabilita ma la nave, quasi costretta da forze misteriose, seguì la cassa che, dopo qualche tempo, si arenò sulla spiaggia, ai piedi della collina di Bonaria. LA GRANDE SIGNORA VENUTA DAL MARE. Molta folla, comprese le autorità religiose e civili, accorsero sulla spiaggia per rendersi conto dell’accaduto. Tutti contemplavano la cassa chiedendosi quale misterioso segreto racchiudesse. Si cercò di aprirla, ma nessuno ci riuscì. Si cercò di sollevarla, ma ogni tentativo fu vano. La cassa era troppo pesante. All’improvviso una voce di bimbo, – un fanciullino in braccio a sua madre – gridò: Chiamate i frati della Mercede! Questi arrivarono in fretta e, senza difficoltà alcuna, sollevarono la pesante cassa e la trasportarono nella loro chiesa. Cosa mai poteva contenere questa cassa misteriosa e perché soltanto i religiosi avevano potuto sollevarla e trasportarla in quel luogo sacro? In un’atmosfera di silenzio e di pietà, i religiosi aprirono la cassa e restarono, assieme a tutti i presenti, sbalorditi nel vederne il contenuto. In quella cassa vi era una meravigliosa statua della Madonna con il Bambino in braccio e, nella mano destra una candela accesa. La profezia di fra Carlo si era avverata. Maria, la gran donna, venuta dal mare, aveva scelto la sua casa, sulla collina. IL SIMULACRO DELLA VERGINE. Nessuno ha mai saputo donde venisse e dove fosse destinato il meraviglioso Simulacro racchiuso in quella cassa misteriosa. Sappiamo solo che il suo arrivo a Bonaria fu una precisa volontà della Madre di Dio. Da quel fatidico 25 marzo 1370, la piccola chiesa di Don Alfonso è diventata la casa di Maria, il Santuario di Cagliari e della Sardegna, destinato a diventare il maggior centro di devozione alla Vergine di tutta l’Isola ed uno dei più importanti d’Italia. Il Simulacro della Vergine e del Bambino, è stato ricavato da un unico pezzo di legno di carrubo, misura un metro e 56 centimetri di altezza. “Ha il capo scoperto con la lunga chioma, senza inviluppi, sparsa maestosamente sugli omeri. L’angelico sembiante è di color naturale tendente al bruno, di esatte proporzioni, maestosa ad un tempo ed amorevole. Dal collo fino ai piedi veste un’ampia e lunga tunica cremisi, da cui spunta appena il piede destro, bellamente dipinta, quasi broccatelle d’oro, e strette ai fianchi da una elegante e ricamata cintura. La copre un gran manto azzurro con i risalti di squisito lavorio a fiori dorati che, affibbiato al petto, ripiegasi dal braccio destro sotto il sinistro con molta grazia. Sporge dal manto la mano destra col braccio alquanto disteso; ed il pollice è ravvicinato alle altre dita riunite in atto di sostenere una candela. Colla sinistra sostiene il Bambino di pari bellezza e nudo, il quale ha i capelli alquanto ricciuti e discriminati sulla fronte, porta nella sinistra un globo, e con la destra è in atto di benedire”.
nome San Fedele da Sigmaringen- titolo Sacerdote e martire- nome di battesimo Markus Roy- nascita 1577, Sigmaringa, Germania- morte 21 aprile 1622, Seewis, Svizzera- ricorrenza 24 aprile- Beatificazione 24 marzo 1729 da papa Benedetto XIII- Canonizzazione 29 giugno 1746 da papa Benedetto XIV- Il nome di nascita era Marco, cambiato poi in Fedele nella professione religiosa. Nel dargli questo nome, il maestro dei novizi gli disse queste parole dell'Apocalisse: «Sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita». La natura e la grazia lo favorirono dei loro doni e il nostro giovane fece in breve tempo sì ammirabili progressi nella scienza, da essere indicato come esempio ai suoi condiscepoli, ed insieme fiorì meravigliosamente in lui il fiore d'ogni virtù, così da giungere presto all'apice della santità. Studiò filosofia nell'università di Friburgo, e ottenne con brillante esito la laurea dottorale a Villigen, ove esercitò poi l'avvocatura. Ma questa carica, occasione continua di peccato, fu presto abbandonata da quell'anima assetata di giustizia, la quale scelse una via più sicura per la sua eterna salvezza, passando nella famiglia del serafico S. Francesco: si fece religioso cappuccino. In religione fu luminoso esempio a tutti i confratelli nell'osservanza delle regole, nello spirito d'orazione e nell'unione con Dio. Elevato alle più alte cariche del convento, tutte le disimpegnò con prudenza, giustizia, mansuetudine