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21/10/2024 alle 15:00

I santi di oggi 21 ottobre:

I santi di oggi 21 ottobre:

nome Beato Giuseppe Puglisi- titolo Presbitero e Martire- nome di battesimo Giuseppe Puglisi- nascita 15 settembre 1937, Palermo- morte 15 settembre 1993, Palermo- ricorrenza 21 ottobre- Beatificazione Foro Italico, 25 maggio 2013 da papa Francesco- Santuario principale Cattedrale di Palermo- Don Giuseppe Puglisi nacque a Brancaccio un quartiere di Palermo il 15 settembre 1937 da Carmelo, calzolaio, e Giuseppa Fana, sarta. Entrò nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e venne ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini nel 1960. Nel 1961 venne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli sempre a Palermo, e dal 27 novembre 1964 operò anche nella vicina chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi a Romagnolo. Dopo essere divenuto confessore delle suore basiliane Figlie di Santa Macrina nell’omonimo istituto iniziò anche la carriera di insegnante. Nel 1967 fu nominato cappellano presso l’istituto per orfani “Roosevelt” all’Addaura e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi. Nel 1969 fu nominato vicerettore del seminario arcivescovile minore. Nel settembre di quell’anno partecipò ad una missione nel paese di Montevago, colpito dal terremoto. Seguì in particolare modo i giovani e si interessò delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Seguì con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffuse subito i documenti tra i fedeli, con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell’ecumenismo e delle chiese locali. Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l’annunzio di Gesu’ Cristo nel territorio. Il primo ottobre 1970 venne nominato parroco di Godrano paese in provincia di Palermo a quei tempi segnato da una sanguinosa faida riuscendo a riconciliare le famiglie dilaniate dalla violenza con la forza del perdono. Il 9 agosto 1978 fu nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente fu scelto dall’arcivescovo Salvatore Pappalardo come direttore del Centro diocesano vocazioni. Il 24 ottobre 1980 fu nominato vice delegato regionale del Centro vocazioni e dal 5 febbraio 1986 divenne direttore del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro diocesano vocazioni dedicò con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.

Promotore di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame, Camminare insieme. Dal maggio del 1990 svolse il suo ministero sacerdotale anche presso la “Casa Madonna dell’Accoglienza” a Boccadifalco, dell’Opera pia Cardinale Ruffini, in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà. Il 29 settembre 1990 venne nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e dall’ottobre del 1992 assunse anche l’incarico di direttore spirituale del corso propedeutico presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro “Padre Nostro”, che divenne il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Giuseppe fu sempre attivo nel suo quartiere per rivendicare i diritti civili della borgata, denunciando collusioni e malaffari e subendo minacce e intimidazioni. Venne ucciso dalla mafia in piazzale Anita Garibaldi 5, il giorno del compleanno, 15 settembre 1993. La salma fu tumulata presso il cimitero di Sant’Orsola, nella cappella di Sant’Euno e ad aprile 2013 la salma fu poi traslata nella cattedrale di Palermo. La sua attività pastorale costituì il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi furono arrestati e condannati con sentenze definitive fatto che spinse subito i fedeli al riconoscimento del martirio che avvenne nel dicembre del 98 ad opera del Cardinale Salvatore De Giorgi. Fu beatificato il 25 maggio 2013 al “Foro Italico Umberto I” di Palermo.

nome Sant'Orsola e compagne- titolo Vergini e Martiri- nascita IV secolo, Gran Bretagna, Regno Unito- morte 21 ottobre 383, Colonia, Germania- ricorrenza 21 ottobre- Santuario principale Duomo di Colonia- Attributi Palma del martirio, freccia, corona, vessillo, mantello con il quale protegge le compagne- Patrona di Ragazze da marito, scolare, maestre, orfani, Isola di Gozo, Sant'Orsola Terme- Lo stuolo glorioso delle vergini capitanate da S. Orsola si crede che fosse di undicimila; ma ancorchè non ci sia pervenuto il numero preciso, tuttavia è certissimo il fatto del martirio che esse subirono pel nome di Gesù Cristo, martirio che la Chiesa annualmente commemora e festeggia. Queste eroiche figlie della Chiesa, raccolte in Bretagna per ordine dell'imperatore Massimo, erano destinate spose ai duci e ai soldati britanni incaricati di fondare una colonia dove l'impero era maggiormente esposto alle continue scorrerie e feroci devastazioni delle milizie barbariche. Affidate perciò ad Orsola, nobile principessa, salirono sulle navi che dovevano trasportarle al luogo designato. Ma Dio, negli altissimi ed arcani suoi disegni, aveva ben più nobili progetti sulle giovanette Durante la traversata, infatti, ecco levarsi d'improvviso una si furiosa tempesta, che minacciò di farle naufragare. Le navi, sbattute da ogni parte da minacciosi flutti, vennero infine sospinte, per divina disposizione, sulle coste della Germania, allora occupate dagli Unni, feroci pagani, odiatori del Cristianesimo. Quei barbari, quasi belve sitibonde di piacere e di sangue, si gettarono sulle giovani, ma vinti dall'avvenenza delle fanciulle, tentarono con lusinghe e poi con minacele di violare la loro verginità. Vano però riuscì ogni tentativo. Quelle eroiche vergini resistettero con fortezza agli assalti dei nemici, e animate dal coraggioso esempio e dalle esortazioni di Orsola preferirono il martirio piuttosto che macchiare la loro onestà e perdere la fede. Presi allora da satanico furore, i soldati si gettarono sulle inermi vittime, e dopo averle torturate coi più crudeli tormenti, le passarono a fil di spada. Ciò avvenne sulla fine del secolo 'v, nei pressi della città di Colonia, che ancor oggi gelosamente custodisce le gloriose reliquie di quelle eroine della fede e della castità. Sul suolo bagnato dal sangue virgineo di Orsola e delle sue degne compagne venne poscia edificata una sontuosa basilica, che fu in ogni tempo mèta di devoti pellegrinaggi. Fu S. Orsola che ispirò alla bresciana S. Angela Merici di istituire e donare alla Chiesa una nuova Congregazione religiosa (detta delle Orsoline, appunto perchè la fondatrice propose S. Orsola come modello e patrona delle sue figlie), per il difficile e sublime compito dell'educazione della gioventù femminile. Come infatti S. Orsola seppe guidare alla vittoria quella schiera eletta di sante vergini, così protegge ora l'odierna gioventù femminile, attorniata da mille pericoli, facendola strumento di bene nella famiglia e nella società.<br /> PRATICA. Aiutiamo le opere per l'educazione della gioventù. PREGHIERA. Concedici, te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, di venerare con incessante devozione i trionfi delle tue sante vergini e martiri Orsola e compagne; e giacchè non possiamo onorarle degnamente, offriamo almeno frequentemente i nostri umili omaggi. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Colònia il natale delle sante Orsola e sue Compagne, le quali, per la religione cristiana e per il costante amore alla verginità uccise dagli Unni, finirono la vita col martirio, e moltissimi corpi di loro furono sepolti a Colònia.

nome Santa Laura di Santa Caterina da Siena- titolo Religiosa Fondatrice delle Suore Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena- nome di battesimo Maria Laura Montoya y Upeguí- nascita 26 maggio 1874, Jericó, Colombia- morte 21 ottobre 1949, Medellín, Colombia- ricorrenza 21 ottobre- Beatificazione 25 aprile 2004 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 12 maggio 2013 da papa Francesco- Santuario principale Santuario della Luce, Medellín- Laura di Santa Caterina da Siena Vergine nacque a Jericó il 26 maggio 1874. Adorazione eucaristica, una vita di nascondimento e umiliazioni, amore per le missioni: questo il programma formulato da Laura Montoya Upegui sin da giovane, nata da una famiglia profondamente cristiana. Quando aveva due anni le fu assassinato il padre e la famiglia visse nella povertà. A 16 anni entrò nella "Normale de Instimtoras" di Medellín, per diventare maestra elementare e riuscì negli studi diventando una educatrice di valore, buona scrittrice, donna di profonda spiritualità. Nel 1914, con il favore del vescovo di Santa Fe de Antioquia, fondò la famiglia religiosa delle Missionarie di Maria Immacolata e Santa Caterina da Siena. A un certo punto del suo cammino di educatrice realizzò l'Opera degli indios al servizio degli indigeni dell'America e fondò le "Missionarie catechiste degli indios" partendo con le prime cinque per Dabeiba. Si inserì nella cultura e nella vita poverissima degli indios per promuoverne l'emancipazione umana e sociale, senza curarsi delle incomprensioni, difficoltà, umiliazioni, calunnie. La sua era un'opera missionaria nuova, con donne direttamente impegnate nell'evangelizzazione nell'America Latina. Laura trascorse gli ultimi nove anni su una sedia a rotelle, senza interrompere il suo apostolato, con la parola e con gli scritti. Morì a Medellín il 21 ottobre 1949. Alla sua morte la sua congregazione contava 90 case con 467 religiose. È stata beatificata da Giovanni Paolo II il 25 aprile 2004 e canonizzata il 12 maggio 2013 da Papa Francesco. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Belencito vicino a Medellín in Colombia, beata Laura di Santa Caterina da Siena Montoya y Upeguí, vergine, che si dedicò con grande profitto ad annunciare il Vangelo tra le popolazioni indigene ancora prive della fede in Cristo e fondò la Congregazione delle Suore Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena.