e umiltà ammirabili. Distinguendosi nel ministero della predicazione e ardendogli in cuore il desiderio di dare il suo sangue per la fede, fu scelto a capo di una missione, la quale si portava nella Rezia per' la conversione degli eretici. Predicò a Sevis, ove con zelo apostolico e con accento paterno, esortava i Cattolici a serbare immacolata la loro fede, a non dare ascolto ai violatori del sacro patrimonio, ai lupi rapaci, seminatori della zizzania calvinista. Ogni giorno più, particolarmente nel celebrare la S. Messa, il desiderio del martirio si accendeva in lui; ogni giorno ripeteva al Signore la sua supplica, e Gesù infine lo appagò. Un giorno, mentre celebrava, un eretico sacrilegamente gli sparò contro; ciò visto, i fedeli lo pregarono a porsi in salvo, ma egli protestò di non temere la morte, e di essere pronto a sacrificare la sua vita per Gesù e la Chiesa. Invitato con inganno dagli eretici a predicare loro la verità, simulandosi desiderosi di conversione, S. Fedele, il 21 aprile del 1622 si portava a Cruch, quando fu assalito dai suoi nemici, i quali barbaramente lo trucidarono, abbandonandolo in una pozza di sangue. S. Fedele consacrò le primizie dei Martiri del suo ordine. Da quel giorno prodigi e miracoli lo resero illustre, specie a Coira e a Veldkrich, dove si conservano le sue reliquie e dove è tenuto in somma venerazione dal popolo. Fu canonizzato dal Papa Benedetto XIV. PRATICA. S. Fedele ci dà esempio di costanza e fedeltà nel servizio del Signore: siamo anche noi fedeli, e costanti, qualunque sia la nostra missione. PREGHIERA. Dio, che nella propagazione della fede ti sei degnato decorare della palma del martirio e di gloriosi miracoli il beato Fedele, deh! per i suoi meriti ed intercessione, confermaci così nella fede e nella carità, che meritiamo d'essere trovati fedeli nel tuo servizio fino alla morte. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sèvis, nella Svizzera, san Fedéle da Sigmaringa, Sacerdote dell'Ordine dei Minori Cappuccini e Martire, il quale, mandato là a predicare la fede cattolica, nello stesso luogo, ucciso dagli eretici, compì il martirio, e dal Papa Benedétto decimoquarto fu annoverato fra i santi Martiri.
nome Santa Maria di Cleofa- titolo Discepola di Gesù- nascita Gerusalemme- morte Gerusalemme- ricorrenza 24 aprile- S. Maria di Cleofa è quella stessa che l'Evangelista S. Giovanni chiama sorella della Santissima Vergine, insieme alla quale riferisce che stette a piè della croce con Maria Maddalena. È detta Maria di Cleofa perchè era moglie di Cleofa detto pure Alfeo, il quale era fratello di S. Giuseppe sposo di Maria Santissima e perciò erano zii di Gesù. Maria di Cleofa ebbe diversi figliuoli tutti ricordati negli Evangeli. Intorno a loro la tradizione ci ha lasciate queste notizie. Maria Salome, la primogenita, sposò Zebedeo e fu la madre fortunata dei due santi apostoli Giacomo il Maggiore e Giovanni l'Evangelista. Il secondogenito fu S. Giacomo il Minore (così detto forse perchè annoverato nel Collegio Apostolico dopo San Giacomo il Maggiore), apostolo, primo vescovo di Gerusalemme. Il terzo figlio di Maria di Cleofa fu S. Giuseppe, soprannominato il Giusto, uno dei settantadue discepoli che concorse con S. Mattia per l'apostolato in sostituzione dell'infelice traditore Giuda Iscariota. Il quarto figlio fu S. Giuda Taddeo che, con San Giacomo, meritò l'onore dell'apostolato e del martirio. Il quinto fu S. Simeone, che fu secondo vescovo di Gerusalemme e che morì crocifisso a 120 anni. Maria di Cleofa era dunque cugina della SS. Vergine e con essa seguiva Gesù e provvedeva con altre pie donne il necessario al Collegio Apostolico. Gesù risorto volle compensarla della fedeltà con cui aveva assistito alla sua morte e le apparve mentre si affrettava verso Gerusalemme, come racconta S. Matteo. La tradizione non ci dà altre notizie intorno a questa Santa, si può credere però che abbia avuto cura della SS. Vergine e l'abbia sempre amata come sua parente e come Madre di Gesù. MASSIMA. Chi vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua II Divin Salvatore. PRATICA. A imitazione di questa Santa vostra protettrice in questo mese siate devota di Gesù Crocefisso e di Maria Santissima Addolorata. PREGHIERA. Ogni grazia e ogni mio bene Da te, dolce Maria, mi viene.