nome Sant'Ilarione di Gaza- titolo Abate- nascita 291 circa, Tabata, Palestina- morte 372, Pafo, Cipro- ricorrenza 21 ottobre- Patrono di Sant'Ilario dello Ionio e Caulonia- Ilarione nacque da genitori pagani in un villaggio chiamato Thabata, a sud di Gaza in Palestina. Inviato a studiare ad Alessandria, a circa quindici anni si fece cristiano. Per un breve periodo rimase con S. Antonio (17 gen.) nel deserto egiziano, imitandone l'estremo ascetismo. Trovando però difficile resistere alle numerose occasioni di distrazione create dalle persone che venivano a far visita al celebre maestro, tornò nella nativa Palestina in cerca di vera solitudine (questa costante ricerca di tranquillità e isolamento è uno dei temi principali della sua vita); arrivato a Gaza, seppe della morte dei genitori: dopo aver distribuito la propria eredità tra i fratelli e i poveri, si ritirò in un luogo chiamato Maiuma, situato tra il mare e una palude, dove intraprese una vita estremamente dura, secondo ciò che aveva imparato da S. Antonio in Egitto. Si dice che non si cambiasse la tunica finché non era logora e che non lavasse mai il proprio cilicio perché a suo parere «è inutile cercare pulizia in un cilicio». Si dice anche che abbia vissuto per molti anni nutrendosi solo di quindici fichi al giorno, non mangiando mai fino al tramonto; in seguito si convinse ad aggiungere alla dieta verdure, pane e olio, per riuscire a sopravvivere. Da principio visse in una capanna di giunchi, ma in seguito si edificò una cella più solida che misurava all'incirca un metro e venti per un metro e mezzo, e che era ancora visibile ai tempi di Girolamo. Pare che, mentre si trovava a Maiuma, Ilarione abbia compiuto molti miracoli, soprattutto guarigioni e liberazioni di indemoniati. Durante l'isolamento nel deserto, egli fu tentatissimo, soffrendo profonda aridità spirituale e pericoli di disperazione, ma, nonostame tali prove, riuscì a perseverare nella preghiera. S. Girolamo riferisce che il santo, pur avendo vissuto molti anni in Palestina, una volta sola visitò i Luoghi Santi a Gerusalemme, e quella volta per un solo giorno. Vi si recò per non dare l'impressione di disprezzare ciò che la Chiesa onorava, ma, secondo S. Girolamo, non vi tornò più per non dare l'impressione di credere che l'adorazione di Dio fosse limitata a luoghi specifici (e possiamo forse pensare che avrebbe aborrito i luoghi di pellegrinaggio, con le loro folle di gente, sentendoli come fonti di distrazione dalla solitudine per lui così necessaria per la preghiera). Dopo parecchi anni vissuti a Maiuma, la sua fama si diffuse talmente che la gente accorreva in massa per vederlo e per ottenere la sua assistenza; un gruppo di discepoli si unì a lui contro la sua volontà, ed egli se ne rattristò, dicendo: «Ho fatto ritorno nel mondo e ricevuto la mia ricompensa in questa vita. Tutta la Palestina mi stima, e io col pretesto delle necessità dei fratelli possiedo una fattoria e delle proprietà». Decise pertanto di lasciare il suo paese natio, dando inizio a una serie di viaggi senza fine che intraprese per tutto il resto della vita, sempre alla ricerca di un luogo dove poter vivere in completa solitudine. Tornò per un certo periodo in Egitto, quindi si recò in Sicilia e da lì in Dalmazia: sperava di riuscire a rimanere sconosciuto andando in luoghi di cui non conosceva la lingua, ma i suoi poteri miracolosi non gli permettevano di vivere in pace. Si stabilì alla fine a Cipro, dove godette di una certa tranquillità, pur venendo disturbato da alcuni visitatori, tra cui anche S. Epifanio (12 mag.), vescovo di Cipro, che scrisse a S. Girolamo a proposito del santo eremita. Quando morì, Ilarione aveva quasi ottant'anni: la popolazione del luogo avrebbe desiderato edificare un sacrario per i suoi resti, ma il suo discepolo S. Esichio (3 ott.) rimosse segretamente il corpo e lo riportò a Maiuma. La celebrità di Ilarione è dovuta alla Vita scritta da S. Girolamo (30 set.) tra il 382 e il 396, a circa vent'anni dalla morte dell'eremita. Alcuni storici sono stati così critici nei riguardi di quest'opera da ipotizzare che Girolamo abbia inventato l'intera storia. Oggi invece il racconto è ritenuto attendibile, se non altro perché Girolamo, quando scriveva, era troppo vicino nel tempo e nello spazio al suo soggetto per riuscire a divulgare una completa contraffazione. L'intenzione di Girolamo era di dimostrare che Ilarione era stato un secondo S. Antonio e il fondatore del monachesimo in Palestina: può quindi aver in una qualche misura arricchito l'argomento, ma il racconto è nella sostanza fondato. Questa Vita si diffuse in molte versioni in tutta la Chiesa d'Oriente, fu tradotta in greco, in armeno e in copto, dato che di per sé testimonia la popolarità del culto. In Occidente S. Beda elencò Ilarione nel suo martirologio: secondo una leggenda il corpo del santo sarebbe stato traslato in Francia, dove, in particolare a Duravel, esistono testimonianze di un culto antico. È il patrono di molti villaggi di Cipro e appare in numerose icone e mosaici. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Cipro, sant’Ilarione, abate, che, seguendo le orme di sant’Antonio, dapprima condusse vita solitaria vicino a Gaza e fu poi fondatore e modello di vita eremitica in questa provincia.