nome Santa Maria Salome- titolo Discepola di Gesù- nascita I Secolo, Syria Palaestina- morte I Secolo, Veroli, Frosinone- ricorrenza 24 aprile, 22 ottobre- Santuario principale Veroli-Patrona di Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, e dei comuni di Veroli e Castelliri in Provincia di Frosinone- S. Maria Salome è una di quelle beate donne, le quali ebbero la sorte di esser discepole di Gesù Cristo, nel tempo che si degnò di conversare cogli uomini su questa terra. Fu moglie di Zebedeo, e madre dei due apostoli S. Giacomo il Maggiore e S. Giovanni Evangelista. Datisi questi due suoi figliuoli alla sequela del Salvatore, lo seguì anch'essa nei diversi viaggi ch'egli fece per la Galilea e per la Giudea, annunziando a tutti il regno di Dio. Soggetta però alla debolezza, comune peraltro all'ebraica nazione, di credere cioè il regno di Cristo temporale su questa terra, trasportata dall'amore di madre verso dei suoi figliuoli quivi presenti, si presentò un giorno al Redentore e supplichevole gli fece questa domanda: «Fate, o Signore, che questi due miei figliuoli seggano uno alla vostra destra, e l'altro alla vostra sinistra nel vostro regno». Alla quale domanda, proveniente da un pensiero disordinato di ambizione, tanto della madre che dei figliuoli, Gesù Cristo rispose: «Non sapete clic cosa vi domandate». La sua fedeltà in seguire il Redentore in tutte le occasioni, le meritò de' segnalati favori, ed in fine il premio di una eterna felicità in cielo. PREGHIERA. Umiliatevi nel cospetto del Signore ed egli vi esalterà. S. Giacomo. PRATICA. Quando preghi bada a chi parli, e che cosa domandi affinchè il Signore, che vede il cuore, non dica anche a te: «Non sai quello che chiedi».
nome Santa Maria di S. Eufrasia- titolo Fondatrice- nome di battesimo Rose-Virginie Pelletier- nascita 31 luglio 1796, Noirmoutier, Francia- morte 24 aprile 1868, Angers, Francia- ricorrenza 24 aprile- Beatificazione 30 aprile del 1933 da papa Pio XI- Canonizzazione 2 maggio del 1940 da papa Pio XII- Rosa Virginia Pelletier nacque nel 1796 nell'isola di Noirmoutier al largo della costa bretone, dove i suoi genitori s erano rifugiati durante la Rivoluzione. Suo padre, medico, morì nel 1806 e sua madre nel 1813, per cui fu inviata come pensionante presso un convento di Tours dove scoprì il Convento del Rifugio. Questo apparteneva a un istituto fondato da S. Giovanni Eudes (19 ago.) nel 1641 per salvare le prostitute e proteggere le giovani in pericolo di finire sulla strada, e conosciuto come Ordine di Nostra Signora della Carità del Rifugio. Le sue suore professavano il quarto voto di «essere sempre zelanti nel recupero di ragazze e donne penitenti». Rosa Virginia entrò nel convento di Tours come novizia nel 1814, assumendo il nome religioso di Maria di S. Eufrasia e, nel 1826, a soli ventinove anni, fu eletta superiora. Il suo primo atto fu l'istituzione dell'Opera delle «Maddalene» rivolta a ex prostitute che volessero seguire una vita quasi monastica che univa preghiera e lavoro manuale. Nel 1829 le fu chiesto (li aprire un "rifugio" ad Angers e la stessa Maria Eufrasia vi si recò per seguirne la fondazione, portando con sé cinque suore da Tours. Come base della nuova casa utilizzò un'abitazione che in precedenza era già stata sede di un "rifugio" dedicato al Buon Pastore, e una volta resa funzionante la struttura la passò ad altri e tornò a Tours. Già due anni più tardi, però, la casa di Angers rischiava di essere chiusa per mancanza di risorse e il vescovo del luogo convinse quello di Tours a lasciare andare Eufrasia perché potesse riprenderne la gestione. Una disputa piuttosto dolorosa scoppiò tra le due comunità, alla fine della quale Maria Eufrasia fu eletta priora ad Angers e lasciò Tours. Nel 1833 la casa di Angers era già risistemata e quattro nuove case erano state fondate altrettante diverse città, ognuna autonoma e posta sotto il controllo del vescovo locale. Questi fatti contribuirono a convincere Maria Eufrasia che l'indipendenza dei conventi era inutile: ognuno di essi, infatti, poteva contare solo sulle proprie forze per trovare e istruire le proprie suore ed era impossibilitato a ricorrere a risorse comuni in tempi di espansione o di crisi. Decise quindi di aprire un'organizzazione centrale sotto la responsabilità di un superiore generale, perseguendo tale idea anche quando fu accusata di ambizione e interesse personale e rimproverata di distruggere lo spirito che aveva fatto vivere l'istituto tanto a lungo. Alcuni vescovi, d'altra parte, si opposero ai suoi piani anche per paura di perdere il controllo sui conventi della loro diocesi. Pur