nome San Malco- titolo Eremita- nascita IV secolo, Nísibis, Turchia- morte IV secolo- ricorrenza 21 ottobre- Le informazioni su San Malco provengono esclusivamente da San Girolamo, che afferma di averle recepite dallo stesso Malco. Essendo ad Antiochia, intorno all'anno 375, Girolamo visitò la città di Maronia, a circa trenta miglia di distanza, e lì incontrò un vecchio molto pio di nome Malco. Interessato a ciò che aveva sentito su di lui, Girolamo interrogò personalmente Malco, che gli raccontò la sua storia. Nacque a Nísibis ed era figlio unico, fin dalla tenera età decise di consacrarsi interamente a Dio. Poiché era poco propenso a sposarsi, fuggì immediatamente nel deserto di Calcidia per incontrare alcuni eremiti. Nel giro di pochi anni apprese della morte di suo padre e chiese al suo abate il permesso di andare a confortare sua madre. L'abate non gradì molto la sua richiesta spiegando a Malco che sarebbe stata una sottile tentazione del diavolo. Ma Malco insisteva di aver ereditato dal padre del denaro con il quale intendeva contribuire all'espansione del monastero, ma l'abate, che era un uomo di Dio e sapeva cosa aspettarsi, non si persuase e pregò il suo giovane discepolo di rinunciare al monastero. Tuttavia, Malco sentiva che aveva il dovere di andare a confortare sua madre e mettersi in cammino contro la volontà del suo abate. La carovana su cui viaggiava Malco fu attaccata dai beduini, tra Aleppo ed Edessa, e uno dei capi lo fece prigioniero insieme a una giovane donna che li condusse entrambi nel cuore del deserto, oltre l'Eufrate. Là Malco fu costretto a radunare le mandrie dei beduini, cosa che non gli dispiaceva. Il padrone di Malco, molto soddisfatto di lui, decise di trovargli una compagna. Quando il beduino ordinò a Malco di sposare la sua compagna di prigionia, si allarmò, poiché era un monaco e sapeva che la giovane donna era sposata. Tuttavia, a quanto pare, la giovane donna non era contraria ma quando Malco dichiarò che era disposto a suicidarsi piuttosto che a sposarsi, la giovane donna, ferita nella sua autostima, gli disse che non aveva alcun interesse per lui e che potevano semplicemente fingere di essere sposati per compiacere il suo padrone. E così fecero anche se la situazione non ha soddisfò nessuno dei due. Malco confessò a Geronimo: "Ho imparato ad amare quella donna come una sorella anche se non ho mai potuto confidarmi come con una sorella". Un giorno Malco propose alla sua compagna di fuggire; dopo un evento miracoloso riuscirono a sviare i loro inseguitori. Dopo dieci giorni raggiunsero un accampamento romano in Mesopotamia. Il capitano, a cui raccontarono la loro storia, li mandò a Edessa. Malco tornò in seguito al suo eremo di Calcidia e andò a finire i suoi giorni a Maronia, dove lo incontrò San Girolamo. La sua compagno prigioniera non è riuscì a trovare suo marito. Poi, ricordando l'amico con cui aveva condiviso tanti dolori e che l'aveva aiutato a fuggire, andò a stabilirsi vicino a lui, senza impedirgli di servire Dio e il prossimo. Entrambi morirono in età molto avanzata. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Malco, monaco, il cui spirito ascetico e la cui insigne vita a Maronia vicino ad Antiochia in Siria furono celebrate da san Girolamo.