essendo una persona molto umile e restia a farsi pubblicità e a disobbedire all'autorità, chi la conosceva bene testimoniò che nulla la fermava quando si trattava di seguire la volontà di Dio. Era fondameli almente una donna d'azione; non lasciò scritti di spiritualità o formazione e il suo libro Conferenze e Istruzioni, pubblicato nel 1907, è basato esclusivamente su appunti raccolti dalle suore durante conferenze e conversazioni. La sua concezione educativa era improntata all'ottimismo: vedeva in ogni essere umano un figlio di Dio, amato da lui, unico e capace di miglioramento continuo poiché contenente in sé le potenzialità per crescere. La fondazione di Angers divenne infine un nuovo istituto e divenne famoso come Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore (le suore del Buon Pastore). Ebbe occasione di dire di loro: «Avendo portato alla luce tutte le nostre giovani suore, le amo più di me stessa. La radice di tale amore è in Dio e nella conoscenza della mia indegnità poiché capisco che, all'età in cui esse sono divenute professe, io non avrei potuto sopportare tali privazioni e un lavoro tanto duro». Ottenne l'approvazione papale per l'istituto nel 1835 e nel 1868, quando morì di tumore, esso contava duemilasettecentosessanta suore in centodieci conventi sparsi in vari paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Cile e Australia. Lo spirito era lo stesso dell'istituto originario di Tours e ispiratore principale ne era ancora S. Giovanni Eudes e il suo intenso amore per i Sacri Cuori di Gesù e Maria. Le modifiche introdotte da Maria Eufrasia erano intese solo a rendere più efficace l'apostolato; come lei stessa ebbe a dire: «L'abito che indossiamo deve esser lo zelo, e quello zelo deve abbracciare l'intero mondo». La sua spiritualità si basava sulle opere degli scrittori francesi del xvii secolo e il suo obiettivo spirituale primario era permettere a Gesù di crescere in lei a tal punto da essere infiammata dal suo amore per le anime e desiderosa di soffrire per loro come lui aveva fatto. Fu canonizzata nel 1940. Lasciò un epistolario di circa millecinquecento lettere e il libro citato. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Angers in Francia, santa Maria di Sant’Eufrasia (Rosa Virginia) Pelletier, vergine, che per accogliere con misericordia le prostitute, da lei chiamate “Maddalene”, fondò l’Istituto delle Suore del Buon Pastore.
nome Sant'Antimo di Nicomedia- titolo Martire- nascita III secolo, Nicomedia- morte 303, Nicomedia- ricorrenza 24 aprile- Attributi Palma del martirio- Antimo fu vescovo di Nicomedia in Bitinia, sede di una delle residenze preferite degli imperatori romani. Nel 303 ebbe inizio la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano (imperatore dal 284 al 305) che fu particolarmente dura in quella parte dell'impero. Lo storico Eusebio racconta che un noto e ardente cristiano strappò in pubblico l'editto imperiale che ordinava la distruzione delle chiese e dei libri sacri e che da allora in poi il clero cristiano era tenuto a offrire incenso agli dèi romani a ogni apparizione pubblica. Rifiutatosi di assoggettarsi alla disposizione, Antimo fu decapitato. Eusebio continua narrando come la colpa di un incendio scoppiato nel palazzo dell'imperatore fu attribuita ai cristiani di cui un ampio numero fu ucciso su ordine dell'imperatore quando la persecuzione fu estesa ai laici, ma non è chiaro se Antimo fosse già stato decapitato. In alcuni calendari ad Antimo sono associati undici compagni martiri. Alcune lettere attribuite al vescovo per incoraggiare i SS. Indes e Domna (un tempo 28 dic.), tra gli accusati dell'incendio martirizzati, non sono autentiche. L'imperatore Giustiniano (483-565) fece costruire una grandiosa basilica sulla tomba di Antimo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Antimo, vescovo, e compagni, martiri: durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, per aver professato la San Fedele da Sigmaringen, sacerdote e martire, che fu dapprima avvocato e, entrato poi tra i Frati Minori Cappuccini, condusse un’austera vita di veglie e di preghiera. Assiduo nella predicazione della parola di Dio, fu mandato nei territori dell’odierna Svizzera per consolidarvi la retta dottrina e per la sua fede cattolica incontrò la morte a Seewis per mano di alcuni eretici. fede in Cristo ricevette con la decapitazione la gloria del martirio, seguito da numerosi membri del suo gregge, dei quali per ordine del giudice alcuni furono decapitati con la spada, altri bruciati con il fuoco, altri infine messi su piccole imbarcazioni e fatti affogare in mare.
nome San Benedetto Menni- titolo Religioso- nome di battesimo Angelo Ercole Menni- nascita 11 marzo 1841, Milano- morte 24 aprile 1914, Dinan, Francia- ricorrenza 24 aprile- Beatificazione 23 giugno 1985 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 21 novembre 1999 da papa Giovanni Paolo II- Angelo Ercole Menni nacque a Milano l'11 marzo 1841. I suoi genitori, Luigi e Luisa Figini, erano ferventi cattolici che gli diedero un'educazione religiosa e gli trasmisero un acuto senso del dovere verso i poveri e gli ammalati. Dopo aver concluso la scuola superiore lavorò per un breve periodo come impiegato in una banca di Milano, che abbandonò quando gli fu chiesto di falsificare alcuni libri per coprire una frode finanziaria. Nel 1859 fu volontario nell'assistenza ai soldati feriti di ritorno dalla battaglia di Magenta e fu impegnato nel trasportarli dalla stazione di Milano all'ospedale dei Fatebenefratelli. Le cure devote mostrate dai religiosi ispirarono Angelo a seguire il loro esempio e infatti divenne novizio dell'ordine l'anno successivo, professando solennemente nel 1864 con il nome religioso di Benedetto. L'ordine era stato fondato nel XVI secolo da S. Giovanni di Dio (8 mar.) in Spagna ma, a causa della legislazione anticlericale negli anni '20 del xix secolo la sua opera era stata fortemente limitata nell'impero spagnolo fino a scomparire completamente nel 1850. Nel 1866, pochi mesi dopo l'ordinazione, Benedetto fu scelto per andare in Spagna a rifondare l'ordine, ricevendo tale incarico da papa Pio IX in persona: avrebbe dovuto restaurare l'ordine ospedaliero nel suo luogo natale, indicando come linee della restaurazione «una vita perfettamente comune, molto povera, molto casta e molto obbediente». Si trattava di una missione straordinaria per un giovane tanto privo di esperienza, ma il superiore generale aveva già compreso l'intelligenza, le capacità e la determinazione (che qualcuno chiamerà poi ostinazione) di Benedetto. Trascorse alcuni mesi in Francia per studiare come vi fosse stato rifondato l'ordine dopo la Rivoluzione francese, giungendo poi a Barcellona nell'aprile 1867, conoscendo pochissimo lo spagnolo e senza risorse finanziarie. Nell'ottobre di quell'anno, con l'aiuto di due confratelli, aveva già aperto un ospedale-rifugio per bambini poveri e abbandonati, soprattutto per quelli malnutriti e affetti di scorbuto e rachitismo. Nel 1872 fu nominato superiore dell'ordine in Spagna, mentre l'opera di restaurazione sembrava progredire. Nel 1873 un governo rivoluzionario abolì la monarchia e reintrodusse restrizioni sugli ordini religiosi. Benedetto fu coinvolto, suo malgrado, in queste battaglie politiche, fu considerato un "carlista", o sostenitore della defunta regina Isabella, fu minacciato, imprigionato, e poi rilasciato a patto che abbandonasse il paese. Andò a Marsiglia e, assieme ad alcuni confratelli, divenne membro della Croce Rossa in modo tale da poter tornare in Spagna ad accudire i feriti della guerra civile. Un testimone della Croce Rossa spagnola dichiarò: «Durante la guerra fornì ovunque assistenza fisica e spirituale ai feriti, senza distinzioni o preferenze mostrando uguale amore e carità a entrambe le parti». La guerra civile terminò nel 1876 e poté tornare a Barcellona per riorganizzare l'ospedale-rifugio originario; da lì si trasferì a Madrid, dove acquisì un edificio e del terreno a Ciempozuelos, a circa trentadue chilometri dalla capitale, in cui aprì un ospedale psichiatrico. Seguirono altre fondazioni, ospedali-rifugi e ospedali psichiatrici furono aperti in altre sette città spagnole, in Messico e in Portogallo. Nel 1884 ottenne da Roma l'approvazione per la fondazione di una provincia unita ispanoamericana e fu scelto come primo provinciale, incarico al quale fu rieletto per cinque volte. Nei dintorni di Madrid, nel 1885, si verificò un episodio di colera, durante il quale Benedetto mostrò eccezionali coraggio e devozione verso i poveri. Con piccoli gruppi di frati frequentò le zone più colpite, in molti dei paesi era l'unica persona con