nome Santa Letizia- titolo Vergine e Martire- ricorrenza 9 luglio e 21 ottobre- Santa Letizia, probabilmente una delle compagne di Sant'Orsola, è una figura avvolta nel mistero e nella leggenda. Le informazioni biografiche su di lei sono scarse e spesso non verificabili con certezza storica. Tuttavia, si ritiene che abbia subito l'esilio e il martirio per aver difeso la sua fede cristiana e la sua modestia, diventando un esempio di coraggio e devozione. La storia di Santa Letizia è particolarmente legata ad Ayerbe, una città spagnola, grazie a un evento significativo avvenuto nel 1521. In quell'anno, D. Hugo de Urriés, VIII Signore della Baronia di Ayerbe, durante uno dei suoi viaggi a Bruxelles, venne a conoscenza di una preziosa reliquia: il capo della vergine Santa Letizia, conservata nel convento di Santa Clara. D. Hugo riuscì a ottenere la reliquia e la portò ad Ayerbe, dove fu accolta con grandi festeggiamenti e depositata nella Collegiata di San Pedro per essere venerata pubblicamente. Il documento "autentico" che accompagnava la reliquia, datato 10 settembre 1521, affermava che essa proveniva originariamente da Colonia, in Germania, prima di arrivare a Bruxelles. Questo documento fu conservato fino al XVIII secolo. Dopo la morte di D. Hugo, sua moglie, la signora Greyda de Lanuza, continuò a onorare la memoria di Santa Letizia. Nel giugno del 1549, depositò la reliquia nel convento di Santo Domingo, che lei e suo marito avevano fatto costruire. Pochi mesi dopo, il 2 settembre 1549, la signora Greyda restituì la reliquia alla Collegiata di San Pedro, donandola al capitolo ecclesiastico. Con questo gesto, e grazie al suo status di signora temporanea di Ayerbe e dei suoi villaggi, proclamò Santa Letizia patrona principale della città, sostituendo Santa Barbara, che aveva ricoperto tale ruolo fino a quel momento.

nome Beato Pietro Capucci- titolo Domenicano- nome di battesimo Pietro Capucci- nascita 1390, Città di Castello, Perugia- morte 1445, Cortona, Arezzo- ricorrenza 21 ottobre- Beatificazione 1816 da papa Pio VII- Pietro nacque a Città di Castello nel 1390. Sentì presto la vocazione religiosa e, quindicenne, entrò nel convento domenicano cittadino. Proseguì quindi gli studi nel convento di Cortona diventando Frate. Si distingueva per uno zelo religioso davvero singolare: digiunava, faceva penitenze, riduceva il sonno al minimo, amava la Sacra Scrittura, disprezzava i beni del mondo.<br /> Salvo un breve periodo trascorso a Fiesole visse il resto della sua vita religiosa a Cortona. Pietro cercò la perfezione evangelica per tutta la vita, senza mezze misure. La sua umiltà era d’esempio ai confratelli e quando si rese necessaria la costruzione di una nuova chiesa si fece questuante per le strade della città, conquistando stima e affetto. Il suo apostolato fu generoso e fecondo. Fu padre, maestro e consigliere apprezzato in tutto il territorio di Cortona. Ebbe come tema ricorrente delle sue omelie i “novissimi”, a quei tempi molto venerati. Portando con sé un teschio, parlava della morte, non per incutere terrore, ma per spronare quanti vivevano lontani dalla fede. Oltre che predicatore fu anche stimato confessore. Dopo breve malattia morì il 21 ottobre 1445. Dopo circa settant’anni, perdurando la fama di santità, si riesumarono le ossa per collocarle in un’urna su cui vennero dipinti fatti e miracoli salienti della sua vita. Nel 1786, quando i frati vennero espulsi dal convento, le spoglie furono traslate a Colorno e quindi riportate a Cortona nel 1814, nella chiesa di San Domenico, dove sono tutt’ora conservate. Il 16 maggio 1816 papa Pio VII confermò il culto. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cortona in Toscana, beato Pietro Capucci, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, meditando sulla morte, guidò se stesso alle realtà celesti e nella sua attività di predicazione esortò i fedeli a non cadere nella morte eterna.

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