conoscenze mediche capace di curare le vittime del colera e di dare consigli riguardo a questioni di igiene. Per un certo periodo si era preoccupato per il limite imposto, nell'aiutare gli altri, dal fatto chc tutti i suoi aiutanti erano uomini e tutti gli istituti che era stato in grado di creare potevano occuparsi soltanto di uomini. Consultò numerosi ordini femminili per vedere se avessero voluto unirsi a lui nella sua opera ma senza successo. Due donne, Giuseppina Recio e Maria de las Angustias jiméncz, lo contattarono chiedendogli se potevano dedicarsi alla cura degli ammalati sotto la sua guida ed egli le mandò a Ciempozuelos, dove presto altre si unirono. Nel 1881 ricevette formalmente le prime novizie e, l'anno seguente, alcune del gruppo fecero la professione religiosa. Diede loro il proprio motto formato da sei parole: «Pregare, lavorare, patire, soffrire, amare Dio e tacere». Fu questo l'inizio della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, che ricevette approvazione ufficiale dalla Santa Sede nel 1901. Quando morì aveva aperto tredici ospedali femminili in Spagna, Francia e Portogallo. La congregazione è tuttora attiva in Europa, Africa (Ghana e Liberia), Asia (Filippine) e America Latina. Benedetto condusse una vita piuttosto dinamica, occupato soprattutto in contatti, amministrazione e viaggi. Fu coinvolto anche in vari processi; la causa più importante contro di lui durò sette anni a Madrid e lo ride accusato falsamente di avere abusato di una minorata psichica. La stampa anticlericale lo denunciò in titoli a tutta pagina e pubblicò vignette che lo ritraevano come una «bestia pervertita», ma alla fine il caso fu chiuso dal giudice per mancanza di prove. Dovette affrontare anche una pesante opposizione all'interno dell'ordine. Nel 1903 fu nominato dalla Santa Sede visitatore apostolico dell'ordine e ne divenne superiore generale nel 1911. Si dimise da tale incarico dopo solo un anno poiché sentiva di non avere il sostegno della comunità. Questo, per certi versi, rispondeva al vero: il papa lo aveva nominato senza convocare il capitolo generale e alcuni membri dell'ordine erano contrari all'istituzione del ramo femminile, che vedevano come un'organizzazione rivale. Egli era anche un vivace antimodernista e come visitatore apostolico rimosse dall'incarico alcuni membri per sospetto lassismo dottrinale. L'opposizione contro di lui era tanto forte che nel 1912 gli fu ordinato di abbandonare la casa madre dell'ordine a Roma e di risiedere con le suore a Viterbo, quindi di lasciare l'Italia e trasferirsi in Francia, ma non in una casa femminile. Infine fu privato del segretario e non poté così più scrivere ai confratelli o alle suore (un ictus lo aveva reso disabile nell'uso di una mano). Anche ammettendo che vi fossero nel suo carattere tratti difficili, è arduo comprendere l'asprezza della campagna denigratoria contro di lui. Nell'ultimo anno di vita cominciò a soffrire di demenza senile e morì infine per un secondo ictus il 24 aprile 1914. Le sue spoglie furono seppellite a Ciempozuelos nel cimitero locale; da là, nel 1924, furono trasferite alla chiesa della casa madre delle suore. È stato beatificato nel 1985. In tutto ciò che faceva Benedetto era ispirato da una devozione intensa al Sacro Cuore e alla Madonna sotto d titolo di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù. Disse alle suore di pregare Gesù perché le infiammasse del suo amore divino e di pregare parimenti anche «la Regina dell'Amore, la Vergine Immacolata». Credeva nella presenza di Gesù negli ammalati, soprattutto nei malati mentali; coloro che servivano «i miei fratelli più piccoli» servivano Gesù direttamente. «Dobbiamo diffidare di noi stessi» scrisse «avere fiducia in Gesù e gettarci tra le sue braccia», poiché, diceva spesso, «noi nulla siamo e nulla possiamo fare senza l'aiuto di Dio». MARTIROLOGIO ROMANO. A Dinan in Francia, san Benedetto (Angelo) Menni, sacerdote dell’Ordine di San Giovanni di Dio, fondatore della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Cuore di Gesù.
nome Sant'Egberto di Northumbria- titolo Monaco- nascita 639 circa, Northumbria- morte 24 aprile 729, Iona, Scozia- ricorrenza 24 aprile- Egberto, originario della Northumbria, divenne monaco a Lindisfarne e si trasferì poi in Irlanda per studiare. Mentre si trovava là, una grave epidemia uccise nel 664 il suo compagno anglosassone ed egli fece voto, se fosse sopravvissuto, di passare il resto della propria vita come missionario al di fuori della madrepatria. Fu ordinato sacerdote e decise di evangelizzare la Frisia e il nord della Germania, ma fu convinto da una visione che questo non fosse il progetto che Dio aveva per lui e dovette accontentarsi di ispirare S. Vigberto (13 ago.), S. Villibrordo (7 nov.) e altri a operare in quelle regioni. Egberto andò invece a Iona, in Scozia, ultimo bastione del sistema celtico di calcolo della data della Pasqua, per convincere i monaci del luogo ad accettare piuttosto il sistema romano. Trascorse là gli ultimi tredici anni della sua vita e la tradizione vuole che, grazie alla fama di sapienza e santità, abbia ottenuto il suo scopo, e che proprio nel giorno in cui morì i monaci di lona abbiano celebrato per la prima volta la Pasqua in conformità con il resto della Chiesa occidentale. Troppa importanza è stata data a tale controversia sulla Pasqua ed è possibile invece pensare che non furono tanto gli argomenti di Egberto a convincere i monaci quanto il trascorrere del tempo e la comprensione della sterilità di questa differenza; la stessa Chiesa irlandese seguiva già il sistema romano da circa un secolo. Inoltre, secondo Beda, la comunità di Iona segui il proprio sistema abituale in questo campo «fino all'anno del Signore 715», quando Egberto «molto dotto nelle Sacre Scritture e insigne per lunga perfezione di vita» giunse là e la persuase a cambiare; la tradizione che pone il passaggio alla datazione romana della Pasqua solo alla morte di Egberto sembra dunque fallace e forse si rifà a un altro passo dell'opera di Beda che risulta per certi versi ambiguo. La Cronaca Anglosassone data il cambiamento a Iona al 716. Secondo Beda, Egberto «ha vissuto in grande umiltà, mansuetudine, continenza, semplicità e rettitudine [...] segnalandosi per la costanza nell'insegnare, l'autorità nel correggere, la misericordia nel distribuire ciò che aveva ricevuto dai ricchi». Lo storico aggiunge anche che Egberto fu vescovo senza però menzionare la sua sede, e così egli fu soprattutto venerato come confessore. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Iona in Scozia, sant’Egberto, sacerdote e monaco, che si adoperò con dedizione per l’evangelizzazione di molte regioni d’Europa e, ormai avanti negli anni, riconciliò i monaci di Iona con l’uso romano del computo pasquale, celebrando la sua Pasqua eterna subito dopo averne officiato la solennità.
nome San Vilfrido di York- titolo Vescovo- nascita 634 circa, York, Inghilterra- Consacrato vescovo 664 a Compiègne- morte 744 circa, York, Inghilterra- ricorrenza 24 aprile- Patrono di Diocesi di Middlesbrough, Ripon- Incarichi ricoperti Vescovo di York, Vescovo di Selsey, Vescovo di Leicester, Vescovo di Hexham- Quando S. Beda (25 mag.) terminò di scrivere la sua Storia ecclesiastica, nel 731, disse che la diocesi di York (Inghilterra) era governata da un certo vescovo Vilfrido. Al fine di distinguere questo Vilfrido dal suo più famoso omonimo, la cui festa cade il 12 ottobre, si fa riferimento a lui come Vilfrido il Giovane o Vilfrido II. Fu istruito presso l'abbazia di Whitby sotto la Regola di S. Ilda (17 nov.) e fu uno dei discepoli favoriti di S. Giovanni di Beverley (7 mag.), vescovo di York che lo nominò proprio cappellano. Giovanni, invecchiando, si ritirò sempre più dai propri doveri pastorali e Vilfrido ne divenne, in pratica, coadiutore, quindi fu nominato suo successore. Giovanni morì nel 721 e Vilfrido divenne vescovo. Sfortunatamente si hanno poche notizie riguardanti la sua attività come capo dell'importante diocesi di York a eccezione del fatto che pare essere stato particolarmente interessato all'istruzione, mentre Beda dice solamente che fu uomo di «merito e santità eccezionali». In una poesia sui santi di York, Alcuino loda Vilfrido per ciò che aveva fatto per abbellire le chiese e per l'energia spesa in opere di carità. Nel 732 si ritirò dal servizio effettivo, a guisa del suo predecessore, per passare gli ultimi anni in un monastero, dove morì nel 744. Il suo nome appare in un solo calendario antico e si hanno poche testimonianze dell'esistenza di un culto popolare a esso dedicato. Nel X secolo la chiesa di Canterbury e quella di Worcester sostennero di conservare le reliquie del più famoso S. Vilfrido (12 ott.): è probabile perciò che una di esse avesse, per errore, quelle del santo ricordato in questa data. MARTIROLOGIO ROMANO. A York nella Northumbria, in Inghilterra, san Vilfrido, vescovo, che esercitò per quarantacinque anni con grande impegno il suo ministero e, costretto ripetutamente a cedere ad altri la sua sede, terminò in pace i suoi giorni tra i monaci di Ripon, dei quali era stato abate.
nome San Mellito di Canterbury- titolo Arcivescovo- nascita VI secolo, Roma- Nominato vescovo 604 da papa Gregorio I- Consacrato vescovo 28 aprile 604 dall'arcivescovo Agostino di Canterbury- Elevato arcivescovo 619 da papa Bonifacio V- morte 24 aprile 624, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 24 aprile- Incarichi ricoperti Vescovo di Londra (604-619), Arcivescovo metropolita di Canterbury (619-624)- Mellito era un abate romano inviato da S. Gregorio Magno (3 set.) in Inghilterra nel 601 a capo di un gruppo di missionari per assistere S. Agostino (27 mag.). Beda fornisce il testo di una lettera inviata dal papa a Mellito per dargli consigli su come trattare gli inglesi: i templi pagani avrebbero dovuto essere trasformati in chiese quando possibile, le giornate dedicate ai sacrifici in feste in onore dei martiri, mentre gli animali si sarebbero dovuti uccidere perché la gente potesse festeggiare: «mentre è riservata loro una qualche gioia esteriore, più facilmente possono godere di una gioia interiore». Mellito operò nel Kent per tre anni e fu poi nominato da S. Agostino vescovo dei sassoni orientali. Battezzò il re Saiseret e molti suoi vassalli; re Etelberto, signore di Saberct, fece costruire a Londra una chiesa dedicata a S. Paolo e la volle sede di Mellito, che risulta dunque il primo vescovo di Londra. Visitò Roma nel 605 e lì partecipò a un concilio. Quando il re Saberct morì nel 606 i suoi tre figli. che non erano stati battezzati, tornarono apertamente al paganesimo. A Mellito chiesero ancora, a ogni modo, di ricevere l'eucarestia, o «il bianco pane» come lo chiamavano, e ricevendo un rifiuto bandirono Mellito dal regno. Andò in Francia ma fu presto richiamato nel Kent per sostituire S. Lorenzo (3 feb.) come arcivescovo di Canterbury. Si sa molto poco sul suo governo da vescovo ma Beda dice: «In quel tempo Mellito soffriva per un'infermità del corpo, per l'esattezza di gotta, ma con i sani passi della mente superava alacre ogni difficoltà terrena e si elevava sempre più all'amore, al desiderio e alla ricerca del ciclo. Era nobile di stirpe, ma ancor più nobile per elevatezza d'animo». Morì nel 624. MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury in Inghilterra, san Mellíto, vescovo, che, mandato dal papa san Gregorio Magno in Inghilterra come abate e ordinato poi da sant’Agostino come vescovo dei Sassoni orientali, giunse, dopo molte avversità, alla illustre sede di Canterbury.
nome Sant'Anselmo di Bomarzo- titolo Vescovo e confessore- ricorrenza 24 aprile- Santuario principale Duomo di Bomarzo- Attributi Vesti episcopali- Patrono di Bomarzo- La vita del santo è tramandata attraverso un'opera intitolata "Vita Beati Anselmi Episcopi et Confessoris", risalente al VII-IX secolo. Il testo originale, purtroppo perduto a causa dei moti napoleonici del 1810, è pervenuto fino a noi grazie a una copia custodita nella biblioteca degli Agostiniani di Orvieto. Anselmo nacque in una famiglia agiata nella città di Bomarzo o nella sua frazione, Mugnano in Teverina. I suoi genitori, devoti cristiani, lo educarono fin da giovane allo studio delle Sacre Scritture e all'assistenza ai bisognosi. Dopo la loro morte, seguendo gli insegnamenti ricevuti, Anselmo donò tutti i suoi averi ai più bisognosi e si ritirò in vita contemplativa. Quando il vescovo di Bomarzo morì, il clero cittadino si riunì per eleggere il successore. Dopo giorni di preghiera e digiuno, una voce nel duomo proclamò: "Eleggete per vescovo Anselmo, perché ne è degno". Così, acclamato dal clero e dal popolo, Anselmo venne insediato sulla cattedra episcopale dopo aver ricevuto gli ordini sacri. La tradizione narra numerosi miracoli compiuti da Anselmo in vita e dopo la sua morte, tra cui l'esorcismo di posseduti e la resurrezione dei morti. Tra i più celebri, vi sono quelli riguardanti l'invasione di Bomarzo da parte dei Goti di Totila, dove Anselmo avrebbe fatto invocare l'aiuto di Dio per sconfiggere gli invasori. Sentendo avvicinarsi la sua fine, Anselmo pregò con i sacerdoti e i diaconi fino all'ultimo momento. Morì serenamente il 24 aprile di un anno non precisato del VI secolo, e le sue spoglie furono sepolte nella chiesa di Santa Maria. Bomarzo celebra solennemente Sant'Anselmo due volte all'anno: la prima tra il 23 aprile e il 1º maggio, in ricordo della sua morte, e la seconda la terza domenica di giugno, commemorando la traslazione delle sue spoglie nel 1647. La città è profondamente legata alla figura del santo, onorandolo con festività e riconoscimenti.